Lessico
Pier Damiani
Santo e Dottore della Chiesa (Ravenna 1007 - Faenza 1072). Di poverissima famiglia, allevato dal fratello maggiore Damiano (donde il suo secondo nome), dopo aver insegnato a Parma e a Ravenna si ritirò nell’abbazia di Fonte Avellana (località delle Marche, nel comune di Serra Sant'Abbondio in provincia di Pesaro e Urbino). Segnalatosi per austerità di vita, fu nominato da Leone IX priore del convento di Locri e da Stefano IX cardinale e vescovo di Ostia (1057).
Insieme all'amico Ildebrando di Soana (il futuro Gregorio VII), si adoperò per l'elezione di Niccolò II contro Benedetto X. Nel 1060 fu inviato con Anselmo da Baggio a Milano, quale legato della Santa Sede per la questione della pataria (movimento popolare sorto nella seconda metà del sec. XI in Lombardia e in particolare a Milano con intenti di riforma ecclesiastica) e per porre riparo alla situazione gravissima del clero milanese in gran parte simoniaco e concubinario.
Morto Niccolò II (1061), favorì l'elezione di Anselmo da Baggio (Alessandro II), sostenendolo contro l'antipapa Cadalo. Al concilio convocato nel 1062 ad Augusta, per decidere quale fosse il legittimo pontefice, Alessandro II si fece rappresentare da Pier Damiani, contando più che sul suo dubbio senso politico sul fascino della sua personalità religiosa.
In tutta l'opera di riforma e nella politica di Alessandro II è evidente l'influsso delle idee di Pier Damiani, che è fra le personalità eminenti della riforma della Chiesa nel sec. XI. Asceta, assertore della miseria invincibile della natura umana, nemico di ogni forma di ricchezza, diffidente verso gli studi profani, convinto della superiorità della condizione monastica, Pier Damiani operò energicamente per la riforma del clero.
In campo politico, non accettò la concezione teocratica di Ildebrando di Soana e sostenne una stretta unione del potere temporale e di quello spirituale. Dante lo ricorda nel canto XXI del Paradiso, lodandone l'umiltà, che lo spinse a farsi chiamare Petrus Peccator. Tra i suoi trattati, sono da ricordare il Liber Gomorrhianus, aspra requisitoria contro la corruzione del clero; il Liber gratissimus, contro la simonia; la Disceptatio Synodalis; il De divina omnipotentia. Di notevole valore storico le sue Lettere.
Pier Damiani
Pier Damiani o Pier di Damiano o Pietro Damiani (Ravenna 1007 – Faenza 21 febbraio 1072) è stato un teologo, vescovo e cardinale italiano della Chiesa cattolica, che lo venera come santo e di cui è Dottore dal 1823. Fu grande riformatore e moralizzatore della Chiesa del suo tempo, autore di importanti scritti liturgici, teologici e morali. Fonte principale per la ricostruzione della sua vita è la biografia realizzata dal discepolo prediletto Giovanni da Lodi, monaco suo segretario personale poi divenuto priore di Fonte Avellana e quindi vescovo di Gubbio. Numerosi accenni autobiografici sono poi rinvenibili tra le sue molte lettere.
Primi anni di vita (1007-1022)
Pietro nacque a Ravenna tra la fine del 1006 o più probabilmente l’inizio del 1007. Se ne conosce con relativa precisione l'anno di nascita, fatto piuttosto raro per quei tempi, perché egli stesso riferisce in una delle sue numerose lettere di essere nato 5 anni dopo la morte dell'imperatore Ottone III. La sua famiglia era probabilmente, o era stata, di illustri origini, ma quando nacque Pietro non era di condizione agiata. Era l’ultimo nato di molti fratelli: Damiano, arciprete e poi monaco, un anonimo fratello malvagio, Marino, Rodelinda, la sorella primogenita, Sufficia, e un’altra sorella anonima.
Rimase orfano di entrambi i genitori in giovanissima età. Fu allevato dapprima dalla sorella Rodelinda. Poi lo accolse in casa il fratello malvagio del quale non conosciamo il nome che lo costrinse a durissimi servizi e lo maltrattò. In quel periodo trovò per caso una moneta e la consegnò a un prete per celebrare una messa di suffragio per il padre defunto. Lasciò poi la casa del fratello malvagio e venne accolto dal fratello Damiano, arciprete. Probabilmente per riconoscenza verso questo fratello Pietro aggiungerà al suo nome ‘Damiani’, cioè “di Damiano”, che non va inteso dunque come patronimico.
