Lessico


Cinquanta volte al giorno

Interessante è l'etimologia di salax, che al superlativo assoluto fa salacissimus: deriva dal verbo latino salio che significa saltare. In effetti il gallo salta sulla gallina, ma lo stesso doveva accadere tra uomo e donna ai tempi dei Romani, e non solo allora.

Quindi, Aldrovandi accetta pienamente questa ipersessualità del gallo, di questo gallo più atleta del passero nelle schermaglie d'amore, ma non sappiamo se si tratta di una sua osservazione sui galli del 1500, se è un suo calcolo probabilistico, oppure se trattasi di una leggenda tramandata nei secoli fino a lui, e da lui nei secoli a venire, come dimostra un compendio dell'Histoire Naturelle di Buffon ad opera di un fantomatico C.S.B.M. e che risale al 1822, e dove, a pagina 125 di questo melenso e moraleggiante bigino, ci è dato leggere: «Il gallo è lussuriosissimo, e calca la gallina all’aria aperta sin cinquanta volte al giorno.»

Ma il  Buffon integrale dimostra un senso critico da scienziato. Infatti a pagina 68 del II volume della sua Histoire naturelle des oiseax (Paris, 1771), oltre a citare Aldrovandi come fonte dei 50 accoppiamenti giornalieri, esprime il dubbio che siano tutti quanti in grado di fecondare le uova:

"[...] mais quand il en auroit cinquante [poules] chaque jour, on prétend qu'il ne manqueroit à aucune (Aldrovande, tom. II, lib. XIV): à la vérité personne ne peut assurer que toutes ses approches soient réelles, efficaces & capables de féconder les oeufs de sa femelle."

Sta di fatto che 50 e più accoppiamenti al giorno mi sembrano eccessivi: se consideriamo che per le razze leggere il numero di galline concesse a un gallo perché fecondi tutte le uova si aggira su 10, massimo 12 individui, allora dovremmo osservare un gallo Livorno accoppiarsi perlomeno 5 volte al giorno con ciascuna delle sue compagne. Tra un po' di corteggiamento e d'accoppiamento, il gallo avrebbe poco tempo a disposizione per le rimanenti attività nell'ambito dell'harem.

Più realistico, e senza dubbio basato su dati statistici, è il numero di accoppiamenti giornalieri riferito da Sharp (1998): un gallo sessualmente attivo può accoppiarsi 20-30 volte al giorno, ma non tutte le copule si concludono con l'eiaculazione.

Il Buffon apocrifo

Talora mi viene la tentazione di sorvolare su certi particolari, poi però non riesco ad astenermi dall’essere corretto nei vostri confronti, in quanto la credibilità di C.S.B.M potrebbe essere messa in discussione. È d’uopo che vi racconti una delle tante peripezie nelle quali si può incappare durante le ricerche storiche.

Un giorno vengo a sapere che è disponibile l’edizione anastatica dell’Histoire Naturelle di Buffon e mi lancio a capofitto. Centomila lire per Buffon le posso spendere più che volentieri. Nel frattempo comincio a fantasticare: testo originale, magari con la traduzione a fronte, e se la traduzione non c’è poco importa, poiché col francese me la cavo bene, e non sarà certo un francese di allora a farmi paura etc etc etc...

Finalmente la libreria mi comunica che il volume è arrivato. Non mi faccio attendere più d’un quarto d’ora, ma allibisco di fronte alle dimensioni del trattato: larghezza 9,5 cm, altezza 14 cm, ma ciò che più conta, 2 cm di spessore, di cui 6 mm dovuti alla copertina rigida. Sfoglio subito questo tartufo dell’editoria e, invece di Buffon, trovo che l’autore è l’indecifrabile C.S.B.M.

