La struttura dei melanosomi può
essere studiata solo al microscopio elettronico a trasmissione, che ha un
potere d’ingrandimento fino a 1 milione di volte. La melanina contenuta nel
melanosoma è presente sotto forma di particelle che non hanno struttura
uniforme, in quanto assumono una morfologia che corrisponde ai vari stadi del
loro sviluppo, e quindi hanno un aspetto che è variabile in rapporto al
momento in cui vengono osservate.
Il premelanosoma, dotato di
struttura granulare, funge da intermediario. Durante il suo sviluppo il
premelanosoma va incontro a diverse trasformazioni: le forme più precoci
contengono filamenti spiralizzati relativamente poco elettrondensi;
successivamente il premelanosoma mostra un tenue incremento della densità
elettronica e un profondo rimodellamento della sua struttura fibrillare.
Vediamo di analizzare nei dettagli queste due tappe importanti della sintesi
melanica.
Premelanosoma
fibrillare. Questa struttura precoce contiene fibrille
spiralizzate disposte in modo relativamente lasso all’interno di una
vescicola la cui parete è liscia. I filamenti stessi delineano il profilo
ovale caratteristico del futuro melanosoma maturo. Il passo delle eliche è
pari a circa 9÷10 nm. I filamenti possono rimanere separati, ma in certi
premelanosomi si può anche osservare una tendenza di due o più filamenti a
unirsi per dar luogo a un filamento di diametro maggiore. La periodicità
assiale delle fibre spiralizzate oscilla intorno a 6,5÷7,6 nm.
Questo tipo di granulo sembra precedere le altre forme, e
nel suo contesto non mostra ancora la deposizione di materiale elettrondenso.
Si può affermare con una certa sicurezza che questa struttura fibrillare
definisce la forma del melanosoma e include siti di tirosinasi ancora
inattivi.
Premelanosoma
striato. In uno stadio successivo in certe aree del
premelanosoma si osserva la comparsa di una fine striatura trasversale, e
precisamente là dove le fibre spiralizzate sembrano fondersi in filamenti
più spessi o in un corpo centrale condensato. L’aumento della densità
elettronica osservabile in questa fase di sviluppo può corrispondere a una
concomitante deposizione di melanina elettrondensa. È ragionevole supporre
che la condensazione delle fibrille e l’attivazione della tirosinasi siano
due processi con alcuni fattori in comune e che essi inizino
contemporaneamente. Non si può tralasciare di accennare a un’altra
possibile spiegazione dell’incremento della densità elettronica. Infatti,
la stessa tirosinasi forma una struttura cristallina e causa la deposizione di
materiale elettrondenso sulla sua superficie. Anche molecole di metalli
possono causare un aumento della densità, ed è noto che lo zinco si accumula
nei granuli di melanina in concentrazione maggiore rispetto alla maggioranza
degli altri componenti della cellula.
La formazione di melanina non ha luogo fintanto che l’orientamento
delle fibre nel contesto della matrice non sia completato, e la sintesi di
pigmento prosegue sin quando i dettagli della matrice non vengono
completamente persi a causa dalla melanina elettrondensa.
Sezionando un melanosoma si
possono distinguere due regioni:
Core
centrale. In sezioni ultrasottili di materiale fissato con
tetrossido di osmio si può mettere in evidenza una striatura longitudinale.
Corticale
osmiofila. La scomparsa della zona corticale compatta e
osmiofila del melanosoma, dopo trattamento sbiancante con permanganato, mette in evidenza la natura melanica
della sostanza osmiofila che compone la corteccia. In condizioni favorevoli,
in seno alla corteccia si può distinguere una fine struttura che può essere
correlata alla struttura del polimero
di melanina, che consiste in piccoli granuli disposti in modo
regolare, più o meno aggregati in unità del diametro di
30÷50 nm. Drochmans ha proposto per
queste formazioni granulari il termine di particelle di melanina.
La stessa sostanza così strutturata è spesso osservabile
a carico dei melanosomi durante la loro degradazione che si svolge nei vacuoli
di fagocitosi dei melanofagi del derma, dove le particelle di melanina vengono
disgregate in particelle più piccole. Quest’osservazione circa lo
spostamento dei melanosomi in seno ai macrofagi sembra essere in
contraddizione con la resistenza della melanina agli agenti chimici in vitro e
con la mancanza di enzimi capaci di depolimerizzarla in vivo. Si può tuttavia
supporre che polimeri dotati di peso molecolare relativamente basso, intorno a
106, corrispondenti alle fini strutture osmiofile, vengano
assemblati in particelle di dimensioni ridotte, successivamente disposte alla
periferia del melanosoma. Il rilascio di particelle melaniche da parte del
melanosoma durante la degradazione non implica una depolimerizzazione ma solo
una manifestazione di differenti livelli dell’organizzazione
macromolecolare.