Studi (1022-1032)
Il fratello Damiano, arciprete di una grossa pieve presso Ravenna, si occupò non solo del mantenimento, ma anche di fornire un’educazione al fratello Pietro, cosa rara per quei tempi. Lo inviò allora a Faenza, sede di una scuola presumibilmente migliore di quelle disponibili allora a Ravenna, probabilmente anche con l’intento di allontanarlo dal fratello malvagio. Non ci è dato sapere in quale delle scuole faentine esistenti allora abbia studiato: presso la Cattedrale, o il monastero di Santa Maria Foris Portam, o il monastero dei Santi Lorenzo e Ippolito. Rimase a Faenza 4 anni, dal 1022 al 1025, tra i 15-18 anni. Terminati gli studi a Faenza si spostò a Parma, inviato dal fratello o di sua iniziativa, per studiare le ‘arti liberali’, cioè trivio e quadrivio. Rimase a Parma negli anni 1026-1032, tra i 19-25 anni.
Insegnamento (1032-1035)
Terminati gli studi a Parma tornò a Ravenna dove intraprese la carriera di insegnante, che lo occupò probabilmente dal 1032 al 1035, fino a circa 28 anni. Divenne un rinomato maestro di arti liberali, con molti allievi e dunque con una notevole fama e agiatezza economica. È probabile che fosse anche chierico (diacono o un altro ordine minore), cosa allora comune per i maestri. L’ordinazione presbiterale che sappiamo ricevette da un arcivescovo probabilmente è da collocare contemporaneamente al suo insegnamento a Ravenna, forse tra il 1034-35 a opera dell'arcivescovo Gebeardo di Eichstätt (1027-1044).
Vocazione monacale (1035)
Durante l’insegnamento maturò progressivamente l’idea di dedicarsi alla vita monacale. Mantenendo immutato lo stile di vita a stretto contatto con la società, cominciò a vivere ‘interiormente’ come un monaco: sotto le vesti indossava il cilicio, digiunava, si prodigava in preghiere, veglie, opere di carità. Secondo un racconto dello stesso Pier Damiani un fatto preciso lo incoraggiò ad abbracciare la vita monastica vera e propria. Solitamente invitava a mensa alcuni poveri. Un giorno si trovò solo con un cieco e gli offrì del pane scuro, di qualità peggiore, tenendo per sé un pane bianco. Una lisca di pesce si conficcò nella sua gola, rischiando di soffocarlo. Interpretò l’incidente come una giusta punizione per l’episodio ‘egoista’ e prontamente offrì al cieco il pane migliore. Immediatamente la lisca scivolò in gola lasciandolo indenne.
L’ingresso nella vita monastica avvenne quando, probabilmente nel 1035 all’età di 28 anni, conobbe a Ravenna due eremiti di Fonte Avellana (località delle Marche nel comune di Serra Sant'Abbondio provincia di Pesaro e Urbino), eremo fondato dal ravennate san Romualdo. Attratto dalla loro umile e composta modestia, li seguì nel loro eremo e vi si fece monaco.
Monaco di Fonte Avellana (1035-1043)
Monastero di Fonte Avellana
A Fonte Avellana, complice il suo passato di maestro, gli venne chiesto di istruire i suoi fratelli in campo religioso ed esortarli alla vita monastica. In seguito, probabilmente nel 1040, l'abate di Pomposa (frazione del comune di Codigoro, provincia di Ferrara), Guido, chiese al priore di Fonte Avellana di inviargli Pier Damiani, probabilmente avendone già conosciuta la fama che lo circondava a Ravenna, per istruire la sua comunità. Pietro vi rimase circa due anni, tra il 1040 e il 1042.
Nel 1042, per ordine del suo priore di Fonte Avellana, passò da Pomposa al monastero di San Vincenzo al Furlo (presso Urbino), per riformarne la disciplina secondo la riforma romualdina. Qui scrisse la Vita Romualdi attingendo alle notizie dirette di chi aveva personalmente conosciuto il monaco anacoreta. Qui incontrò e talvolta si scontrò con alcuni potenti nobili del tempo, come il marchese Bonifacio di Toscana o la dinastia dei Canossa.
