Fabripullus
Il Pulcino di Girolamo Fabrizi
Parte
prima
La
formazione dell'uovo dei pennuti
Capitolo I - Descrizione degli uteri del pennuto
L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico
HIERONYMI
FABRICII |
GIROLAMO
FABRIZI d’ACQUAPENDENTE |
[1]
De |
Parte
prima |
Instrumentorum
seminis tractationem proxime formationis foetus tractatio
consequitur. Ea enim lege semen gignitur, ut ex eo foetus procreetur.
Animalium autem foetus, alius ex ovo, alius ex semine, alius ex putri
gignitur; unde alia ovipara, alia vivipara, alia ex putri, seu sponte
naturae nascentia αὐτόματα Graece
dicuntur. Aristot.[1]
aliam formationis foetus speciem ponit, cartilagineorum piscium, qui
partim ovipari, partim vivipari sunt: quia, cum ovum intra se gignant,
foras vivum foetum pariunt. Sed haec diversa a propositis non est, sed
potius mixta, aut ex oviparo, et viviparo composita, ut ostendimus in
libro nostro de formato foetu in picturis. |
La
trattazione della formazione del feto segue immediatamente la
trattazione degli strumenti del seme. Infatti il seme viene prodotto
affinché il feto venga da esso generato. Alcuni feti degli animali
nascono dall'uovo, altri dal seme, altri dal marciume. Per cui alcuni
animali sono detti ovipari, altri vivipari, altri che nascono dal
marciume, ossia per un atto spontaneo della natura, in greco vengono
detti autómata - spontanei. Aristotele* propone un altro tipo
di formazione del feto, quella dei pesci cartilaginei, che in parte
sono ovipari, in parte vivipari, in quanto, pur generando dentro di sé
un uovo, partoriscono all'esterno un feto vivo. Ma questa modalità
non è diversa da quelle elencate, bensì mista, o meglio, composta da
un oviparo e da un viviparo, come mostro nell'iconografia del mio
libro che tratta del feto già formato. |
Nos de omni
formatione dicemus. In hac re, ut video, natura imprimis de loco fuit
solicita, quem aut in animali, aut extra animal constituit: atque in
animali uterum esse voluit, extra vero ovum: in utero quidem ex
semine, et sanguine; in ovo vero ex iis, quae in ipso consistunt,
foetus generationem molita est. Quare si intentio nostra est in
praesentia agere de foetus formatione, de utraque agendum est, initio
ab ea, quae ab ovo procedit, desumpto. Haec enim omnem aliam
tractationem praecedere omnino debet: tum quia ex hac Aristo.
opinionis intelligentia non difficulter elicitur, et habetur: tum quia
tractatio formationis foetus ex ovo amplissima est, et altera longe
latior, et difficilior. |
Io
parlerò di tutti i tipi di generazione. A questo proposito, come mi
rendo conto, innanzitutto la natura è stata attenta nello
scegliere il luogo, che ha stabilito essere o dentro all'animale
oppure all'esterno dell'animale, e ha voluto che dentro all'animale ci
fosse l'utero, ma l'uovo al suo esterno. In effetti ha previsto che la
generazione del feto nell'utero proviene dal seme e dal sangue, mentre
nell'uovo proviene dalle strutture in esso presenti. Perciò se al
momento attuale è mia intenzione trattare la formazione del feto,
bisogna trattare ambedue i tipi di formazione, cominciando da quella
che inizia dall’uovo. Infatti questa deve assolutamente precedere
ogni altra trattazione: sia perché da questa si desume senza
difficoltà la comprensione dell’opinione di Aristotele e se ne
entra in possesso, sia perché la trattazione della formazione del
feto dall'uovo è vastissima, e molto più ampia e difficile
dell’altra. |
Amplissimam
autem esse formationis foetus ex ovis contemplationem ex eo patet,
quod maxima animalium pars ex ovis gignitur. Nam ut insecta ferme
omnia, et imperfectiora omittam animalia, quae ex ovo fieri sensui
apparet; ex perfectioribus quoque, maxima pars ex ovis gignitur.
Etenim primum ex volatilibus, omnia pennata, ex aquatilibus vero, si
sola cetacea excipias, caetera omnia, pisces omnes, item crustacea
omnia, et mollia, et testacea ovipara sunt: ex terrestribus, vero sola
nonnulla quadrupedia, et homines vivum foetum edunt; caetera ut
reptilia, multipedia[2],
et serpentia omnia, sunt ovipara, [2] sicuti inter quadrupedia omne
lacertorum genus. Quod si singularia quaedam excipiantur, ea,
enunciationes veras esse, non tollunt. |
In
effetti l'esame della formazione del feto dall’uovo risulta essere
molto vasto per il fatto che la maggior parte degli animali nasce
dalle uova. Infatti, tralasciando quasi tutti gli insetti e gli
animali più imperfetti che per esperienza percettibile derivano
dall’uovo, anche la maggior parte di quelli più perfetti prende
origine dalle uova. Infatti se dai volatili si escludono in primo
luogo tutti i pennuti e dagli acquatici solamente i cetacei, tutti gli
altri animali, tutti i pesci e parimenti tutti i crostacei depongono
uova sia molli che fornite di guscio. Tra gli animali terrestri solo
alcuni quadrupedi e gli esseri umani partoriscono un feto vivo; gli
altri animali, come i rettili, i miriapodi e tutti i serpenti sono
ovipari, come tra i quadrupedi lo è ogni tipo di lucertola. Ma se
alcuni singoli animali vengono esclusi, essi non eliminano il fatto
che si tratta di affermazioni vere. |
De Pulli
autem procreatione antequam dicere instituo, prius de ovi generatione
omnino praemittenda disputatio est, quandoquidem in pennato duplex
quodammodo conceptus fit, ovi, et pulli. Utriusque suus uterus est:
pulli quidem ovum; ovi autem quod in pennata faemina, intus proprium
organum positum est, quod ego perpetuo ovarium appellabo; quousque a
probato auctore alio nomine appellatum, inveniam. Ovi hic locus, seu
uterus, seu matrix, duplex est, alius superior, alius inferior.
