Fabripullus
Il Pulcino di Girolamo Fabrizi
Parte
seconda
La formazione del feto dei pennuti
Capitolo II - L'attività dell'uovo cioè la generazione del pulcino
L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico
[28]
De Ovi actione, hoc est de Pulli generatione. |
Parte
seconda |
Iam quomodo
ex ovo pulli generatio sequatur inquirendum ab eo Arist. et Galeni
principio, quod etiam ab omnibus conceditur exordientes, videlicet
quod omnia, quae in hac vita fiunt, ab his tribus fieri conspiciantur,
artificibus, instrumentis, et materia. ut igitur in operibus artis
faber aerarius ipse quidem est artifex; Instrumenta, Malleus, et incus;
materia, ipsum aes; effectus, seu apotelesma est lebes v. g. vel
concha: sic in naturae operibus, et artifice opus erit instrumentis,
et materia. Sed illud scire convenit, quod in artefactis artifex, et
instrumentum sunt separata, ut faber, et malleus, pictor et penicillus:
at in naturae operibus coniuncta simul, et unum sunt: sic iecur, et
opifex, et instrumentum gignendi sanguinis est: sic ventriculus opifex,
et instrumentum chylosis est: sic quaeque corporis pars ut recte proin
Aristot. dixerit moventes ab instrumentalibus distinguere non facile
est. Ratio affertur a Galeno in libr. de form. foetus[1],
quia in arte factis opifex forinsecus attingit, in naturalibus opifex
causa instrumentis indita est, et per organa tota permeavit. |
Adesso
bisogna indagare in che modo avvenga la generazione del pulcino
dall'uovo iniziando da quel principio di Aristotele* e di Galeno*, che
è anche accettato da tutti, cioè, che si scorge con chiarezza che
tutte le cose che accadono in questa vita vengono realizzate da questi
tre fattori: artefici, strumenti e materia. Come infatti nelle opere
d'arte l'artefice è l'artigiano del bronzo, gli strumenti sono il
martello e l'incudine, la materia è il bronzo, il risultato - apotélesma
in greco - è un catino o un vasetto, così nelle opere della natura
ci sarà bisogno anche di un artefice, degli strumenti e della
materia. Ma conviene sapere che nelle opere d'arte l'artefice e lo
strumento sono cose separate, come il fabbro e il martello, il pittore
e il pennello. Invece nelle opere della natura sono uniti insieme e
sono una cosa sola: così il fegato è l'artefice e lo strumento della
produzione del sangue, così lo stomaco è l'artefice e lo strumento
per produrre il chilo* - oggi chimo*, così accade per qualunque parte
del corpo, di modo che giustamente Aristotele disse che non è facile
distinguere le cause efficienti dagli strumenti. Il motivo viene
riferito da Galeno nel libro De
formatione foetuum, perché
nelle opere d'arte l'artefice agisce dall'esterno, nelle cose della
natura l'artefice è la causa che si trova dentro agli strumenti e che
ha permeato tutti gli organi. |
Quare in
pulli procreatione, et agente tantum opus erit, et materia: atque in
his duobus potissimum versari oratio debet: Quae duo explicans Arist.[2]
marem formam, et principium motus praebere, foeminam vero corpus,
atque materiam: atque has duas causas lacti comparabat. Nam in lactis
concretione, corpus lac ipsum est; coagulum vero principium spissandi,
cogendique obtinet. |
Per
cui nella generazione del pulcino ci sarà bisogno solamente sia
dell'autore che della materia, e anche il discorso deve limitarsi
soprattutto a questi due fattori. Aristotele, spiegando queste due
cose, diceva che il maschio fornisce la forma e il principio del
movimento, mentre la femmina fornisce la struttura e la materia, e
paragonava questi due elementi al latte. Infatti nella coagulazione
del latte la struttura è il latte stesso, mentre il caglio possiede
il principio dell'ispessimento e della coagulazione. |
Sed cum in
ovo non solum pulli generatio fiat, sed etiam augmentum, et nutritio,
ideo non agens tantum, et materia, sed etiam alimentum indagandum in
ovo est: ideoque Arist. dicebat, naturam simul, et materiam animalis
in ovo reponere, et satis cibi ad incrementum. Contineri autem in ovo
et materiam, et pulli alimentum eo argumento ex Hipp. coniicitur, quod
ubi exclusa est volucris, nullus humor in ovi testa inest, qui
memorabilis existat. |
Ma
siccome nell'uovo non avviene solamente la generazione del pulcino, ma
anche la crescita e la nutrizione, pertanto nell'uovo bisogna indagare
non solo l'agente e la materia prima, ma anche l'alimento. Pertanto
Aristotele diceva che la natura colloca nell'uovo contemporaneamente
sia la materia prima dell'animale che cibo sufficiente per
l'accrescimento. Infatti si deduce dalle argomentazioni di Ippocrate*
che nell'uovo sono contenuti sia la materia prima che l'alimento del
pulcino, in quanto, quando l'uccello è nato, dentro al guscio
dell'uovo non rimane alcun liquido degno di nota. |
Tria igitur
de pulli generatione in ovo indaganda sunt, agens, materia, et
alimentum. Sed de his tribus primo statim vestibulo difficultates tres
insurgunt. Prima ad pulli materiam et alimentum spectat. De horum
utroque Hipp. in lib. de natura pueri ita scribit; pullum ex ovi luteo
generari, et ex albo nutriri, et augeri. Atque idem sensisse priscos
illos sapientissimos ex eo patet, quod Suidas ex Menandro scribit[3],
vitellum νεοττὸν
idest pullum appellatum fuisse, quod antiqui existimarent, ex ea parte
pullum nasci. Et haec sententia adhuc confirmatur ex Anaxagora[4]
a quo, ut Athenaeus scribit; ovi albumen appellatum est ὄρνιθος
γάλα idest lac avis, quod nil aliud
significat, quam alimentum avis; Confirmatur idipsum ex Alcmaeone
Crotoniata, qui, ut refert Arist.[5]
ipse quoque ovi albumen nuncupavit ὄρνιθος
γάλα, et expresse dixit, pro cibo pullis
esse, licet propter coloris affinitatem lac appellaverit. |
Pertanto
sono tre le cose da indagare a proposito della generazione del pulcino
nell'uovo: l'agente, la materia prima e l'alimento. Ma a proposito di
queste tre cose subito all'inizio insorgono tre difficoltà. La prima
riguarda la materia prima e l'alimento del pulcino. Di ambedue queste
cose Ippocrate nel libro De natura pueri scrive così: Il
pulcino si genera dal giallo dell'uovo e viene nutrito e accresciuto
dal bianco. Ed è evidente che quegli antichi assai sapienti pensavano
la stessa cosa per il fatto che il lessico Suida* riporta da Menandro*
che il tuorlo era stato chiamato neottós, cioè pulcino, in
quanto gli antichi pensavano che il pulcino nascesse da tale sezione.
E questa affermazione viene confermata anche in base ad Anassagora*,
dal quale, come scrive Ateneo*, l'albume dell'uovo è detto órnithos
gála, cioè latte di uccello - o latte di gallina, in quanto non
significa null'altro che alimento dell'uccello. La stessa cosa viene
confermata da Alcmeone di Crotone* il quale, come riferisce
Aristotele, pure chiamò l'albume dell'uovo órnithos gála, e
disse chiaramente che serve da cibo per i pulcini, sebbene lo avesse
chiamato latte per l'affinità di colore. |
Quinimmo
Arist. eo loci scribit, hanc opinionem hominum {fnisse} <fuisse>
: quasi diceret. tunc temporis omnes fere homines existimasse, albumen
esse pulli alimentum, luteum vero materiam. Igitur Hipp. Anaxagoras,
Alcmeon, Menander, et prisci philosophi, peneque omnes alii voluerunt,
[29] pullum ex vitello generari, ex albumine vero nutriri. Confirmat
hanc opinionem Hipp. experientia, dum dicit, experientia confirmatum
esse, ex ovi luteo pullum nasci, et ex albo nutriri, et augeri. Quae
sane experientia[6]
quomodo habeatur ab Hipp. non dicitur: nisi forte nos dicamus,
experientiam desumptam esse ab ovo duplici donato vitello, ex quo
gigni pullus quodammodo duplex videtur, nimirum cum duobus capitibus,
quatuor cruribus, et similibus, cum
tamen unicum, et simplex adsit albumen. |
Inoltre
Aristotele in quel passo scrive che questa era l'opinione degli
uomini, come se dicesse che a quel tempo quasi tutti gli uomini
avessero creduto che l'albume fosse l'alimento del pulcino, mentre il
giallo era la materia prima. Pertanto Ippocrate, Anassagora, Alcmeone,
Menandro, gli antichi filosofi e quasi tutti gli altri hanno stabilito
che il pulcino si genera dal tuorlo, mentre viene nutrito dall'albume.