Priore di Fonte Avellana (1043-1057)
A fine 1043, in occasione della morte del priore Guido, ritornò a Fonte Avellana dove venne eletto dai suoi confratelli (circa venti monaci) come suo successore. Rimase priore per 14 anni, fino al 1057. Durante il suo priorato si adoperò nell'organizzazione e nella promozione della vita eremitica a vari livelli. Si preoccupò di attuare gli ideali monastici nel suo monastero, attento al contempo a curarne il patrimonio economico, che in quegli anni prosperò, curando anche l'ampliamento e la ristrutturazione di edifici esistenti e costruendone di nuovi. Curò in particolare la biblioteca dell'eremo.
Fondò, o comunque riorganizzò all’interno della famiglia monastica di Fonte Avellana, diversi eremi e monasteri nel centro Italia:
monastero di san Salvatore
di Monte Acuto presso Perugia.
monastero di san Gregorio in Conca presso Rimini.
eremo di Suavicino.
eremo di Preggio presso Perugia.
eremo di Gamogna, sull’appennino faentino (1053).
cenobio di San Giovanni in Acereta (attualmente nota come Badia della Valle),
sull’appennino faentino (circa 1055).
monastero di San Bartoloemo in Camporeggiano, presso Fonte Avellana.
monastero di Santa Maria in Sitria, presso Fonte Avellana.
eremo di Ocri, presso Sarsina.
Intrattenne inoltre una notevole corrispondenza con i principali monasteri del centro Italia dell'epoca. Oltre ad adoperarsi nell’ambito monastico fu uno dei principali e zelanti attuatori della riforma gregoriana della Chiesa. Si reca in molte diocesi (p.es. Urbino, Assisi, Gubbio) per esortarne o rimproverarne i vescovi. In alcuni casi fa pressione sul Papa per far rimuovere vescovi indegni o simoniaci (Pesaro, Fano, Osimo, Città di Castello).
Nel 1046 assiste all'incoronazione dell'imperatore Enrico III a Roma ed entra in contatto con l'ambiente di corte. I contatti avuti in seguito con la casa imperiale furono numerosi e cordialissimi; si recò più volte in Germania, l'imperatrice Agnese fu sua penitente. Nel 1047 è presente al sinodo romano, celebrato alla presenza dell’imperatore e presieduto dal Papa, per contrastare il problema della simonia. Partecipa anche ai sinodi romani del 1049, 1050, 1051, 1053. Nel 1049 compone il Liber gomorrhianus, trattante i peccati contro natura.
Col pontificato di papa Leone IX (1049-1054) si estende l’orizzonte d’azione riformatrice del santo. Ebbe un ruolo attivo anche nel tentativo di trattenere Enrico IV dal divorzio con Berta. Dal 1050 in poi, Damiani partecipò attivamente con scritti e interventi personali alla riforma ecclesiastica che vide in Leone IX il più energico fautore. Questo Papa lo nominò priore del convento di Ocri. La sua collaborazione proseguì con i successivi papati di Stefano IX, Niccolò II e di Alessandro II.
Vescovo di Ostia (dal 1057)
Papa Stefano IX nell’agosto-novembre 1057 o il 14 marzo 1058 lo nominò cardinale e vescovo di Ostia, cioè uno dei sette cardinali lateranensi a più stretto contatto col Papa. Stando ai suoi scritti Pier Damiani non accolse la nomina con favore: si sentiva portato alla vita eremitica implicante solitudine, silenzio, penitenza, preghiera. Si trasferì a Roma, a stretto contatto col Papa e la corte pontificia, dove rivestì un ruolo di primissimo piano.
