Chi non ha alcun interesse ad approfondire tutte le particolarità biochimiche del meraviglioso fenomeno della vita, in quanto, oltre che pesanti, potrebbero risultare pedanti, legga almeno le poche pagine seguenti in cui sono riassunti i concetti fondamentali grazie ai quali riusciremo a farci un’idea sommaria sui segreti della trasmissione dei caratteri ereditari.
La biochimica. ha via via scavato il solco tracciato da
Mendel, fino a raggiungere il nucleo del mistero che si cela nel meraviglioso
fenomeno dell’ereditarietà.
strutture |
descrizione |
membrana plasmatica |
doppio
strato lipidico dello spessore di circa 9 nm con funzione di barriera
selettiva per il movimento di sostanze chimiche tra cellula e ambiente
esterno |
membrana nucleare |
barriera
tra nucleo e citoplasma, interrotta da alcuni pori - i pori nucleari -
attraverso i quali avvengono passaggi selettivi di sostanze tra
citoplasma e nucleo |
cromosomi |
ammassi
organizzati di DNA e proteine accessorie, portatori dell’informazione
genetica |
mitocondri |
organuli citoplasmatici al cui interno avvengono i processi di respirazione cellulare |
nucleolo |
organulo
nucleare che scompare durante la mitosi, responsabile della sintesi
dell’RNA ribosomiale |
reticolo endoplasmatico |
sistema
di cisterne e canalicoli composto da due compartimenti che comunicano
tra loro ma che differiscono per costituzione e funzioni; esso
presiede alla sintesi di enzimi e altre proteine, di grassi e sostanze
fondamentali per la cellula, come alcuni ormoni steroidei |
ribosomi |
particelle
compatte costituite da ribonucleoproteine, ancorate o meno al versante
esterno del reticolo endoplasmatico, deputate alla sintesi delle
proteine assemblando gli aminoacidi in una sequenza determinata |
apparato di Golgi |
ammassi
di vescicole in stretta relazione con il reticolo endoplasmatico, con
la funzione di concentrare e modificare alcune sostanze prima della
loro secrezione all’esterno della cellula |
citoplasma |
sede
dei processi metabolici, molto ricco di microtubuli e microfilamenti
che mantengono la forma della cellula e partecipano attivamente ai
processi di movimento, quali il movimento ameboide |
lisosomi e perossisomi |
strutture
preposte alla degradazione di particolari sostanze spesso tossiche per
la cellula e alla loro espulsione |
centrioli |
strutture
di piccole dimensioni che favoriscono la corretta ripartizione dei
cromosomi durante la divisione cellulare |
Nel 1944, con la scoperta della natura dei geni, veniva raggiunta l’ultima tappa del faticoso cammino della genetica. Avery, Mac Leod e Mac Carthy avevano dimostrato che l’agente della trasmissione ereditaria è il DNA. Essi risolvevano un enigma rimasto insoluto sin dal 1928, quando il batteriologo inglese Griffith aveva realizzato una curiosa esperienza con 2 varietà di pneumococchi, l’uno capsulato, l’altro no: riuscì a trasmettere il carattere capsulato dopo la morte dei portatori.
Bisognava
dunque ammettere l’esistenza di un componente chimico capace di sopravvivere
agli pneumococchi portatori del carattere e in grado di trasmettere il
carattere capsulato. L’enigma fu
risolto nel 1944: si trattava del DNA, identificato come costituente
essenziale dei geni. Da allora in poi tutti i lavori si sono concentrati sullo
studio della molecola dell’acido desossiribonucleico.
Dieci anni più tardi gli inglesi Wilkins e Crick, con la collaborazione dello statunitense Watson, proposero una struttura molecolare del DNA che rese infine comprensibile la trasmissione del messaggio genetico. Tale molecola ha la forma di una scala a spirale la cui rampa è composta dall’alternanza dello zucchero desossiribosio e di un radicale fosfato. Ad ogni zucchero è appeso un gradino composto da 2 basi.
Fig.
II. 1 - Cellula
animale in sezione.
Schema
delle strutture interne di un globulo bianco.