Il riscontro di Ippocrate rafforza questo punto di vista quando dice
che è confermato dall'osservazione il fatto che il pulcino nasce dal
giallo dell'uovo e viene nutrito e accresciuto dal bianco. Ma non
viene riferito da Ippocrate in che modo avvenga tale riscontro, a meno
che forse noi diciamo che l'osservazione è stata desunta da un uovo
dotato di due tuorli, dal quale si vede che in qualche modo vengono
generati due pulcini, ossia con due teste, quattro zampe e simili
cose, mentre tuttavia è presente un puro e semplice albume. |
Sed praeterea
Hippocratis, et priscorum experientia confirmari potest observatione a
me facta in magno ovo, quod non perperam existimavimus binos adeptum
esse vitellos: in quo tamen unum tantum invenimus, qui naturalis erat:
alterum autem versus partem obtusam corpus non fuit vitellus, sed
globulus vitello paulo minor, rotundus, duriusculus, et veluti
membranoso corpore circundatus: quo transverse inciso abscessum esse
existimabamus: sed potius naturale corpus esse comperimus, quod nihil
praeter naturam in se contineret, nam repletum fere totum erat
substantia parenchymati iecoris simili, quae tum colore, tum
consistentia, tum odore carnem iecoris referebat; quo modo aliquando
decoctum in aqua sanguinem per venam sectam emissum comperimus
evasisse similem iecoris parenchymati, tum colore, tum odore, tum
sapore, tum consistentia{)}. |
Ma
il riscontro di Ippocrate e degli antichi può essere inoltre
confermato dall'osservazione da me fatta in un uovo grande che
giustamente avevo pensato contenesse due tuorli. Tuttavia in questo
uovo ne trovai uno solo che era secondo natura, mentre l'altra
struttura che si trovava verso il lato ottuso non era un tuorlo, ma
una piccola formazione rotonda e piuttosto dura poco più piccola di
un tuorlo e circondata come da una struttura membranosa. Dopo averla
incisa trasversalmente, pensavo si trattasse di un ascesso, ma mi
accorsi che invece era una formazione naturale che non conteneva in sé
nulla che fosse innaturale. Infatti era quasi completamente ripiena di
una sostanza simile al parenchima del fegato, la quale sia per il
colore, sia per la consistenza, sia per l'odore sembrava carne di
fegato, così come talora ho notato che il sangue fuoriuscito da una
vena sezionata e cotto in aqua era simile al parenchima epatico sia
per colore, che per odore, che per sapore nonché per consistenza. |
Si igitur ex
vitello iecur generatur, ergo et aliae partes ex eodem procreabuntur,
et corporabuntur, ut opinio antiquorum erat. Contra hanc tamen
opinionem Arist. et cum eo Plin. dixerunt pullum ex albo liquore ovi
corporari, ex luteo nutriri. Quia vero Arist. nihil non probatum
reliquit, propterea hanc suam opinionem ex vitelli, et albuminis
contraria natura probare nititur hoc modo. |
Se
pertanto il fegato viene generato a partire dal tuorlo, allora anche
le altre parti verranno create e prenderanno corpo a partire da lui,
come era opinione degli antichi. Tuttavia contro questo punto di vista
Aristotele, e con lui Plinio, dissero che il pulcino prende corpo dal
liquido bianco dell'uovo e che viene nutrito da quello giallo. Ma
siccome Aristotele non lasciò nulla di non verificato, ecco perché
cerca di trovare conferma a questo suo punto di vista ricorrendo alla
natura opposta del tuorlo e dell'albume nel seguente modo. |
Vitellus, et
albumen inter se sunt contraria, et natura eorum contraria ex eo
dignoscitur, quod luteum gelu duratur, et coit; calore contra humescit:
ideoque cum vel in terra, vel per incubitum concoquitur, humescit. at
quod tale est, cibus congruus animalibus nascentibus est: etenim
alimentum et humidum, et fluidum esse oportet, ut facile permeare
possit, teste eodem Arist.[7]
eodem capite paulo infra ubi ait, cibum pullis humidum esse oportet,
qualis plantae suppeditatur ad corpus alendum. Albumen contra gelu non
concrescit, sed magis humescit, ignitum vero solidescit: ideoque cum
ad generationem animalium concoquitur, crassescit: quare ex hoc
consistit animal. Nam partes animalis solidae, non nisi per
concretionem, quae fit a vi caloris, fiunt, et constituuntur: Itaque
cum vitellus a calore fluidus efficiatur, merito alimentum pullo est:
contra albumen, cum a calore crassescat, merito in solidas pulli
partes secedit{;}<.> |
Il
tuorlo e l'albume sono fra loro contrari e la loro natura contraria si
deduce dal fatto che il giallo si indurisce per il freddo intenso e
coagula, mentre si inumidisce con il caldo, e pertanto si inumidisce
quando viene digerito o nella terra o attraverso l'incubazione. Ma
siccome ha queste caratteristiche, è un cibo adatto agli animali che
stanno crescendo. Infatti un alimento deve essere sia umido che
fluido, affinché possa penetrare facilmente. Testimone è lo stesso
Aristotele poco più avanti nello stesso capitolo, dove dice che il
cibo per i pulcini deve essere umido come quello che viene fornito a
una pianta per alimentarne la struttura. Invece l'albume non si
indurisce con il freddo intenso, anzi, si liquefa maggiormente, mentre
si solidifica se viene posto sul fuoco. Pertanto, quando viene
digerito per generare gli animali, si solidifica, motivo per cui
l'animale ne è costituito. Infatti le parti di un animale diventano
solide e si strutturano proprio attraverso il condensamento che
avviene per la forza del calore. Pertanto, siccome il tuorlo è reso
fluido dal calore, di conseguenza è un alimento per il pulcino,
invece l'albume, siccome viene ispessito dal calore, di conseguenza si
accumula nelle parti solide del pulcino. |
Unde iure ex
Arist. sententia ex albo liquore ovi corporatur pullus, ex luteo
nutritur. Atque hae sunt sententiae summorum virorum, ex quibus
incertum est, ut videtis, quid statuendum sit de materia, et de
alimento pulli: hoc est, quaenam materia, quodve alimentum in ovo
ipsius pulli sit: an vitellus, an albumen: nam corticem, et membranas
esse materiam, et alimentum pulli nullus omnino dixerit. Sed et de
agente dubitatur. Nam cum agens sit maris, seu galli semen, ut cuique
ex ovis subventaneis, seu Zephyriis appellatis perspicuum est, quae
irrita, et in infoecunda sunt, quod gallo fuerint destituta, tamen
quid sit illud, et ubi in ovo sit galli semen ignoratur. |
Pertanto,
giustamente, in base all'affermazione di Aristotele, il pulcino prende
corpo dal liquido bianco dell'uovo e viene nutrito dal giallo. E
queste sono le opinioni di uomini insigni, dalle quali risulta
incerto, come vedete, che cosa bisogna affermare a proposito della
materia e dell'alimento del pulcino, cioè, nell'uovo quale sia la
materia e quale sia l'alimento del pulcino, se il tuorlo oppure
l'albume. Infatti nessuno potrebbe assolutamente dire che il guscio e
le membrane sono la materia e l'alimento del pulcino. Ma si è in
dubbio anche a proposito di chi agisce. Infatti siccome il seme del
maschio, o del gallo, è ciò che agisce, come a chiunque risulta
evidente basandosi sulle uova cosiddette ventose o zefirine, che sono
sterili e infeconde in quanto sarebbero state private del gallo,
tuttavia si ignora cosa sia il seme e dove si trova il seme del gallo
nell'uovo. |
[30] Ac
gallum quidem semen in gallinam mittere certum est. Videmus enim
gallum gallinae supervenire, et aliquid immittere: quod proculdubio
aliud quam galli semen non est: propterea quod gallus testes habet, et
spermatica vasa. Sed et Nuper huius rei observatio a me facta est in
Gallo veteri annorum circiter septem, in quo vidimus, sinistro vasi
spermatico per totam eius longitudinem, associatum alterum vas decuplo
ipsomet spermatico grandius, corpus arteriae referens: quod suo
principio pone testem appendebatur, inde vero deorsum recta ferebatur
usque ad uropygium, et anum: ubi orificium habebat valde latum, quo
aperto materia effluxit copiosissima lacti similis, qua totum quoque
vas erat repletum usque ad summum, non tamen prorsus tum colore, tum
consistentia simili. |
In
realtà è certo che il gallo immette il seme nella gallina. Infatti
vediamo che il gallo sale sopra alla gallina e che vi immette un
qualcosa che, senza dubbio, altro non è che il seme del gallo, in
quanto il gallo ha i testicoli e i dotti spermatici - i deferenti. Ma
recentemente è stata da me compiuta anche un'osservazione a questo
riguardo in un gallo vecchio di circa sette anni, nel quale ho visto
che al dotto spermatico sinistro per tutta la sua lunghezza si
associava un altro dotto dieci volte più grande di quello spermatico
e che somigliava alla struttura di un'arteria, e che con la parte
iniziale era appeso dietro al testicolo, e da qui si dirigeva in basso
in linea retta fino all'uropigio e all'orifizio cloacale. Qui
presentava un orificio molto ampio, aperto il quale uscì un materiale
abbondantissimo simile al latte e del quale era pieno anche tutto il
condotto fino alla sommità, tuttavia non del tutto uguale sia per
colore che per consistenza. |
Nam in
principio alba quidem, ac dilutior, ut puta minus concocta: in fine
vero albissima, minus liquida, magisque cocta apparuit. (Putavimus,
huiusmodi vas esse loco varicosorum assistentium, ceu promptuarium
seminis: quod illorum in morem spermatico vasi adiaceat: non tamen
erat varicum modo intortum, aut anfractuosum, sed aequale, et laeve
recta deorsum ferebatur: Praeterea materiam albam lacti similem semen
esse coniecimus; ob album eius colorem cuique semini proprium: unde
pisces vulgo dicuntur (da latte) quod semen lacti simile in seminis
conceptaculis retineant: et Arist. de semine loquens, dicebat; et
lacteum pisces omnes cartilagineos emittere humorem: Quod sane semen
transumi, atque deponi a spermatico vase in huiusmodi amplissimum vas,
opinati fuimus. Copiam autem tantam materiae, seu seminis prius
admirati, tandem coniecimus, necessarium fuisse, ut tot gallorum