Riformatore
Dal 1050 in poi, Pier Damiani partecipò attivamente con scritti e interventi personali alla riforma ecclesiastica che vide in Leone IX il più energico fautore. Questo Papa lo nominò priore del convento di Ocri. La sua collaborazione proseguì con i successivi papati di Stefano IX, Niccolò II e di Alessandro II. Pier Damiani operò la sua azione riformatrice in diversi modi: si adoperò affinché il potere politico fosse privato delle connotazioni sacrali che progressivamente assunto (e che avevano portato alla prassi comunemente accettata della compravendita della cariche ecclesiastiche, pratica contestata dalla cosiddetta lotta per le investiture); mise in risalto l'autorità del Papa, fulcro centrale della vita ecclesiale (questo da un lato per sottrarre i vescovi all'autorità dell'imperatore, dall'altro per non lasciarli sciolti da ogni istanza superiore, come invece chiedeva la corrente detta episcopalismo); cercò di riformare la vita dei chierici, combattendo il nicolaismo (interpretazione lassista del celibato ecclesiastico) e proponendo come modello la vita monastica.
Principali missioni
Nel novembre 1059 Papa Niccolò II inviò Pier Damiani a Milano. In quella città lo scandalo della compravendita delle cariche religiose (simonia) era sotto gli occhi di tutti. Il matrimonio dei sacerdoti era prassi corrente, come corrente era il comportamento licenzioso di molti religiosi. Le riforme avviate dal papato trovarono nella chiesa ambrosiana una forte opposizione. La chiesa ambrosiana rivendicava la sua autonomia e la sua particolarità. In controtendenza un gruppo di sacerdoti e diaconi tra cui Anselmo da Baggio, sant'Arialdo e i fratelli Landolfo Cotta e Erlembaldo formarono un movimento che gli oppositori soprannominarono Pataria, da patée che in dialetto milanese significa venditori di cianfrusaglie, sinonimo di straccione.
Questo movimento si scagliava contro il concubinato del clero e contro i privilegi della Chiesa e non solo della Chiesa. I vescovi ambrosiani scomunicarono alcuni membri di questo movimento e provocarono l'intervento del papato per ristabilire l'ordine e l'obbedienza. Prima di Pietro Damiani si erano recati a Milano nel 1057 Anselmo da Lucca e il monaco Ildebrando da Soana (futuro papa Gregorio VII). Pier Damiani riunì tutto il clero in cattedrale e richiamata l'autorità del Papa riuscì a strappare un accordo di accettazione del celibato del clero. Le tensioni rimasero comunque alte e dopo la morte di papa Niccolò II le dispute ripresero e sfociarono nel 1066 nell'uccisione da parte di due sacerdoti di Sant'Arialdo. Altre legazioni furono svolte da Damiani a Cluny in Francia (giugno-ottobre 1063), Firenze, Mantova, Ravenna sua città natale, e in numerose altre località dell’Italia centrale. Nel 1069 ebbe un ruolo di primo piano nel Concilio di Magonza, che riuscì a trattenere Enrico IV dal divorziare con Berta.
Gli ultimi anni
Pier Damiani continuò a non amare la vita di curia e continuamente chiedeva al Papa di permettergli di ritornare al chiostro: solo nel 1062 ottenne soddisfazione e poté rientrare in convento rinunciando a tutte le sue cariche. La vita monastica da lui praticata a Fonte Avellana e diffusa altrove era tra le più dure conosciute dal monachesimo occidentale: autoflagellazione, penitenze, quantità minime di cibo, lavoro manuale (egli stesso dichiara di essere stato particolarmente abile nella produzione di cucchiai di legno).
Morte (1072)
Urna
con le ossa di San Pier Damiani presso la cattedrale di Faenza.
Le ossa di faccia e mani sono ricoperte da ricostruzioni d'argento,
il resto dello scheletro è ricoperto di paramenti sacri.
Pier Damiani morì il 21 febbraio 1072 a Faenza, probabilmente in viaggio da Ravenna verso l'eremo di Gamogna (uno dei tanti da lui fondati). Trovò dapprima sepoltura nella chiesa di Santa Maria foris portam (oggi conosciuta come Santa Maria Vecchia). In seguito le sue ossa furono traslate nella cattedrale di Faenza, dove sono tutt'ora visibili.
Da una recente ricognizione medica sono emerse grosse calcificazioni nelle ossa delle ginocchia, in cui i devoti vedono una testimonianza concreta della sua vita di penitenza.
