Fabripullus
Il Pulcino di Girolamo Fabrizi
Parte
prima
La
formazione dell'uovo dei pennuti
Capitolo II - L'attività dell'utero dei pennuti
L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico
[8]
De pennatorum uteri actione, videlicet de Ovorum |
Parte
prima |
Non est, quod
dubitemus (auditores) an pennatorum uteri actionem habeant, necne;
Neque est, quod in ea indaganda laboremus; quoniam ex pluribus, unus
modus, qui nos in organi interni ignotam actionem ducit, maxime omnium
huic proposito congruit, qui ex opere facto actionem detegit. Nam
sicuti dicimus, ventriculi actionem esse chylificationem, et testium
actionem seminis generationem, quia in ventriculo chylus, in testibus
semen comperiatur; sic ovorum generationem esse pennatorum uteri
actionem omnino asseveramus, quod ovum inibi inveniatur. {Qninimmo}
<Quinimmo> chylus, et semen alibi quoque, quam in ventriculo, et
testibus, ille quidem etiam in intestinis, hoc vero in vasis
spermaticis reperitur: at ovum nullibi unquam, quam in matricibus,
quas, ideo pennatorum ovarium appellavimus, consistit. Sicut sensui
conspicuum est. |
Discepoli,
non c'è motivo di dubitare se gli uteri dei pennuti siano dotati di
attività oppure no, né di affaticarci nell'indagarla, in quanto tra
parecchi modi ne esiste uno solo che ci conduce a una sconosciuta
funzione di un organo interno, che più di tutti coincide con questa intenzione, il quale
metodo svela la funzione in base all'effetto prodotto. Infatti, come
diciamo che l'attività dello stomaco consiste nella fabbricazione del
chilo* - oggi chimo* - e che l'attività dei testicoli consiste nella
generazione del seme, in quanto nello stomaco viene trovato il chilo e
nei testicoli il seme, così siamo del tutto garanti del fatto che
l'attività dell'utero dei pennuti consiste nella generazione delle
uova, in quanto proprio lì viene trovato l'uovo. Invero il chilo e il
seme vengono trovati anche in punti diversi dallo stomaco e dai
testicoli, il primo anche negli intestini, il secondo nei vasi
spermatici, ma l'uovo non è mai presente in punti diversi dagli uteri
che pertanto abbiamo chiamato ovaio dei pennuti. Come risulta evidente
all'osservazione. |
Itaque
instrumentum, et locus generationis ovorum nobis omnino cognita sunt,
et perspecta. Praeterea vero, cum duo sint uteri in pennato, superior,
et inferior, iique inter se admodum dissimiles, ideoque dissimilem
actionem habentes, similiter clarum est, quaenam sit utrique
peculiaris actio concredita. Etenim superior ad vitelli, inferior ad
albuminis, et reliquarum partium, seu totius ovi generationem
substituitur, ut sensu patet: In superno enim nil aliud, quam
vitellorum multitudo, in inferno vero totum perfectum ovum continetur.
Aristotelem autem nullam habuisse notitiam secundi memorati uteri,
patet ex verbis 6. de hist. an. cap. 2.[1]
positis, ubi habet. Concipit foemina, quae coierit, ovum superius ad
septum transversum; quod ovum primo minutum, et candidum cernitur, mox
rubrum, cruentumque: deinde increscens luteum, et flavum efficitur
totum. Iam amplius auctum discernitur, ita ut intus pars lutea sit,
foris candida ambiat. {ubi} <Ubi> perfectum est, absolvitur,
atque exit putamine, dum paritur, molli, sed protinus durescente,
quibuscunque emergit portionibus. |
Pertanto
il dispositivo e il punto della generazione delle uova ci sono
completamente noti e analizzati. Inoltre, dal momento che in un
pennuto gli uteri sono due, il superiore e l'inferiore, e inoltre sono
tra loro assai diversi, e pertanto posseggono un'attività diversa,
parimenti risulta chiaro quale sia l'attività specifica affidata a
ciascuno dei due. Infatti quello superiore è deputato alla
generazione del tuorlo, quello inferiore alla generazione dell'albume
e delle rimanenti parti, cioè di tutto quanto l'uovo, come risulta
chiaro con l'osservazione. Infatti in quello superiore null'altro è
contenuto eccetto una moltitudine di tuorli, in quello inferiore tutto
quanto l'uovo ultimato. Che Aristotele non avesse avuto alcuna
conoscenza del citato secondo utero risulta chiaro dalle parole
presenti in Historia animalium VI,2 dove scrive quanto segue.
La femmina che si è accoppiata concepisce un uovo in alto vicino al
setto trasverso e quest'uovo, che dapprima appare piccolo e bianco,
successivamente diventa rosso e color sangue. Quindi, aumentando,
diventa tutto quanto giallo e dorato. Quando è diventato più grande
si vede che internamente si trova la parte gialla, esternamente fa da
cintura la parte bianca. Quando è ultimato viene rilasciato e quando
viene partorito fuoriesce col guscio molle, ma che subito diventa
duro, e se ne esce con tutte le sue parti. |
Idem elicitur
ex primo de gen. an. cap. 3.[2]
ubi uterum avibus omnibus iuxta septum transversum positum esse
affirmat. Idem multis in locis clarius. Ex quibus Aristotelis verbis
liquet, ipsum totum ovum perfici superius in vitellario voluisse, sed
postea vitellum ab albumine discerni. At sensus testatur, duplicem
esse uterum, et alium esse vitelli generationis locum, alium albuminis,
uti infra exactius dicetur. Igitur levi negotio una uterorum actio,
quae conceptus dicitur, et ovi generatio nuncupatur, inventa iam a
nobis est. Sed non est haec sola uterorum functio, ut patet; sed ea
quoque adnotatur, et enumeratur, nimirum ovi augmentum, quod ovo
statim genito succedit, quousque perfectum efficiatur, et iustam
magnitudinem adipiscatur. |
La
stessa cosa si desume da De generatione animalium I,3 dove
afferma che in tutti gli uccelli l'utero è posizionato presso il
setto trasverso. La stessa cosa è più chiara in molti passaggi. Da
queste parole di Aristotele risulta evidente che egli ha stabilito che
tutto quanto l'uovo viene ultimato in alto nella struttura dei tuorli,
ma che poi il tuorlo rimane distinto dall'albume. Però l'esperienza
visiva è testimone del fatto che l'utero è duplice e che uno è il
luogo della generazione del tuorlo, l'altro è quello dell'albume,
come successivamente si dirà in modo più accurato. Pertanto con poca
fatica da parte nostra è già stata scoperta un'attività degli uteri
che viene detta concepimento e generazione dell'uovo. Però la
funzione degli uteri non è solo questa, come risulta chiaro, ma viene
pure osservata e annoverata soprattutto quella dell'accrescimento
dell'uovo che fa immediatamente seguito all'uovo generato fintanto che
diventa perfetto e acquisisce la giusta dimensione. |
Etenim
Gallina non prius naturaliter ovum parit, quam perfectum factum, et
congruam magnitudinem adeptum. Igitur uterorum actio, tum ovi
generatio, tum augmentum est; augmentum autem nutritionem supponit, et
includit, ut patet. Sed cum generatio omnis a duobus perficiatur,
videlicet opifice, et materia, quo modo in lactis concretione, lac
ipsum ut dicebat Arist.[3]
materia est, herbae vero succus[4],
seu coagulum, quod [9] inspissandi vim habet, rationem agentis obtinet;
iam de utroque agendum est. Agens in ovorum procreatione nil aliud
est, quam instrumenta, seu organa proposita, nimirum duplex uterus{.}<,>
materia vero nulla alia, quam sanguis. Etenim sanguis is est, ex quo
non modo ovum, sed quodcunque fere in animali corpore, boni gratia,
fit, resultat. |
Infatti
la gallina non depone l'uovo in modo naturale prima che sia stato
ultimato e abbia acquisito una conveniente dimensione. Pertanto
l'attività degli uteri consiste sia nella generazione dell'uovo che
nel suo accrescimento, e l'accrescimento presuppone e implica una
nutrizione, come risulta evidente. Ma dal momento che ogni generazione
viene portata a termine da due agenti, cioè dal creatore e dalla
materia, allo stesso modo in cui nella coagulazione del latte, come
diceva Aristotele, il latte stesso è la materia, ma il succo
dell'erba, o caglio*, che ha la capacità di addensare, possiede la
qualifica di esecutore, allora bisogna parlare di ambedue. Nella
generazione delle uova l'esecutore consiste esclusivamente negli
strumenti, o organi, descritti, cioè i due uteri, mentre la materia
è costituita solamente dal sangue. Infatti il sangue è quello dal
quale trae origine non solo l'uovo, ma praticamente qualsiasi cosa che
per un buon fine si verifica nel corpo di un animale. |
Non igitur
mireris, si ad huiusmodi uteros membranosos, frigidos, tenues, et sua
natura exangues, quae partes communiter pene sine venis conspiciuntur,
sanguinem copiosissimum per suum mesenterium, per similitudinem
quandam appellatum, per numerosa, amplissimaque vasa traductum
conspicias. Porro hic sanguis a proprietate substantiae duorum
uterorum alteratus, et immutatus, tandem in ovum evadit, et migrat,
diverso tamen modo. Nam in vitellorum ovario, vitelli tantum
procreantur, qui colore inter flavum, et pallidum constant: quique
temperie a sanguine parumper distant, et parum abest, quin totus
vitellus sanguis sit: Unde Avicenna non sine ratione tantum nutrire,
quantum ponderat, dixit[5].