Superior uterus prope thoracem est ad pennati spinam sub iecore, et pulmonibus
statim, et supra magnam tum venam, tum arteriam[3]. |
Però,
prima di iniziare a parlare della generazione del pulcino, è
necessario premettere innanzitutto la trattazione relativa alla
generazione dell'uovo, dal momento che in un pennuto si verifica
praticamente un doppio concepimento, dell'uovo e del pulcino. Di
entrambi esiste il proprio utero: per il pulcino l'uovo, per l'uovo
quell'organo specifico che nella femmina di un pennuto è posto
internamente e che sempre chiamerò ovaio finché non lo troverò
denominato diversamente da un autore competente. Questa sede
dell'uovo, sia la si chiami utero sia la si chiami matrice, è
duplice, una superiore e l'altra inferiore. L'utero superiore si trova
vicino al torace presso la spina dorsale del pennuto immediatamente
sotto al fegato e ai polmoni, e al disopra sia della grande vena che
della grande arteria. |
Arist. 6. de
hist. anim. cap. 2.[4]
dicit ad septum transversum ovum inchoari: nos autem in respirationis
tractatu negavimus pennata septum obtinere. Solvitur dubium, pennata
septo prorsus non destitui, quia membranam[5]
habent tenuem loco septi positam, quam Arist.[6]
cinctum, et septum appellavit:
sed non habent septum, quod musculus sit, et ad
respirationem conferat, ut alia animalia. Aristoteles autem musculum
non agnovit. Inferior uterus sub primo statim ad spinam similiter
ponitur, et utrinque etiam ad lumbos, sed ad podicem usque descendit;
ibique a sinistris finitur. |
Aristotele
in Historia animalium VI,2 dice che l'uovo prende inizio in
vicinanza del diaframma, ma io nel trattato sulla respirazione ho
affermato che i pennuti non posseggono un diaframma. Il dubbio viene
sciolto: i pennuti non sono completamente privi di diaframma, in
quanto posseggono una sottile membrana là dove si trova il diaframma,
che Aristotele chiamò cintura e setto; ma non posseggono, come gli
altri animali, un setto costituito da muscolo e che serva alla
respirazione. In effetti Aristotele non era a conoscenza di un
muscolo. Allo stesso modo l'utero inferiore si trova sotto al primo
subito vicino alla spina dorsale nonché presso le due regioni
lombari, ma scende fino alla cloaca e qui termina sul lato sinistro. |
Superior
matrix nil aliud est, quam infinita propemodum vitellorum multitudo,
quae in uno veluti acervo conglobata conspicitur, rotundae figurae, et
cuiusvis magnitudinis, in qua a minimo ad maximum ea intercedit
differentia, quae est a grano sinapis ad fructum fere nucis iuglandis,
aut mespili. |
L'utero
superiore altro non è che una moltitudine quasi infinita di tuorli
che si presenta radunata come in un solo cumulo, dotati di forma
rotonda e di qualsiasi grandezza che oscilla da un minimo a un massimo
compreso tra un granello di senape* e all'incirca un frutto del noce o
del nespolo*. |
Haec
vitellorum multitudo simul quasi racematim apposita, collecta, et
coniuncta est; ob quam causam ego perpetuo vitellarium, aut vitellorum
racemum appellabo, cum indecorum ut Celsus loquitur[7],
hoc est sine nomine, ab antiquis relictum esse hoc organum videam. Satius
autem forte fuerit vitellarium appellare corpus vitellos expullulans,
ac producens, hoc est vitellorum fundamentum; racemum vero tum corpus
praedictum, tum vitellos racematim appensos, qui Graecis vitellorum βότρυς
dici potest, et nostris quoque botrus. Appello autem hanc partem
racemum, quia uvarum
racemo quam simillima est. Quod et Arist. 3. de gen. an. cap. 8. dixit[8],
cum ait: reddunturque ova eorum glutino cohaerentia ad speciem uvae.
