Harveypullus
Il Pulcino di William Harvey
6° esercizio - L'utero della gallina
L'asterisco
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[202]
EXERCITATIO SEXTA. |
6°
esercizio |
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AB
orificio uterino exteriori ad interiora et matricem, in qua ovum
perficitur, transitus est; quem in aliis animalibus vaginam uteri
sive vulvam nominamus; in quam mas penem suum in coitu ad matricem
usque immittit. At vero in gallina, traiectus hic adeo
implexus, et interioris suae tunicae laxitate rugosus est; ut, licet
e matrice foras facilis via pateat, atque ingens ovum illac haud
magno negotio prodeat; ingredi tamen maris penem, semenque eius
interiorem uteri cavitatem subire, vix sit verisimile: nam neque
stilo, nec seta viam intus reperire potui; nec Fabricio etiam
aliquam invenire contigit. Imo vero, eodem teste, ne quidem inflatus
aer in uterum penetrat. Quae causa, opinor, fuit, cur ille a
partibus interioribus ad exteriores progrediens, uteri historiam
descripserit. Quinetiam pensitata hac uteri fabrica, negat semen in
uteri cavitatem [203] pertingere, aut ullam ovi partem constituere[1].
In qua sententia ego etiam libens nomen meum profiteor. Enimvero
nihil in ovo foecundo (quod idem in subventaneo non sit) vel additum
vel mutatum reperias, unde galli semen uterum subintrasse atque ovum
tetigisse constet. Quinetiam, licet sine galli congressu ova omnia
irrita sint et subventanea, eius tamen opera (etiam aliquandiu post
coitum) ova subsequentia, quorum necdum principium aut materia
exstat, foecunda evadunt. |
Dall'orificio
uterino esterno verso le parti interne e all'utero, in cui l'uovo
viene ultimato, esiste un passaggio che negli altri animali
chiamiamo vagina dell'utero o vulva, nella quale il maschio durante
il coito introduce il suo pene fino all'utero. Ma nella gallina
questo tragitto è a tal punto stretto e rugoso a causa della
rilassatezza della sua tunica interna che, sebbene esista un
percorso facile dall'utero verso l'esterno e un grosso uovo da qui
avanzi senza grande difficoltà, è tuttavia a stento verosimile che
il pene del maschio entri e che il suo seme salga nella cavità
interna dell'utero. Infatti né con uno stilo né con una setola
sono stato in grado di trovare una via d'accesso, e neppure a
Fabrizi è accaduto di trovarne una. Anzi a dire il vero, come
testimonia lui stesso, neppure l'aria insufflata penetra nell'utero.
Penso che è stato questo il motivo per cui egli ha fatto la
descrizione dell'utero procedendo dalle parti interne a quelle
esterne. Inoltre, pur avendo esaminato questa struttura uterina,
nega che il seme giunga nella cavità uterina o che dia luogo a una
qualche parte dell'uovo. Anch'io volentieri associo il mio nome a
questa affermazione. Però, in verità, in un uovo fecondo (come
accade anche in uno ventoso) non troveresti alcunché di aggiunto o
di mutato, per cui risulterebbe che il seme del gallo è entrato
nell'utero ed è venuto in contatto con l'uovo. Inoltre, benché
senza l'accoppiamento con il gallo tutte le uova risultino sterili e
ventose, tuttavia grazie al suo intervento (anche a una certa
distanza di tempo dal coito) le uova successive, delle quali non
esiste ancora il principio o la materia, risultano feconde. |
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Fabricius[2],
ut modum explicet, quo galli semen ova foecunda reddit, haec habet: Cum
in ovo semen non appareat, et tamen gallo in uterum porrigatur;
quaeritur, cur in uterum galli semen immittatur, si in ovum non
ingreditur? Item, si
in ovo non adest, quomodo ovum foecundum ex galli semine, quod non
habet, efficiatur?