Ideoque verisimile est, a purissimo, temperatoque sanguine vitellum
generationem suam esse adeptum existimare, qui potius concretus
sanguis sit, quam plene concoctus. Etenim mollissimus vitellus est, et
quasi fluidus, ut sanguis; colore flavus, fereque rubeus, ut sanguis;
temperatissimus, ut sanguis. |
Pertanto
non ci si potrebbe meravigliare se si vede che il sangue viene portato
in grande abbondanza, attraverso il loro mesentere, così chiamato per
una certa somiglianza, e attraverso vasi sanguigni numerosi e assai
ampi, a siffatti uteri membranosi, freddi, sottili e per loro natura
esangui, strutture che abitualmente risultano quasi senza vene.
Inoltre questo sangue, alterato e modificato dalla caratteristica
strutturale dei due uteri, infine giunge e si trasferisce nell'uovo,
tuttavia in un modo diverso. Infatti nell'ovaio dei tuorli vengono
generati solamente i tuorli dotati di un colore tra il giallo e il
pallido, e che per composizione di poco si discostano dal sangue, e
poco manca che tutto il tuorlo sia sangue. Per cui Avicenna* disse
giustamente che nutre tanto quanto pesa. È pertanto verosimile
pensare che il tuorlo ha tratto origine da un sangue purissimo e
mescolato in giusta dose, in quanto si tratta piuttosto di sangue
denso anziché completamente digerito. Infatti il tuorlo è assai
molle e quasi fluido come il sangue, di colore è giallo e quasi
rossastro come il sangue, è assai mescolato in giusta dose come il
sangue. |
Dixi autem,
vitellum magis concretum esse sanguinem, quam plene concoctum propter
eam rationem, quod rursus in Sanguinem migrare vitellum oportet{;} in
pulli nutritione, et augmento; quod fieri utique non posset, si
vitellus per calorem insignem, completam diversae formae absolutionem
fuisset adeptus. Albumen autem et ipsum ex sanguine constat similiter
a propositis venis attracto, sed alterato, immutatoque in albuminis
formam a substantiae proprietate secundi uteri, cuius generatio ex
frigidiori, pituitosaque sanguinis portione fit, quam ideo non est
difficile per ulteriorem concoctionem rursus in sanguinem migrare, uti
paulo post in usibus audietis. |
Infatti
ho detto che il tuorlo è più un sangue denso che completamente
digerito, essendo necessario che il tuorlo si trasformi nuovamente in
sangue durante la nutrizione e la crescita del pulcino. Comunque ciò
non potrebbe accadere se il tuorlo attraverso un elevato calore avesse
raggiunto un perfezionamento completo di aspetto diverso. Anche
l'albume stesso risulta formato in modo simile dal sangue ricavato
dalle suddette vene, ma modificato e trasformato in albume dalle
caratteristiche strutturali del secondo utero, la cui generazione
avviene dalla parte più gelida e fredda del sangue, che pertanto non
è difficile trasformare nuovamente in sangue attraverso un'ulteriore
digestione, come tra poco udirete a proposito delle utilizzazioni. |
Sed in hoc
secundo pennati utero non modo ovi albumen gignitur, sed reliquae
etiam ovi partes procreantur. Sunt autem primum duo corpora grandini
similia; unde {χάλαζα}
<χάλαζαι>,
ab Arist. appellantur[6],
quae alba sunt, nodosa, concreta, luciditatis {cuius quam}
<cuiusquam> non expertia, ut grando, quaeque in albumine quidem
degunt, sed ovi vitello magis quam albumini adhaerescunt, et eius
membranae appenduntur. Sunt vero χάλαζαι
duae, altera et minor in acuta ovi parte[7]
consistens; altera in latiore, et obtusa, quae maior est, et longior
ex duobus, tribusque nodis quasi grandinis globulis, granisque
conflata, quae in secundo hoc utero statim, ac vitellus illuc pervenit,
ex crassiore sanguinis portione ab uteri substantia gignitur. |
Ma
in questo secondo utero del pennuto non viene generato solamente
l'albume dell'uovo, ma vengono create anche le rimanenti parti
dell'uovo. Innanzitutto ci sono due strutture simili a grandine, per
cui da Aristotele vengono chiamate chálazai - calaze, le quali
sono bianche, nodose, consistenti, tuttavia non prive di una certa
lucentezza come la grandine e che giacciono nell'albume, ma aderiscono
più al tuorlo dell'uovo che all'albume e sono aderenti alla sua
membrana. Le chálazai - calaze - sono due, quella più piccola
delle due si trova dalla parte del polo acuto - no! ottuso -
dell'uovo, l'altra, che è la più grande e la più lunga, si trova
dal lato più largo e ottuso - no! acuto, composta da due e tre nodi
come se fossero chicchi e granelli di grandine, e viene generata in
questo secondo utero dalla struttura uterina a partire dalla parte più
densa del sangue non appena il tuorlo vi giunge. |
Deinde in hoc
inferno utero duae membranae procreantur totum ovum obvolventes,
quarum una exterior est durior, densior, et fortior cortici proxima;
altera interior, mollior humores contingens. Postremum, quod in ovo
generatur, est putamen, seu cortex, operculum scilicet exterius
positum, durum, frangibile, candidum, densum, magis adhuc crassa,
pituitosa sanguinis parte, genitum. Verisimile autem est, varia haec
corpora, videlicet chalazas, albumen, membranas, et corticem non modo
ex vario sanguine procreari, qui per maiorem, minoremque crassitiem
differat; sed etiam variam [10] uteri partem habere constitutam, ac
destinatam: propter quam causam hic secundus uterus commode in tres
partes potest distingui, licet continuus per totam eius longitudinem
sit, principium, medium, et finem: omitto nunc infundibulum, quod
membranosum cum sit, tenuissimum, et venis vacuum, ideo uteri nomine
dignari non debet, propterea infundibulum appellatum est, quamvis
utero continuatum sit.{)} |
Inoltre
in questo utero inferiore vengono generate due membrane che avvolgono
tutto quanto l'uovo, una delle quali è esterna, più dura, più
spessa e più resistente, posta vicino al guscio, l'altra è posta
all'interno, è più molle e a contatto coi liquidi. Infine, ciò che
viene generato nell'uovo è il guscio, o corteccia, cioè una
copertura posta esternamente, dura, frantumabile, bianca, compatta,
generata dalla parte ancora più densa e fredda del sangue. Ma è
verosimile che queste diverse strutture, cioè, le calaze, l'albume,
le membrane e il guscio vengano generate non solo da sangue diverso,
che differisce per la maggiore e minore densità, ma che posseggano
anche una diversa parte dell'utero strutturata e destinata a loro.
Motivo per cui questo secondo utero può per comodità essere
suddiviso in tre parti, sebbene sia continuo in tutta la sua
lunghezza, cioè la parte iniziale, media e terminale. Adesso
tralascio l'infundibulo che, essendo membranoso, assai sottile e senza
vene, non deve pertanto essere degno di chiamarsi utero, per cui è
stato chiamato infundibulo nonostante sia in continuità con l'utero. |
Principium
igitur secundi uteri sit, ubi uterus propria donatur substantia
crassiore, albidiore, et venis referta, quae infundibulo continuatur,
ubi chalazae efficiuntur, et primo quidem in obtusa ovi vitelli parte
nectuntur, inde in acuta[8].
