Lessico


Terenzio
Publio Terenzio Afro

da Veterum illustrium philosophorum etc. imagines (1685)
di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)

Publius Terentius Afer. Commediografo latino (Cartagine ca. 185 - ? ca. 159 aC). Africano di origine, in giovane età fu portato schiavo a Roma dal senatore Terenzio Lucano, il quale lo fece educare e lo affrancò per le qualità del suo ingegno.

Entrò in familiarità con i personaggi del Circolo degli Scipioni, in particolare con Scipione l'Africano Minore e Gaio Lelio. Scrisse 6 commedie dal 166 al 160 aC e corse voce che egli non ne fosse l'autore, ma che sotto il suo nome si celassero i suoi potenti protettori. Dopo la composizione dell'ultima commedia, Terenzio partì per la Grecia ma non tornò più, forse naufragato o forse morto di dolore per il naufragio della nave che portava i suoi libri.

Le 6 commedie di Terenzio si sono tutte conservate e in un ordine cronologico congetturale sono: Andria (La donna di Andro), Heautontimoroumenos (Il punitore di se stesso), Eunuchus (L'eunuco), Phormio (Formione), Hecyra (La suocera), Adélphoi (I fratelli).

Esse ricalcano da vicino modelli greci, soprattutto Menandro, e ripetono le trame tipiche del teatro comico ellenistico, ma in questo canovaccio Terenzio inserisce uno spirito nuovo, personaggi e problemi regolati sul proprio tempo, in cui la romanità prende un profilo diverso, più moderno da quello tradizionale.

Il teatro di Terenzio è anzi uno dei più sensibili e potenti mezzi di espressione di questa tendenza dello spirito romano, ben incarnato nel circolo filo-ellenico di Scipione. Il problema dei modelli a cui si sarebbe ispirato rimane però irrisolto anche per la critica moderna, stante la perdita, per noi, degli stessi. Il teatro di Terenzio proprio per la sua novità era destinato a suscitare polemiche e non fu sempre ben accolto anche dal pubblico, che preferiva spettacoli più mossi e più elementari. L'arte di Terenzio si esercita invece in un trattamento elegante della trama e dei personaggi, che non vengono rappresentati sguaiati e goffi, ma sensibili, gentili, umani.

La sua non è una comicità sfrenata, ma contenuta e sottile; agli intrecci si mescolano problemi di natura familiare e psicologica, come il rapporto fra genitori e figli e la responsabilità reciproca degli sposi. Anche il suo verso non è così vario e sonante come quello di Plauto, ma armonioso, e la lingua è sfumata ed elegante.

Phormio - Formione

Questa commedia fu rappresentata nei ludi romani del 161 aC. Ispirata all'Epidikazómenos (Il marito aggiudicato) di Apollodoro di Caristo, si impernia sulle vicende di due cugini che si innamorano mentre i loro padri sono lontani, e prende il nome da un ingegnoso “parassita” che li aiuta a coronare le loro aspirazioni. L'opera, caratterizzata come di consuetudine da imbrogli e scambi di persone, presenta una solida struttura, un dialogo vivacissimo e vicissitudini movimentate e spassose. Fu di ispirazione a Molière per le Furberie di Scapino.