Etenim sicuti in racemo uvae {seu} acini sunt tum maiores, tum minores,
tum minimi, singuli suo pediolo appensi; sic in proposito vitellorum
racemo videre est. |
Questa
moltitudine di tuorli è disposta, raccolta e riunita quasi come un
grappolo, motivo per cui la chiamerò sempre vitellarium oppure
vitellorum racemus - grappolo di tuorli, in quanto
constato che quest'organo brutto, come dice Celso*, sia stato lasciato
senza nome dagli antichi. Ma forse sarebbe preferibile chiamare vitellarium
una struttura che fa germogliare e produrre tuorli, cioè il punto di
origine dei tuorli, e chiamare racemus - grappolo - sia
l'anzidetta struttura sia i tuorli disposti a grappolo che dai Greci
può essere detto bótrys - grappolo - di tuorli, e dai nostri
conterranei anche botrus - grappolo d'uva. In effetti chiamo racemus
questa parte in quanto è estremamente simile a un grappolo d'uva. E
lo disse anche Aristotele in De generatione animalium III,8
quando afferma: le loro uova vengono aggregate da una sostanza collosa
come se fosse uva. E infatti come in un grappolo d'uva gli acini sono
talora più grandi, talora più piccoli, talora piccolissimi, ciascuno
appeso al proprio picciolo, altrettanto è possibile vedere nel
descritto grappolo di tuorli. |
Hic vero
pediolus nil aliud est, quam membranosum corpus, seu nexus robustus
cavatus, qui a racemi fundamento ad vitellum producitur, quem cum
contingit, dilatatur, et perinde ac nervus opticus in oculo
amplificatus, vitellum externa tunica obducit, nec quidem totum
vitellum circundat, sed paulo illum ultra medietatem comprehendit;
perinde ut in glande operculum retro appositum, calix appellatum; quo
fit, ut exterior vitelli portio a proposita membrana destituta
conspectui sese offerat sine venis, et nudata appareat. Huius
membranae exactam quantitatem discernes per vestigium orbiculare, quod
in perfecto vitello visitur, quando membrana suis terminis a vitello
laxari, et resolvi incipit: tunc enim denudati vitelli vestigium quasi
zona vitellum cingens apparet. |
Ma
questo picciolo altro non è che una struttura membranosa o la forte
connessione cava che si estende dalla base del grappolo al tuorlo, e
si dilata quando lo raggiunge, e come se fosse il nervo ottico che si
è allargato nell'occhio, circonda il tuorlo con una tunica esterna, e
non circonda totalmente il tuorlo, ma lo avvolge un po' oltre la metà,
così come si comporta in una ghianda il coperchio appoggiato
posteriormente, denominato calice. Per cui si verifica che la parte
esterna del tuorlo, sfornita della descritta membrana, si offre allo
sguardo senza vene e appare nuda. Ti renderai conto dell'esatta
estensione di questa membrana attraverso un'impronta circolare che si
osserva in un tuorlo ultimato quando la membrana inizia ad allentarsi
e a liberarsi dal tuorlo in corrispondenza della sua periferia.
Infatti allora compare una traccia del tuorlo spogliato come se fosse
una cintura che circonda il tuorlo. |
Huius
pedunculi, et dimidiatae membranae [3] beneficio increscens vitellus,
quasi suspensus, et caeteris elatior detinetur. Qui sane pedunculus
etiam secum multa vasa in vitellum deducit, quorum maiora per pediolum
discurrentia subinde in vitellum propagantur, ac disseminantur. Porum
hunc, seu fistulosum canalem, qui [vitellarios] vitellarii singulos
coniungit, et suspensos detinet vitellos, perpetuo pediculum, pediolum,
et pedunculum appellabo, quod fructuum pediculo quam simillimus sit;
quem forte Arist. 3. de gen. an. cap. 2.[9]
στόλον
{ὀμφαλώδην}
<ὀμφαλώδη>,
hoc est appendiculam umbilicalem, et veluti fistulam nuncupavit; licet
non ex omni parte descriptio competat, forte propter secundi uteri
ignorationem. |
Il
tuorlo, che aumenta grazie a questo peduncolo e alla mezza membrana,
viene mantenuto quasi sospeso e più in alto degli altri. In effetti
questo peduncolo porta pure con sé molti vasi nel tuorlo, i maggiori
dei quali scorrendo attraverso il picciolo successivamente si
propagano e si diffondono nel tuorlo. Chiamerò sempre pediculus,
pediolus e pedunculus questo passaggio o canale tubolare
che congiunge i singoli tuorli del grappolo e li mantiene sospesi, in
quanto è estremamente simile al picciolo dei frutti. Forse Aristotele
in De generatione animalium III,2 l'ha chiamato stólon
omphalødë - sporgenza a forma di ombelico, cioè, appendice
ombelicale simile a un tubo. Sebbene la descrizione non si attagli
appieno, forse a causa della mancata conoscenza del secondo utero. |
Vitelli autem
in racemo maiores in circuitu sunt, minores in medio, ceu a maioribus
circundati, denique minimi omnibus subiecti: rursusque minimi duriores,
ac caeteris validiores: ideoque vitelli iustam magnitudinem adepti
mollissimi omnium sunt. Prodeunt hi a suo fundamento, quod est corpus
quoddam sui generis, ex semine a primordiis ad pennati spinam ob ortum,