Mea opinio est, galli semen in uteri principium immissum, efficere
totum uterum, et simul quoque omnes vitellos eo cadentes, ac totum
denique ovum, foecundum: idque facere sua facultate, seu spiritali
substantia irradiante; eo modo, quo videmus ex testibus et semine
alia quoque animalia foecunda reddi. Si quis enim in memoriam
revocaverit incredibilem illam transmutationem, qua animal exsectum
afficitur, dum calorem, robur, et foecunditatem in toto
corpore amittit; facile id quod dicimus uni tantum gallinae utero
evenire concedet. Sed, quod omnino verum sit, virtutem foecundandi
tota ova, et quoque uterum a semine galli provenire, patet ex eo,
quod mulieres agunt, quae gallinam domi gallo destitutam habentes,
eam per unum atque alterum diem alibi gallo committunt: ex hoc enim
exiguo tempore succedit ovorum omnium foecunditas per totum illud
anni tempus. Id quod et Aristoteles[3]
confirmat, qui vult, quod cum semel aves coierint, omnia fere ova
foecunda habere perseverent. Porro seminis foecundandi virtus[4],
ne ullo modo exhalare possit, sed diutius in utero consisteret, ac
toti impertiretur; natura [204] ipsum
conclusit, reposuitque in cavitatem, quasi bursam, podici vicinam,
et utero appensam, et ingressu tantum donatam, ut inibi diutius
semine detento, virtus eiusdem magis conservaretur, et universo
communicaretur utero. |
Fabrizi,
per spiegare la maniera in cui il seme del gallo rende feconde le
uova, così scrive: «Poiché il seme non è visibile nell'uovo,
mentre tuttavia viene portato nell'utero dal gallo, ci si chiede:
perché il seme del gallo viene immesso nell'utero se non entra
nell'uovo? Parimenti, se non si trova nell'uovo, in che modo l'uovo
viene reso fecondo dal seme del gallo che non possiede? La mia
opinione è che il seme del gallo, immesso nella parte iniziale
dell'utero, rende fecondo tutto l'utero e contemporaneamente anche
tutti i tuorli che vi scendono e infine tutto quanto l'uovo. E fa ciò
per il suo potere, ossia, per la sostanza che si irradia come se
fosse un soffio, allo stesso modo in cui vediamo che anche altri
animali vengono resi fecondi dai testicoli e dal seme. Se
qualcuno, infatti, richiamasse alla memoria quell'incredibile
trasformazione dalla quale viene colpito l'animale castrato quando
perde in tutto il corpo il calore, la forza e la fecondità,
facilmente concederà che ciò che diciamo avvenga soltanto al solo
utero della gallina. Ma che poi sia del tutto vero che il potere di fecondare tutte le uova
nonché l'utero proviene dal seme del gallo, risulta evidente da ciò
che le donne fanno, le quali, avendo in casa una gallina senza il
gallo, la affidano a un gallo in un altro luogo per uno o due
giorni. Infatti, grazie a questo breve lasso di tempo, si verifica
la fecondità di tutte le uova per tutta la durata di quel periodo
dell'anno. Ciò lo conferma anche Aristotele, il quale pretende che
quando gli uccelli si sono accoppiati una sola volta, essi
continuano ad avere quasi tutte le uova feconde. Inoltre, affinché
il potere fecondante del seme non possa in alcun modo dissolversi,
ma che possa rimanere più a lungo nell'utero e permearlo tutto, la
natura l'ha rinchiuso e riposto in una cavità simile a una borsa
che si trova vicino alla cloaca e appesa all'utero - la borsa di
Fabrizio*, e fornita solamente di un'entrata, affinché,
conservandovi piuttosto a lungo il seme, la sua forza venga
maggiormente conservata e venga distribuita a tutto l'utero.» |
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Ego
vero experimenti praedicti veritatem suspicabar; eoque magis, quod
philosophi verba mala fide recitata cernerem: neque enim is dixit, Aves,