Huic succedit secunda uteri pars media, amplior, longior, et spiris
convoluta, plicisque intus referta, ubi albumen gignitur, et circa
vitellum obducitur. Hanc ultimo tertia uteri pars sequitur, sed in
prima huius partis regione, ovi duae membranae generantur: in secunda,
et postrema cortex, qui, ut par est, primo mollis, inde durus
efficitur. |
Pertanto
l'inizio del secondo utero deve corrispondere a dove l'utero è dotato
della sua sostanza più densa, più bianca e ricca di vene che si
continua con l'infundibulo, là dove vengono allestite le calaze che
dapprima si attaccano al tuorlo dalla parte ottusa dell'uovo, quindi
da quella acuta. A questa parte fa seguito la seconda parte media
dell'utero che è più grande, più lunga e che si avvolge in spire, e
che internamente è ricca di pliche dove l'albume viene generato e
applicato intorno al tuorlo. Per ultimo a questa fa seguito la terza
parte dell'utero, ma nella prima sezione di questa parte vengono
generate le due membrane dell'uovo. Nella seconda e ultima sezione
viene generato il guscio che, come è naturale, dapprima è molle e
quindi diventa duro. |
Fieri autem
in hoc secundo utero omnia iam memorata corpora confirmari potest, per
exiguum ovum, quadruplo caeteris minus, quod vulgus putat esse ultimum
gallinarum, cum iam centum ova gallina peperit, et emiserit, (unde
centenino vulgo dicitur, et a rusticis disperso) quod sine vitello
est, habet tamen caetera, ut chalazas, albumen, membranas, et corticem;
Verisimile enim est, tunc generari, cum vitelli omnes iam in ova
migrarunt, neque amplius in vitellario aliquis superest vitellus, qui
in ovum evadere possit: ex altera tamen parte, albuminis adhuc modicum
superest. |
Che
in questo secondo utero vengano create tutte le strutture appena
menzionate lo si può confermare attraverso quel piccolo uovo, quattro
volte più piccolo delle altre uova, che la gente ritiene essere
l'ultimo delle galline, quando la gallina ha già creato e deposto
cento uova (per cui viene detto comunemente centenino - centesimo, e
disperso dai contadini), in quanto è senza tuorlo, mentre ha le
rimanenti strutture, come le calaze, l'albume, le membrane e il
guscio. Infatti è verosimile che venga generato quando tutti i tuorli
sono ormai migrati nelle uova, e nel vitellario non rimane più alcun
tuorlo che possa diventare un uovo, mentre nell'altra struttura
uterina rimane ancora una modica quantità di albume. |
Ex hoc, enim
modico credibile est, ovulum propositum creari, et quod in medio
rotundum corpus {praesefert} <prae se fert> vitellum, sed tamen
est ex albuminis substantia conflatum; quod non inepte effaetum ovulum
appellari potest. Quo loco ignorare non oportet ovum vulgo centeninum
appellatum duplex reperiri, alterum sine vitello, et hoc vere
centeninum dicitur, over disperso, quod est ultimum a gallina emissum,
cum quo gallina omnino cessat eo anni tempore ab ovis pariendis:
alterum est similiter pusillum ovum quod vitellum habet, et non est
ultimum a gallina editum, sed intermedium est, et post illud gallina
adhuc sequitur ova parere iustae magnitudinis, sicuti antea: sed
deficit in magnitudine propter diminutam facultatem vegetalem, sicuti
accidit persico et aliis plantis, quae modo quidem {plurima}
<plurimae> iustae magnitudinis: {nonnulla} <nonnullae>
autem perpusilla efficiuntur, et remanent. |
Infatti
è credibile che il suddetto piccolo uovo si genera da questa modesta
quantità di albume e che quel corpo rotondo al centro mostra un
tuorlo, ma tuttavia è composto dalla sostanza dell'albume, per cui
giustamente può essere chiamato piccolo uovo sterile. A questo punto
è necessario sapere che si rinvengono due uova dette comunemente
centesime, uno senza tuorlo, e questo viene giustamente detto
centesimo ovvero disperso, poiché è l'ultimo deposto dalla gallina,
col quale la gallina cessa completamente di deporre uova in quel
periodo dell'anno. L'altro è ugualmente un piccolo uovo che ha il
tuorlo e non è l'ultimo deposto dalla gallina, ma è intermedio, e
dopo questo la gallina ancora prosegue nel deporre uova di giusta
grandezza come prima; ma è deficitario quanto a dimensioni a causa di
un ridotto potere vivificatore, come accade al pesco e ad altre
piante: pur essendo moltissime quelle di giuste dimensioni, tuttavia
alcune crescono molto piccole e tali rimangono. |
Iam igitur
liquet, quomodo vitellus, albumen, chalazae, membranae, et putamen ovi
generentur: sed age, nunc quo ordine tum generentur, tum perficiantur
ovi partes sigillatim repetamus. Vitelli primo in vitellorum ovario,
seu racemo minimi, ut sinapis, miliique granum expullulant; inde
maiores, grandioresque, et denique ad iustam magnitudinem perducti, a
proprio pedunculo, membranaque ab ipso producta, separantur, caduntque
in infundibulum; et ab eo in secundi uteri principium devoluti, atque
in prima spira detenti, chalazas acquirunt. (Quod persuadet, quia
chalazae vitello [valde] valide nectuntur). |
Pertanto
è ormai chiaro in che modo vengono generati il tuorlo, l'albume, le
calaze, le membrane e il guscio dell'uovo. Ma coraggio, adesso vediamo
di ripetere in quale sequenza vengono sia generate che portate a
termine singolarmente le parti dell'uovo. Innanzitutto i tuorli
germogliano nell'ovaio dei tuorli, o grappolo, e sono molto piccoli,
come un chicco di senape* e di miglio*; quindi, diventati più grandi
e più grossi, e infine, portati alla giusta dimensione, si separano
dal loro peduncolo e dalla membrana prodotta dallo stesso, e cadono
nell'infundibulo. Dopo essere passati dall'infundibulo alla parte
iniziale del secondo utero, ed essendo trattenuti nella prima spira,
acquisiscono le calaze. (Il che è credibile, in quanto le calaze sono
saldamente unite al tuorlo). |
Inde sensim
descendentes dum per secundi uteri spiras volutantur, iam undique
albumen, quod in internis plicis reservatur, illis apponitur,
adhaerescit, et quodammodo incrustatur; Nam hoc modo fieri albuminis
circa vitellum appositionem, et applicationem, adhaerentiamve, ovum
coctum durum, iudicio est; in quo eiusmodi [11] laminas, seu orbes,
seu crustas apparere omnibus patet. |
Quindi,
scendendo pian piano, mentre rotolano attraverso le spire del secondo
utero, l'albume, che è immagazzinato nelle pliche interne, viene
applicato tutto intorno a essi, vi si attacca e in qualche modo forma
un rivestimento. Infatti, che l'apposizione e l'applicazione, o
adesione, dell'albume intorno al tuorlo avvenga in questo modo, ne è
prova l'uovo cotto duro, nel quale a tutti è evidente che sono
visibili siffatti strati o formazioni circolari o rivestimenti. |
Albumen
igitur circa vitellum obduci in mediis spiris, medioque utero
crassiore {verissimile} <verisimile> est, dum scilicet sensim
vitellus per spiras volutatus descendit: et quia per prius et
posterius generatur, et apponitur, fit ut quod priore loco apponitur
crassius, quod vero posterius, liquidius existat. Neque dubites,
quomodo albuminis tanta copia in plicis iam suppetat, ut pro ovi
perfectione sufficiat, quoniam simile quid hic accidit, ac in
ventriculo{:}<.> {Si.n.hic} <Si enim hic> plus chyli facit,
quam sit pro sui nutritione ex usu, et reliquum tanquam superfluum a
se ablegat, cum tamen toti corpori utile sit: ita secundus hic uterus
propter venas plures, et quam suae moli conveniat maiores, quas
excipit, copiosius quoque, quam suae naturae competat alimentum
conficit, ac praeparat, ut puta albumen; quo abunde saturatus, quod
reliquum est, quando multum, et copiosum est, ut sensu patet, ibidem
deponit, atque in plicis reservat, ut vitello copiosum semper
suggeratur albumen, quod revera utero superfluum est, quamvis sit pro
ovi generatione utilissimum. |
Pertanto
è verosimile che l'albume venga steso intorno al tuorlo nelle spire
medie e nell'utero mediano che è più spesso, cioè, mentre il
tuorlo, ruotando, scende pian piano attraverso le spire. E siccome
l'albume viene generato e applicato per primo e per ultimo, si
verifica che quello che viene applicato per primo sia più denso,
mentre quello che viene applicato dopo sia più fluido. E non devi
dubitare che tanta abbondanza di albume sia a disposizione nelle
pliche in modo da bastare al perfezionamento dell'uovo, in quanto qui
accade qualcosa di simile a ciò che avviene nello stomaco. Infatti,
se questo produce più chilo di quanto serva al proprio nutrimento, e
allontana da sé il rimanente come se fosse superfluo, anche se
perlomeno è utile a tutto il corpo, così questo secondo utero, a
causa delle numerose vene che accoglie, più grandi di quanto sia
opportuno per le sue dimensioni, confeziona un alimento anche più
abbondante di quanto sia pertinente alla sua natura e lo prepara come
albume. Abbondantemente ricolmo di esso, ciò che rimane, quando è
molto e abbondante, come è evidente a uno sguardo, lo depone sempre
nello stesso punto e lo conserva nelle pliche, affinché l'albume
venga fornito al tuorlo in quantità sempre abbondante, dato che in
realtà è inutile all'utero, mentre è utilissimo per la generazione
dell'uovo. |
Ubi autem iam
albuminis iusta quantitas ovo porrecta est, quod in ultima spira
contingit, tunc natura membranas humores obvolventes, continentesque
creat, primoque interiorem molliorem, tenuioremque; mox illi proximam
crassiorem, et firmiorem desuper imponit; ultimo cortice obducit.