Queste sono le parole da lui scritte per coloro che avessero visitato il suo sepolcro:
«
Io fui nel mondo quel che tu sei ora; tu sarai quel che io ora sono:
non prestar fede alle cose che vedi destinate a perire;
sono segni frivoli che precedono la verità, sono brevi momenti cui segue
l'eternità.
Vivi pensando alla morte perché tu possa vivere in eterno.
Tutto ciò che è presente, passa; resta invece quel che si avvicina.
Come ha ben provveduto chi ti ha lasciato, o mondo malvagio,
chi è morto prima col corpo alla carne che non con la carne al mondo!
Preferisci le cose celesti alle terrene, le eterne alle caduche.
L'anima libera torni al suo principio;
lo spirito salga in alto e torni a quella fonte da cui è scaturito,
disprezzi sotto di sé ciò che lo costringe in basso.
Ricordati di me, te ne prego; guarda pietoso le ceneri di Pietro;
con preghiere e gemiti dì: "Signore, perdonalo" »
(Pietro Peccatore)
La dottrina
È lo scrittore più prolifico dell'XI secolo e uno degli intellettuali più raffinati. Si conoscono oltre settecento manoscritti contenenti le sue opere, segno della sua grande autorità e diffusione. Damiani scrisse 180 lettere (alcune tanto ampie da essere dei veri e propri trattati, nonostante la forma epistolare); varie opere liturgiche ed eucologiche; sermoni da lui tenuti in varie occasioni; agiografie, cioè vite di santi (tra cui spicca la citata Vita Romualdi).
Nel suo scritto Sull'onnipotenza divina, ove riprende una discussione avuta con l’abate Desiderio di Montecassino, nella quale sosteneva che Dio può ridare la verginità alle donne che l’avessero perduta, egli prende posizione contro coloro che affermano che Dio non può fare che ciò che è stato non sia stato, non può mutare il passato. Secondo la logica umana, se ciò che è stato è necessario che fosse, ne deriverebbe che tutto ciò che accade nel presente è necessario che accada, così come sarà necessario tutto ciò che avverrà nel futuro. Ma a Dio non si possono attribuire giudizi di necessità "che si riferiscono all’arte dell’enunciare", altrimenti Dio non sarebbe più onnipotente.
Secondo Damiani, Dio "coglie con un solo sguardo tutte le cose in modo che per lui non c’è nulla di passato e di futuro... avendo dato origine alla natura, può anche annullarne la necessità... tali deduzioni dei dialettici non sono applicabili al mistero della potenza divina: si guardino bene dal formulare sillogismi contro le leggi divine e dall’opporre la necessità dei loro ragionamenti alla virtù divina. La stessa esposizione delle Sacre Scritture per mezzo della dialettica umana non deve atteggiarsi arrogantemente a maestra ma deve assecondare riverentemente le Scritture come un’ancella va dietro alla sua padrona, per non smarrirsi andando innanzi a lei e non perdere la via della verità attenendosi all’esteriore legame delle parole".
Una sola cosa, secondo Pier Damiani, Dio non può fare: il male, perché il male non ha consistenza. È sottintesa la polemica contro la Scuola di Chartres e in particolare contro Ives, l’allievo di Fulberto, che egli avrebbe potuto ascoltare personalmente.
Anche nella De sancta simplicitate Damiani afferma Dio come volontà pura, oltre la logica umana; Dio non è la deduzione di un sillogismo ma anzi fonte di ogni sillogismo e di ogni ragione, così come la via della salvezza non può essere raggiunta per via scientifica ma attraverso il mistero della redenzione: "L’imperatore Giuliano e il martire Donato studiarono insieme, ma quello si attardò negli studi, e questo seguì le vie della verità; quello scrisse otto libri contro i galilei e questo, disimparando la sapienza, salì al cielo con l’aureola del martirio".
Come alla filosofia non può essere riconosciuta indipendenza rispetto alla fede, così non può riconoscersi indipendenza all’Impero e alla sfera politica: l’Impero non ha fini distinti da quelli del Papato dal momento che è il papa a consacrare l’imperatore affidandogli con ciò la missione di governare i popoli cristiani, affinché essi pervengano al raggiungimento dei fini religiosi: se egli venisse meno a questa missione, verrebbe meno la natura stessa del suo potere. Sono, in sostanza, le idee di papa Gregorio VII che afferma il primato religioso tanto nella politica che nella cultura.