cum semel coierunt, omnia fere ova foecunda habere perseverant; sed,
omnia fere ova habere
perseverant: ubi Fabricius τὸ
foecunda de
suo addidit. Aliud autem est, aves ex coitu ova concipere;
aliud, ova ex coitu foecundari. Idque ex praecedentibus Aristotelis
verbis clarius liquet, ubi ait: Omnino
in avium genere, ne ea quidem ova, quae per coitum oriuntur, possunt
magna ex parte augeri, nisi coitus avis continuetur. Cuius rei causa
est, quod, ut in mulieribus coitu maris detrahitur mensium
excrementum (trahit enim humorem uterus tepefactus, et meatus
aperiuntur), sic in avibus evenit, dum paulatim menstruum
excrementum accedit, quod foras decedere non potest, quoniam parum
est, et superne ad cinctum continetur, sed in uterum ipsum
collabitur. Hoc enim ovum augetur, sicut foetus viviparorum eo quod
per umbilicum affluit. Nam cum semel aves coierunt, omnia fere ova
semper habere perseverant, sed parva admodum et imperfecta, ideoque
infoecunda; siquidem perfectio ovi est, foecundum esse. Si igitur,
sine coitu avis continuato, ne ea quidem ova, quae per coitum
concepta sunt, augentur, sive, ut Fabricius interpretatus est,
perficiuntur; multo minus foecunda reddentur ea ova, quae aves citra
coitum habere perseverant. |
In
verità io ero sospettoso circa la veridicità della suddetta
osservazione, tanto più in quanto mi accorgevo che le parole del
filosofo erano riportate in modo non attendibile. Infatti non disse
«Gli uccelli, quando si sono accoppiati una sola volta, continuano
ad avere quasi tutte le uova feconde», bensì «continuano ad avere
quasi tutte le uova», dove perciò Fabrizi aggiunse il suo termine feconde.
In effetti un conto è "gli uccelli concepiscono le uova in
seguito al coito", un altro conto è "le uova vengono
fecondate in seguito al coito". E ciò risulta evidente in modo
piuttosto chiaro dalle precedenti parole di Aristotele, quando dice:
«Nel genere degli uccelli non possono assolutamente in gran parte
accrescersi quelle uova che nascono attraverso il coito se il coito
dell'uccello non continua. La causa di ciò sta nel fatto che, come
nelle donne attraverso il coito del maschio viene asportato il
residuo dei mesi (infatti l'utero riscaldato attrae il liquido e i
meati si aprono), così accade negli uccelli mentre pian piano
giunge il residuo dei mestrui, in quanto non può uscire
all'esterno, essendo poco, e viene contenuto in alto in vicinanza
della cintura, ma cade nell'utero stesso. Infatti questo uovo si
ingrandisce come il feto dei vivipari attraverso ciò che giunge
attraverso l'ombelico. Infatti quando gli uccelli si sono accoppiati
una sola volta, continuano a possedere per sempre quasi tutte le
uova, ma assai piccole e imperfette» e pertanto infeconde; dal
momento che la perfezione dell'uovo consiste nel fatto di essere
fecondo. Se pertanto, senza una continuazione del coito da parte
dell'uccello, le uova che sono concepite attraverso il coito non si
ingrandiscono, oppure, come Fabrizi ha interpretato, non giungono a
perfezione, diventeranno molto meno feconde quelle uova che gli
uccelli continuano ad avere senza il coito. |
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Ne quis autem
existimet, his verbis (trahit
enim uterus tepefactus, et meatus aperiuntur)
concludi, posse uterum attrahere semen galli intra cavitatem
suam; sciendum, a philosopho non dici, uterum attrahere semen
forinsecus; sed in mulieribus per venas et meatus coitus calore
apertos, e proprio corpore menstruum [205] sanguinem attrahi; et
pariter in avibus, sanguinem ad uterum a continuato coitu tepefactum
trahi, indeque ova augeri; sicut foetus viviparorum per umbilicum
solent. |
E