Da molto tempo si era osservato che all’atto della divisione cellulare non gametica i cromosomi si replicano, per cui le cellule figlie vengono dotate di un patrimonio cromosomico completo. Lo schema della scala a chiocciola spiega il tutto: al momento della divisione cellulare non gametica le 2 basi di ogni gradino si separano, la scala si apre in due come fosse una cerniera lampo, e ogni metà trova nell’ambiente circostante gli elementi necessari per riformare una scala completa.
È la duplicazione del DNA, che rende ragione del raddoppio cromosomico.
Le
ricerche successive dimostrarono che i componenti dei gradini sono 4: Adenina,
Timina, Citosina e Guanina. Le loro iniziali costituiscono l’alfabeto della
vita. Con le loro differenti combinazioni si può fabbricare un uomo o un
topo, un virus o un pisello, e disponendo solamente di 20 aminoacidi. È come
dire che bastano 20 lettere dell’alfabeto per costruire un essere. Nel 1962
i tre scienziati furono insigniti del premio Nobel.
Molto prima di dimostrare che il DNA è il depositario
dell’informazione genetica, gli studiosi erano consci che questa funzione
doveva risiedere su molecole specifiche. Infatti postularono che il materiale
responsabile dell’ereditarietà avrebbe dovuto possedere almeno 3
caratteristiche fondamentali:
§
doveva contenere l’informazione in modo
stabile,
informazione riguardante struttura, funzione, sviluppo e riproduzione delle
cellule di un organismo
§
doveva essere in grado di replicare accuratamente,
in modo che le cellule figlie avessero la stessa informazione genetica della
cellula parentale
§
doveva inoltre essere in grado di cambiare,
in quanto senza mutazione gli organismi non potrebbero adattarsi e non si
verificherebbe alcuna evoluzione.
La maggior parte degli organismi possiede il DNA come materiale genetico, che invece in alcuni virus è costituito da RNA. L’RNA, o acido ribonucleico, non è presente in alcun organismo procariotico o eucariotico come fonte d’informazione.
Sia il DNA che l’RNA sono macromolecole il cui peso è pari ad alcune migliaia di dalton (Da) [1] . Per fare un paragone, alcune molecole essenziali al funzionamento cellulare - come zuccheri e aminoacidi - pesano da una a poche centinaia di Da.
Inoltre,
DNA e RNA sono polimeri,
composti da unità monomeriche dette nucleotidi.
Dopo la proposta della struttura chimicofisica a doppia elica del DNA (1953), fu chiarita la natura molecolare dei geni, anche se restava da scoprire la loro organizzazione e non erano ancora noti i dettagli circa la loro replicazione e la loro espressione.
Solo a partire dagli anni ‘60 si cominciò a comprendere appieno il funzionamento del DNA come depositario dell’informazione genetica, quando furono intrapresi i primi studi sulla RNA polimerasi, sull’RNA messaggero e sulla sua traduzione in molecole proteiche.
Gli
studi culminarono nel 1966 con la comprensione del codice
genetico dovuta a Niremberg, Ochoa e Khorana. Le successive
ricerche dimostrarono che il
codice genetico è universale, identico dal batterio all’uomo,
e questo fatto depone decisamente a favore dell’origine di tutti gli
organismi viventi da una singola linea cellulare attraverso un unico processo
di evoluzione chimica.
A proposito del codice genetico, il DNA rappresenta il software, contiene cioè l’informazione necessaria alla sintesi proteica; le proteine sono invece l’hardware, gli elementi che vanno a formare l’impalcatura della cellula, mettendo così a frutto l’informazione contenuta nel DNA.
Il flusso dell’informazione genetica passa dal DNA all’RNA
e dall’RNA alle proteine. È questo il dogma attuale e centrale della
biologia, che come tutti i dogmi non è perenne in quanto, da pochi anni, si
è scoperto che in certi RNA_virus il processo può essere inverso.
[1] dalton - Da: unità di massa atomica pari a un dodicesimo della massa di un atomo dell’isotopo 12 del carbonio, corrispondente a circa 1,6598 x 10-24 g. Prende il nome dal chimico inglese John Dalton (1766-1844).