In Dante
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, lo colloca nel settimo cielo del Paradiso, quello di Saturno:
« Così ricominciommi il
terzo sermo;
e poi, continüando, disse: Quivi
al servigio di Dio mi fe' sì fermo,
che pur con cibi di liquor d'ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne' pensier contemplativi.
Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilemente; e ora è fatto vano,
sì che tosto convien che si riveli.
In quel loco fu' io Pietro Damiano,
e Pietro Peccator fu' ne la casa
di Nostra Donna in sul lito adriano.
Poca vita mortal m'era rimasa,
quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
che pur di male in peggio si travasa. »
(Paradiso, canto XXI, 112-126)
Opere
Vita Romualdi
Liber Gratissimus contro la simonia
Disceptatio Synodalis in difesa di Papa Alessandro II contro l'antipapa
Onorio II
Liber Gomorrhianus contro la sodomia, soprattutto nel clero, scritto
nella seconda metà del 1049, dopo il concilio di Reims
De sancta simplicitate
De divina omnipotentia, circa 1067
Saint
Peter Damian - far right
depicted with Saints Augustine, Anne, and Elizabeth – 1481
Ercole de' Roberti (Ferrara ca. 1450 - 1496).
Milano – Pinacoteca di Brera
Saint Peter Damian, O.S.B (Ordo Sancti Benedicti), Petrus Damiani, also Pietro Damiani or Pier Damiani; c. 1007 – February 21/22, 1072, was a reforming monk in the circle of Pope Gregory VII and a cardinal. In 1823, he was posthumously declared a Doctor of the Church. Dante placed him in one of the highest circles of Paradiso as a great predecessor of Saint Francis of Assisi.
Early life
He was born at Ravenna, orphaned early, and after a youth spent in hardship and privation, showed such signs of remarkable intellectual gifts that a brother, Damian, who was archpriest at Ravenna, took him away to be educated. Adding his brother's name to his own, he made such rapid progress in his studies of theology and Canon law, first at Ravenna, then at Faenza, finally at Parma, that when about twenty-five years old he was already a famous teacher at Parma and Ravenna.
Religious life
About 1035, however, he deserted his secular calling and, avoiding the compromised luxury of Cluniac monasteries, entered the isolated hermitage of Fonte Avellana, near Gubbio. Both as novice and as monk, his fervor was remarkable but led him to such extremes of self-mortification in penance that his health was affected. On his recovery, he was appointed to lecture to his fellow-monks, then, at the request of Guy of Pomposa and other heads of neighboring monasteries, for two or three years he lectured to their brethren also, and (about 1042) wrote the life of St. Romuald for the monks of Pietrapertosa. Soon after his return to Fonte Avellana he was appointed economus of the house by the prior, who designated him as his successor. This, in fact, he became in 1043, and he remained prior of Fonte Avellana till his death.
A zealot for monastic and clerical reform, he introduced a more severe discipline, including the practice of flagellation ("the disciplina"), into the house, which, under his rule, quickly attained celebrity, and became a model for other foundations, even the great abbey of Monte Cassino: subject-hermitages were founded at San Severino, Gamogna, Acerreta, Murciana, San Salvatore, Sitria and Ocri. There was much opposition outside his own circle to such extreme forms of penitence, but Peter's persistent advocacy ensured its acceptance, to such an extent that he was obliged later to moderate the imprudent zeal of some of his own hermits.
Another innovation was that of the daily siesta, to make up for the fatigue of the night office. During his tenure of the priorate a cloister was built, silver chalices and a silver processional cross were purchased, and many books added to the library.
Reformer
Although living in the seclusion of the cloister, Peter Damian watched closely the fortunes of the Church, and like his friend Hildebrand, the future Pope Gregory VII, he strove for reforms in a deplorable time. When Benedict IX resigned the pontificate into the hands of the archpriest John Gratian (Gregory VI) in 1045, Peter hailed the change with joy and wrote to the new pope, urging him to deal with the scandals of the church in Italy, singling out the wicked bishops of Pesaro, of Città di Castello and of Fano.