Atque hoc modo ovum; et omnes eius partes generari in utroque utero
rationi consentaneum est: haecque una est prima, et praecipua pennati
uterorum actio. Sed quia ea lege ovum generatur, ut adaugeatur, et
perficiatur, quae actiones uterorum praedictorum sunt quoque propriae,
et propositam statim consequuntur, de his quoque agendum est. |
In
effetti quando all'uovo è stata ormai fornita la giusta quantità di
albume, il che accade nell'ultima spira, allora la natura crea le
membrane che avvolgono e contengono i liquidi, dapprima quella interna
più molle e più sottile, poi, vicino a questa, ne sovrappone una più
spessa e più resistente, per ultimo ricopre con il guscio. Ed è
logico che l'uovo e tutte le sue parti vengano generati in questo modo
nell'uno e nell'altro
utero, e questa è la prima e principale attività degli uteri di un
pennuto. Ma poiché l'uovo viene generato a patto che aumenti di
volume e venga ultimato, attività pure pertinenti ai predetti uteri,
che subito raggiungono lo scopo, bisogna occuparsi anche di esse. |
Quomodo autem
incrementum suscipiat ovum, dubium admodum est. Idcirco iure ab Arist.
3. de gen. an. c. 2.[9]
quaeritur quomodo ovum in utero augeatur simul ac nutriatur cum neque
ut animalia per umbilicum, cibum capiat, cum umbilicum non habeat:
neque ut vermes adaugeatur: cumque exeat ovum integrum cum molli
cortice, et membranis, neque in ipso appareat aliquis porus, {perquem}
<per quem> nutriri, et augeri possit, neque aliquid, quod utero
adhaereat; Respondet[10]
vero adesse in ovis, dum mollibus membranis obvolvuntur, canalem
umbilicalem in acuta ovi parte, ubi ovi principium est, per quem
augetur. Id quod probat ex {eiectitiis} <eiecticiis>
inchoatis ovis. |
Ma
in che modo l'uovo aumenti di volume è molto dubbio. Pertanto
giustamente Aristotele in De generatione animalium III,2 si
chiede in che modo nell'utero l'uovo aumenti di volume e contemporaneamente venga nutrito, dal
momento che né riceve il cibo attraverso l'ombelico come gli animali,
non avendo un ombelico, né si accresce come i vermi. E siccome l'uovo
esce intatto con il guscio molle e con le membrane, e in esso non è
visibile alcuna apertura attraverso la quale possa essere nutrito e
accresciuto, né un qualcosa che aderisca all'utero, Aristotele invero
risponde che nelle uova, mentre sono avvolte da membrane molli, è
presente dal lato acuto dell'uovo un canale ombelicale dove si trova
il primordio dell'uovo e che attraverso tale canale si accresce.
Dimostra ciò servendosi delle uova abbozzate abortive. |
Nam ubi avis
aut madefacta[11], aut inalgens eiecit,
cruentum {ad huc} <adhuc> cernitur intus ovum habens sibi
annexam appendiculam umbilicalem. Sed cum Arist. duo dicat; alterum
quod ovi principium in parte acuta sit altissimum quod inibi sit
appendicula umbilicalis, qua ovum augetur: nos tamen neutrum esse
verum observamus. Neque enim ovi principium est acuta eius pars, sed
potius obtusa, in acuta autem qua parte pullus neque generatur, uti
suo loco demonstrabitur: neque praeterea in membranis, [nulloque]
multoque minus in cortice aliquid appenditur quod alimentum deferat
intus in ovum; immo quod maius adhuc est, neque etiam potest quicquam
adesse, quod ab utero ad ovum perveniat, aut fistula, aut canalis, aut
vena, aut porus, quod ovum utero iungat, quo nutriatur, et adaugeatur. |
Infatti
quando un uccello bagnato o colto dal freddo l'ha espulso, si vede che
internamente l'uovo ancora sanguinante possiede annessa una piccola
appendice ombelicale. Ma siccome Aristotele dice due cose, delle quali
l'una essendo il fatto che il primordio dell'uovo si trova all'apice
nella parte acuta, dato che nello stesso punto ci sarebbe la piccola
appendice ombelicale, dalla quale l'uovo viene aumentato in grandezza,
tuttavia noi osserviamo che nessuna delle due cose è vera. Infatti il
primordio dell'uovo non è la sua parte acuta, bensì quella ottusa,
in quanto nella parte acuta il pulcino non viene generato, come a suo
tempo verrà dimostrato, e inoltre né nelle membrane, e tanto meno
nel guscio si trova appesa qualcosa che trasporti l'alimento dentro
nell'uovo. Anzi, cosa ancora più importante, non può ancora esserci
nulla che giunga dall'utero all'uovo, o fistola, o canale, o vena, o
apertura che unisca l'uovo all'utero dal quale venga nutrito e
accresciuto. |
Nam cum
auctio ovi motui locali coniungatur, et ei quidem longissimo, qui fit
deorsum a pulmonibus ad podicem usque, atque is quidem non recta et
brevissima linea, sed per [12] multas spiras, et circumvolutiones
efficiatur, quomodo poterit appendicula umbilicalis ovo, et utero
necti in tam longo, et flexuoso tractu? et cui uteri parti? aut
quomodo volutari poterit ovum, aut descendere ad podicem appendicula
appensum?
