Lessico
Flavio Cresconio Corippo
Flavius Cresconius Corippus. Poeta latino cristiano del VI secolo, africano di nascita, fu maestro di retorica in patria, poi funzionario della cancelleria imperiale a Costantinopoli. Scrisse due poemi, giunti a noi incompiuti: Iohannis seu de bellis Libycis, in 8 libri, del 549, sulle imprese contro i Mauri di Giovanni Troglita magister militum di Giustiniano, e In laudem Iustini minoris o De laudibus Iustini Augusti Minoris heroico carmine libri IV del 565-566, per l’imperatore bizantino Giustino II.
Flavio Cresconio Corippo
Flavio Cresconio Corippo fu un poeta nordafricano di lingua latina, nato intorno al 500 e morto dopo il 568. Le notizie biografiche su di lui sono piuttosto scarse. Era nato in Africa e in un manoscritto delle sue opere viene definito grammaticus (professore di lettere). Sembra da escludersi, anche per motivi cronologici, l'identificazione che alcuni avevano fatto tra lui e un vescovo africano Cresconius del VII secolo.
Ciò che sappiamo di Corippo è quello che si ricava dai suoi tre poemi giunti fino a noi:
- la
Gioanneide (Iohannis seu de bellis Libycis)
- il Panegirico di Anastasio (Panegyricum in laudem Anastasii quaestoris et
magistri)
- il Panegirico di Giustino II (In laudem Iustini minoris).
Dopo la sua attività di insegnante, svolta probabilmente nei dintorni di Cartagine, lo troviamo in questa città nel 550 intento a recitare, davanti a dignitari bizantini, il poema epico da lui stesso composto per celebrare la campagna di Giovanni Troglita (generale di Giustiniano) contro i Mauri conclusa nel 548.
Una quindicina d'anni dopo lo troviamo a Costantinopoli, dove si lamenta di non ben precisate ingiustizie subite che lo hanno privato dei suoi averi, e si appella all'imperatore. In questo frangente apprendiamo che aveva un incarico a corte ed era alle dipendenze del questore di palazzo Anastasio, cui rivolge un elogio in versi. In seguito viene esortato a comporre un panegirico anche nei confronti del nuovo imperatore, Giustino II. La composizione di quest'ultima opera avviene nel 568 e in essa l'autore si definisce come già anziano. Probabilmente morì non molto tempo dopo.
Molto probabilmente egli era di religione cristiana, come si deduce da diversi elementi, per esempio la sostanziale assenza di tutti quegli abbellimenti mitologici che sono soliti abbondare nei poemi epici, oltre a qualche esplicita allusione a testi delle sacre scritture, e in particolare un brano particolarmente "ortodosso" (Laus iv. 294 ss.).
Quest' ultimo poema (In laudem Iustini minoris), in quattro libri, comprende la morte di Giustiniano, l'incoronazione del suo successore, Giustino II (13 novembre 565) e gli avvenimenti dei primi anni di regno. Esso è preceduto da una prefazione e dal Panegirico già ricordato di Anastasio, il superiore del poeta. Questi testi vennero pubblicati ad Anversa nel 1581 da Michael Ruyz Azagra, segretario dell'imperatore Rodolfo II, a partire da un manoscritto del IX o X secolo. Il Panegirico, ancorché infarcito di espressioni servili ed elogi spropositati, permette di avere un'idea dei cerimoniali della corte bizantina, per esempio durante la narrazione dell'accessione al potere di Giustino o quando viene descritto come vengono ricevuti gli ambasciatori degli Avari.
Il poema più ampio e importante da lui composto, la Ioannide, il primo in ordine di tempo, fu disperso per lungo tempo e venne rintracciato solo agli inizi del XIX secolo. Benché Johannes Cuspinianus (1473-1529) nel suo De Caesaribus et Imperatoribus sostenesse di aver visto un suo manoscritto nella biblioteca di Buda (distrutta da Solimano II nel 1527), fu solo nel 1814 che il Cardinal Mazzucchelli, bibliotecario della Biblioteca Ambrosiana di Milano, scoprì l'unico manoscritto superstite della Ioannide nel codex Trivultianus (della biblioteca del marchese Trivulzi).
Questo poema ha grande importanza per la storia del suo tempo, in particolare riguardo alle regioni del Nordafrica, su cui si hanno poche informazioni. È un poema di circa 5000 esametri, in otto libri, e descrive le vittorie sui Mauri a opera di Giovanni Troglita, che fu magister militum nel 546. La vicenda narrata ha inizio con l'invio di Giovanni in Africa a opera di Giustiniano, e si conclude dopo la battaglia decisiva nei pressi di Cartagine del 548.