fixum, obfirmatumque, quod temperie a mediocritate vix recedit, colore
potius albescens; consistentia inter molle est, et durum, sed tamen
laxum et porosum; figura rotunditati aemulum; numero unum; uniforme,
et magnitudine moderatum, sed oblongum, et in summitate amplificatum,
ut plurimos, numerososque vitellos ex se producat, prius singulari
pediolo singulis expullulato. Hoc sane corpus substantiae proprietate
vitellos expullulare, generare, et ex sanguine producere aptum est;
idque non solum privatum, quo se ipsum nutrit, sed etiam publicum
agens munus, speciei propagationi, et conservationi substituitur,
ovoque initium exhibet, et praebet, vitellos ante omnia efformando. |
Inoltre
nel grappolo i tuorli sono più grandi alla periferia, sono più
piccoli nella parte media, come circondati da quelli più grandi,
infine quelli piccolissimi si trovano al di sotto di tutti. Inoltre
quelli piccolissimi sono più duri e più solidi degli altri, per cui
i tuorli che hanno raggiunto la giusta dimensione sono i più molli di
tutti. Questi fuoriescono dalla loro base che è una struttura del
tutto particolare, a causa della nascita costante e stabile dal seme a
partire dagli elementi primordiali posti vicino alla colonna
vertebrale del pennuto, e che per struttura si allontana appena dal
giusto, essendo di colore piuttosto biancastro. Per consistenza -
questa struttura - sta fra il molle e il duro, ma tuttavia è morbida
e porosa, quanto all'aspetto emula la rotondità, di numero è una
sola, è uniforme ed è di moderata grandezza, ma allungata e
ingrandita alla sommità affinché produca moltissimi e numerosi
tuorli, prima che per ciascuno si sia formato il proprio peduncolo. In
effetti questa struttura, per le caratteristiche della sostanza che la
costituisce, è adatta a far germogliare, generare e produrre tuorli
dal sangue. E inoltre si sobbarca la propagazione e la conservazione
della specie adempiendo non solo a un incarico privato grazie al quale
nutre se stessa, ma anche a uno pubblico, e causa l'inizio dell'uovo e
lo provoca plasmando i tuorli prima di tutte le altre cose. |
Hi vitelli
sicuti initio a parvulo incipiunt, ceu milii, aut sinapis magnitudine,
et minuti sunt ac candidi, ut dicit Arist. 6. de hist. an. cap. 2.[10]
sic subinde paullatim increscunt, et ut ait Arist. lutei ac flavi
efficiuntur, quousque ad iustam magnitudinem omnibus notam perveniant.
Hoc tempore iam a suo pedunculo, ac tota eiusdem membrana,
amplificatione eorum attenuata, separantur, abrupta a pediculo
exporrecta eiusdem membrana, separatione hac ita facta ambo, hoc est
tum pedusculus, tum membrana paulo post contrahuntur, et in suum
fundamentum, nimirum corpus, a quo producta sunt, retrahuntur, eique
associantur atque coniunguntur, quasi in pristinam naturam conversa;
ubi videre interdum est huiusmodi tunicas abruptas tres, quatuorve;
quae uti, dum vitellum involvebant maxime distentae tenuissimaeque
apparebant; ita abruptae, et contractae, atque in proprium corpus
reversae, quasi uterus effoetus, ad pristinam naturalem magnitudinem
redeunt. |
Questi
tuorli come partono da una struttura iniziale molto piccola, della
grandezza di un grano di miglio* o di senape*, e sono piccoli e
bianchi, come dice Aristotele in Historia animalium VI,2, così
successivamente aumentano poco a poco, e, come dice Aristotele,
diventano gialli e dorati fino a raggiungere la giusta dimensione a
tutti nota. In questo momento, essendosi ridotto il loro
accrescimento, si separano ormai dal loro peduncolo e da tutta la sua
membrana, essendosi staccata dal picciolo la sua membrana estesa, e
dopo che questa separazione si è così realizzata, ambedue, cioè sia
il peduncolo sia la membrana poco dopo si contraggono e si ritirano
nel loro punto d'origine, cioè la struttura dalla quale si sono
prodotti, e le si associano e le si uniscono quasi fossero tornati
alla foggia originaria. Dove talora capita di vedere tre o quattro di
siffatte tuniche rotte, le quali fintanto che avvolgevano il tuorlo
apparivano estremamente distese e assai sottili. Così rotte e
ripiegate, e rigirate sulla loro struttura come se fosse un utero che
si è sgravato, fanno ritorno alla grandezza primitiva naturale. |
Vitellus vero
unica propria, et ea
quidem tenuissima tunica obductus, in membranosam, ac latiorem
cavitatem infundibuli formam aemulantem devolvitur; atque ita quasi
per tubulum in secundum uterum descendit, atque ingreditur. Hoc enim
foramen tubae, et infundibulo est simile, quam ob causam infundibulum
appello, quod latissimo principio ad vitellarium sit, inde vero collum
eius sequatur, membranoso parieti ad sinistram obfirmatum, et deorsum
descendens, quousque in uteri principium finiat, et vitellos subinde
laxatos, et a sua membrana resolutos, cadentesque excipiat, ita ut
vitelli singula vice singuli in secundum iam dictum uterum perveniant.