In sintesi, possiamo affermare che la formazione di un melanosoma
si svolge nel modo seguente:
·
formazione di una matrice proteica composta da filamenti
spiralizzati
·
successiva deposizione di materiale elettrondenso che dà
luogo a una struttura fine, verosimilmente dovuta a melanina
·
estensione e limitazione della deposizione di melanina.
Queste osservazioni suggeriscono l’esistenza nei
melanosomi di differenti
gradi di organizzazione del polimero di melanina:
§
un primo grado di organizzazione macromolecolare è
visibile al microscopio elettronico sotto forma di un assemblamento di fini
granuli disposti secondo una struttura regolare
§
il secondo livello di organizzazione consiste nella
formazione di particelle del diametro di 30÷50 nm
§
queste particelle si dispongono a conchiglia intorno all’unità
elementare, il melanosoma
§
finalmente, microscopicamente parlando, i diversi
melanosomi si congregano a formare un complesso melanosomico.
Essendo talora difficile distinguere tra melanosomi e
premelanosomi, si potrebbe adottare la proposta di Fitzpatrick (1966):
o
Premelanosoma:
qualsiasi formazione che appartiene al processo di maturazione del melanosoma,
caratterizzato da attività tirosinasica dopo che la sintesi melanica ha preso
l’avvio; è dotato di densità elettronica variabile.
o
Melanosoma:
organulo distinto, contenente melanina, in cui il processo di sintesi melanica
è completo; l’attività tirosinasica non è dimostrabile nel suo contesto e
la densità elettronica è più o meno uniforme.
o
Complessi
melanosomici: si tratta di molteplici melanosomi incastonati su una
matrice di supporto, come accade nei macrofagi e nelle cellule malpighiane dei
mammiferi.
Fig. XXVII. 5. –
Formazione e maturazione del melanosoma
secondo Montagna
Secondo una tassonomia più recente suggerita da Montagna,
i vari stadi di formazione e maturazione del melanosoma possono essere
schematizzati nel modo seguente:
§
Melanosoma
stadio 1. Appena formati, i premelanosomi sono rotondeggianti
oppure ovalari, e si tratta di vescicole delimitate da una membrana contenente
tirosinasi e filamenti con una periodicità di 9÷10 nm.
§
Melanosoma stadio 2. Si presentano come corpuscoli ovalari anch’essi
contenenti filamenti con periodicità di 9÷10 nm
§
Melanosoma stadio 3. La melanina sintetizzata al loro interno offusca i
dettagli strutturali; la loro forma è sempre ovale.
§
Melanosoma
stadio 4. Si tratta sempre di melanosomi ovalari contenenti
melanina in quantità tale che tutti i dettagli strutturali vengono
completamente mascherati.
Le dimensioni e lo stadio fino al quale i melanosomi riescono a
svilupparsi dipendono dalla costituzione genetica individuale, in
quanto gli individui di pelle più scura producono melanosomi più grandi e
più maturi rispetto ai soggetti di pelle chiara. Come abbiamo già avuto modo
di precisare, nei Bianchi i melanosomi sono piccoli e gli aggregati che essi
formano sono contornati da una membrana.
Numerosi autori hanno spiegato la limitazione della
crescita del melanosoma come dovuta alla deposizione di pigmento e conseguente
seppellimento dell’enzima in seno
alla struttura finale. Ipotesi interessante, dovuta verosimilmente al fatto
che la formazione di un certo numero di particelle elementari di una
determinata dimensione sia già di per sé il fattore limitante.
A scopo riassuntivo, riportiamo
la classificazione dovuta a Fitzpatrick (1965) relativa alle cellule dei
vertebrati contenenti melanina:
·
melanoblasto:
è la cellula che, durante tutti gli stadi del ciclo vitale, funge da
precursore dei melanociti e dei melanofori; esso diventa melanocita con la
formazione di melanina o di premelanosomi privi di melanina
·
melanocita:
cellula deputata alla sintesi di un organulo specializzato contenente
melanina, il melanosoma
·
melanoforo:
si tratta di un tipo di melanocita che partecipa, insieme ad altri
cromatofori, ai rapidi mutamenti cromatici degli animali a sangue freddo,
attraverso l’aggregazione o la dispersione dei melanosomi
·
melanocita
albino: come altri melanociti, caratterizzati da un prodotto
finale costituito da premelanosomi solo parzialmente melanizzati, appartiene
ai melanociti, e i suoi premelanosomi sono totalmente privi di melanina.