Il mini-opuscoletto allegato fa una lunga tiritera su Buffon, ma non cita assolutamente chi si è nascosto sotto una sigla, né perché l’abbia fatto, foss’anche per eccesso d’umiltà. Giunto a casa, mi dedico subito a qualche passo sui volatili. A pagina 125, a proposito del gallo domestico, si legge:

«Il gallo è lussuriosissimo, e calca la gallina all’aria aperta sin cinquanta volte al giorno.»

Comincio a dirmi che qui gatta ci cova. Come può Buffon aver fatto un’affermazione del genere? Il grande Buffon, il fondatore della moderna visione naturalistica delle cose? Io sapevo che il passero è uno dei più rinomati scopatori, raggiungendo il numero perfetto di sette volte al giorno. Ma il gallo no, oppure sì, magari ce la fa anche lui sette volte al giorno, e so che si accoppia anche nel pollaio o anche sul tavolo di fronte agli occhi neanche allibiti degli amici - come è accaduto mentre esibivo una bella coppia di Cocincina Nana nera - ma cinquanta volte è troppo. Mi sa che C.S.B.M avesse in mente una razza estinta: il Pollo di Salomone.

Insomma, sento odore di bruciato, e l’unica cosa da fare, sia per annotare le referenze bibliografiche, sia per sapere se il contenuto del libello rispecchi le idee di Buffon invece di essere un vile compendio infarcito di false idee naturalistiche e morali, mi decido di telefonare all’Editore. Dico anche di false idee morali in quanto il pudico C.S.B.M, avendo fatto l’immane sforzo di compendiare l’opera del grande Francese ad uso della gioventù italiana - per i teneri giovinetti, come recita nell’introduzione - a proposito del gallo di montagna ci fa sapere:

«Dal suo gorguzzule teso esce un grido amoroso. Incomincia esso con un forte scoppio seguito da un picciolo sibilo somigliante a quello della cote, e terminato da un altro scoppio eguale al primo. Le galline di montagna gli rispondono, vengono a porsi ai piè dell’albero, si trastullano con lui e restano fecondate.»

Si tratta di un moralismo del 1822, e va bene, ma raggiunge una tale perfidia quando C.S.B.M dice che l’accoppiamento del gallo domestico avviene davanti agli occhi di tutti, all’aperto, coram populo, come se fosse un atto contro natura. Secondo C.S.B.M. la gioventù deve mettersi in testa che l’accoppiamento non è un preciso imperativo di Dio - quando disse: andate e moltiplicatevi - bensì un trastullo, come quando si marina la scuola.

Abbiamo scotomizzato l’Editore - Poligrafiche Bolis, stampatori in Bergamo dal 1833 - ma lo metto subito a fuoco. Per arrivare a capo del rebus compongo il numero telefonico e, dopo alcuni brani musicali reiteranti che riescono solo a decuplicare il nervosismo di chi è in attesa - juke-box costoso, juke-box che strimpella a suon di scatti -, parlo con la signora Rosetta Gazzaniga, la quale molto gentilmente si mette a disposizione dei miei quesiti. Ci risentiamo fra sei giorni.

Lascio passare il tempo dovuto, poi ricompongo il numero. La signora Rosetta, e diciamo pure che me l’aspettavo, si scusa, ma non è stato possibile, causa impegni di lavoro, fare le ricerche del caso. Mi chiede una mora di otto giorni. È ovvio che debbo accettare.

E gli otto giorni passano. La signora Rosetta, e anche stavolta me l’aspettavo, è un po’ più imbarazzata della volta precedente essendo sempre attive le condizioni di superlavoro. Mi chiede se per caso non posso fare delle ricerche in biblioteca. La soluzione proposta mi pare tanto scimunita che riesco a trovare subito la risposta esatta: cosa vado a cercare in biblioteca? Un acronimo? La signora Rosetta accondiscende e promette di chiamarmi lei stessa.

State pur certi che mai riceverò l’attesa telefonata. Né mi prendo la briga di importunare nuovamente l’Editore. Sappiate, comunque, che così va la cultura.