Lessico
Tigna o Tricofizia
Il merito di aver abbinato la serpigo con la tricofizia è degli anglofoni, che identificano la serpigo con ringworm = anello+verme, tigna o tricofizia. Penso si possa identificare ancor meglio l’antica serpigo con la tigna delle parti glabre del corpo.
Tigna o Tinea – termine del secolo XIII, in latino tinea, tarlo, tarma, poi tigna. Micosi cutanea superficiale causata da dermatofiti, gruppo biologico di Funghi, in gran parte Deuteromiceti, responsabili di processi infettivi a carico della cute, dei peli e delle unghie (generi Trichophyton, Microsporum, Epidermophyton). La tigna è detta anche epidermofizia, cioè, pianta che mette radici sull'epidermide. Si distinguono: tigna del pelo (tinea capitis, tinea barbae); tigna delle parti glabre (tinea corporis, tinea cruris, tinea pedis o piede d’atleta); tigna delle unghie, o onicomicosi.
Le tigne del pelo
Le tigne del cuoio capelluto (tinea capitis) possono essere divise in favose, microsporiche e tricofitiche, in rapporto al tipo di micete responsabile. La tigna microsporica, dovuta a Microsporum canis o Microsporum audouini, colpisce i bambini (fino a 10 anni d’età) per contagio diretto o indiretto perlopiù da animali infetti (gatti, cani ecc.). Si manifesta con una o più chiazze tondeggianti delimitate, del diametro di circa 5-6 cm, ricoperte da squame bianco-grigiastre, ove i capelli appaiono spezzati e fragili. La malattia, anche non curata, guarisce spontaneamente e senza esiti cicatriziali con la pubertà.
La tigna tricofitica, sostenuta da varie specie di Trichophyton, viene anch’essa trasmessa per contagio interumano o da animali domestici, e colpisce bambini in età scolare; a livello del cuoio capelluto si riscontrano piccole e numerose chiazze tondeggianti finemente desquamanti, con margini netti, ove i capelli parassitati risultano troncati poco al disopra del punto di emergenza; guarisce spontaneamente senza esiti alla pubertà, ma se è complicata da fenomeni infiammatori lascia cicatrici alopeciche permanenti.
La tigna favosa, sostenuta da Trichophyton schoenleini, rara in Italia, si manifesta con ammassi miceliari fungini (scutuli) alla base dei capelli, che si presentano radi, opachi, pulverulenti. Lo scutulo ha forma discoidale, color giallo zolfo, e un caratteristico odore di orina di topo. La malattia guarisce lasciando esiti cicatriziali e aree prive di capelli.
Le tigne delle parti glabre
La tinea corporis alle parti glabre del corpo è causata da numerose specie di dermatofiti, in genere di provenienza animale. Le lesioni sono solitamente multiple, asimmetriche e si presentano come chiazze eritemato-desquamative tondeggianti, a limiti netti, con tendenza ad assumere un aspetto figurato per la diffusione centrifuga e la risoluzione nella zona centrale della lesione.
In corrispondenza delle pieghe inguinali (tinea cruris o epidermofizia inguino-crurale) la lesione eritemato-squamosa è di solito bilaterale, simmetrica, con inizio sul fondo della piega ed estensione verso la faccia interna della coscia.
La tinea pedis è una micosi del piede molto comune, più frequente nell’età adulta e durante la stagione estiva, a causa della maggiore sudorazione e macerazione, che favoriscono l’attecchimento dei miceti. Il contagio in genere avviene in ambienti quali palestre, piscine, docce, per via diretta o mediata. Si manifesta inizialmente con desquamazione e macerazione sulla faccia laterale delle dita e sul fondo degli spazi interdigitali dei piedi; generalmente sono colpiti il terzo e il quarto spazio. Successivamente possono comparire lesioni eritemato-vescicolose e ragadiformi, e il quadro può estendersi al dorso e alla pianta del piede.
Diagnosi e terapia
La diagnosi delle tigne implica la ricerca microscopica del parassita nei peli e nelle squame (esame micologico). La terapia si avvale di farmaci antimicotici per applicazione locale o somministrabili per via orale, sotto il controllo dello specialista. (http://ok.corriere.it)
Parlò di serpigo anche Pier delle Vigne, uomo politico, epistolografo e poeta italiano (Capua ca. 1190 - San Miniato 1249), rievocato da Dante nel canto XIII dell'Inferno. Nella Satira sui mali del corpo ecclesiastico il nostro Piero scrive al verso 8: per quam grex inficitur, dum serpit serpigo.