Vol. 1° -  IX.1.3.

I 13 dell’Isola del Gallo

I convenevoli coi naviganti incontrati a Tumaco sono improntati a cordialità, ma nel cuore di Pizarro e della ciurma sta covando ben altro: troppo pochi per impadronirsi delle terre andine, Pizarro rimanda a Panama un piccolo contingente per chiedere rinforzi. I compagni rimasti attendono all’Isola del Gallo, ma quando giungono i rinforzi il desiderio generale è di tornare a Panama. Pizarro è incrollabile. Davanti agli uomini sfiniti traccia una riga sul terreno e dice:

"Compagni e amici, da questa parte stanno la miseria, la fame, la fatica, le grandi piogge e le privazioni; da quest’altra una vita migliore. Di qui si va a Panama a ritrovare la povertà, di là, in Perù, a conquistare la ricchezza."

E varca per primo quella specie di Rubicone americano, seguito da 12 fedeli. La storia immortalerà i protagonisti come I Tredici dell’Isola del Gallo.

L’Isola del Gallo è un’isoletta del Pacifico posta a circa 3 gradi di latitudine nord presso la baia di Guapi, attualmente in Colombia. Padre Ricardo Cappa, citato da Caudill, così scriveva:

«Nei primi resoconti della conquista sudamericana sentiamo frequentemente parlare di galline e il termine induce a credere che esse erano come le nostre, ma le cose non stanno così, e solo gli uccelli del Paraguay e di Tucumán [1] erano in qualche modo simili ai nostri. Le cosiddette Castigliane si trovavano in compagnia dei famosi esploratori sull’Isola del Gallo, nome che venne attribuito a causa dell’abbondanza di questo bipede, e qui si riproducevano con tale abbondanza che la quantità di uova rappresentava un sussidio di primaria importanza per i viaggiatori, senza dimenticare che anche nei più piccoli villaggi questo cibo suppliva alla scarsità delle altre risorse alimentari.»

Caudill commenta:

«Risulta chiaro che, nonostante gli Spagnoli avessero portato con sé dei polli, esistevano di già dei polli, perlomeno nelle regioni più meridionali interessate dalla conquista, che erano totalmente distinti dai Castigliani, e che gli unici polli che rassomigliavano in qualche modo a quelli Europei erano quelli del Paraguay e di Tucumán. Possiamo chiederci quali fossero le differenze presentate dai polli dell’Isola del Gallo: assenza di coda? Deponevano uova blu? Avevano il ciuffetto alle orecchie? È ovvio che questa ultima caratteristica non doveva colpire i narratori del passato, in quanto non eccessivamente appariscente.»

Ma la versione di Padre Cappa secondo alcuni sarebbe erronea. Nel 1986 Cristina Dunin-Borkowski riceveva una comunicazione personale da José Antonio del Busto, secondo il quale parrebbe che quando gli Spagnoli giunsero sull’isola trovarono, oltre alle palme, una formazione rocciosa a forma di cresta che ricordava ai conquistatori la testa di un gallo. A sostegno dell’assenza di polli sull’isola del Gallo esistono le parole di alcuni storiografi, secondo i quali Pizarro vi patì solo della gran fame:

Passo Piçarro increybles trabajos en la Isla del Gallo, sin comer en muchos dias, ni pan, ni carne sino unos cangrejos, yervas y culebras... (Bonaventura Salinas y Córdova, 1652:49)

Pizarro passò per incredibili sofferenze sull’Isola del Gallo, senza poter mangiare per molti giorni né pane, né carne se non alcuni granchi, erbe e serpenti...

...quedo padesciendo harta necesidad de todo lo necesario... (Augustín de Zárate, [1555] 1749:3)

...dovette patire abbondante necessità di tutto il necessario...

 

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[1] Tucumán era una provincia di frontiera dell'impero incaico incorporata al Cile dopo la conquista spagnola, finché Filippo II, con una cedola del 20 agosto 1565, la aggregò alla Audiencia di Charcas. Da allora seguì le sorti del vicereame del Plata e poi dell'Argentina, della quale costituisce un'odierna provincia settentrionale - capoluogo San Miguel de Tucumán -, la più densamente popolata del Paese. Si estende su un territorio pianeggiante che ad ovest è addossato alle Ande.