Est autem hic secundus uterus memorato [4] admodum dissimilis, quem
non modo inferiorem, et secundum libet appellare, sed etiam totius ovi
uterum; propterea quod etsi in eo vitellus non gignitur, recipitur
tamen; tum vero reliquae ovi partes excepto vitello in eo corporantur,
ut Albumen, chalazae[11],
membranae duae, et ovi putamen, ut infra dicetur. |
Ma
il tuorlo, ricoperto da una sua unica tunica, e per di più assai
sottile, rotola in una cavità membranosa e piuttosto grande che
ricorda la forma di un imbuto; e così scende nel secondo utero per
così dire attraverso un piccolo condotto e vi entra. Infatti questa
apertura è simile a una tromba e a un imbuto, motivo per cui lo
chiamo infundibulo* - imbuto, in quanto si trova in vicinanza
dell'ovaio con una parte iniziale assai larga; e poi fa seguito il suo
collo, saldato verso il lato sinistro a una parete membranosa e che
scende verso il basso fino a terminare nella parte iniziale
dell'utero, e accoglie i tuorli che via via si liberano e si
svincolano dalla loro membrana e che cadono, cosicché i tuorli
giungano uno per volta nell'appena citato secondo utero. In effetti
questo secondo utero è molto diverso da quello citato, e mi piace non
solo chiamarlo inferiore e secondo, ma anche utero di tutto quanto
l'uovo, in quanto, anche se il tuorlo non si genera in esso, tuttavia
vi è accolto. Poi vi si formano le rimanenti parti dell'uovo eccetto
il tuorlo, cioè l'albume, le calaze, le due membrane e il guscio
dell'uovo, come si dirà appresso. |
Igitur hic
secundus uterus membranosus est, albus, tenuis, mollis, extensibilis,
cavus, amplus, oblongus valde, et flatu si impleatur, amplissimus, et
longissimus, [anfractibusque] anfractuosusque quasi spiris refertus;
quae intestinorum spiras concinne aemulantur: ideoque transverse ab
uno ad alterum latus ducuntur, hoc videlicet modo, nequaquam per
longitudinem seu sursum, deorsumque porrectae, videlicet sic
{,}<.> Sunt autem tres ad summum spirae, et nequaquam sibi ipsis
omnes similes, sed conformatione dissimiles. Nam in inferna parte
paulo supra, quam ubi ovum perfectum, et absolutum consistit,
corticemque assumit, angustatur, partim rursus latescit hoc corpus,
atque in latissima parte ovum iustam magnitudinem adeptum consistit;
inde per angustiorem porum descendens, tandem prope podicem finitur,
ubi foramen adest, unde ovum exit. |
Dunque,
questo secondo utero è membranoso, bianco, sottile, molle,
estensibile, cavo, ampio e molto allungato, e se venisse riempito con
un soffio sarebbe molto largo e molto lungo e tortuoso come se fosse
colmo di spire che imitano esattamente le volute degli intestini.
Pertanto esse si estendono trasversalmente dall'uno all'altro lato,
cioè nel modo seguente, non estendendosi assolutamente secondo la
lunghezza oppure in alto e in basso, vale a dire, nel seguente modo:
al massimo le spire sono tre e non sono affatto tutte simili l'una
all'altra, ma differiscono nella forma. Infatti nella parte più
bassa, poco sopra al punto in cui l'uovo ultimato e compiuto si ferma
e si riveste del guscio, questa struttura in parte si restringe e
nuovamente si allarga, e nella parte più larga si trova l'uovo che ha
raggiunto la giusta dimensione. Quindi, scendendo per mezzo di un
condotto piuttosto stretto, finalmente termina in vicinanza della
cloaca dove si trova un'apertura da cui l'uovo esce. |
Prima
igitur spira, quae superius ad foramen est, in quod vitellus primo
cadit, transverse procedit, et prope lumbos finitur: sed ea parte,
quae ad foramen, seu infundibulum est, ligamentum oblique sursum
producitur ad racemum, cuius fundamento a lumbi sinistro latere, ubi
Ren subiicitur, validissime annectitur: quod sane ligamentum uti supra
finitur, ita a podice ad ovarium recta sursum secundum uteri
longitudinem protenditur uteri superficiei perpetuo annexum:
verisimileque est, ligamentum non solum foraminis oram servare supra
appensam, sed etiam patentem: perinde ac si manus sacculi oram
apprehendens eius orificium teneat apertum, ad frumentum deorsum
immittendum. Inferior autem spira, et uteri pars quae ad
podicem terminatur, siquis sine dissectione eam inflando consideret,
quae podici propinqua est, quasi tubulum contortum, seu inflexum
videre sibi videbitur; sed qui paulo post veluti in amplissimam
vesicam migret. |
Pertanto
la prima spira, che si trova superiormente vicino all'apertura nella
quale il tuorlo in primo luogo va a cadere, è diretta trasversalmente
e termina in vicinanza dei lombi; ma in quella parte che si trova
presso l'apertura, o infundibulo, si forma un legamento diretto