nessuno pensi che, a causa di queste parole («infatti l'utero
riscaldato attrae, e i meati si aprono») si concluda che l'utero può
attrarre il seme del gallo dentro alla sua cavità. Bisogna sapere
che dal filosofo non viene detto che l'utero attrae il seme
dall'esterno, ma che nelle donne attraverso le vene e gli orifizi
aperti dal calore del coito, il sangue mestruale viene attratto dal
proprio corpo, e parimenti negli uccelli il sangue riscaldato dal
continuarsi del coito viene attratto nell'utero e che da ciò le
uova si accrescono, come sono soliti fare attraverso l'ombelico i
feti dei vivipari. |
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Quae autem de
cavitate illa sive bursa adnectit, in qua, per annum integrum, semen
galli hospitari autumat; ea iam ante a nobis refutata sunt; ubi,
nullum semen in ea contineri, et gallo pariter ac gallinae inesse,
asseruimus.[5] |
Quelle
cose che aggiunge a proposito di quella cavità o borsa - la borsa
di Fabrizio*, nella quale afferma che il seme del gallo viene
ospitato per un anno intero, già in precedenza sono state da me
rifiutate, quando ho affermato che in essa non è contenuto alcun
seme, ed è presente sia nel gallo che nella gallina. |
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Quamobrem, ut
facile crediderim (si, per foecunditatem, plurium et maiorum ovorum
proventum intelligamus) pauperum muliercularum gallinas (quibus
probabile est deesse pabuli copiam), nisi cum gallo assueverint,
pauciora et minora ova parituras; (secundum illud philosophi: Quod
si semel cum gallo coierint, tum per totum annum ova maiora, meliora,
et numerosiora habere perseverabunt: in quem finem pabuli quoque
abundantia et bonitas plurimum conducunt) gallinas tamen ex paucis
cum gallo coitionibus, ova omnia per integrum anni spatium foecunda
parere, id, inquam, minus verisimile mihi videbatur. Nam si pauci
coitus ad diuturnam adeo generationem sufficerent; natura, quae
nihil agit frustra, mares in avium genere minus salaces effecisset;
nec gallus toties quotidie gallinas suas etiam invitas ad coitum
solicitaret. |
Motivo
per cui, anche se facilmente avrei creduto (se, per fecondità,
intendiamo una produzione di uova in numero elevato e di dimensioni
maggiori) che le galline delle donnine povere (alle quali è
probabile manchi un'abbondanza di cibo) se non si fossero
accompagnate col gallo avrebbero deposto uova in numero e di
dimensioni minori (secondo quella frase del filosofo «In quanto, se
si saranno accoppiate una sola volta con il gallo, continueranno ad
avere per tutto l'anno uova più grandi, migliori e più numerose»
al quale traguardo giovano parecchio anche l'abbondanza e la bontà
del cibo), tuttavia io direi che mi sembrava meno verosimile che le
galline con pochi accoppiamenti col gallo deponessero tutte uova
feconde per l'intero anno. Infatti se pochi accoppiamenti fossero
sufficienti per una generazione tanto duratura, la natura, che non
fa nulla senza motivazione, avrebbe reso meno salaci i maschi in
seno agli uccelli, né quotidianamente il gallo istigherebbe tante
volte le sue galline all'accoppiamento anche contro la loro volontà. |
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Novimus
gallinam, quamprimum ova enixa nidum deserit, voce strepera
clamitare, gallumque ad coitum pellicere; qui pariter elata et
singultiente voce respondens, eam anxie quaeritat, inventamque
subito comprimit: quod sane, nisi procreandi causa, fieri natura
noluisset. |
Sappiamo
che la gallina abbandona il nido non appena ha deposto le uova,
grida ripetutamente con una voce strepitante e attira il gallo
all'accoppiamento, il quale, rispondendo con voce ugualmente alta e