sed forte causa erroris Arist. fuit, quod falso
existimaverat, ovum respondere semini, et fructui plantarum, qui retro
habet suum principium ad ramum, cui appenditur. |
Infatti
dal momento che l'accrescimento dell'uovo è collegato al movimento
locale e a quello assai lungo che avviene verso il basso dai polmoni
fino alla cloaca, e che si verifica non attraverso una linea retta e
brevissima, ma attraverso molte spire e circonvoluzioni, in che modo
potrà una piccola appendice ombelicale unirsi all'uovo e all'utero in
un tratto così lungo e tortuoso? E a quale parte dell'utero? O in che
modo l'uovo potrà rigirarsi oppure scendere alla cloaca rimanendo
appeso alla piccola appendice? Ma forse la causa dell'errore di
Aristotele è stata quella di avere erroneamente pensato che l'uovo
corrisponde al seme e al frutto delle piante, che invece ha la sua
origine da un ramo al quale è appeso. |
Quod vero in
confirmatione sua assumitur, eiectum ovum appendiculam habere
probabile est: propterea quod eiicitur ovum violenter, et eiicitur,
cum nondum est perfectum; sed vitellus violenter abrumpitur a suo
pediculo, ita tamen, ut pediculus sit vitello appensus; in quo casu
appendicula visitur, et sanguis, neque potest perfici vitellus
abruptus cum sua appendicula, quia non assumit amplius albumen, cum
non volutetur. Quae cum ita sint, alio modo dubium diluendum est
dicendo, ovum augeri dupliciter, prout duplex est uterus, superior, et
inferior; et ovi substantia duplex, vitellus, et albumen, (cum
albumine enumerantur quoque Chalazae, membranae, et cortex, quae
eandem subeunt rationem cum albumine: Nam haec omnia tum sua natura
alba, et frigida sunt, tum ab eodem sanguine pituitoso facta, tum in
eodem genita utero) et vero scilicet augmento, et non vero, quod per
iuxta positionem fit. |
Ciò
che nella sua affermazione si asserisce è che probabilmente l'uovo
deposto possiede una piccola appendice, in quanto l'uovo viene espulso
con violenza e viene espulso quando non è ancora ultimato, ma il
tuorlo viene separato con violenza dal suo picciolo, tuttavia in modo
tale che il picciolo rimanga appeso al tuorlo. Nel qual caso si vede
la piccola appendice e il sangue, e il tuorlo staccato insieme alla
sua piccola appendice non può essere ultimato in quanto non riceve
ulteriore albume, dal momento che non scorre. Stando così le cose,
bisogna risolvere il dubbio in un altro modo dicendo che l'uovo si
accresce in due modi, in quanto l'utero è duplice, superiore e
inferiore, e la sostanza dell'uovo è duplice, il tuorlo e l'albume
(con l'albume vengono annoverate anche le calaze, le membrane e il
guscio che con l'albume condividono la stessa valutazione; infatti
tutte queste cose per loro natura sono sia bianche e fredde, sia
prodotte a partire dallo stesso sangue freddo, sia generate nello
stesso utero) e cioè per un aumento vero, e per uno non vero che
avviene per vicinanza. |
Vero augmento
adaugetur vitellus, non vero albumen. Vitellus enim adaugetur
sanguine, qui ad ipsum porrigitur, dum adhuc vitellario, seu racemo
appenditur, per venas, quae a mesomitrio per pedunculum sursum ad
vitellum porriguntur, et per membranam a pediolo in vitellum porrectam,
quae plena venarum est: Et hic vitellus appendiculam habet umbilicalem,
quam Arist. στόλον
{ὀμφαλώδην}
<ὀμφαλώδη>
appellat, videlicet pedusculum, et venam quoque umbilicalem, quae per
pedunculum fertur: quanquam forte haec non est appendicula, quam Arist.
umbilicalem appellat, quod eam non in vitello, sed ad ovi extimam
membranam posuerit, ubi, uti dictum est, neque est, neque esse potest. |
Il
tuorlo si accresce per un aumento vero, l'albume per un aumento non
vero. Infatti il tuorlo si accresce grazie al sangue che gli viene
fornito, mentre è ancora appeso al vitellario o grappolo, attraverso
le vene che dal mesometrio attraverso il peduncolo si protendono su
fino al tuorlo e attraverso la membrana che dal peduncolo si prolunga
nel tuorlo e che è piena di vene. E qui il tuorlo ha una piccola
appendice ombelicale che Aristotele chiama stólon omphalødë
- sporgenza a forma di ombelico, cioè peduncolo e anche vena
ombelicale che procede attraverso il peduncolo. Quantunque forse
questa non è la piccola appendice che Aristotele chiama ombelicale,
dal momento che l'avrebbe posta non nel tuorlo, ma accanto alla
membrana più esterna dell'uovo, dove, come si è detto, né esiste né
può esistere. |
Igitur
vitellus vero adaugetur augmento, quod per venas, sanguine, et
nutritione completur, quae omnia procul dubio vitellum sensim adaugent
vero augmento, quod fit pristina continuitate, soliditateque vitelli
corporis servata, donec ad iustam pervenerit magnitudinem: quo tempore
relaxatur, resolviturque praedicta membrana a vitello, et vitellus tum
in secundum uterum cadit. |
Pertanto
il tuorlo si accresce per un vero aumento che si realizza attraverso
le vene grazie al sangue e al nutrimento, tutte cose che senza alcun
dubbio fanno aumentare gradualmente il tuorlo con un vero aumento che
avviene per la solita continuità e stabilità del corpo del tuorlo
che si è conservata fino a quando ha raggiunto la giusta grandezza. A
questo punto l'anzidetta membrana si allenta e si separa dal tuorlo e
allora il tuorlo scende nel secondo utero. |
In hoc utero
dum degit, cum in suo racemo iam iustum incrementum sit adeptus, non
amplius adaugetur: nisi forte modicum quid ex eo, quod in exiguis
propriae vitelli tunicae venis remansit. Sed revolvitur albumine,
prius Chalazis admissis. Albumen autem alio modo augetur, et accrescit,
ac vitellus. Etenim non per venas, neque per nutritionem, ut vitellus,
incrementum suscipit: sed per iuxta positionem vitello adhaerescit.
Dum enim vitellus per secundum uterum devolvitur, ac sensim volutatur,
sensim quoque subinde suscipit albuminis portionem ibi genitam,
paratamque, ut circa vitellum apponatur, donec medias spiras vitellus
praetergressus, et ad ultimam devolutus una cum ovi albumine
circumducto etiam membranis obvolvitur, et corticem assumit. |
Mentre
si trova in questo utero non si accresce ulteriormente, dal momento
che nel suo grappolo ha già acquisito il giusto incremento, se non
forse un modesto aumento grazie a ciò che è rimasto nelle piccole
vene della tunica propria del tuorlo. Ma viene avvolto dall'albume,
essendosi prima formate le calaze. Ma l'albume aumenta e si accresce
in modo diverso dal tuorlo. Infatti non aumenta attraverso le vene né
attraverso il nutrimento, come fa il tuorlo, ma aderisce al tuorlo
ponendosi accanto. Infatti mentre il tuorlo scorre giù attraverso il
secondo utero e gradatamente si sposta, di volta in volta assume
gradualmente anche la parte di albume qui generata e preparata affinché
venga collocata intorno al tuorlo, fino a quando il tuorlo, dopo aver
superato le spire della parte media ed essere giunto all'ultima spira
insieme con l'albume d'uovo applicato intorno, viene avvolto anche
dalle membrane e assume il guscio. |
Cur vero
natura voluerit, ovum partim adaugeri vero, ut in vitello, partim
appositivo augmento, ut in albumine; nulla alia ratio est, mea
sententia, nisi quia natura in albuminis augmento, non potuit
appendiculam umbilicalem constituere, [13] et venam ovo appendere,
quam tamen ovi {membrane} <membranae> appensam Arist. posuit[12]. Ratio quod non
appendatur vena, et vero augmento augeri non possit reliqua ovi pars,
sicuti vitellus, non est alia, meo iudicio, nisi quia; cum tot partes,
et tam variae in hac secunda ovi parte gignantur, chalazae, albumen,
membranae duae invicem distinctae, et inter se variae, et cortex ab
omnibus diversus; et variae uteri partes, forteque etiam proprietates
requirantur, et longum etiam spatium; non poterat appendicula
constitui, quae tam longa esset, ut sufficeret, et ovum utero
coniungeret, propter tractus longitudinem, quem ovum facit per hunc
secundum uterum: vitellus autem vero augmento adaugetur, ideo fixus
est, non vagus, solutus, et liber, et mobilis, ut albumen; et habet
appendiculam, et venam umbilicalem, qualem non habet albumen, quod
solutum, et liberum, mobileque est. Haec est ratio incrementi, et
absolutionis ipsius ovi, mea sententia. |
Ma
perché la natura abbia voluto che l'uovo in parte aumenti davvero,