obliquamente in alto verso il grappolo, alla cui base posta dal lato
lombare sinistro, dove si trova il rene, si unisce assai saldamente, e
questo legamento, come va a finire in alto, così dalla cloaca
all'ovaio si protende direttamente in alto secondo la lunghezza
dell'utero, costantemente unito alla superficie dell'utero. Ed è
verosimile che il legamento non solo conservi dislocata in alto
l'apertura del foro, ma la mantenga anche aperta, proprio come se una
mano ghermendo l'imboccatura di un sacchetto ne tenesse aperto
l'orificio per potervi introdurre in basso del frumento. La spira
inferiore, e quella parte dell'utero che va a finire nella cloaca, se
qualcuno la esamina gonfiandola senza sezionarla, quella che è vicina
alla cloaca quasi gli sembrerà simile a un tubicino contorto o
ricurvo, ma che poco dopo va a finire in una larghissima vescica. |
Neque vero
aer a podicis foramine immissus, seu insufflatus sursum per uterum
permeat, sed ab huiusmodi inflexionibus detinetur, quibus dissectione
amplificatis, et laxatis, iam permeat. Membrana autem, ex qua
conformatur hic uterus, non ubique similis est, sed alibi tenuior,
alibi crassior{;}<.> Etenim tam in superna, quam in inferna
parte, videlicet superiore ad ultimum primae spirae terminum; in
inferiore vero usque ad locum, ubi ovum absolutum factum degit,
corticemque contrahit, tenuioris substantiae est, quam reliquus uterus;
ita ut haec duo extrema ad uterum intermedium comparata, simplices
membranae videantur. |
E
neppure l'aria introdotta oppure soffiata attraverso l'orifizio
cloacale è in grado di scorrere in alto attraverso l'utero, ma viene
trattenuta da queste pieghe, e dopo averle allargate e rese libere con
la dissezione, allora scorre. La membrana dalla quale è formato
questo utero non è uguale in tutti i punti, ma in alcuni è più
sottile, in altri è più spessa. Infatti tanto nella parte più alta
che in quella più bassa, cioè nella parte superiore in vicinanza del
tratto terminale della prima spira e nella parte inferiore fino al
punto dove l'uovo completato giace e acquisisce il guscio, è fatto di
un tessuto più sottile rispetto al rimanente utero, tant'è che
queste due parti estreme, paragonate alla parte intermedia dell'utero,
sembrano delle membrane poco consistenti. |
Simplicissima
autem, ac tenuissima membrana apparet ad infundibulum totum, (quod
ideo sic a me nuncupatur, quia in principio incipit a latiore parte ut
infundibulum, et deinde sequitur collum, ut in infundibulo). Totum
autem hoc corpus constatur ex membrana tenui mollissima, et
laevigatissima, quae vitellum statim excipit. Incipit autem
infundibuli ora a vitellorum racemo ampla latitudine, deinde recta per
collum deorsum fertur perpetuo alteri membranae firmiori appensum, et
adhaerens: quod sane collum paulo post terminatur in secundi uteri
principium, quod appello ubi infundibulum desinit: inibi enim uterus
propriam substantiam [5] suscipit. |
Poi
la membrana si presenta assai poco consistente e molto sottile in
corrispondenza di tutto quanto l'infundibulo (che pertanto viene da me
così denominato, in quanto nella parte iniziale comincia con una
parte piuttosto larga come un imbuto, e quindi fa seguito un collo,
come in un imbuto). Tutta questa struttura è costituita da una
membrana sottile molto molle e assai liscia che accoglie
immediatamente il tuorlo. Il bordo dell'imbuto prende inizio
dall'ampio grappolo dei tuorli, quindi direttamente si spinge in basso
attraverso il collo che rimane sempre appeso a un'altra membrana più
salda, e vi aderisce. Questo collo poco dopo termina nella parte
iniziale del secondo utero, che definisco come il punto dove l'imbuto
finisce: infatti proprio qui l'utero si struttura con il suo tessuto. |
Intermedius
autem uterus crassior est, et in nervosum nexum degenerat, illis
intersectionibus non dissimilem, quae in recto abdominis musculo
conspiciuntur. Haec exterius in inferno, et totius ovi utero
observantur. Intus autem in huius uteri cavitate perinde ac in interna
intestinorum facie, plicae permultae transversae, et insignes
adnotantur, sed plures, et maiores in medio, et crassiori utero
visuntur: ubi etiam per totam eius longitudinem albuminis exigua
portio subinde in singulis plicis contineri conspicitur. |
In
effetti la parte intermedia dell'utero è più spessa e si trasforma
in un intreccio ricco di fibre, non dissimile da quelle intersezioni
che si vedono nel muscolo retto dell'addome. Queste cose si osservano
esternamente nell'utero inferiore che appartiene all'uovo ultimato.