coitibus, quot paucis horis, immo una horula peraguntur, sufficeret.) |
Infatti
nella parte iniziale il materiale si presentava bianco e più diluito,
come se fosse meno digerito, nella parte finale era bianchissimo, meno
liquido e più digerito. (Ho pensato che un siffatto dotto si trovasse
al posto delle strutture varicose, come se fosse il serbatoio del
seme, in quanto come esse era adiacente al dotto spermatico. Tuttavia
non era attorcigliato o anfrattuoso come le varici, ma si dirigeva
verso il basso in linea retta con dimensioni uniformi e lisce. Inoltre
ho ipotizzato che la sostanza bianca simile al latte fosse sperma a
causa del suo colore bianco e caratteristico di qualunque sperma. Per
cui i pesci sono comunemente detti "da latte" in quanto
posseggono del seme simile a latte nei depositi del seme. E Aristotele
parlando del seme diceva che anche tutti i pesci cartilaginei emettono
un liquido simile a latte. In verità ho ritenuto che questo seme
viene ricevuto e deposto dal dotto spermatico in questo grandissimo
dotto. Dapprima sono rimasto meravigliato da tanta abbondanza di
materiale o sperma, ma
infine ho ritenuto che fosse necessario, in modo da essere sufficiente
a tanti accoppiamenti dei galli quanti ne vengono effettuati in poche
ore, anzi, in un'oretta.) |
In dextro
autem latere, nihil tale observavimus, sed videre visi sumus in fine
bipartiri vas propositum, et maiorem portionem ad sinistram, minorem
vero ad dextram regionem tendere. Penem autem galli reperire non
potuimus. Inquirere hic dignum esset quomodo seminis exigua tantum
portio in singulo coitu emittatur, non autem confertim totum, quod
consistit in vase: praesertim cum vas recta deorsum descendat, et
amplissimum, amplissimaque cavitate donatum sit. Praeterea cur in
sinistro tantum latere eiusmodi vas reperiatur, cum tamen dextrum
quoque vas spermaticum adsit. Sed his in aliud tempus reiectis ad propositum nostrum redeamus. Cum
igitur certum sit ex his gallum, semen in gallinam eiaculari, illud
tamen nullibi in ovo apparet. |
Sul
lato destro non osservai nulla di simile, ma mi è parso di vedere che
il suddetto condotto nella porzione terminale si divideva in due parti
e che la parte maggiore si dirigeva verso il lato sinistro, quella più
piccola verso il lato destro. Ma non sono stato in grado di trovare il
pene del gallo. Sarebbe pertanto giusto indagare a questo punto
in che modo in ogni singolo accoppiamento venga emessa
solamente un'esigua quantità di seme, e non tutto quanto quello che
è presente nel dotto, soprattutto per il fatto che il dotto scende in
basso in linea retta, e che è assai largo e dotato di una cavità
assai ampia. Inoltre, perché un siffatto dotto lo si rinviene
solamente sul lato sinistro mentre tuttavia è presente anche il dotto
spermatico destro. Ma facciamo ritorno al nostro argomento di partenza
rinviando queste cose a un altro momento. Benché dunque sia assodato
che da queste strutture il gallo eiacula il seme nella gallina,
tuttavia esso non appare in nessun punto dell'uovo. |
Neque vero
illud esse galli semen opinandum est, quod vulgares homines,
potissimum autem mulierculae in ovo passim, la galladura, appellitant,
quae in ovi summitate consistit, propterea quod haec corpora chalazae
sunt, quae in ovis gallum tum expertis, tum non expertis insunt: in
omnibus enim ovis chalazae visuntur, ac reperiuntur, et foecundis, et
irritis: quod non contingeret, si chalazae essent galli semen, in ovo
igitur galli semen non adest, sed quod maius adhuc est, neque etiam
adesse potest, propterea quod in ovum galli semen pervenire non valet.
Ratio est, quia gallus et si penem, et semen in gallinam immittit,
utrunque tamen exiguum est, cum ocyssime se expediat: locus autem, in
quem immittitur, ac pertingit, prope podicem est, ubi ovum iam
perfectum corticem habet, aut saltim densa tunica obductum est, quam
galli semen penetrare non potest. |
Ma
in verità non bisogna credere che è il seme del gallo ciò che
nell'uovo, senza riflettere, gli uomini del popolino e soprattutto le
donnicciole spesso definiscono come la galladura - gallatura, che si
trova nella sommità dell'uovo, in quanto queste formazioni sono le
calaze, presenti sia nelle uova che hanno sperimentato il gallo che in
quelle che non l'anno conosciuto. Infatti le calaze sono visibili e
reperibili in tutte le uova, sia feconde che sterili, il che non
avverrebbe se le calaze fossero il seme del gallo. Pertanto il seme
del gallo non è presente nell'uovo, ma, e questo è ancora più
importante, non è neppure possibile che ci sia, dal momento che il
seme del gallo non riesce a giungere nell'uovo. Il motivo sta nel
fatto che, anche se il gallo introduce sia il pene che il seme nella
gallina, ambedue sono tuttavia di piccole dimensioni, dal momento che
agisce molto in fretta. In effetti il punto in cui vengono immessi e
con cui entrano in contatto si trova presso la cloaca, dove l'uovo già
ultimato possiede il guscio, oppure è perlomeno avvolto da una tunica
spessa che il seme del gallo non è in grado di penetrare. |
Neque
dicendum [31] ullo modo est, semen longius ab utero rapi, cum et
plicae interius, et spirae exterius, et prolixa uteri longitudo id
prohibeant: quinimmo si aer intus per podicem insufflatus non permeat
longius, ut supra demonstratum est multo minus semen permeare poterit.
Et ex hac difficultate alia quoque tertia oritur. Nam etsi Galli semen
agens in ovo est, ita ut pullus, non nisi galli seminis virtute, ac
facultate oriatur; experientia tamen commonstrat, id solum sufficiens
non esse, sed locum quoque ut agens necessario requiri. Unde etsi ut
plurimum ova cubando, seu in cubatione gignitur pullus, non raro tamen
etiam in fimo fit, ut Plinius[8]
in Fimetis Aegypti fieri tradit: nonnunquam intra mulierum mammas, ut
in sericinis ovis: interdum in aqua tepida positis ovis ex Arist.[9]
sententia interdum in ripis fluminum, ut ex ovis piscium, ut Arist.
Similiter scribit: interdum sub terrae gleba, ut in ovis serpentum. |
Né
in alcun modo bisogna dire che il seme viene trattenuto piuttosto a
lungo dall'utero, dal momento che lo impediscono sia le pliche
all'interno che le spire all'esterno, nonché la notevole lunghezza
dell'utero. E anzi, se l'aria insufflata internamente attraverso il
podice non arriva piuttosto lontano, il seme potrà penetrare molto
meno, come prima si è detto. E da questa difficoltà ne nasce pure
una terza. Infatti, anche se il seme del gallo è attivo nell'uovo, in
modo tale che il pulcino nasca solo grazie al potere e alla forza del
seme del gallo, tuttavia l'esperienza insegna che esso da solo non è
sufficiente, ma che necessariamente deve pure essere cercato un posto
che faccia da agente. Per cui anche se per lo più il pulcino viene
generato dalla cova delle uova, ossia durante l'incubazione, tuttavia
non raramente ciò accade anche nel letame, come Plinio tramanda che
accade nei letamai dell'Egitto; talora tra le mammelle delle donne,
come nel caso delle uova dei bachi da seta, talora dopo aver posto le
uova in acqua tiepida, in base all'affermazione di Aristotele, talora
sulle rive dei fiumi, come per le uova dei pesci, così come scrive
Aristotele, talora sotto le zolle di terra, come per le uova dei
serpenti. |
Quae sane
difficultas ex eo quoque adaugetur, quod uti refert Arist.[10]
Democritus locum membra formare secundum formam parentum voluit: et
Empedocles[11] uterum calidum mares
facere, frigidum foeminas: ex quibus auctoribus vis efficiens in loco
ponitur. Quinimmo Arist.[12]
ad huiusmodi propositum{.} scribit historiam cuiusdam potatoris
Syracusis, qui ovis sub storia in terra positis, tandiu potabat, donec
ova ederent foetum: signum manifestissimum, locum multum conferre ad
foetus generationem. |
Questa
difficoltà viene pure aumentata per il fatto che, come riferisce
Aristotele, Democrito* ha stabilito che il luogo modella le parti
secondo la forma dei genitori, ed Empedocle* ha affermato che l'utero
caldo produce maschi, femmine quello freddo. Da tali autori la forza
generatrice viene posta nel luogo. Inoltre Aristotele a questo
proposito scrive la storia di un bevitore che viveva a Siracusa il
quale, dopo aver messo le uova sulla terra sotto a una stuoia,
continuava a bere finché le uova partorivano un feto. Segno oltremodo
evidente che il luogo contribuisce parecchio alla generazione del
feto. |
Patet igitur,
controversiis plenam esse tractationem ovorum pulli. Ad primum autem
dubium, quod attinet de pulli materia, et alimento: cum Hippocrates
Anaxagoras, Alcmaeon, Menander, et prisci ex una: et Arist. et Plinius
ex altera parte sibi invicem sint contrarii: Ideo non video quo modo
solvi, aut componi haec inter eos controversia possit. Propterea ego
meam afferam sententiam, ut a vobis iudicetur (auditores) paratissimus
eam mutare, si opus sit. |
Pertanto
è evidente che la trattazione delle uova del pulcino è piena di
controversie. Circa il primo dubbio che riguarda la materia e
l'alimento del pulcino, dal momento che Ippocrate*, Anassagora*,
Alcmeone*, Menandro* e gli antichi da una parte, Aristotele e Plinio
dall'altra, sono in contrasto tra loro, pertanto non vedo in che modo
questa reciproca controversia possa essere risolta e accomodata. Per
cui io esporrò la mia tesi affinché venga da voi giudicata, o
uditori, prontissimo a cambiarla se necessario. |
Utrique
primum consentio, videlicet Hippocrati quod ex albumine, et Aristoteli
quod ex vitello nutriatur pullus. Dissentio ab utroque, videlicet ab
Hipp. quod ex vitello nascatur, et ab Arist. quod ex albumine
corporetur pullus. In summa opinor ego, tam vitellum, quam albumen
pulli tantummodo alimentum esse, nequaquam materiam. quae sententia,
ut videtis, partim consentit, partim dissentit a propositis auctoribus.
