Joan Miró
1893-1983


Il gallo di Miró
alla mostra nel Chiostro del Bramante
Roma - 2012
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Il campo arato

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La fattoria

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Paysage au coq

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Joan Miró (Barcellona 1893 - Palma di Maiorca 1983), pittore spagnolo. Frequentò la Scuola di belle arti di Barcellona e l'Accademia Galí. La sua opera, fino al 1920, rivela la presenza di influssi disparati, dalla vivacità coloristica dei fauves (Pieve di Sant Joan d’Horta, 1917, Fundació Joan Miró, Barcellona) alla scomposizione delle forme cubiste, dalla sintesi geometrica di Paul Cézanne alla deformazione espressiva di Van Gogh, dallo sperimentalismo espressionista all’iconoclastia dada, fino al recupero della pittura bidimensionale dell'arte popolare catalana.

Notevole considerazione ebbe la sua produzione detta “particolarista” (Orto con asino, 1918; La casa della palma, 1918; Montroig: la fattoria, 1921-22, National Gallery of Art, Washington), caratterizzata da un’estrema attenzione al dettaglio e insieme da una semplificazione naïf delle figure che coniuga segno grafico e sensibilità coloristica. L’evoluzione stilistica successiva lo portò a conferire sempre maggiore autonomia al dettaglio, fino a trasformarlo in segno plastico puro, stagliato su vibranti fondi monocromi e rispondente, talvolta, alle sole sollecitazioni dell’automatismo.

Dal 1919 soggiornò per lunghi periodi a Parigi, dove conobbe Pablo Picasso, Tristan Tzara e altri importanti figure dell’avanguardia artistica; attraverso André Masson venne in contatto con il gruppo dei surrealisti e nel 1924 aderì al movimento. Elaborò un’interpretazione stilistica personale delle intuizioni estetiche surrealiste, trasponendo nel disegno e nella pittura visioni oniriche spesso di segno infantile, ingenuo ed evocativo al tempo stesso: ne sono esempio dipinti come Carnevale di Arlecchino (1925, Albright-Knox Gallery, Buffalo) e Interno olandese (1928, Museum of Modern Art, New York), nei quali sagome animali deformate e contorte immagini attinte al mondo organico si intrecciano a linee graffiate e a costruzioni geometriche irregolari, in composizioni di timbro allusivo e ironico.

Le forme e i segni si inseriscono in modo apparentemente casuale su sfondi piatti e neutri, definite e tracciate in una gamma limitata di colori elementari, soprattutto blu, rosso, giallo, verde e nero (Paesaggio catalano o Il cacciatore, 1923-24, Museum of Modern Art, New York; Testa di contadino catalano, 1924-25; La nascita del mondo, 1925, Museum of Modern Art, New York). La tendenza all’astrattismo non spezzò tuttavia mai del tutto il legame con la figurazione, testimoniato ad esempio dal Nudo del 1926 (Museum of Art, Philadelphia).

Tra il 1928 e il 1932 Miró affiancò alla pittura la produzione di assemblaggi e di collage, che volevano rappresentare una sorta di “assassinio della pittura”, ovvero di messa in discussione della tradizione pittorica passata e contemporanea (bersaglio dichiarato fu il cubismo) e della propria stessa ricerca formale condotta fino a quel momento. Tale impulso di distruzione, o decostruzione, già presente del resto in opere di anni precedenti (se ne riconoscono le tracce fin dal 1924), sfociò in composizioni in cui la tela, perlopiù ricoperta da un colore uniforme, pare “aggredita” da oggetti e materiali di scarto (ritagli di carta, pezzi di corda, spilloni): esemplare è la serie di opere intitolate Ballerina spagnola, realizzata nel 1928.

Appartengono al periodo 1935-1938 le cosiddette “pitture selvagge”, così chiamate per il carattere mostruoso e inquietante della figurazioni, ispirate dai drammatici eventi della guerra civile spagnola (si vedano il murale Il falciatore, 1937, realizzato per il padiglione della Spagna repubblicana all'Esposizione internazionale di Parigi, e Natura morta con vecchia scarpa, 1937, Museum of Modern Art, New York). A tale violenza espressionista seguì la più delicata e armonica pittura delle ventitré grandi gouaches intitolate Costellazioni (1940-41), dove pittogrammi, punti e linee intersecantisi popolano, come stelle il cielo, la superficie della tela producendo un effetto all over.

La sperimentazione di mezzi espressivi diversi portò Miró a interessarsi, durante gli anni Cinquanta, all’arte della stampa, praticando in particolare la litografia; utilizzò inoltre acquerelli e pastelli, per approdare infine alla pittura su ceramica.

Dal 1944 si dedicò prevalentemente alla scultura, prediligendo tra i materiali la ceramica e il bronzo, senza disprezzare l’utilizzo di legno e “oggetti trovati” in assemblaggi e composizioni originali. Nell’ambito della pittura, spesso anch’essa sottoposta a interventi “scultori” (con l’inserzione di elementi tridimensionali), vanno ricordate le monumentali decorazioni murali del Terrace Plaza Hotel di Cincinnati (1947); i due grandi pannelli murali Muro della luna e Muro del sole (1957-1959), realizzati per la sede dell'UNESCO a Parigi; i tre dipinti della serie Blu (1961, Musée National d’Art Moderne, Parigi), apogeo della semplificazione formale e compositiva; le “Tele bruciate” degli anni Settanta, nelle quali la devastazione operata dal fuoco rivela il telaio retrostante, sottolineando la compresenza di immagine, segno e colore da un lato, e scheletro materico, corpo solido e tangibile dall’altro.