Extending the area of his activities, he entered into communication with the Emperor Henry III. He was present in Rome when Clement II crowned Henry III and his consort Agnes, and he also attended a synod held at the Lateran in the first days of 1047, in which decrees were passed against simony.
Liber Gomorrhianus and Hildebrand's reforms
After this he returned to his hermitage. About 1050, during the pontificate of Pope Leo IX, Peter published a scathing treatise on the vices of the clergy, Liber Gomorrhianus, dedicating it to the pope. In this "Book of Gomorrah" Petrus Damiani made an attack on homosexual practices, mutual masturbation, copulation between the thighs, anal copulation and solitary masturbation, as subversive disruptions against the moral order occasioned by the madness associated with an excess of lust. It caused a great stir and aroused not a little enmity against its author. Even the pope, who had at first praised the work, was persuaded that it was exaggerated and his coldness drew from Damian a vigorous letter of protest. Meanwhile the question arose as to the validity of the ordinations of simoniacal clerics. Peter Damiani wrote (about 1053) a treatise, the Liber Gratissimus, in favour of their validity, a work which, though much combatted at the time, was potent in deciding the question in their favour before the end of the twelfth century.
Although various forms of same-sex behaviour were discussed in contemporary handbooks of penance, such as those by Burchard of Worms and Regino of Prum, this is the only theological tract which exclusively addresses this theme. It voices many of the standard medieval Christian charges: the men of Sodom were guilty of desiring sexual relations with Lot and the visiting angels, bringing down the wrath of God and their own destruction; same-sex relations are a more serious offence than bestiality, since two souls are damned, and should require imposition of the most severe penance on clergy and laity; and such behaviour may be likened to the infection of cancer and leprosy, an enormous 'crime' which destroys both the body and soul.
Damiani was also a determined foe of simony, but his fiercest wrath was directed against the married clergy. In June, 1055, during the pontificate of Victor II (q.v.), Damian attended a synod held at Florence, where simony and clerical incontinence were once more condemned.
Philosophy
Peter often condemned philosophy. He claimed that the first grammarian was the Devil, who taught Adam to decline deus in the plural. He argued that monks should not have to study philosophy, because Jesus did not choose philosophers as disciples, and so philosophy is not necessary for salvation. But the idea (later attributed to Thomas Aquinas) that philosophy should serve theology as a servant serves her mistress originated with him. However, this apparent animosity may reflect his view that logic is only concerned with the validity of argument, rather than the nature of reality. Similar views are found in Al-Ghazali and Wittgenstein.
The most well-known view defended by Peter is that God can bring it about that a past event did not exist. This is apparently a contradiction. If it had been the case that p five minutes ago, and now God brings it about that it never was p, this implies both p has been the case, and never has been. However, it may be that Peter thought God can act outside time, as Gregory of Rimini later argued.
Papal envoy and Cardinal
During his illness the pope died, and Frédéric, abbot of Monte Cassino, was elected pope as Stephen IX. In the autumn of 1057, Stephen IX determined to create Damian a cardinal. For a long time he resisted the offer, for he was more at ease as an itinerant hermit-preacher than a reformer from within the Curia, but was finally forced to accept, and was consecrated Cardinal Bishop of Ostia on November 30, 1057. In addition he was appointed administrator of the Diocese of Gubbio. The new cardinal was impressed with the great responsibilities of his office and wrote a stirring letter to his brother-cardinals, exhorting them to shine by their example before all. Four months later Pope Stephen died at Florence, and the Church was once more distracted by schism. Peter was vigorous in his opposition to the antipope Benedict X, but force was on the side of the intruder and Damiani retired temporarily to Fonte Avellana.
Milan
About the end of the year 1059 Peter was sent as legate to Milan by Pope Nicholas II. So bad was the state of things at Milan, that benefices were openly bought and sold and the clergy publicly married the women they lived with. But the resistance to the reform of Ariald the Deacon and Anselm, Bishop of Lucca rendered a contest so bitter that an appeal was made to the Holy See. Nicholas II sent Damian and the Bishop of Lucca as his legates. But now the party of the irregular clerics took alarm and raised the cry that Rome had no authority over Milan. Peter boldly confronted the rioters in the cathedral, he proved to them the authority of the Holy See with such effect that all parties submitted to his decision.