Quamvis Arist. uti dictum est, unicam tantum adduxerit rationem, ut
suam probaret opinionem: Hippocrates vero dixerit, id experientia
comprobatum esse; ego tamen hanc meam opinionem tribus probabo
argumentis a sensu depromptis. |
Innanzitutto
sono d'accordo con ambedue, cioè con Ippocrate in quanto il pulcino
verrebbe nutrito dall'albume, e con Aristotele in quanto lo sarebbe
dal tuorlo. Dissento da ambedue, cioè da Ippocrate in quanto il
pulcino nascerebbe dal tuorlo, e da Aristotele in quanto prenderebbe
corpo dall'albume. Insomma, io sono dell'avviso che sia il tuorlo che
l'albume sono solamente un alimento del pulcino, per nulla la materia
che lo costituisce. Questa affermazione, come vedete, in parte
concorda, in parte discorda dai suddetti autori. Sebbene Aristotele,
come si è detto, abbia addotto una sola motivazione per comprovare la
sua tesi, mentre Ippocrate disse che ciò è comprovato
dall'osservazione. Tuttavia io suffragherò questa mia tesi con tre
argomentazioni desunte dall'osservazione. |
Et primo
neutrum ovi liquorem esse pulli materiam, ita demonstratur. Id, quod
esse pulli materia debet, ex qua pullus corporatur, et gignitur,
consumi debet, prout pulli generatio consummatur, et perficitur; haec
est maior propositio, quae ita probatur ex Gal. et Aver. Quia Proiecto
in uterum semine animalis, aut plantae in terram, illud sensim, et
sensim verti videmus in corporis particulas: neque cessant partes
spermatis recedere, et commutari, donec ex eo omnes perfecte
compleantur corporis partes. Minor propositio est. Sed neque vitellus,
neque albumen consumitur, dum pulli generatio consummatur; id quod
probatur; quia consummata pulli generatione adhuc vitellus, et albumen
superstites sunt usque ad finem, hoc est, usque quo pullus excluditur;
ergo vitellus et albumen, materia ex qua pullus corporatur, esse non
possunt. |
E,
in primo luogo, che nessuno dei due liquidi dell'uovo è la materia
del pulcino, lo si dimostra nel modo seguente. Ciò che deve essere la
materia del pulcino, dalla quale il pulcino prende corpo e viene
generato, deve venir consumato, a seconda che la generazione del
pulcino venga condotta a termine e ultimata. Questa è la premessa
maggiore che viene comprovata basandoci su Galeno e Averroè
nel modo seguente. In quanto, dopo che il seme dell'animale è stato
introdotto nell'utero, o quello di una pianta nella terra, lo vediamo
trasformarsi gradualmente e pian piano in particelle del corpo, e le
componenti dello sperma non smettono di svanire e di trasformarsi fino
a quando tutte le parti del corpo non vengono da esso portate
perfettamente a termine. Si tratta della premessa minore. Ma né il
tuorlo né l'albume si esauriscono finché la generazione del pulcino
viene portata a termine, il che è comprovato dal fatto che, una volta
portata a termine la generazione del pulcino, il tuorlo e l'albume
permangono ancora sino alla fine, cioè, fino a quando il pulcino esce
dall'uovo. Pertanto il tuorlo e l'albume non possono essere la materia
dalla quale il pulcino assume il corpo. |
Probo modo,
vitellum, et album [32] esse pulli alimentum hac ratione. Alimentum
pullo suppeditari debet, non solum ubi foetus in ovo concluditur, sed
etiam ubi extra ovum exclusus pullus est, quia nutritio per totum
vitae cursum nos associatur, et comitatur: Sed extra, pullus per os
nutritur, et per exterius alimentum; ergo in ovo consistens nutrietur
ex iis, quae in ovo sunt: quae etiam in ovo conservabuntur usque ad
exclusionis pulli tempus: sed vitellus, et albumen conservantur in ovo
usquequo pullus exit, ergo pulli erunt alimenta: Neque possunt esse
generationis materia, quia generatio ut diximus intra paucos dies
consummatur, et finitur: et post paucos dies cessat, et feriata iacet
generatrix facultas: ex altera vero parte albumen, et vitellus
conservantur, neque absumpta, et permutata videntur. |
Adesso
con la seguente argomentazione dimostro che il tuorlo e l'albume sono
l'alimento del pulcino. Al pulcino deve essere fornito l'alimento non
solo quando il feto se ne sta rinchiuso nell'uovo, ma anche quando il
pulcino è uscito dall'uovo, in quanto la nutrizione ci è vicina e
compagna per tutta la durata della vita. Ma, fuori dall'uovo, il
pulcino si nutre con la bocca e con un alimento esterno, per cui,
quando è nell'uovo, verrà nutrito da quelle cose che ci sono
nell'uovo, e che pure si conserveranno nell'uovo fino al momento della
fuoriuscita del pulcino. Ma il tuorlo e l'albume si conservano
nell'uovo fino a quando il pulcino esce, per cui saranno gli alimenti
del pulcino. E non possono essere la materia della generazione in
quanto, come ho detto, la generazione si realizza e si completa nel
giro di pochi giorni, e cessa dopo pochi giorni, e il potere
generativo se ne va in vacanza. Invece l'albume e il tuorlo si
conservano e non sembrano né esauriti né modificati. |
Omnia adhuc
plenius confirmantur alia ratione desumpta ex vasis per vitellum et
albumen propagatis, et discurrentibus: quae cum et sint numerosa, et a
pullo tum in albuminis, tum in vitelli membranas propagata, et
substantiam utriusque sensim imminuant, et absumant, quousque tota
pene consumpta, absorptaque sit, et pullus tunc excludatur; ideo
clarissime manifestant, vitellum et albumen, neque ambo esse pulli
materiam, neque unum magis quam aliud, propterea quod ambo sensim,
sensimque proportione quadam imminuuntur. |
Tutte
queste cose vengono confermate in modo ancora più esauriente con
un'altra motivazione desunta dai vasi sanguigni che si sono
disseminati e che scorrono attraverso il tuorlo e l'albume; e poiché
questi sono numerosi, nonché diffusi nelle membrane sia dell'albume
che del tuorlo e riducono e asportano poco a poco la sostanza di
ambedue fino a quando è quasi del tutto esaurita e assorbita, e
allora il pulcino nasce, pertanto dimostrano assai chiaramente che sia
il tuorlo che l'albume non sono la materia del pulcino, né che uno lo
è più dell'altro, motivo per cui ambedue diminuiscono lentamente e
pian piano secondo una certa percentuale. |
Quod
si alterum horum esset materia generationis pulli, primo sicuti dictum
est, {consumaretur} <consummaretur> in consummata pulli
generatione, deinde pro generatione partium non indigerent vasis, quia
vasa sunt instrumenta nutritionis potius, quam generationis; quamvis
statim peracta generatione vasa praesto sint ad alimentum porrigendum,
ac suppeditandum. |
Ma,
se uno dei due fosse la materia della generazione del pulcino,
innanzitutto, come si è detto, verrebbe consumato quando la
generazione del pulcino è ultimata; inoltre, per la generazione delle
parti, non avrebbero bisogno di vasi sanguigni, in quanto i vasi sono
strumenti di nutrizione anziché di generazione, anche se, non appena
la generazione è stata portata a termine, i vasi sono pronti a
provvedere e a fornire l'alimento. |
Unde et ipse
Arist.[13] dum in ovo foeto duas
constituit venas umbilicales, quarum altera ad vitellum; altera ad
membranam pullum investientem propagatur, eam tantum, quae ad vitellum
nutritionis pulli gratia eo porrexit; quae vero ad membranam pullum
investientem fertur, ea cuius gratia eo mittatur, explicare non potest,
propterea quod haec re vera ad albumen, aut albuminis membranam (nutritionis
pulli gratia) propagatur, quod ipse putavit pulli esse materiam,
nequaquam alimentum ut est. Imo licet rursus Arist.[14]
scribat, ex albo ovi animal fieri, ex luteo nutriri; tamen paulo post
eod. cap. iis, quae in ovis cernuntur adductus; et quodammodo ab
ipsamet veritate coactus, meam opinionem paulo ante propositam
confirmavit, cum dixit[15],
album a decimo die adhuc superesse in ovo; cum tamen decima die omnia
sint iam corporata, et formata pulli organa; in quae albumen secedere,
si ex eo [pullum fieri] pullus fieret, oportuisset. |
Per
cui anche lo stesso Aristotele, quando ha stabilito che nell'uovo
fecondato esistono due vene ombelicali, una delle quali si dirige al
tuorlo, l'altra alla membrana che avvolge il pulcino, solo quella che
si è spinta fin lì al tuorlo per nutrire il pulcino; invece non è
in grado di spiegare per quale motivo quella che si dirige verso la
membrana che avvolge il pulcino sia mandata lì, dal momento che
questa in realtà si propaga all'albume o alla membrana
dell'albume (per nutrire il pulcino), in quanto egli stesso ritenne
che fosse materia del pulcino, ma non assolutamente alimento come in
effetti è. Infine, anche se Aristotele scrive di nuovo che l'animale
ha origine dal bianco dell'uovo e che viene nutrito dal giallo,
tuttavia poco dopo nello stesso capitolo, indotto da quelle cose che
si vedono nell'uovo, e in un certo modo costretto dalla verità
stessa, ha confermato la mia tesi poc'anzi riferita, quando disse che
nell'uovo il bianco sovrabbonda ancora a partire dal decimo giorno,
mentre al decimo giorno tutte le parti del corpo del pulcino hanno già
preso forma e struttura, nelle quali sarebbe stato necessario che
l'albume andasse a finire se il pulcino avesse dovuto prendere origine
da esso. |
Rursus ibidem
dicit Arist. ex duabus venis umbilicalibus productis, alteram,
vitellum adire, alteram albumen: quod non contingeret, nisi albumen
pulli alimentum esset. Atque haec de alimento pulli mea opinio est:
cur autem pennati pullus duplici hoc alimento indiguerit, in usibus
dicetur. |
Di
nuovo nello stesso passo Aristotele dice che, delle due vene
ombelicali che si sono formate, una va al tuorlo, l'altra all'albume.
