Lessico
Strigile
Strigili romani del I secolo aC
Raschietto di metallo che i Greci chiamavano ξύστρα oppure στλεγγίς e i Romani strigilis o striglis (da stringo, che significa anche graffiare, scalfire). In italiano abbiamo la striglia, dal latino parlato *strigila variante di strigilis/striglis, raschiatoio.
Strumento per lo più di bronzo, ma anche d'argento o avorio, anticamente usato nei bagni solo dai maschi, soprattutto nelle palestre per detergersi dall'olio (che gli atleti usavano spalmarsi prima delle gare), dalla sabbia e dal sudore. Introdotto alla fine del sec. VI aC e largamente diffuso sino al tardo impero, era una specie di lungo cucchiaio ricurvo con impugnatura diritta. Ne restano esemplari e figurazioni vascolari.
Possiamo trovare un esempio della sua applicazione nella scultura dell'Apoxyómenos di Lisippo, scultore e bronzista greco di Sicione del IV secolo aC. Apoxyómenos deriva da ἀποξέω = grattare, raschiare via.
Apoxyómenos di Lisippo
L'Atleta che si deterge il sudore è la più famosa copia romana di un'opera di Lisippo custodita nei Musei Vaticani. La statua ritrae un atleta che si pulisce con l'aiuto dello strigile. La posa dinamica, con le braccia in avanti, il torso leggermente ruotato, la gamba destra flessa, testimonia il superamento della concezione classica della stuatuaria, impostata sul canone di Policleto il Vecchio (Argo, sec. V aC). Secondo il sistema di proporzioni adottato da Lisippo, figura di passaggio tra la tarda età classica e l'età ellenistica, la testa della statua doveva equivalere a un ottavo dell'altezza complessiva.
La statua raffigura un giovane atleta nell'atto di detergersi il corpo con un raschietto di metallo. L'atleta è volutamente raffigurato in un momento successivo alla competizione in un atto che accomuna vincitore e vinto. La copia romana in marmo pentelico (proveniente dalle cave del monte Pentelico in Attica - alto 1109 m - aperte nel 570 aC) è attribuibile all'Età Claudia.
Essa si presume sia stata eseguita in una officina romana di buona qualità, pure se, a una più attenta analisi, resta qualche piccola imperfezione e decadimento di livello; ne è un particolare esempio la resa della zona interna del braccio sinistro.
Con quest'opera Lisippo apportò due importanti innovazioni nell'arte della scultura: il movimento del soggetto e la visione circolare.
Queste intuizioni superarono la consuetudine dell'angolazione prospettica fissa e con un unico angolo di visuale, introducendo un nuovo modo d'intendere la scultura, con una proiezione a 360 gradi; una figura a tutto tondo che in seguito influenzerà tutta la scultura greca, dando il via al passaggio dall'arte classica a quella ellenistica. Altri grandi scultori a lui contemporanei, quali Prassitele, Apelle, Skopas, presero spunto dall'idea di Lisippo, e grazie al loro talento crearono tante altre bellissime opere. Tra esse la Venere di Cnido di Prassitele e la Menade danzante di Skopas.
La statua dell'Apoxyómenos, assieme a un'altra statua di Lisippo che rappresentava un leone giacente, si trovò, in epoca successiva, ad abbellire e ornare le terme di Agrippa in Roma. La scultura in marmo dell'Apoxyómenos fu rinvenuta nel più antico quartiere di Roma, Trastevere, nel Vicolo delle palme, che da quel ritrovamento prese poi il nome di Vicolo dell'atleta. Unitamente alla statua furono ritrovate anche le statue del Toro frammentario e il Cavallo di bronzo.
L'opera venne esposta, quasi subito, nei Musei Vaticani, inizialmente nella camera del Mercurio, nel cortile ottagonale, quindi fu rimossa e spostata al Braccio Nuovo. Nel 1924 fece il percorso a ritroso e tornò nella Camera dell'Hermes, dove ci fu un nuovo, più accurato restauro, effettuato dal Galli. Questi, tra le altre cose, tolse il dado posto dal Tenerani nella mano destra, provvide a rifare lo strigile, effettuò la sostituzione di vari perni esistenti e infine vi integrò molto accuratamente le dita distese. Nel 1932 la statua trovò la sua collocazione definitiva, nella stanza più propriamente detta Gabinetto dell'Apoxyómenos.
La statua risulta nella sua totalità sostanzialmente completa e tuttora in condizioni molto buone. Piccoli particolari rovinati si possono riscontrare nella punta del naso, mancante, diverse scheggiature relative all'orecchio sinistro, ai capelli, a una delle mascelle e anche allo zigomo sinistro.
Esistono due fratture sul braccio destro; una è situata alla metà circa del bicipite e una seconda sopra il polso. Il braccio sinistro riporta una frattura alla spalla, dove si possono anche notare piccole perdite di materiale e una seconda frattura al polso.
Su una vasta zona dell'avambraccio destro sono evidenti le tracce di leggere corrosioni e di un'antica azione del fuoco. In una delle mani mancano tutte le dita e si notano fori di perni che risalgono a un precedente restauro. Mancano anche il pene e una parte dei genitali nella zona inferiore. La gamba sinistra rivela una frattura sotto l'anca. La gamba destra rivela due fratture; sotto la caviglia e sotto il ginocchio. Il suo primo restauro fu opera del Tenerani. Nel 1994 la scultura fu oggetto di una profonda e completa opera di ripulitura.
La statua fin dal suo ritrovamento ebbe subito una grandissima notorietà mondiale: di essa fu diffuso il calco in gesso in numerose copie e in varie parti d'Europa. Una copia del calco venne richiesta anche dallo scultore Shakespeare Wood, al quale venne donata, per essere poi collocata nell'Accademia di Belle Arti di Madras. In tale occasione e per tale finalità fu realizzata una copia così detta "forma buona", vale a dire, una particolare matrice in gesso; di questa operazione, rimasero visibili le tracce fino a quando fu effettuato l'ultimo restauro.
La statua conserva ancora tutto il suo fascino e la sua bellezza, a testimonianza del grande talento e del genio di Lisippo.