Le osservazioni di Corippo riguardo al Nordafrica si rivelano espressione di un intelligente osservatore ben al corrente di quella realtà; molte sue descrizioni di usi e costumi degli indigeni sono infatti confermate sia da altre fonti contemporanee (per esempio Procopio), sia da osservazioni moderne sulle società berbere tradizionali. I modelli principali di Corippo furono Virgilio, Lucano, e Claudiano. Nel complesso, la lingua e la metrica di Corippo, considerata l'epoca in cui visse, è notevolmente pura.
Le edizioni della Iohannis a opera di P. Mazzucchelli (1820) e quella della Laus ad opera di Pierre-François Foggini (1797) sono ancora oggi utili per il loro apparato critico. Sono entrambe comprese nel 28° volume del Corpus scriptorum historiae Byzantinae pubblicato a Bonn. Le migliori edizioni moderne sono quella di Josef Partsch (in Monumenta Germaniae historica, 1879), con una introduzione molto utile, e quella di Michael Petschenig (Berliner Studien für klassische Philologie, iv., 1886); si veda anche Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, ch. xlv.
Flavius Cresconius Corippus was a late Roman epic poet of the 6th century, who flourished under East Roman Emperors Justinian I and Justin II. His major works are the epic poem Johannis and the panegyric In laudem Justini minoris. Corippus was probably the last important Latin author of Late Antiquity. He was a native of Africa, and in one of the manuscripts is called grammaticus (teacher). He has sometimes been identified, but on insufficient grounds, with Cresconius Africanus, a Catholic bishop (7th century), author of a Concordia Canonum, or collection of the laws of the church.
Nothing is known of Corippus beyond what is contained in his own poems. He appears to have held the office of tribune or notary (scriniarius) under Anastasius, imperial treasurer and chamberlain of Justinian I, at the end of whose reign he left Africa for Constantinople, apparently in consequence of having lost his property during the Moorish and Vandal wars.
He was the author of two poems, of considerable importance for the history of the times. One of these, Johannis seu de bellis Libycis, the earlier of the two, was not discovered till the beginning of the nineteenth century. It was dedicated to the nobles of Carthage and relates the overthrow of the Moors by a John Troglita, magister militum in 546. Johannis is in eight books (the last is unfinished) and contains about 5000 hexameters. The narrative commences with the despatch of Johannis to the theatre of war by Justinian, and ends with the decisive victory near Carthage (548).
The other poem, In laudem Justini minoris ("In praise of the younger Justin"), in four books, contains the death of Justinian, the coronation of his successor Justin II (November 13, 565); and the early events of his reign. It is preceded by a preface, and a short and fulsome panegyric on Anastasius, the poet's patron. The Laus was published at Antwerp in 1581 by Michael Ruyz Azagra, secretary to the emperor Rudolf II, from a ninth- or tenth-century manuscript.
The preface contains a reference to a previous work by the author on the wars in Africa; and although Johannes Cuspinianus in his De Caesaribus et Imperatoribus professed to have seen a manuscript of it in the library at Buda (destroyed by Suleiman II in 1527), it was not till 1814 that it was discovered at Milan by Cardinal Mazzucchelli, librarian of the Biblioteca Ambrosiana, from the codex Trivultianus (in the Biblioteca Trivulziana, the library of the marchesi Trivulzi), the only manuscript of the Johannis extant.
The Johannis "is not only a valuable historic source but a work of marked poetic merit." It provides a description of the land and people of Late Roman Africa, which conscientiously records the impressions of an intelligent native observer; many of his statements as to manners and customs are confirmed both by independent ancient authorities (such as Procopius) and by our knowledge of the modern Berbers. Virgil, Lucan, and Claudian were the poet's chief models. The Laus, which was written when he was advanced in years, although marred by a "Byzantine" servility and gross flattery of a by no means worthy object, throws much light upon Late Roman court ceremony, as in the account of the accession of Justin and the reception of the embassy of the Avars.
On the whole the language and metre of Corippus, considering the age in which he lived and the fact that he was not a native Italian, is remarkably pure. That he was a Christian is rendered probable by negative indications, such as the absence of all the usual mythological accessories of an epic poem, positive allusions to texts of Scripture, and the highly orthodox passage Laus iv. 294 ff. The editions of the Johannis by P. Mazzucchelli (1820) and of the Laus by Pierre-François Foggini (1797) are still valuable for their commentaries. They are both included in the 28th volume of the Bonn Corpus scriptorum historiae Byzantinae.