Il che non accadrebbe se l'albume non fosse l'alimento del pulcino. E
questo è il mio punto di vista circa l'alimento del pulcino. Sul
perché il pulcino di un pennuto avrebbe bisogno di questo duplice
alimento, se ne parlerà negli impieghi. |
Ad
Hippocratem autem, et Arist, ita respondendum est. Hippocrates dixit,
experientia confirmatum esse, pullum ex luteo gigni, ex albo nutriri:
sed haec experientia, quomodo habeatur, incertum est: neque enim
Hippocrates eam edocuit. Quod si experientia antiquorum ea est, quam
nos supra excogitavimus, et adduximus, de ovo unicum albumen, et
duplicem sortito vitellum, ideoque duplicem procreante pullum? |
Ma
a Ippocrate e ad Aristotele bisogna rispondere nel modo seguente.
Ippocrate disse che è stato confermato dall'esperienza che il pulcino
nasce dal giallo e viene nutrito dal bianco. Ma è incerto in che modo
avvenga questa osservazione, né infatti Ippocrate l'ha spiegata. Ma
se l'esperienza degli antichi è quella che prima ho rammentato e
riferito a proposito di un uovo dotato di un solo albume e di due
tuorli, e pertanto in grado di generare due pulcini, |
Respondetur
in proposito ovo chalazas, ex quibus corporatur pullus, aut esse
duplices, aut longe [33] maiores, aut ita varias, ut duplicia crura,
dupliciaque capita gigni, effingique possint. Ad observationem autem a
me allatam respondetur, eam nil aliud innuere, nisi vitellum
aptissimum esse, ut repente in sanguinem convertatur. Ad Arist. autem
rationem supra adductam, qua probat ex albo pullum fieri, ex luteo
nutriri, respondetur Aristotelis fundamentum, et suppositum forte
verum non esse. |
si
risponde che nel suddetto uovo le calaze, dalle quali si origina il
pulcino, o sono duplici, o sono molto più grandi, o così versatili
che possono generarsi e formarsi gambe in numero doppio e doppie
teste. All'osservazione da me addotta si risponde che essa
null'altro significa se non che il tuorlo è oltremodo adatto a
trasformarsi immediatamente in sangue. Alla teoria di Aristotele prima
addotta, con la quale dimostra che il pulcino si forma dal bianco e
che viene nutrito dal giallo, si risponde che forse l'idea basilare e
l'ipotesi di Aristotele non sono vere. |
Nam sive
Aristoteles loquatur de calore nativo, sive extraneo: et sive de
exiguo, sive de excedenti, perpetuo verum est, a calore utrunque .i.
tam luteum, quam album, aut crassescere, aut non crassescere. Quod
vero uterque calor idem faciat: de extraneo calore id indicio est,
quod si ovum ad ignem coquatur, et albumen obduretur, luteum quoque
obdurabitur, si intensus sit calor: si vero mitis, neutrum. |
Infatti
sia che Aristotele parli del calore innato che di quello esterno, e
sia di quello scarso che di quello eccessivo, è sempre vero che
ambedue, cioè tanto il giallo che il bianco, o si ispessiscono o non
si ispessiscono per il calore. Ma quanto al fatto che ambedue i tipi
di calore producono lo stesso risultato, per il calore esterno
serve da prova il fatto che, se l'uovo viene cotto al fuoco e l'albume
si indurisce, anche il giallo si indurirà se il calore è intenso, se
invece è scarso non accade nessuna delle due cose. |
Quod si
citius, et prius albumen obduratur, quam luteum, id inde provenit,
quod album prius vim ignis persentit, tum quia propinquius est, tum
quia cortici, tanquam denso corpori, cui vicinum est, vis ignis magis
imprimitur; tum denique quia albuminis corporis maior fit evacuatio
tum sensibilis, ut ex ovi sudore patet, tum insensibilis. |
Ma
se l'albume si indurisce più rapidamente e prima del giallo, ciò
deriva dal fatto che il bianco percepisce prima la forza del fuoco,
sia perché è più vicino, sia perché la forza del fuoco si accumula
maggiormente nel guscio in quanto è densa la struttura vicino alla
quale esso si trova, sia infine perché avviene una maggiore
evaporazione della massa dell'albume, sia osservabile, come è
evidente dalla sudorazione dell'uovo, sia impercettibile. |
Quod si
abrupto, et cocto sine cortice in aqua ovo, album concretum, luteum
vero liquidum, fluidumque conspicias, respondeas identidem evenire:
etenim si albumen prope vitellum observabis, ipsum quoque fluidum
adnotabis. Quod vero utrunque .i. tam luteum, quam album a calore
nativo incubantis crassescat, id indicio pariter de utroque est, quod
in fine cum pullus prope tempus exclusionis est, utrunque crassius
factum, videlicet tum vitellus, tum albumen apparet: verisimile autem
est, hanc crassitudinem a principio incepisse, et sensim usque ad
ultimum auctam in utroque esse: id quod similiter experientia
comprobatum est in cubatis ovis subinde per insequentes dies intus
visis, et ratio est; quia a vasis perpetuo id quod tenuius ex utroque
est, exugitur et attrahitur. |
Ma
se, dopo aver rotto e cotto in acqua un uovo senza guscio, si vedesse
che il bianco è solidificato, mentre il giallo è liquido e fluido,
si potrebbe rispondere che ciò accade sempre, in quanto se si
osserverà l'albume vicino al tuorlo, si noterà che anche questa
parte è fluida. Il fatto poi che ambedue, cioè, sia il giallo che il
bianco si ispessiscono per il calore endogeno di chi cova, ciò
dimostra in ugual misura per ambedue che alla fine, quando il pulcino
è vicino al momento della schiusa, si vede che entrambi sono
diventati più densi, cioè il tuorlo e l'albume. D'altronde è
verosimile che abbiano acquisito questa consistenza sin dall'inizio e
che pian piano sia aumentata in entrambi sino alla fine. La stessa
cosa è comprovata dall'esperienza nelle uova incubate poi guardate
all'interno durante i giorni successivi, e il motivo consiste nel
fatto che costantemente ciò che di entrambi è meno denso viene
succhiato e assorbito dai vasi sanguigni. |
Sed pro Arist.
mihi quoque alia succurrit firmissima ratio, desumpta ex eo, quod
apparet in piscium genere cartilagineo: quod ovum intra se gignit, et
vivum quoque foetum excludit. Ovum enim non perfecte, sed tantummodo
vitellum in superiore utero gignit, in inferiore autem pisces: et
vitelli in infernum uterum descendentes, singulo pisci e regione
cordis, et iecoris per longum collum applicantur: et sine dubio
nutrimentum piscibus porrigunt, quousque in suo utero concluduntur. |
Ma
a favore di Aristotele mi viene in mente anche un'altra validissima
argomentazione desunta da ciò che si vede nei pesci di tipo
cartilagineo, in quanto producono al loro interno l'uovo e generano
pure un feto vivo. Infatti nell'utero superiore generano non un uovo
ultimato, ma solo il tuorlo, i pesci in quello inferiore. E i tuorli,
scendendo nell'utero inferiore, si attaccano al singolo pesce, a
partire dalla regione del cuore e del fegato per un lungo tratto, e
senza dubbio forniscono nutrimento ai pesci finché rimangono
rinchiusi nel loro utero. |
Si igitur in
hoc animali vitelli tantum in superno utero gignuntur, et alimentum,
piscibus sunt, rationi consentaneum est, in inferno utero albumen
gigni, et ex eo pisces inibi conclusos procreari. Firmissimum hoc pro
Arist. argumentum est: quod ego ex Anatome piscis iam propositi
excogitavi. Hanc tamen rationem ita solvemus: nihil scilicet prohibere,
quominus in inferno utero chalazas gigni dicamus, ex quibus piscis
corporetur: et hoc animalis genus, cum aquaticum sit, et frigidum, non
indigere alio alimento, quam vitello, tanquam calido; forteque albumen
sua natura tam frigidum esse, ut frigidae crustati piscis naturae non
conveniat; proindeque admitti in crustato pisce non debet. |
Se
pertanto in questo animale i tuorli si formano solamente nell'utero
superiore e sono alimento per i pesci, è logico che l'albume si
generi nell'utero inferiore e che i pesci qui racchiusi vengano da
esso procreati. Questa argomentazione che io ho tratto dalla
succitata anatomia del pesce è oltremodo in favore
di Aristotele. Tuttavia demolirò questa argomentazione nel
modo seguente: evidentemente nulla mi proibisce di affermare che le
calaze sono generate nell'utero inferiore, dalle quali il pesce prende
corpo, e questa specie di animale, essendo acquatico e freddo, non ha
bisogno di altro alimento che del tuorlo che è caldo. E probabilmente
l'albume è per sua natura tanto freddo da non essere adatto alla
fredda natura di un pesce ricoperto da una crosta, motivo per cui non
deve essere introdotto in un pesce crostaceo. |
Id quod ex
Arist.[16] confirmari posse
videtur qui anates, et palustria copiosiore vitello donata esse
prodidit. Sed dicere quoque possumus, pisces in secundo utero generari
ex semine maris. Nam Arist.[17]
dicit, pisces cartilagineos coire: refertque[18],
nonnullos fateri, se vidisse quaedam ex cartilagineis aversa, [34]
modo canum terrestrium cohaerere: et paulo post ait[19];
Cartilaginea morari in coitu diutius omnia, quae animal generant, quam
quae ova: et rursus[20]; Pisces mares habere
non testes, sed binos meatus, qui foetifico semine, cum coeundi est
tempus, implentur, et lacteum omnes emittunt humorem. Si igitur semen
emittunt cartilaginei pisces, ergo ex semine piscium generatio his
extiterit, nequaquam ex albumine. Sed forte potior prima responsio
est. |
Il
che sembra possa essere confermato in base ad Aristotele, il quale ha
riferito che le anatre e gli animali - uccelli - palustri sono dotati
di tuorlo più abbondante. Ma possiamo anche dire che i pesci vengono
generati nel secondo utero per intervento del seme del maschio.
