Lessico


Epilessia dei volatili

In letteratura avicola non esiste una sindrome epilettiforme che sia caratteristica soprattutto del cappone. Esistono però malattie virali che possono dare una sintomatologia neurologica sia nel gallo che nella gallina, e ovviamente anche nel cappone.

Una delle più importanti è la Pseudopeste aviare o malattia di Newcastle, in quanto fece la sua prima comparsa in Europa nel 1927 nella contea metropolitana inglese di Tyne and Wear (capoluogo Newcastle upon Tyne), mentre in Italia giunse intorno al 1940. Il virus in causa è un Paramyxovirus che è ubiquitario e che colpisce polli, tacchini, faraone, fagiani e numerosi altri volatili e talora anche l'uomo. La forma clinica subacuta è caratterizzata sin dall’inizio da manifestazioni nervose: barcollamento, atassia, poi convulsioni, opistotono, torcicollo. Il decorso è in genere lungo, la mortalità piuttosto bassa con frequenti esiti neurologici.

L’altra malattia virale è l’Encefalomielite aviare, che colpisce principalmente i polli, fu descritta per la prima volta nel 1932 negli USA e venne chiamata tremore epidemico, ricevendo la denominazione attuale nel 1939. In Italia è stata segnalata per la prima volta nel 1961, e la sua diffusione è giunta fino all’Australia. Il virus in causa appartiene al gruppo dei Picornavirus e nei soggetti giovani determina atassia, tremori, paralisi, mentre negli adulti si ha solo un calo della deposizione.

Quindi ai tempi di Aldrovandi e di Luigi Mondella queste malattie virali, che avrebbero potuto colpire il cappone (soprattutto la malattia di Newcastle), erano teoricamente sconosciute sia in Europa che in Italia.

Esistono poi malattie neurologiche nel pollo che hanno una base puramente genetica. A noi interessano quelle che determinano convulsioni. Le mutazioni genetiche attive in tal senso finora individuate assommano a 7, hanno comportamento recessivo e vengono così denominate: Pazzo - Piroetta - Collo arcuato (su base multifattoriale) - Crisi di collo arcuato - Crisi epilettiformi - Letale legato al sesso - Parossismo. Nessuna di queste malattie su base genetica ha una specifica predilezione per il cappone.

Epilessia della quaglia e del cappone

Plinio riferisce che le quaglie andavano soggette all'epilessia, così come accade all'uomo, e non cita altri animali epilettici:

Naturalis historia X, 69: Quod si ventus agmen adverso flatu coepit inbibere, pondusculis lapidum adprehensis aut gutture harena repleto stabilitae volant. Coturnicibus veneni semen gratissimus cibus, quam ob causam eas damnavere mensae, simulque comitialem propter morbum despui suetum, quem solae animalium sentiunt praeter hominem.

È Luigi Mondella a parlare di altri animali epilettici in Epistolae medicinales (Basilea, 1543). Il reverendus Alexander Totus gli aveva raccontato che le quaglie sono soggette a epilessia, e altre persone l'avevano affermato per i capponi, ma Mondella aveva potuto osservare questa malattia solo nei gatti: "Extremum illud addam, multos profecto mihi affirmasse, praesertim Totum nostrum plurimae sane lectionis, nec vulgaris iudicii virum, se videlicet propriis oculis vidisse, qualeas comitiali morbo corripi: traditum enim a Plinio de coturnicibus, a nullo vero de alpinis nostris coturnicibus, quod sciam, nec hactenus visum, nec auditum. Plinii vero sententia illa, coturnices animalium solas, praeter hominem, talem morbum sentire, nobis profecto dubitandi occasionem praebuit: nonnulla enim alia sunt animalia, quae hoc afficiuntur malo, quemadmodum quos saepe nos vidimus, catti, &, ut ab aliis accepi, capi gallinacei, alaudae, equi, picae." (pag. 63)

Mondella non ritiene che si debba evitare di mangiare le quaglie in quanto si cibano di erbe velenose per l'uomo o perché soffrono di epilessia, e lo stesso dicasi per i capponi epilettici: "Et licet hae [coturnices] veneno interdum vescantur, & interdum comitiali mobo vexentur, non tamen semper, nec omnes existimo, sed illas fortasse quae in aviariis captae reservantur: nam & hac ratione capi gallinacei, quos supra diximus, quod nonnulli eorum quandoque comitiali morbo corripiantur, improbandi essent, qui tamen ab omnibus rationabiliter laudantur. Nam quae obsecro animalium species est, quae variis interdum non corripiatur morbis, etiam si ea boni succi sint?" (pag. 66)