Internamente nella cavità di questo utero, come se si trattasse
dell'aspetto interno degli intestini, si notano moltissime pliche
disposte trasversalmente e di notevoli dimensioni, ma appaiono in
numero maggiore e di dimensioni maggiori nella parte media e più
spessa dell'utero, dove anche per tutta la sua lunghezza si vede che
sovente una piccola quantità di albume è contenuta nelle singole
pliche. |
Porrigitur
hic secundus totius ovi uterus a supernis partibus ad podicem usque,
sicuti dictum est, in quo podice tria notatu digna apparent. Unum est
quod tria sunt foramina in podice insculpta, dextrum, sinistrum, et
medium; dextrum urinae, medium faecibus, sinistrum ovorum excretioni
destinatur. Alterum illud est, quod, in gallina dum suffocaretur,
exterius protuberasse podicem, vidimus, maxime autem ad sinistram
partem, atque illud tantum orificium conspicuum factum esse, quod
Galli penem, semenque admittit: ex quo datur intelligi, dum gallus
coit, gallinam hoc orificium exterius voluntario exponere, retro
scilicet, sursumque uropygio retracto, id quod etiam intuentibus
apparet. Namque ego domi Indicam teneo gallinam gallum appetentem:
quae, nobis super astantibus et manibus dorsum tangentibus, Gallo sese
substernit, et uropygium attollit, vulvamque ostendit{.}<,> quo
tempore dirigitur meatus, ut eo penis, semenque perveniat. |
Questo
secondo utero dell'uovo ultimato si estende dalle zone superiori fino
alla cloaca, come si è detto, e in questa cloaca sono visibili tre
cose degne di nota. Una consiste nel fatto che sono tre i fori
intagliati nella cloaca, il destro, il sinistro e il mediano. Quello
di destra è destinato all'urina, quello mediano alle feci, il
sinistro all'emissione delle uova. L'altra cosa è che in una gallina,
mentre veniva strozzata, ho visto sporgere all'esterno la cloaca,
soprattutto dal lato sinistro, e che era diventato appariscente solo
quell'orificio che lascia entrare il pene e il seme del gallo. Da ciò
si può capire che, mentre il gallo si accoppia, la gallina
volontariamente fa protrudere all'esterno questo orificio, ovviamente
spostando indietro e in alto l'uropigio*, il che è palese anche a
coloro che stanno a guardare. Infatti a casa posseggo una tacchina
desiderosa del tacchino, la quale, mentre le stiamo sopra e le
tocchiamo il dorso con le mani, si stende sotto al tacchino, solleva
l'uropigio e mostra la vulva. Nel contempo il meato si dispone in modo
tale che gli arrivi il pene e lo sperma. |
Tertium quod
in podice est adnotandum, est duplex vesicula, quae in ima eius parte
ad os pubis supereminet, et conspicua, exteriorque apparet, simulatque
uterus iam propositus conspectui sese offert; quae cum sit pervia, {itaut}
<ita ut> ab ano ad ipsum uterum, et ab utero in ipsam, ut puta
superius, infra foramen pateat, ex altero autem extremo clausa sit,
hanc existimavimus esse locum, in quem gallus semen immittit[12],
porrigitque ut inibi servetur. |
La
terza cosa che bisogna rilevare a livello della cloaca è una duplice
vescicola che a livello della sua parte più bassa si trova al disopra
e in vicinanza dell'osso del pube, e presenta un aspetto grande e
sporgente non appena l'utero già descritto si offre alla vista. E
questa doppia vescicola - la borsa di Fabrizio* o timo cloacale,
essendo aperta, cosicché dall'orificio cloacale all'utero stesso, e
dall'utero verso di essa, come in alto, è ben visibile un foro nella
parte bassa, mentre all'altra estremità è chiusa, ho pensato che
essa è il luogo in cui il gallo immette e trasmette lo sperma affinché
vi venga custodito. |
Postremum in
hoc inferno utero contemplandum est membranosum quoddam corpus firmum,
densum, venisque plurimis irrigatum, quod inferius spinae nectitur per
totam eam longitudinem, quae est a vitellorum racemo ad podicem usque:
superius vero per totam secundi uteri {.} longitudinem, applicatur,
non dissimili ratione, ac mesenterium intestinis; unde ad illius
similitudinem non inepte
μεσομήτριον
idest medium uterorum appellari potest. |
Infine
in questo utero inferiore bisogna tenere in considerazione una
struttura membranosa che è robusta, densa e irrorata da moltissime
vene, la quale è connessa con la parte inferiore della colonna
vertebrale per tutta quella lunghezza che va dal grappolo dei tuorli
fino alla cloaca. Si appoggia a tutta quanta la lunghezza superiore
del secondo utero, in maniera non diversa da quanto fa il mesentere
con gli intestini, per cui in base alla somiglianza con esso può
essere giustamente chiamata mesomëtrion, vale a dire, ciò che
sta fra gli uteri. |
Revera
secundus uterus una cum hoc membranoso, venosoque corpore concinne
admodum intestinis, et suo mesenterio comparari potest. Etenim veluti
intestina membranosa sunt oblonga, rotunda, concava, convolutaque,
plicis intus referta, exteriusque in superficie innumeris pene vasis
contexta: ita aeque corpus memoratum easdem obtinet conditiones.