Infatti Aristotele dice che i pesci cartilaginei si accoppiano e
riferisce che alcuni testimoniano di aver visto alcuni animali - pesci
- cartilaginei essere rivolti in senso contrario e rimanere attaccati
come i cani terrestri. E poco dopo dice: tutti gli animali - pesci -
cartilaginei che generano un animale si attardano nel coito più di
quelli che generano delle uova. E ancora: i pesci maschi non hanno dei
testicoli, ma due tubuli che vengono riempiti di seme fecondo quando
è tempo di accoppiarsi, e tutti emettono un liquido lattiginoso. Se
pertanto i pesci cartilaginei emettono un seme, allora in essi la
generazione dei pesci avviene dal seme e per nulla dall'albume. Ma
forse la prima risposta è preferibile. |
Sed
dicetis<:> si album, et luteum in ovo pulli alimenta sunt, quae
nam igitur materia pulli statuenda erit?
cum iam dictum sit, in ovo semen non adesse; inveniatis vos hanc
materiam inductione a sufficienti partium enumeratione. Remanent in
ovo cortex, duae membranae, et chalazae: membranas, et ovi corticem
nullus pulli materiam constituerit, ergo solae chalazae congrua erunt
pulli materia. Sed et hae, quoque difficultatem habent. |
Ma
voi direte: se nell'uovo il bianco e il giallo sono alimenti del
pulcino, allora quale dovrà essere definita come materia del pulcino?
Dal momento che già si è detto che nell'uovo non c'è il seme,
potreste identificare voi questa materia per induzione a partire da un
elenco completo delle parti. Nell'uovo rimangono il guscio, due
membrane e le calaze: nessuno potrebbe affermare che le membrane e il
guscio dell'uovo sono la materia del pulcino, per cui le sole calaze
saranno una appropriata materia del pulcino. Ma anch'esse presentano
pure una difficoltà. |
Primo etenim
chalazae videntur in ovo ligamentorum vicem tantum subire, cum
manifeste appareat, harum ope vitellum albumini et membranis alligari.
Secundo si chalazae pulli essent materia, in obtusiore tantum ovi
parte, ubi pullus generatur, consisterent: atqui reperiuntur quoque
chalazae in acutiore parte, ergo ex chalazis, tanquam ex materia, [ovum]
pullus corporari non potest. Quarto[21], et quinto chalaza,
quae in obtusa ovi parte consistit, exiguum, et pusillum adeo corpus
est, ut nullo modo materia sufficiens esse possit, ex qua tot organa,
tantaque pulli moles efficiatur. Ultimo adversus chalazas est
authoritas Arist.[22]
qui chalazas nihil conferre ad animalium generationem scribit. |
In
primo luogo, infatti, le calaze sembrano assumere nell'uovo solamente
la funzione di legamenti, essendo evidente che con il loro aiuto il
tuorlo viene vincolato all'albume e alle membrane. In secondo luogo,
se le calaze fossero la materia del pulcino, esse sarebbero presenti
solamente nel lato ottuso dell'uovo, dove il pulcino viene generato.
Invece le calaze si rinvengono anche nel lato acuto, per cui il
pulcino non può prendere corpo a partire dalle calaze come se si
trattasse della materia. In quarto e quinto luogo la calaza che si
trova nel lato ottuso dell'uovo è una struttura tanto piccola e
minuta che non potrebbe in alcun modo essere una materia sufficiente
dalla quale vengano creati tanti organi e una così grande mole
corporea del pulcino. Per ultimo, contro le calaze è l'autorità di
Aristotele, il quale scrive che le calaze non contribuiscono in alcun
modo alla generazione degli animali. |
Itaque ex qua
materia pullus generetur, valde abstrusa, et recondita inquisitio est.
Mea tamen sententia est, ut pullus, tanquam ex materia, ex chalazis
corporetur. Id quod probatur primo, quia ex corporibus ovum
construentibus, et pulli generationi idoneis solum tria sunt, {blbumen}
<albumen>, vitellus, et chalazae: albumen, et vitellus
nutrimentum totius pulli sunt, uti iam probatum est; ergo solae
chalazae materia erunt, ex qua fit pullus. Praeterea inter ovi partes
chalazae sunt corpora sui generis substantiae proprietate distincta ab
albo, et luteo: a luteo quidem ut clarum est: ab albo autem: nam sunt
corpuscula rotunda, globosa, et nodosa, albidiora, quam album, et
claro splendore conspersa, ut grando. Igitur si diversa a luteo et
albo sunt, etiam usum diversum, et distinctum ab utroque praebent, qui
non alius, quam propositus, iure statui potest. |
Pertanto,
da quale materia il pulcino venga generato, è una ricerca assai
astrusa e misteriosa. Tuttavia il mio punto di vista è che il pulcino
struttura il suo corpo dalle calaze usandole come materia. Il che è
comprovato in primo luogo in quanto le strutture che costituiscono
l'uovo, e che sono idonee alla generazione del pulcino, sono solo tre,
l'albume, il tuorlo e le calaze. L'albume e il tuorlo sono il
nutrimento di tutto il pulcino, come già è stato dimostrato. Per cui
le sole calaze saranno la materia dalla quale si forma il pulcino.
Inoltre, tra le parti che compongono l'uovo, le calaze sono delle
strutture sui generis che, per la caratteristica della loro
sostanza, sono diverse dal bianco e dal giallo. Dal giallo, come è
evidente, ma anche dal bianco, in quanto sono dei corpuscoli rotondi,
sferici e nodulari, più bianchi dell'albume e cosparsi di un intenso
splendore, come la grandine. Pertanto, se sono diverse dal giallo e
dal bianco, forniscono anche un impiego diverso e distinto da quello
di entrambi, che a buon diritto non può essere sancito diversamente
da quanto detto prima. |
Rursus
chalazae sunt in ovo eo loci positae, ubi pullus generatur, ergo ex
iis pullus conflatur. Nam si coctum ovum in obtusa parte rumpas usque
ad chalazas, easdem cavitati illi respondere conspicies, sub qua
pullus efformatur, maxime autem caput eius consistit. Accedit, quod si
videas pullum in primo sui ortu, videlicet post trium, aut quatuor
dierum conceptum, quatuor observabis. |
Inoltre
nell'uovo le calaze sono ubicate in quel punto in cui il pulcino viene
generato, per cui il pulcino viene formato a partire da loro. Infatti,
se si rompe un uovo cotto dal lato ottuso fino alle calaze, si scorgerà
che esse si trovano di fronte a quella cavità presso la quale il
pulcino si forma e soprattutto si trova la sua testa. Inoltre, se si
osservasse il pulcino nella fase iniziale della sua nascita, cioè tre
o quattro giorni dopo che è stato concepito, si vedranno quattro
cose. |
Primo
observabis caput magnum, album totum, et fere diaphanum, et in eo
oculorum foramen ex nigra linea veluti anulo descriptum, et in medio
eius rotundam pupillam albam, secundo huic [capitis] capiti spina
continua satis evidenter apparebit, et ipsa alba, viscosa, et ad
diaphanum propinquans, ita ut non ex alia materia haec .i. caput, et
spinam genita esse possis concipere, quam ex chalaza: nam tota haec
moles, ex qua caput, et spina constat, exacte chalazae substantiam
aemulatur: et sicuti chalaza corpus potius oblongum, quam rotundum
est, sic pulli corpus in prima formatione. [35] Tertio observabis
rubedinem seu rubrum corpus sub capite anterius, et infra positum,
quod sine dubio ex loci positione cor, et iecur est. Quarto duas venas,
quae tum ad albumen, tum ad vitellum erunt propagatae: quarum trunci
erunt contigui: sed propagines dispersae tum in album, tum in Luteum. |
In
primo luogo si vedrà una testa grande, tutta bianca e quasi diafana,
e in essa i fori oculari tratteggiati da una linea oscura come se
fosse un anello, e al suo centro una pupilla bianca e rotonda. In
secondo luogo su questa testa apparirà in modo abbastanza evidente
una spina continua, anch'essa bianca, viscosa e piuttosto diafana,
cosicché ci si potrebbe rendere conto che queste strutture, cioè la
testa e la spina, non sono generate da altra materia che la calaza.