singhiozzante, la cerca con ansia, e dopo averla trovata subito la
monta. La natura non avrebbe voluto che ciò accada se non per
motivi di riproduzione. |
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Phasianus
mas, in aviario detentus, adeo flagranti libidine aestuat, ut, nisi
complures foemellas, ad minimum sex, secum habuerit, eas iterato
saepius coitu male mulctet; et foecunditatem impediat potius, quam
promoveat. Vidi aliquando foemellam phasianum, a gallo simul
concluso (quem nec occultando sese, neque aufugiendo, evitare
poterat) adeo delassatam, [206] dorsoque ob frequentiores eius
insultus deplumem, ut tandem miseris modis exagitata prae moerore
deficeret. In eadem tamen dissecta, ovorum ne rudimenta quidem
inveni. |
Un
fagiano maschio rinchiuso in un'uccelliera freme a tal punto di
un'ardente libidine che, se non avesse con sé numerose femmine, al
minimo 6, le punirebbe con un accoppiamento ripetuto abbastanza
spesso e ne impedirebbe la fecondità anziché promuoverla. Talora
ho visto una femmina di fagiano a tal punto spossata dal maschio
rinchiuso insieme a lei (che non avrebbe potuto evitare né
nascondendosi, né fuggendo), e spiumata a livello del dorso a causa
dei suoi piuttosto frequenti accoppiamenti, che infine, tormentata
dalle maniere violente, moriva a causa della tristezza. Tuttavia in
essa, dopo averla sezionata, non trovai neppure degli abbozzi di
uova. |
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Observavi
etiam anatem marem, coniuge carentem, et cum gallinis commorantem,
tanta libidine aestuare, ut gallinam iuvenculam quoquoversum per
horas aliquot insectaretur, rostro vellicaret, tandemque in
defatigatam insilierit, stuprumque pati coegerit. |
Osservai
anche un maschio di anatra privo di compagna e che si intratteneva
con le galline, ribollire di tanta libidine da inseguire per alcune
ore una giovane gallina in ogni direzione, pizzicarla col becco, e
infine montare sopra alla stremata e costringerla a subire lo
stupro. |
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Gallus
gallinaceus in proelio victor, non modo in superati coniuges, sed in
ipsum victum quoque libidinem suam exercet. |
Un
gallo vincitore durante un combattimento sfoga la sua libidine non
solo sulle mogli del vinto, ma anche sullo stesso sconfitto. |
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Similiter
foemellae aliquae in libidinem adeo proclives sunt, ut mares suos
morsiunculis vellicent (quasi in aurem veneris gaudia insusurrarent),
supersiliant, aliisque artibus ad coitum invitent: in quo numero
sunt columbae et passeres. |
Allo
stesso modo alcune femmine sono talmente propense alla libidine da
titillare i loro maschi con dei piccoli morsi (come se sussurrassero
nell'orecchio i piaceri del sesso), montarci sopra e invitarli al
coito con altre tecniche: in questo gruppo si trovano le femmine del
colombo e del passero. |
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Non videtur
igitur verisimile, paucas aliquot coitiones principio anni
celebratas, ovorum omnium, per integrum eius decursum, subsequentium
foecunditati sufficere. |
Pertanto
non sembra verosimile che alcuni pochi accoppiamenti svolti
all'inizio dell'anno siano sufficienti per la fecondità di tutte le
uova successive deposte durante la sua intera durata. |
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Ego tamen
aliquando (ut hic Fabricio patrocinium parem) verna tempestate (de
coitus foecunditatis tempore et necessitate aliquid certi
indagaturus) gallinas duas a gallo seclusas per quatriduum detinui,
quae interea singulae tria ova pepererant, non minus aliis ovis
prolifica. Iterumque aliam gallinam seclusi, quae decimo ab inde die
