Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
Si raccomanda l'opzione visualizza -> carattere -> medio del navigatore
DE
GALLO GALLINACEO
|
CAPITOLO
I
IL
GALLO E LA GALLINA
|
Claras, ni fallimur, easque
satis efficaces rationes in primordio huiusce operis adduximus, cur a
Pavone potius, quam a Gallinaceo genere exorsi fuerimus, tametsi hoc in
omni avium familia, quae ad mensae usum requiruntur, apud omnes ferme
authores, quotquot hactenus scripserunt, primas obtinere videatur.
Placuit autem, ut id obiter dicamus, Plinium hac in re, tanquam ducem,
authoremque sectari. Hic enim subinde a Pavonibus ad Gallinaceos
sermonem convertit, dum ait: Proxime
gloriam sentiunt, et hi nostri vigiles nocturni, quos excitandis in
opera mortalibus, rumpendoque somno natura genuit: {novit} <norunt>[1] sidera etc. Haud me fugit interim, non defutura cuipiam sua
argumenta, quibus Gallinaceum hocce genus in multis, praecedentibus
avibus praeferat. Veruntamen cum hae volucres prorsus domesticae sint,
illae vero sylvestres, quae domesticis meo iudicio sunt praestantiores,
vel saltem ita vulgo habentur, itaque Gallinaceam hanc familiam in hunc
librum, qui privatim de ea tantum aget, reiecimus. |
Se
non erro, all’inizio di quest’opera ho addotto chiare nonché
abbastanza valide ragioni del motivo per cui ho cominciato dal pavone
anziché dal genere dei gallinacei, benché questo genere, tra tutte le
specie di uccelli ricercati per la tavola, pare detenga il primato
presso la quasi totalità degli autori che finora ne hanno scritto.
Posso dire per inciso che a questo proposito mi è parso opportuno
seguire Plinio
come guida e fonte autorevole. Egli infatti, dai pavoni, passa subito
dopo a parlare dei polli quando dice: Quasi
allo stesso modo - dei pavoni - sentono il desiderio di gloria anche queste nostre sentinelle
notturne, che la natura ha creato per richiamare i mortali al lavoro e
per interrompere il sonno: conoscono le stelle etc. Nel contempo non
mi sfugge il fatto che a qualcuno non mancheranno le argomentazioni con
cui anteporre questo genere di gallinacei ai numerosi precedenti
uccelli. Nonostante ciò, essendo questi volatili completamente
domestici, e quegli altri senza dubbio selvatici, che a mio giudizio
sono superiori ai domestici, o per lo meno sono di solito così
giudicati, ho pertanto collocato questa famiglia di gallinacei in questo
libro che tratta solo esclusivamente di essa. |
Plurimi sane has alites veteres fecisse, maxime Gallos,
vel ex hoc[2]
Ciceronis constat, qui non minus delinquere eum, dixit, qui Gallum Gallinaceum, cum non opus fuerit, occiderit, quam eum, qui
patrem suffocaverit. Nec ab re ita scripsit Tullius, cum praecipue
hac ave prisci Graeci, et Romani in bello uterentur, et sacris suis
adhiberent. Non minorem laudem meretur eius animositas, splendorque et
amor erga suos, caeteraeque eius dotes, quibus sese verum nobis egregii,
laudabilisque patrisfamilias exemplar praebet. |
Risulta
senza dubbio evidente che gli antichi hanno apprezzato moltissimo questi
volatili, soprattutto i galli, come risulta da questo passo di Cicerone,
il quale disse: Colui che ha ucciso un gallo senza che ce ne fosse bisogno non ha
commesso una colpa minore di colui che ha strangolato il padre. E
Tullio non ha scritto così senza un motivo, dal momento che gli antichi
Greci e Romani si servivano soprattutto di questo uccello in guerra e lo
adibivano alle loro cerimonie sacre. Una lode non inferiore meritano il
suo coraggio e la sua magnificenza, nonché l’amore verso i suoi, come
pure le altre sue doti per le quali ci si offre come veritiero esempio
di padre di famiglia senza pari e degno di lode. |
Quantum vero ex hoc Gallo, eiusque coniugibus, ac liberis
emolumenti humano generi, cum ad victum tam sanis, quam aegrotis
suppeditandum, tum etiam ad quoscunque ferme morbos propulsandos cedat,
id tam clarum cuivis esse arbitramur, ut demonstratione prorsus non
egeat. Quis etenim tam internus, quam externus corporis affectus, qui
non hinc sua hauriat remedia? |
Io
penso che a chiunque sia chiaro, tanto da non richiedere assolutamente
una dimostrazione, quanti benefici per il genere umano provengano da
questo gallo e dalle sue femmine nonché dalla prole, non solo fornendo
in abbondanza cibo sia ai sani che ai malati, ma anche nel tenere
lontano quasi ogni tipo di malattia. E infatti, quale malattia del corpo
sia interna che esterna non vi attinge i rimedi? |
Sed de hisce post suo loco: iam ad historiam more nostro
accedamus: in qua tradenda illud fere in singulis rubricis observabimus:
quae utrique sexui communia sunt, praeferemus: hinc quae mari, ultimo
quae faeminae soli conveniunt adducemus, omnem ubique quoad licuerit,
confusionem evitaturi. De Capo vero separatim agere visum est, cum quod
is, etsi ex Gallo factus veluti utriusque sexum complexus, et ceu
hermophroditus factus, medius scilicet inter Gallum, et Gallinam
videatur, tum quia ad mensae vel sanorum, vel aegrorum usum duntaxat
natus sit: Gallus vero, et Gallina soboli studentes genus suum natura
duce aeternum reddant. |
Ma
di queste cose parlerò successivamente al momento opportuno: adesso,
come è mia consuetudine, vediamo di addentrarci nella ricerca: e
nell'esporla la suddividerò praticamente in sottocapitoli: comincerò
con quelle cose che sono comuni ad ambo i sessi: quindi riferirò su ciò
che è di pertinenza del maschio e infine della sola femmina, cercando
ovunque di evitare per quanto possibile qualsiasi confusione. Mi è
invece parso opportuno trattare separatamente del cappone, dal momento
che esso, anche se ottenuto dal gallo, quasi sembra possedere ambedue i
sessi ed essersi trasformato in un ermafrodito, e cioè una via di mezzo
fra il gallo e la gallina, e poi perché è nato solamente per
l’impiego nelle mense sia dei sani che dei malati: orbene, che il
gallo e la gallina, dedicandosi alla prole, possano rendere eterna la
loro stirpe sotto la guida della natura. |
[1]
Naturalis
Historia X, 46: Norunt sidera. - Proxime gloriam sentiunt et hi nostri vigiles nocturni, quos
excitandis in opera mortalibus rumpendoque somno natura genuit. Norunt
sidera et ternas distinguunt horas interdiu cantu. Cum sole eunt cubitum
quartaque castrensi vigilia ad curas laboremque revocant nec solis ortum
incautis patiuntur obrepere diemque venientem nuntiant cantu, ipsum vero
cantum plausu laterum.
[2] Cicero, Pro Murena 61: nec minus delinquere.