come accade a livello del tuorlo, in parte aumenti per un'aggiunta,
come accade nell'albume, a mio avviso non esiste altro motivo se non
che la natura, nell'aumentare l'albume, non ha potuto strutturare una
piccola appendice ombelicale e attaccare una vena all'uovo, che
tuttavia Aristotele ha posto collegata alla membrana dell'uovo. Il
motivo per cui una vena non viene collegata e la restante parte
dell'uovo non può aumentare per un reale incremento, come accade per
il tuorlo, a mio avviso altro non è, se non perché, siccome in
questa seconda porzione dell'uovo vengono generate tante strutture e
così diverse, le calaze, l'albume, le due membrane tra loro separate
e differenti tra loro, e il guscio diverso da tutte le altre
strutture, e siccome sono necessarie diverse parti e forse anche
diverse caratteristiche dell'utero, nonché un ampio spazio, la
piccola appendice non poteva strutturarsi in modo da essere tanto
lunga da bastare per congiungere l'uovo all'utero a causa della
lunghezza del tragitto che l'uovo compie attraverso questo secondo
utero. Invece il tuorlo aumenta grazie a un vero incremento, pertanto
è fisso, non è vagante, sciolto, libero e mobile come l'albume. E
possiede una piccola appendice e una vena ombelicale che l'albume non
possiede, in quanto è slegato, libero e mobile. Questo a mio avviso
è il motivo dell'aumento e del perfezionamento dell'uovo. |
Ad Arist.[13]
de eiectis ovis dico, sanguinem in iis duntaxat in vitello apparere,
et contineri, ut sensu patet; quem existimandum est extra venas
effusum propter casum, aut ictum, aut aliam causam, cum immature
vitellus a sua membrana denudatus, separatusque sit. Ideoque vitellus
cruentus apparet, non autem albumen. Ultimo loco de ovi cortice
dubitandum ex Arist. est. Etenim Arist et
cum eo Plinius dicit[14],
corticem non intus gigni, sed cum ovum editum est: atque prout exit,
ita ab aere externo obdurari, calore externo evaporante
humorem. |
Ad
Aristotele, a proposito delle uova deposte, dico che in esse compare
ed è contenuto il sangue solo nel tuorlo, come è chiaramente
visibile, e bisogna pensare che è fuoriuscito dalle vene a causa
della caduta, o di un trauma, o di un'altra causa, dal momento che il
tuorlo è prematuramente denudato e separato dalla sua membrana. E
pertanto il tuorlo appare insanguinato, ma non l'albume. Per ultimo,
stando ad Aristotele, bisogna dubitare a proposito del guscio
dell'uovo. Infatti Aristotele, e con lui Plinio, dice che il guscio
non è generato internamente, ma quando l'uovo è stato emesso, e che,
non appena esce, viene indurito dall'aria esterna, dal momento che il
calore esterno fa evaporare il liquido. |
Sed ego
oculata fide non semel, sed iterum, ac saepius testor, ovum duro
cortice obductum intus reperisse, antequam exisset, id quod etiam vos
nunc oculata fide videtis in hac gallina. Quod si quis occurrat, in
gallina emortua ovum a frigiditate emortui corporis obdurari, simili
modo, ac dum exit ab aeris frigido contactu obduratur, ut dicit Arist.:
Huic facile respondetur, et in viva gallina ovum duro cortice donatum
non difficulter exterius persentiri: id quod mulieres quotidie
experiuntur, dum extra abdomen digitis ovi duritiem pertentant, ut
cognoscant, an gallina mox sit editura ovum, necne; cognoscuntque id
exacte, etiam si ovi duritiem, per mollia corpora superposita, nimirum
abdomen pertractent. Audivi tamen a mulieribus fide dignis, non esse
ex toto a veritate alienum, ovorum corticem in exitu ab aere obdurari,
qui lentum quemdam humorem exeunti ovo circumfusum e vestigio exsiccet,
et cortici non dum exacte duro apponat, et induret, id quod fere
exemplo fit ut dicit Arist.[15] |
Ma
io, affidandomi agli occhi, sono testimone non una sola volta, ma una
seconda e parecchie volte, di aver trovato internamente l'uovo
ricoperto da guscio duro prima che fosse uscito, cosa che anche voi
adesso, affidandovi agli occhi, vedete in questa gallina. Ma se
qualcuno obiettasse che, in una gallina morta, l'uovo si indurisce a
causa del freddo del corpo morto, così come quando esce viene
indurito dal freddo contatto con l'aria, come dice Aristotele, a
costui si risponde facilmente che anche nella gallina viva l'uovo
dotato di guscio duro viene senza difficoltà chiaramente percepito
dall'esterno. Una cosa che le donne sperimentano quotidianamente
quando, dall'esterno dell'addome, esaminano con le dita la durezza
dell'uovo allo scopo di sapere se la gallina deporrà presto l'uovo
oppure no. E ciò lo sanno con esattezza anche se palpano la durezza
dell'uovo attraverso le strutture molli interposte, cioè l'addome.
Tuttavia ho sentito dire da donne degne di fede che non è del tutto
lontano dal vero che al momento della deposizione il guscio delle uova
viene indurito dall'aria, che asciugherebbe subito una certa
appiccicosa umidità posta intorno all'uovo che sta uscendo, e la
mette sopra al guscio non ancora duro al punto giusto e lo indurisce,
e ciò avviene quasi come dice Aristotele. |
Quod fere non
credidissem, nisi ut dixi a fide dignis mulieribus accepissem, atque
ego ipse tandem experientia id comprobassem. Nec vero eo inficias,
eodem loco, scilicet prope podicem a me quoque ovum aliquando inventum
esse putamine destitutum, sed tamen ambabus obvolutum membranis: quod
interdum etiam gallinae, licet rarius, emittere solent. In hac igitur
difficultate, diu versabar in ea opinione, verum non esse, ovum tunc
corticem, et duritiem contrahere, cum excluditur; primo, quia, ut dixi,
iam invenitur ovum intus duro cortice donatum: deinde si cortex,
obduratum operculum, sive integumentum est separatum, et per se, et a
duabus reliquis distinctum membranis, quomodo momento temporis
generari poterit? |
Questo
quasi non l'avrei creduto se non l'avessi appreso, come ho detto, da
donne degne di fede, e infine non l'avessi io stesso confermato con
l'esperienza. In verità non nego che nello stesso punto, cioè presso
la cloaca, talora anche da parte mia è stato trovato un uovo senza
guscio, ma tuttavia avvolto da ambedue le membrane, un uovo che
talora, anche se piuttosto raramente, pure le galline sono solite
deporre. Pertanto, a proposito di questo difficile problema, rimanevo
a lungo dell'opinione che non è vero che l'uovo acquisisce sia il
guscio che la durezza quando viene deposto. Innanzitutto perché, come
ho detto, l'uovo lo si trova internamente già dotato di guscio duro.
Inoltre se il guscio, la dura copertura o rivestimento, è separato,
indipendente e distinto dalle due rimanenti membrane, in che modo potrà
essere generato in un breve volgere di tempo? |
Praeterea
membranam iam factam contrahere momento temporis duritiem, durum
omnino est: insuper cum gallina ovum sine cortice [14] parit, iam
membrana mollis servatur, nequaquam obduratur. |
Inoltre
è assai difficile che una membrana già formata diventi dura in un
breve volgere di tempo. Inoltre, quando una gallina depone un uovo
senza guscio, allora la membrana si conserva molle e non si indurisce
affatto. |
Neque vero
Aristot. ratio, qua probat, ovum ex utero, molle exire, multum negocii
facessebat. Latet nos primo membranam mollem, id esse, quod postremo
testa efficitur: perfecto enim ovo, durum ac rigidum evadit, ita
modice, ut exeat adhuc molle: dolorem enim moveret, ait Aristot., nisi
ita exiret: egressum, statim refrigeratum duratur, evaporato humore
quamprimum, qui exiguus inest, relictaque portione terrena. haec
Aristot.[16] |
E
in verità la relazione di Aristotele, con la quale dimostra che
l'uovo esce molle dall'utero, non creava molto imbarazzo importante.
Innanzitutto a noi non è noto se la membrana molle è ciò che poi
diventa guscio. Infatti quando l'uovo è ultimato diventa duro e
rigido, ma così poco da uscire ancora molle. Infatti causerebbe
dolore, dice Aristotele, se non uscisse così. Quando è uscito,
subito si raffredda e si indurisce, essendo evaporato con la massima
rapidità il liquido che è presente in piccola quantità, ed essendo
rimasta la parte terrosa. Queste le parole di Aristotele. |
Ad hanc enim
non difficulter respondebam primo experientia, quae commostrabat, ovum
cum duro cortice exire: deinde ratione quae experientiae astipulabatur.