ovum peperit; aliudque die vicesimo, et utrumque foecundum. Ut
videatur, posse unum atque alterum coitum, integrum racemum,
omniaque illius anni ova foecunda reddere. |
Tuttavia
talora io (per preparare a questo punto la difesa di Fabrizi) nel
periodo primaverile (in procinto di indagare su un qualcosa di certo
a proposito del periodo della fecondità e della necessità del
coito) per 4 giorni ho tenuto due galline separate dal gallo,
ciascuna delle quali nel frattempo aveva deposto 3 uova, non meno
prolifiche delle altre uova. E di nuovo separai un'altra gallina che
depose un uovo il decimo giorno a partire da tale momento, e un
altro il ventesimo giorno, e ambedue le uova erano feconde. Come
sembrerebbe, uno o due accoppiamenti sarebbero in grado di rendere
fecondo un grappolo intero e tutte le uova di quell'annata. |
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Dicam etiam,
quod tunc temporis porro observaram. Cum utramque gallinam
aliquandiu, ut dixi, seclusam gallo restituerem; quarum altera ovo
gravida, altera recens enixa erat; gallus huic ocius occurrit,
eamque avide ter quaterve compressit: alteram vero circumibat
saepius, pedibusque alas fricando salutare [207] visus est,
adventumque gratulari; veruntamen ad priorem reversus, eam iterum
iterumque iniit, coitumque per vim repetiit: neglecta interea
gravida, quam nullo modo ad venerem solicitabat. Mirabar ego, quibus
indiciis ille internosceret, coitum huic profuturum, alteri vero
importunum fore. Profecto dictu haud adeo pronum est, quomodo vel
visu, vel auditu, vel olfactu, mares (etiam e longiquo) intelligant,
foemellas cupidinis oestro percelli, coitumque appetere. Aliqui,
etiamsi vocem illarum duntaxat audiant, vel locum in quo minxerint,
aut vestigia solum olfaciant, statim libidine accenduntur, easdemque
ad coitum insectantur. Verum de hac re alibi, in tractatu de
animalium amore, libidine, et coitu, universim erit dicendi locus.
Iam ad propositum revertor. |
Riferirò
anche ciò che in quel periodo di tempo avevo inoltre osservato.
Avendo restituito al gallo ambedue le galline che, come ho detto,
erano rimaste separate per un certo tempo, una delle quali era
gravida di un uovo, l'altra si era sgravata di recente, il gallo
immediatamente andò incontro a questa e con avidità la montò tre
o quattro volte. Invece girava intorno all'altra piuttosto spesso ed
è stato visto salutarla sfregando le ali con le zampe e rallegrarsi
per il suo arrivo. Tuttavia, dopo essere tornato a quella di prima,
la montò ripetutamente e pretese il coito ricorrendo alla forza,
mentre quella gravida era stata nel frattempo trascurata e in nessun
modo la sollecitava a un rapporto sessuale. Io ero meravigliato in
base a quali segni lui fosse in grado di distinguere che a questa
sarebbe stato utile il coito, mentre all'altra sarebbe stato
inopportuno. Certamente non è assolutamente facile a dirsi in che
modo o con la vista, o con l'udito, o con l'olfatto i maschi (anche
da lontano) riescano a capire che le femmine vengono colpite dallo
stimolo della libidine e che desiderano il coito. Alcuni galli,
anche se odono solamente la loro voce, oppure annusano solamente il
punto in cui hanno urinato o le loro orme, subito vengono eccitati
dalla libidine e le inseguono per montarle. In verità su questo
argomento il posto per parlarne diffusamente sarà da un'altra
parte, nella trattazione dell'amore, della libidine, del coito degli
animali. Adesso torno al tema iniziale. |
[1]
Pag. 30.
[2]
Pag. 37.
[3]
De gen. anim. lib. iii. cap. I.
[4]
Pag. 38.
[5]
Questa affermazione è indicativa dell'estrema affidabilità scientifica
di Harvey.