Infatti tutta questa massa, dalla quale derivano la testa e la
spina, somiglia esattamente alla sostanza della calaza, e come la
calaza è una struttura più oblunga che rotonda. Così si presenta il
corpo del pulcino all'inizio della sua formazione. In terzo luogo si
osserverà un colore rosseggiante o una formazione rossa posta
anteriormente e inferiormente sotto alla testa, che senza dubbio, per
l'ubicazione, sono il cuore e il fegato. In quarto luogo due vene, che
si dirigeranno sia all'albume che al tuorlo, i cui tronchi saranno
contigui, ma le diramazioni disperse sia nell'albume che nel tuorlo. |
Curavi, ut
hoc totum pingeretur, quod factum quidem est, sed diaphanum imitari
pictor non potuit. At qui chalazam viderit, et huiuscemodi conceptum,
quod ad corpus attinet se vidisse credat. Persuadet iugiter ranarum
quoque generatio, quae ex nigris animalculis inchoat, vulgo hic
ranabottoli, quorum non est conspicere nisi caput, et caudam, hoc est
caput, et spinam, omnino sine cruribus, et brachiis: quibus tamen
temporis progressu maioribus factis, iam nigro colore recedente, et
colore vero ranarum eccedente, simul quoque sensim brachia, et crura
expullulant; primo quidem exigua, et imperfecta, subinde perfecta, et
consummata. |
Ho
fatto dipingere tutte queste cose, il che è stato fatto, ma il
pittore non è stato in grado di riprodurre il diafano. Tuttavia chi
ha visto una calaza deve credere di aver visto anche un siffatto
concepimento che riguarda il corpo. Convince subito anche la
generazione delle rane, che prende inizio da animaletti neri, qui
comunemente detti ranabottoli - girini, dei quali è possibile vedere
solo la testa e la coda, cioè la testa e la spina dorsale,
completamente senza gambe e braccia, che tuttavia, fattisi più grandi
con il passare del tempo, quando ormai il colore nero si attenua
mentre si accentua il colore delle rane, contemporaneamente e pian
piano germogliano le braccia e le zampe, dapprima esili e imperfette,
quindi perfette e ultimate. |
Insuper
chalazae nullae apparent genito, seu efformato iam perfecte pullo: cum
autem reliquiae supersunt efformandarum partium, videlicet alarum, et
crurum, quae ultimo loco fiunt, similiter et reliquiae Chalazarum
supersunt, ergo a chalazis fiunt pulli. Amplius si in Chalazis tres
tantum nodi sunt, videntur iure hi nodi respondere, tribus ventribus,
capiti, Thoraci, et abdomini, seu tribus partibus praecipuis, cerebro,
cordi, et iecori. Quod si quinque enumerentur, respondebunt praeter
illas, alis etiam, et cruribus. Quod si nunquam {quotuor}
<quatuor> nodi in chalazis visuntur, erit et hoc signum
manifestum liquido commonstrans, chalazarum nodos numero partibus
pulli praecipuis respondere. |
Inoltre
le calaze non si vedono più nel pulcino generato o ormai
perfettamente formato, mentre rimangono degli abbozzi delle strutture
che debbono essere formate, ossia delle ali e delle zampe, che si
formano per ultime. Similmente rimangono anche dei residui delle
calaze, per cui i pulcini vengono formati dalle calaze. Inoltre, se
nelle calaze esistono solamente tre noduli, a buon diritto questi
noduli sembrano corrispondere a tre cavità, la testa, il torace e
l'addome, o ai tre organi principali, il cervello, il cuore e il
fegato. Ma se se ne contassero cinque, corrisponderanno, oltre a
quegli organi, anche alle ali e alle gambe. Ma se nelle calaze non si
vedono mai quattro noduli, anche ciò sarà un segno evidente che
dimostra in modo inequivocabile che i noduli delle calaze
corrispondono per numero alle parti principali del pulcino. |
His
omnibus rationibus accedit ratio alia a similitudine desumpta: nam
sicuti viviparum animal, ex pauca seminali materia corporatur; quod
vero ad alimentum et nutritionem suggeritur, copiosissimum est; sic
pro pulli generatione exigua c<h>alaza sufficiet: caetera autem
in ovo contenta alimenta duntaxat pullo erunt: sic plantae ex exiguo
et pusillo semine synapis, scilicet glandis, mali, pyrive maxima
exoritur arbor, ut puta ex copiosissimo alimento tum alta, tum aucta:
ut mirari non oporteat, si natura et album et luteum in ovo pro
alimento tantum substituerit; exiguas vero c<h>alazas corporando
pullo dicarit. |
A
tutte queste prove si aggiunge un'altra prova desunta dalla
somiglianza: infatti, come un animale viviparo prende corpo dalla poca
materia seminale, mentre ciò che serve al nutrimento e
all'alimentazione è abbondantissimo, così per la generazione del
pulcino sarà sufficiente la piccola calaza. Le altre cose contenute
nell'uovo saranno solamente alimenti per il pulcino. Allo stesso modo
le piante: cioè da un insignificante e piccolissimo seme di senape,
di quercia, di melo o di pero nasce un albero grandissimo, come se
fosse nutrito e accresciuto da un abbondantissimo alimento. Così non
bisognerebbe rimanere meravigliati se la natura ha posto
soltanto il bianco e il giallo nell'uovo come alimento, mentre ha
destinato le piccole calaze per dar corpo al pulcino. |
Neque obstat,
quod chalazae ligamenti vicem subeant, uti probatum est, vitellum, et
albumen sibi invicem, tum vero etiam cortici per membranam alligantes:
Id quod in cocto magis ovo conspicias; quoniam non inconvenit ipsas,
et ligamenti usum praebere, et in pullum secedere, ac verti. Quinimmo
necessaria est haec chalazarum colligatio albumini, et vitello, cum
per hanc vasa ex utroque ad corpus foetus nutriendum appensa prodire
necesse sit, quae alioqui hac colligatione destituta, et invicem
separata, nutrire haudquaquam corpus foetus possent, cum vasa neque
appendiculam, neque fundamentum, seu stragulum, cui firmari possent,
haberent. |
Né
è in contrasto il fatto che le calaze svolgano la funzione di
legamento, come è stato dimostrato che vincolano il tuorlo e l'albume
tra loro nonché anche al guscio attraverso la membrana. Ciò si
potrebbe vedere maggiormente in un uovo cotto, in quanto non è in
conflitto il fatto che esse offrano sia la funzione di legamento sia
quella di ritirarsi e trasformarsi in pulcino. Per di più questo
collegamento delle calaze con l'albume e il tuorlo è necessario, in
quanto bisogna che attraverso questo collegamento i vasi sanguigni
appesi si dirigano a nutrire il corpo del feto servendosi di ambedue
le fonti. Se d'altra parte fossero privi di questo collegamento e
fossero tra loro separati, non potrebbero assolutamente nutrire il
corpo del feto, dal momento che i vasi sanguigni non avrebbero né una
piccola appendice né una base o tappeto ai quali potersi fissare. |
Neque rursus
obstat, chalazas in subventaneis ovis quoque reperiri, hoc est in ovis
cunctis, tum quae gallum experta sunt, tum quae eodem sunt destituta;
quoniam Chalazae eodem tempore cum ovi generatione generantur omnes,
at foecundae postea redduntur ex galli semine in uterum immisso eas
foecundante, ut infra dicetur. |
Inoltre
nulla osta che le calaze si rinvengano anche nelle uova ventose, cioè,
in tutte le uova, sia quelle che hanno conosciuto il gallo, sia quelle
che ne sono state private, in quanto le calaze vengono tutte quante
generate contemporaneamente alla generazione dell'uovo, ma vengono
rese feconde successivamente grazie al seme del gallo introdotto
nell'utero e che le feconda, come si dirà successivamente. |
Neque tertio
obstat, quod utrobique .i. ad oppositas vitelli partes sint appositae,
quoniam etsi fere semper in obtusiore ovi parte pullus generatur, et
hanc [36] ob causam chalazae triplo fere maiores ea parte, quam
acutiore sunt[23];
tamen quia fieri etiam interdum potest, ut in acutiore pullus
generetur, licet non nisi raro id contingat; aut quia in operum
naturae naturalissimo, potius naturam abundare in superfluis, quam
deficere in necessariis oportuit; et ex abundanti quidpiam ponit, quod
omnino generationem perficiat, neque irritam succedere permittat, ideo
recte utrobique hoc est ad acutiorem et obtusiorem ovi partem positae
chalazae sunt, ut si ex altera parte forte irritae essent chalazae,
saltem ex altera fierent foecundae; quo modo videmus, naturam interdum
foeminam hermaphroditum procreare, {aut} <seu> in foemina
muliebrem, et masculum sexum constituere, ut omnino alteruter
perficiatur, et foecundus succedat, neque ex toto irrita generatio
sequatur. |
In
terzo luogo nulla vieta che esse siano situate in ambedue le parti,
cioè in corrispondenza di aree opposte del tuorlo, in quanto, anche
se quasi sempre il pulcino viene generato nel lato ottuso dell'uovo, e
per questo motivo le calaze sono circa tre volte più grandi in questa
parte rispetto al lato acuto, tuttavia, siccome talora può accadere
che il pulcino venga generato nel lato acuto, anche se ciò accade
raramente, oppure perché, nell'assai naturale operare della natura,
è stato opportuno che preferibilmente la natura abbondasse nelle cose
superflue anziché scarseggiare in quelle necessarie, e
dall'abbondante pone un qualcosa che porti completamente a termine la
generazione e non permetta di diventare sterile. Pertanto giustamente
le calaze sono poste su ambo i lati, cioè sul lato acuto e ottuso
dell'uovo. Cosicché, se da un lato per caso le calaze risultassero
sterili, sarebbero perlomeno feconde dall'altro lato, allo stesso modo
in cui vediamo che talora la natura genera una femmina come un
ermafrodito, ossia che in una femmina pone il sesso femminile e
maschile, affinché perlomeno uno dei due venga perfezionato e diventi
fecondo e non ne risulti una generazione completamente sterile. |
Accedit, quod
etiam in ovis naturam variare apparet: quae modo obtusiore sui parte
procedente emittit, id quod ut plurimum contingit: modo acutiore: item
ut plurimum cortice duro intus genito: nonnunquam molli tantum
membrana obducto, exeunte ovo. Sed neque illud obstare videtur{,
si}<. Si> ambae chalazae foecundae sunt redditae a galli semine,
cur non ex ambabus corporetur pullus, sed ex iis fere semper, quae in
obtusiore ovi parte constituunt?