Nam si ex longe angustiore via exit foetus ex utero mulieris, insignis
magnitudinis, cur non poterit quoque ovum cum duro cortice ex gallina
exire? praesertim cum uterus sit membranosus, et valde extensibilis,
et foramen, quod ad podicem est, sit amplum satis, propter quas causas
dolorem in exitu inferre effatu dignum minime potest. Unde tametsi non
facile exit, alioqui passim suo pondere exiret, saepeque imperfectum,
neque sine aliqua exit molestia; tamen dolorem parere alicuius momenti
credibile non est, indicio, quod cantat ab emisso ovo gallina. |
Infatti
rispondevo facilmente a questa spiegazione - di Aristotele -
innanzitutto con l'esperienza, la quale indicava chiaramente che
l'uovo esce con il guscio duro, quindi, con una spiegazione che andava
d'accordo con l'esperienza. Infatti se un feto di notevole grandezza
esce dall'utero di una donna attraverso una via molto più stretta,
perché anche un uovo dal guscio duro non potrà uscire dalla gallina?
Soprattutto dal momento che l'utero è membranoso e molto estensibile,
e il foro che è rivolto verso la cloaca è abbastanza ampio, motivi
per cui durante l'uscita non può minimamente causare dolore degno di
menzione. Anche se non ne esce facilmente, del resto uscirebbe pian
piano a causa del suo peso, e spesso esce non ultimato e non senza un
qualche fastidio. Tuttavia non è credibile che generi un dolore di
una qualche importanza, come prova il fatto che la gallina canta dopo
aver deposto l'uovo. |
Haec ut dixi,
ita probabiliter diu sustinebam, quia tamen ratio omnis quiescat
oportet, ubi experientia refragatur: Ideo concedo quoque ego, ovum
cortice obductum, et constitutionem inter molle et durum adeptum, iam
in exitu statim impensius obdurari; concrescente[17]
circa putamen e vestigio, propter humoris evaporationem, ut ait Arist.,
viscosa ac tenaci quadam humiditate: cum qua madescens in tota
superficie ovum nascitur, et recenti cortici adhaerescens exsiccatur,
obduraturque, frigido ambiente non nihil interea conferente. Id quod
facile intueberis, si gallinam domesticam domi habueris, et ovum ei in
exitu dextere manu [arripieris] arripueris. |
Come
ho detto, sostenevo per lungo tempo con tanta probabilità queste
cose; tuttavia, poiché è necessario che qualsiasi spiegazione
rimanga quiescente quando l'esperienza si oppone, pertanto anch'io
concedo che un uovo avvolto dal guscio, e dotato di una struttura tra
il molle e il duro, nel momento in cui esce subito si indurisce
parecchio, per l'immediato addensarsi intorno al guscio, a causa
dell'evaporazione del liquido, come dice Aristotele, di una certa
viscosa e compatta umidità, con la quale nasce l'uovo bagnato in
tutta la superficie e si asciuga aderendo al recente guscio e si
indurisce, essendo intanto di qualche utilità la circolazione del
freddo. E lo osserverai facilmente, se a casa avrai una gallina
domestica e con abilità le sottrarrai con la mano l'uovo mentre sta
uscendo. |
Superest nunc,
ut de utilitate actionis, hoc est ovi generationis, aliquid in medium
adducamus, seu cuius gratia in pennatis, et nonnullis aliis formatio
foetus per ova perficiatur, explicemus. |
Adesso
rimane da mettere in chiaro qualcosa circa l'utilità dell'attività,
cioè della generazione dell'uovo, ossia che forniamo delle
spiegazioni per quale motivo nei pennuti e alcuni altri animali la
formazione del feto viene portata a termine attraverso le uova. |
Arist, et cum
eo Plinius[18] quinque fere animalium
genera enumerant ovum parientia, et ex ovo generationem suam adepta,
videlicet pennata omnia: tum quae serpunt, tum testudines, lacertas,
et alia quadrupedia propemodum reptantia: item pisces: Item quae
pusillo sunt corpore, ut formicae. Haec enim omnia foetus formationem
ex ovo obtinuerunt, quorum omnium ratio, seu utilitas neque una, neque
vulgaris est. Nam pennata ob eam causam, ex ovo pariunt, tum quod
foetus vivus in iis volantibus pondus ingereret, tum quod excrementa
foetus una cum foetu fluctuarent huc atque illuc dimota, sicque
volatum, praecipuam pennatorum actionem, omnino impedirent, aut
difficiliorem redderent, ideoque neque vesica, neque ventriculus, ut
quae impense impleantur, et fluitent, neque testes decidui, sed intus
omnino positi: neque pulmones penduli, sed costis annexi in avibus
conspiciuntur: quin neque pulmones lobos obtinent, neque forte iecur
in lobos similiter divisum est, quod ita pendula evaderent viscera. |
Aristotele,
e con lui Plinio, elencano all'incirca cinque tipi di animali che
depongono un uovo e che derivano la loro generazione dall'uovo, cioè,
tutti i pennuti, quindi quelli che strisciano, poi le testuggini, le
lucertole e altri quadrupedi che più o meno strisciano, parimenti i
pesci, e parimenti quelli che hanno un corpo piccolo, come le
formiche. Infatti tutti questi animali hanno ottenuto la formazione
del feto dall'uovo, e la motivazione scientifica ossia l'utilità di
tutti loro non è né una sola né banale. Infatti i pennuti
partoriscono dall'uovo per i seguenti motivi, sia perché in essi
mentre volano un feto vivo aggiungerebbe del peso, sia perché gli
escrementi del feto insieme al feto fluttuerebbero venendo mossi di
qua e di là, e così impedirebbero completamente o renderebbero più
difficile il volo, principale attività dei pennuti, e pertanto negli
uccelli non si vedono né la vescica né lo stomaco, essendo cose che
vengono molto riempite e che oscillano, né testicoli che pendono, ma
posti completamente all'interno, né polmoni penduli, bensì uniti
alle coste. Anzi, né i polmoni sono suddivisi in lobi, né forse il
fegato è allo stesso modo diviso in lobi, in quanto così
risulterebbero dei visceri penduli. |
In summa omne
deciduum fluctuans, mobile, librans, aut pondere gravans, natura in
volucrum fabrica devitavit. Excipitur tamen vespertilio, qui ut ex
Aristot. elicitur et Plinio lib. 10. cap. 61.[19]
vivum parit faetum, et volatile animal est. Solvitur ex Arist. quod
vespertilio [15] partim volatile, et bipes, partim quadrupes, et
terrestre animal est vel potius, dicendum est, utramque naturam mancam
habet, quoniam sicuti bipes mutilatum est, ita truncatum quadrupes
est, quanvis dentes habeat. Iam vero quae serpunt, reptatuque moventur,
et ipsa quoque ova pariunt, quod serpendo, et reptando, terramque
contingendo, et affricando, {faetus} <fetus> intus detentus
augeretur, non difficulter laederetur, vipera tamen excipitur, quae
tum ova, tum vivos edit {faetus} <fetus>, et intra se parit, et
similiter, cartilaginei pisces<,> ait Aristoteles.[20] |
Insomma,
la natura ha evitato di porre nel corpo degli uccelli qualunque cosa
fosse pendente, fluttuante, mobile, sospesa o pesante. Tuttavia fa
eccezione il pipistrello che, come si desume da Aristotele e da Plinio
libro X,61, partorisce un feto vivo ed è un animale che vola. Da
Aristotele si desume che il pipistrello in parte è un volatile
bipede, in parte un animale quadrupede e terrestre, o meglio, bisogna
dire che possiede ambedue le caratteristiche imperfette in quanto così
come è un bipede mutilato altrettanto è un quadrupede amputato,
sebbene abbia i denti. In verità, quelli che strisciano come i
serpenti e si muovono strisciando, anch'essi depongono uova, in quanto
serpeggiando e strisciando, e toccando la terra, e sfregandola, un
feto tenuto dentro aumenterebbe e verrebbe leso senza difficoltà,
tuttavia si esclude la vipera che partorisce sia uova sia feti vivi, e
li genera dentro di sé, e nello stesso modo i pesci cartilaginei,
dice Aristotele. |
Praeterea
Testudines ova edunt, quod {faetus} <fetus> intus in ipsis
augeri non posset; propter testae duritiem, et rigiditatem undique
