Vol. 2° -  III.3.1.

Dotazione genica degli eucarioti

Negli eucarioti il DNA nucleare è almeno 1.000 volte più abbondante del DNA del genoma procariotico, detto abitualmente genoforo. Ciò però non significa che gli eucarioti abbiano 1.000 geni per ciascun gene posseduto dai procarioti.

Nel cromosoma X di Drosofila, che contiene un quinto del DNA nucleare, i geni presenti sono circa 1.000, e quindi i geni complessivi di questo dittero sono circa 5.000.

Calcoli più recenti propongono per la Drosofila un numero di geni strutturali compreso fra 5.000 e 10.000; per gli animali più complessi, come i Mammiferi e l’Uomo, tale stima cresce fino a circa 30.000, in grado di codificare altrettante proteine.

Gli eucarioti hanno perciò un numero di geni appena 10 volte, e non 1.000 volte superiore a quello dei procarioti.

Nel pollo domestico, anche se dotato di 39 paia di cromosomi, ogni cellula ha una quantità di DNA che è meno della metà di quella posseduta dall’uomo e perciò ha un patrimonio che assomma probabilmente a 10.000 ¸ 30.000 geni, anche se le ultime vedute parlano di un numero pari a quello dell’uomo. Nel 2004 si è giunti alla conclusione che i geni del pollo sono 20.000-23.000, rispetto al genoma umano che sembra possederne 20.000-25.000.

 

Fig. III. 10 - I segmenti di un gene

Tali dati trovano conferma in quanto già detto a proposito del DNA nucleare.

Il DNA a copia singola, che contiene i geni strutturali, non supera di solito il 20-30% del totale e la maggior parte delle sequenze di questi geni non compaiono sugli mRNA citoplasmatici ma vengono idrolizzate nel nucleo come introni.

Fra i DNA mediamente ripetitivi, solo alcuni trascrivono RNA citoplasmatici, rRNA e tRNA, o codificano piccole proteine quali gli istoni e le immunoglobuline.

I rimanenti geni sono forse i geni regolatori o controllori, postulati in via teorica. Comunque, sembra che non trascrivano RNA.

Fig. III. 11 - Segmenti unici o ripetuti lungo il DNA del cromosoma

Le frazioni altamente ripetitive del DNA, abbondantissime in alcuni organismi, non trascrivono affatto, e il loro significato è soltanto ipotizzabile. Probabilmente hanno azione regolatrice indiretta dato che se si accumulano, come negli Anfibi, rallentano il metabolismo cellulare; oppure offrono punti di aggancio alle RNA-polimerasi che leggono le circostanti regioni del DNA.

Alcuni biologi hanno espresso l’opinione che le sequenze altamente ripetute siano una sorta di DNA egoista o selfish-DNA, eredità di antichi parassiti che si è installato sul genoma e pensa soltanto a duplicare se stesso, senza essere eliminato in quanto privo di qualità selettive.

Non è improbabile però che queste ampie frazioni di DNA, apparentemente prive di significato genetico, abbiano il compito di assorbire gli effetti della maggior parte delle mutazioni, le quali avrebbero azione negativa se colpissero aree trascrittive del genoma invece di quelle quiescenti.

Fig. III. 12 - Il DNA egoista. Il DNA di un antico parassita, un virus, replicandosi varie volte e invadendo altre aree del cromosoma, sarebbe diventato il DNA altamente ripetitivo delle cellule eucariotiche, senza esercitare effetti sul resto del genoma.

Si calcola che solo una porzione minima del genoma, 3-5%, sia geneticamente attiva; il resto viene represso in vario modo, salvo riattivazioni temporanee di determinati geni in talune fasi della vita dell’individuo.

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