He exacted first a solemn oath from the archbishop and all his clergy that for the future no preferment should be paid for; then, imposing a penance on all who had been guilty, he re-instated in their benefices all who under took to live in celibacy. This prudent decision was attacked by some of the rigourists at Rome, but was not reversed. Unfortunately, on the death of Nicholas II, the same disputes broke out; nor were they finally settled till after the martyrdom of St. Ariald in 1066. Meanwhile Peter was in vain pleading to be released from the cares of his office. Neither Nicholas II nor Hildebrand would consent to spare him.
He rendered valuable assistance to Pope Alexander II in his struggle with the antipope, Honorius II. In July, 1061, the pope died and once more a schism ensued. Damian used all his powers to persuade the antipope Cadalous to withdraw, but to no purpose. Finally Anno II, Archbishop of Cologne and acting regent in Germany, summoned a council at Augsburg at which a long argument by Peter Damiani was read and greatly contributed to the decision in favour of Alexander II.
In 1063 the pope held a synod at Rome, at which Damian was appointed legate to settle the dispute between the Abbey of Cluny and the Bishop of Mâcon. He proceeded to France, summoned a council at Châlon-sur-Saône, proved the justice of the contentions of Cluny, settled other questions at issue in the Church of France, and returned in the autumn to Fonte Avellana. While he was in France the antipope Cadalous had again become active in his attempts to gain Rome, and Damian brought upon himself a sharp reproof from Alexander and Hildebrand for twice imprudently appealing to the royal power to judge the case anew. In 1067 the cardinal was sent to Florence to settle the dispute between the bishop and the monks of Vallombrosa, who accused the former of simony. His efforts, however, were not successful, largely because he misjudged the case and threw the weight of his authority on the side of the bishop. The matter was not settled till the following year by the pope in person.
In 1069 Damian went as the pope's legate to Germany to prevent King Henry from repudiating his wife Bertha. This task he accomplished at a council at Frankfurt and returned to Fonte-Avellana, were he was left in peace for two years.
Early in 1072 he was sent to Ravenna to reconcile its inhabitants to the Holy See, they having been excommunicated for supporting their archbishop in his adhesion to the schism of Cadalous. On his return thence he was seized with fever near Faenza. He lay ill for a week at the monastery of Santa Maria degl'Angeli, now Santa Maria Vecchia. On the night preceding the feast of the Chair of St. Peter at Antioch, he ordered the office of the feast to be recited and at the end of the Lauds he died, at Faenza. He was at once buried in the monastery church, lest others should claim his relics.
Having served the papacy as legate to France and to Florence, he was allowed to resign his bishopric in 1067. After a period of retirement at Fonte Avellana, he proceeded in 1069 as papal legate to Germany, and persuaded the emperor Henry IV to give up his intention of divorcing his wife Bertha.
During his concluding years he was not altogether in accord with the political ideas of Hildebrand. He died at Faenza, the year before Hildebrand became pope, as Gregory VII. "It removed from the scene the one man who could have restrained Gregory," Norman F. Cantor remarked (Civilization of the Middle Ages, p 251).
Although he has never officially been canonised, Petrus Cardinal Damiani is considered to be a saint and was made a Doctor of the Roman Catholic Church by Pope Leo XII in 1828. Six times has his body been translated, each time to a more splendid resting-place. It now lies in a chapel dedicated to the saint in the cathedral of Faenza since 1898. No formal canonization ever took place, but his cult has existed since his death at Faenza, at Fonte-Avellana, at Monte Cassino, and at Cluny. In 1823 Pope Leo XII extended his feast (February 23) to the whole Church and pronounced him a Doctor of the Church.
The saint is represented in art as a cardinal bearing a knotted rope (the disciplina) in his hand; also sometimes he is depicted as a pilgrim holding a papal Bull, to signify his many legations.
Writings
Petrus Damiani's voluminous writings reflect the spiritual conditions of Italy: the groundswell of intense personal piety that would overflow in the First Crusade at the end of the century was an extremely vigorous controversialist, and his Latin abounds in denunciatory epithets. He was especially devoted to the Virgin Mary, and wrote an Officium Beatae Virginis, in addition to many letters, sermons, and other writings. His most famous work is De Divina omnipotentia, a long letter in which he discusses God's power.