ipsa obducentem. Item pisces ova edunt, atque ea solis calori exponunt,
ob eam causam, ut mas semen in ea inspergat, et faecunda reddat, cum
ad coitum non sint idonei, ideoque ut dicit Arist.[21]
sese incurrentes attingunt, absolvunturque ocyssime{,}<.> Alia
quoque causa est, quod pisces parere multitudinem {faetuum}
<fetuum> numerosam debeant; idcirco non intus capiunt, sed
exterius per ova pariunt. |
Inoltre
le testuggini depongono uova in quanto il feto, rimanendo dentro a
loro, non potrebbe aumentare a causa della durezza del guscio e della
rigidità che esso dispiega ovunque. Parimenti i pesci partoriscono
delle uova e le espongono al calore del sole per questo motivo,
affinché il maschio vi spruzzi sopra il seme e le renda feconde, non
essendo idonei al coito, e pertanto, come dice Aristotele, si toccano
rincorrendosi e si separano immediatamente. Un altro motivo è anche
il fatto che i pesci debbono partorire una grande moltitudine di feti,
per cui non li trattengono all'interno, ma li partoriscono all'esterno
servendosi delle uova. |
Excipitur
piscis canis<,> vulgo{,} Venetiis Asiarius[22],
qui tum oviparus, tum viviparus est; propterea quod hic cartilagineus
est, et frigidus, atque humidus, et ob frigiditatem mollitiem, et
humiditatem molle generat ovum, quod molle existens si extra pareret,
periret propter suam mollitiem, ait Arist.[23]
quo fit, ut intra se
vivum generet, atque hac ratione partim oviparus, partim viviparus sit{:}<.> |
Fa
eccezione il pescecane, detto comunemente asiario a Venezia, che è
sia oviparo che viviparo. Pertanto, siccome è cartilagineo e freddo,
nonché umido, e a causa della freddezza, della mollezza e dell'umidità
genera un uovo molle, il quale, essendo molle, se lo partorisse fuori
morirebbe a causa della sua mollezza, dice Aristotele, per cui accade
che lo genera vivo dentro di sé, e per questo motivo in parte è
oviparo, in parte viviparo. |
Ultimo
formicae, et quae corporum parvitate praedita sunt, ova pariunt tum
propter eorum corporis exiguitatem animal intra se continere, et
augere non potentem; tum propter faetuum multitudinem, et numerosam
earundem sobolem. Sed iam uteri pennatorum utilitates recenseamus. |
Da
ultimo le formiche e quegli animali dotati di un corpo piccolo
partoriscono delle uova sia a causa della piccolezza del loro corpo
che non può contenere dentro di sé un animale e farlo crescere, sia
a causa della moltitudine dei feti e la loro numerosa prole. Ma adesso
esaminiamo le utilità dell'utero dei pennuti. |
[1] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 7-15.
[2] Aristotele De generatione animalium I 3, 717a 1-2.
[3] Aristotele De Generatione animalium II 3,737a 13-14: ὥσπερ οὐδὲ τὸν ὀπὸν τὸν τὸ γάλα συνιστάντα· καὶ γὰρ οὗτος μεταβάλλει καὶ μόριον οὐθέν ἐστι τῶν συνισταμένων ὄγκων.
[4] Il caglio è una sostanza acida, detta anche presame, presente nei tessuti del quarto stomaco o abomaso (comunemente ventriglio o cagliolo) del vitello e dei giovani ruminanti non ancora svezzati, usata nei caseifici per far coagulare il latte e ottenere il formaggio. Ma è detto caglio anche una erbacea perenne rizomatosa (Galium verum) della famiglia Rubiacee, detta anche presuola, comune nei luoghi erbosi dell'Europa e dell'Asia. È alta 20-50 cm, eretta, con fusto angoloso gracile, ramoso, foglie oblunghe lineari in verticilli, lucenti sulla pagina superiore e biancastre al di sotto; ha fiori minuscoli, a corolla crociata giallo oro, in pannocchie apicali, con 4 stami. Fiorisce dalla primavera all'autunno. I frutti sono formati da piccoli acheni. Un tempo veniva usata per far coagulare (cagliare) il latte. Una specie affine, il cagliolo (Galium mollugo), pure dei prati, possiede fusto quadrato, foglie un po' più larghe, fiori bianchi.
[5] Avicenna De natura animalium, per M. Scotum... translatus, s.l. et s.d. (c. 1500), c. bIIv (= p. 11): ova pulli... sunt crescentia secundum <in>crementum matricis.
[6] Aristotele Historia animalium VI 2, 56a 28; VIII 21, 603b 18.
[7] Madornale errore. La calaza più piccola si trova dal lato del polo ottuso, dove c'è la camera d'aria; la calaza più grande si trova dalla parte del polo acuto. Questo madornale errore è invece assente nell'iconografia di pagina 27 dove nella figura 1 troviamo che con D viene identificata la calaza maggiore che si trova dal lato acuto dell'uovo, mentre con la lettera E viene identificata la calaza minore che è posta di lateralmente ma che appartiene al polo ottuso dell'uovo. Chi è il colpevole di questa smentita? Magari l'iconografista? § Aristotele Historia animalium VI,2: Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono due, una in basso e una in alto. § Quindi Aristotele non specifica affatto le rispettive dimensioni delle calaze.
[8] La traduzione letterale più corretta sarebbe: ... le calaze che dapprima si attaccano dalla parte ottusa del tuorlo dell'uovo, quindi da quella acuta. Ma questa traduzione discorderebbe dal vero se ci atteniamo alla biologia, in quanto il tuorlo è circolare e non ha un lato ottuso e un lato acuto, posseduti invece dal guscio e quindi dall'uovo nella sua totalità. La colpa è dell'orrendo latino di Fabrizi che ci perseguiterà sino alla fine del trattato.
[9] Aristotele De generatione animalium III 2, 752a 24-26.
[10] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b 1-4.
[11] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b: Una parte di questa membrana dapprima assomiglia, nella parte appuntita, a un cordone ombelicale e sporge quando l’uovo è ancora piccolo a guisa di una canna di zampogna. Ciò risulta chiaramente nell’espulsione delle uova piccole: se l’uccello o per essersi bagnato o perché raffreddato per qualche altra ragione espelle il prodotto del concepimento, questo risulta ancora sanguinolento e attraversato da una piccola appendice simile a un cordone ombelicale [calaza]. Questa, quando l’uovo si ingrandisce, si tende maggiormente e si rimpicciolisce, finché al termine, quando l’uovo è compiuto, costituisce la parte appuntita dell’uovo. Sotto di questo c’è la membrana interna che separa da questo il bianco e il giallo. Compiutosi però l’uovo si libera tutto intero e logicamente il cordone ombelicale non appare più, perché è la punta della stessa estremità dell’uovo.
[12] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b.
[13] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b 5.
[14] Aristotele De generatione animalium III 2, 752a 34-35. Plinio Naturalis historia X, 145 (confronta Aristotele Historia animalium VI 2, 559a 15. 24. 28).
[15] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 15.
[16] Aristotele De generatione animalium III 2, 752a 32-34.
[17] Concrescente, che dovrebbe essere ablativo assoluto, resta senza soggetto (si potrebbe sottintendere 'ovo', ossia «crescendo l'uovo intorno al guscio», ma se mai è il guscio che cresce intorno all'uovo); forse si dovrebbe correggere putamen in putamine, e intendere «crescendo subito il guscio all'intorno».
[18] Aristotele De generatione animalium III 1, 749b 10 - Historia animalium VI 1, 558b 27-30. Plinio Naturalis historia X, 143.
[19] Aristotele Historia animalium I 1, 488a 26; 490a 8; III 1, 511a 31. Plinio Naturalis historia X, 168.
[20] Aristotele De generatione animalium III 3, 754a 21 sqq..
[21] Aristotele De generatione animalium III 5, 756a 30 (?).
[22] Ecco delle notizie che potrebbero essere inesatte: dovrebbe trattarsi del palombo, anch'esso uno squalo, battezzato Mustelus mustelus da Linneo nel 1758, etichettato anche con il sinonimo Squalus mustelus.
[23] Aristotele De generatione animalium III 3, 754a 21 sqq.