Anche con una grata di
diffrazione si possono ottenere colori
iridescenti. Si tratta di praticare una serie di graffi paralleli e
molto ravvicinati sulla superficie lucida di una lastra metallica. Un raggio di luce bianca che cade trasversalmente
alle linee di scalfittura viene riflesso e genera uno spettro luminoso che
rende la superficie iridescente. Oggi, coi CD, è un’esperienza visiva
quotidiana.
Nel regno animale esistono molti esempi di diffrazione
della luce: per la madreperla
l’iridescenza fu attribuita ad interferenza fra gli strati traslucidi della
conchiglia; è molto più verosimile l’intervento della diffrazione dovuta
alla conchilina, il componente organico della conchiglia contenente cristalli
di aragonite
[1]
sotto forma tabulare.
L’iridescenza
presente sulle piume non è dovuta a diffrazione,
sia perché non sono striate, sia perché risultano iridescenti da qualunque
lato provenga la luce incidente.
L’occhio di alcuni mammiferi emana una luce colorata che si genera in un’area
posteriore della coroide; questa luce, visibile nella semioscurità, dà il
nome di occhio brillante.
L’area riflettente della coroide è nota come tapetum lucidum
[2]
e
pare che i colori generati siano dovuti, perlomeno in alcuni casi, a
diffrazione, anche se non si può escludere l’intervento del fenomeno dell’interferenza.
[1]
Aragonite:
chimicamente si tratta di carbonato di calcio e prende il nome dall’Aragona,
la regione spagnola dove avvenne il primo ritrovamento. I cristalli più
belli provengono dalle solfare di Sicilia e di Romagna.
[2] Il tapetum lucidum è una membrana che si sviluppa sul lato interno della coroide, capace di riflettere i raggi luminosi facendo apparire fluorescente l'interno dell'occhio. Può essere costituito da uno o più strati di cellule appiattite contenenti cristalli riflettenti, e allora si chiama tapetum cellulosum (pesci, mammiferi carnivori e lemuridi), oppure di fibre sottili, detto tapetum fibrosum (ungulati e cetacei).