Rursus veluti intestina mesenterium adepta sunt a spina exortum, quod
tum ea colligat, detinet, et conglobata, ac per spiras circumvoluta
continet, ut mirari satis non possis intestinorum longitudinem,
quomodo capi in abdomine possit, quando a mesenterio separata
intestina sunt: sic de hoc quoque corpore, quod μεσομήτριον
appellamus, mirari oportet longitudinem eius, quomodo in Gallinae
Epigastrio contineri possit, si ab eo separatum conspicias, maxime
autem si ipsum infles colligat praeterea, et detinet [6] totius ovi
uterum, et [ne decidat] ne ovarium onustum decidat, prohibet: atque a
spina ut mesenterium ortum ducit. Insuper veluti mesenterium stragulum
vasorum est, quae in ipso firmata propagantur: Sic in [μεσομιτρίω]
μεσομητρίῳ
vasa stabiliuntur, feruntur, propagantur quoquomodo utrinque. |
In
realtà il secondo utero, insieme a questa struttura membranosa e
ricca di vene, può essere opportunamente paragonato agli intestini e
al loro mesentere. Infatti, così come gli intestini membranosi sono
allungati, arrotondati, concavi e arrotolati, internamente dotati di
pliche ed esternamente intessuti in superficie da un numero quasi
infinito di vasi sanguigni, altrettanto la struttura di cui parliamo
possiede le stesse caratteristiche. Inoltre, così come gli intestini
sono dotati del mesentere che nasce dalla colonna vertebrale, il quale
li collega, li vincola e li tiene fermi e uniti, nonché arrotolati in
volute, in modo tale che non si potrebbe osservare in modo sufficiente
la lunghezza degli intestini, né in che modo essa può essere
contenuta nell'addome quando gli intestini vengono separati dal
mesentere, altrettanto anche per questa struttura, che chiamiamo
mesometrio, è opportuno osservare la sua lunghezza, per come può
essere contenuta nell'epigastrio di una gallina se si guarda la
struttura separata da esso, ma soprattutto se la gonfi; inoltre
collega e unisce l'utero dell'uovo completato, e impedisce che l'ovaio
appesantito cada, e trae il suo inizio dalla colonna vertebrale come
il mesentere. Inoltre, come il mesentere è un tappeto di vasi
sanguigni che dopo essersi fissati si propagano in esso, così nel
mesometrio i vasi sanguigni si compattano, si diffondono, si propagano
in qualunque modo e da ambo i lati. |
Ultimo usu
quoque mesenterium proposito corpori, et utero respondet. Etenim
veluti fit per meseraicas venas alimenti attractio, transumptioque;
sic per has venas transumptio fit sanguinis ad uterum. |
Anche
con l'ultima funzione il mesentere corrisponde alla descritta
struttura del mesometrio e all'utero. Infatti, così come si verifica
l'acquisizione e il trasporto dell'alimento attraverso le vene
mesenteriche, altrettanto attraverso queste vene si verifica il
trasporto di sangue all'utero. |
Figurarum
uterorum Gallinae in quibus ovum generatur, |
Didascalia
delle immagini degli uteri della gallina |
Primae Figurae. |
Prima figura |
Secundae Figurae. |
Seconda figura |
Nota
quod non apparet infundibulum quippe facile dissecando dilaceratur
debet inter ovarium, et secundum uterum adnotari. |
Nota
che non compare l'infundibulo in quanto viene facilmente lacerato
dalla dissezione e deve essere posizionato fra l'ovaio e il secondo
utero. |
Figurae
Podicis explicatio. |
Spiegazione
della figura della cloaca. |
Tertiae Figurae. |
Terza figura |
[1] Aristotele Historia animalium I 13, p. 505b 1-2.
[2] Per esempio i Miriapodi (Myriapoda = 10.000 piedi) sono una superclasse di artropodi dall'elevato numero di zampe suddivisi in Millepiedi e Centopiedi.
[3] Aorta e vena cava caudale. Vedere questa pagina di Summa Gallicana: www.summagallicana.it/Volume3/C.VIII.a.htm.
[4] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 6 sqq..
[5] Probabilmente è il setto postepatico, plica peritoneale diretta dal fegato alla parete posteriore della cavità addominale.
[6] Aristotele Historia animalium VI 10, 565a 8 sqq. dove 'cintura' corrisponde al greco ὑπόζωμα = diaframma.
[7] Citazione non identificabile.
[8] Aristotele forse De generatione animalium III 2, 752b 3 (dove il paragone è con un flauto, αὐλός).
[9] Aristotele De generatione animalium III 2, p. 752b 6.
[10] Aristotele Historia animalium VI 2, 752a 11 sqq.
[11] L'italiano calaza deriva dal greco chálaza, grandine, per l'aspetto particolare dei cordoncini che nell'uovo privato di guscio ricordano due chicchi di grandine; chálaza è derivato a sua volta da una radice indeuropea che significa ghiaccio. Le calaze si dipartono da ciascun polo della cellula uovo e sono dirette secondo l’asse maggiore del guscio. Si tratta di strutture cordoniformi avvolte su se stesse. Verso il polo ottuso si dirige una sola calaza, mentre dall'altro lato ne esistono due tra loro intimamente ritorte. Originano a livello dello strato calazifero e terminano da ciascun lato nella regione dei legamenti dell'albume.
[12] Si tratta dell'apertura della Borsa di Fabrizio o Timo cloacale. § Secondo Fabrizi, ciò che oggi è un organo linfatico, era invece una borsa in cui finivano il pene e gli spermatozoi del gallo. Si vede che analizzò solamente la cloaca delle galline. Infatti la borsa è presente anche nel gallo, e non solo nel gallo che per motivi contingenti viene montato da altri galli. Nella gallina gli spermatozoi del gallo trovano accoglienza molto più in alto, e precisamente 50-80 cm dallo sbocco dell'ovidutto in cloaca: si tratta delle fossette ghiandolari, dove vengono immagazzinati. Le fossette ghiandolari si trovano nel punto di giunzione dell'infundibolo con il magnum.
[13] Si emenda in base alla nota contenuta a pagina 229 della traduzione di Howard Adelmann (The formation of the egg and of the chick - Ithaca NY, Cornell University Press, 1942).