irrita vero reddatur pulli generatio in chalazis, quae in acutiore ovi
parte sunt? |
Si
aggiunge il fatto che la natura sembra presentare delle variazioni
anche nelle uova, ed essa le fa uscire ora dal loro lato ottuso, ciò
che per lo più accade, ora dal lato acuto, per lo più dopo che
internamente si è formato un guscio duro, talora con un uovo che esce
ricoperto solamente da una membrana molle. Ma sembra che non sia di
ostacolo neppure quanto segue. Se ambedue le calaze sono rese feconde
dal seme del gallo, perché il pulcino non viene generato da ambedue,
ma quasi sempre da quelle che si trovano dal lato ottuso dell'uovo?
Mentre diventerebbe sterile la generazione del pulcino nelle calaze
che si trovano dal lato acuto? |
Respondetur,
enim, omnes quidem chalazas foecunditatem a semine fuisse consequutas,
sed non pari ratione, ac virtute. Siquidem chalazae in obtusiore ovi
parte positae, cum magis vicinae podici, et exitui sint, triplo fere
aliis maiores, et hac ratione robustiores: ita sunt primae, quae
seminis virtutem, et foecunditatis facultatem recipiunt, ideoque maius
facultatis robur assumunt: |
Infatti
si risponde che in verità tutte le calaze hanno acquisito la fecondità
dal seme, ma non con la stessa modalità ed energia. Dato che le
calaze poste nel lato ottuso dell'uovo, essendo più vicine alla
cloaca e all'uscita, sono più grandi quasi il triplo delle altre, e
per questo motivo più robuste, sono pertanto le prime a ricevere il
potere del seme e la capacità fecondante, e pertanto acquisiscono una
maggiore forza d'azione. |
chalazae vero
acutioris ovi partis, cum longe minores sint, et in altiore loco
positae, minus recipiunt facultatis. Atque haec exigua facultas non
difficulter evanescit in minoribus chalazis, ubi in maioribus iam
facta conceptio est: et ad conceptum venae, et arteriae a vitello, et
albumine porriguntur. Tunc enim omne alimentum, et vis omnis
foecunditatis, nutritionis, et augmenti illuc porrigitur, ut interea
iure a minoribus chalazis evanescat. |
Invece
le calaze del lato acuto dell'uovo, essendo molto più piccole e
situate in una posizione più elevata, ricevono meno forza. Inoltre
questa scarsa energia facilmente svanisce nelle calaze più piccole
quando in quelle più grandi il concepimento è già avvenuto, e al
prodotto del concepimento si protendono le vene e le arterie a partire
dal tuorlo e dall'albume. Infatti in quel momento in questo punto
viene proteso tutto l'alimento e tutta la forza della fecondità,
della nutrizione e dell'accrescimento, cosicché intanto queste cose
giustamente svaniscono nelle calaze più piccole. |
Quod
si tamen aliquando accidat, ut acutior ovi pars iacto semini
propinquior fiat, unde maior virtus ei communicetur; non inconvenit
minores chalazas foecundiores reddi, et conceptionem fieri in
minoribus posse, irritis interea aliis relictis. Neque id
contra ovi definitionem est ab Arist. traditam, videlicet ovum esse,
cuius ex parte animal gignitur: reliquum cibus ei, quod gignitur, est;
quoniam inter ovi partes chalazae quoque enumerantur. |
Ma
tuttavia, se talora accade che la parte acuta dell'uovo diventa più
vicina al seme emesso, per cui gli viene infuso un potere maggiore,
non è sconveniente che le calaze minori siano rese più feconde e che
il concepimento possa verificarsi in quelle minori, le altre essendo
nel frattempo rimaste sterili. E questo non è contrario alla
definizione di uovo tramandata da Aristotele, che cioè l'uovo è
quello da una parte del quale un animale viene generato, il rimanente
è cibo per colui che viene generato, in quanto anche le calaze
vengono annoverate tra le parti dell'uovo. |
Ultimo ad
illam de exiguitate chalazarum propositam rationem facile respondetur:
nimirum generationem, et generationis vim in exiguo, et pusillo
corpore consistere, et ipsis chalazis longe minori: id quod apparet in
hoc exiguo pullo quatuor dierum: apparet quoque in omni semine, sive
animalis sit, sive plantae: quod videmus omnino pusillum esse respectu
animalis, et plantae generandae: sed animal, et planta gignitur quidem
ex modica materia, et minimo semine: adaugetur autem, et in vastam
magnitudinem increscit ab exuberante alimento: immo vero magna copia
vitelli, et albuminis signum manifestum faciunt, haec corpora esse
pulli alimenta, nequaquam materiam: propterea quod generatio intra
paucos dies tota finitur, ac nutritio toto tempore durat, quousque
utero gestatur pullus. |
Per
ultimo, a quella motivazione addotta a proposito della piccolezza
delle calaze si risponde facilmente che la generazione e la forza
della generazione sono presenti in una struttura minuta e molto
piccola, e molto più piccola delle calaze. Ciò che è visibile in
questo piccolo pulcino di quattro giorni è pure visibile in qualunque
seme, sia di un animale che di una pianta, che noi vediamo essere
oltremodo piccolo tenendo conto della generazione dell'animale e della
pianta. Ma in effetti l'animale e la pianta si generano da poca
materia e da un seme assai piccolo, mentre si ingrandiscono e
diventano grandissimi grazie all'esuberanza dell'alimento. Che anzi,
la grande abbondanza di tuorlo e di albume sono un segno evidente che
queste sostanze sono alimenti del pulcino e non la materia
generatrice, dal momento che la generazione viene completamente
ultimata nel giro di pochi giorni e la nutrizione dura per tutto il
tempo in cui il pulcino è portato dall'utero. |
[37]
Praeterea si pullus ex albo, aut luteo generaretur, in magna mole
generaretur, ut sunt ovi liquores, non in exigua, ut fit. Ad Arist.
autem auctoritatem dicendum. Si verum est, albumen esse pulli
alimentum[24],
nequaquam materiam; pariter verum esse, chalazas esse pulli tantum
materiam. Et cum aliter dicere non liceat, ab Aristot. recedimus:
praesertim cum Aristot. nullam adducat rationem, cur chalazae non
conferant ad pulli generationem. |
Inoltre,
se il pulcino venisse generato dal bianco o dal giallo, verrebbe
generato assai grande come lo sono i liquidi dell'uovo, non piccolo,
come accade. All'autorità di Aristotele bisogna rispondere così: se
è vero che l'albume è l'alimento del pulcino e non la materia,
parimenti è vero che le calaze sono solamente la materia del pulcino.
E non essendo possibile dire diversamente, mi discosto da Aristotele,
soprattutto perché Aristotele non adduce alcuna motivazione del perché
le calaze non servano alla generazione del pulcino. |
Caeterum non
esse omnino hanc opinionem contemnendam ex eo patet, quod Aristot.
dicit, secundum nonnullos chalazas generationi conferre: quamvis neque
eorum ullam proponat rationem, a nobis autem plura sint proposita
argumenta. Itaque, ut videtis, haec opinio mea non est, sed
antiquissima: tempore enim Aristotelis, et ante etiam vigebat: et
vulgus quoque, cum dicit, hanc esse la galladura, forte nil aliud
intelligit, nisi partem eam, ex qua generatur, et corporatur pullus. |
Inoltre,
che questo punto di vista non sia completamente da disprezzare,
risulta evidente dal fatto che Aristotele dice che secondo alcuni le
calaze servono alla generazione. Anche se non adduce alcuna loro
motivazione, mentre da parte mia vengono addotte numerose
argomentazioni. Pertanto, come vedete, questa non è una mia opinione,
ma è antichissima: infatti era in vigore al tempo di Aristotele e
anche prima. E anche la gente, quando dice che questa calaza è la
galladura - gallatura, forse non intende null'altro se non che quella
è la parte da cui si genera e prende corpo il pulcino. |
Sed iam ad
secundam difficultatem veniendum est scilicet de opifice causa, idest
semine. Nam cum in ovo id non appareat, sicuti dictum est: cum tamen a
gallo semen in uterum porrigatur; quaeritur cur in uterum galli semen
immittatur, si in ovum non ingreditur? Item si in ovo non adest,
quomodo ovum foecundum ex galli semine, quod non habet, efficiatur?
Mea opinio est, Galli semen in uteri principium immissum et iactum,
efficere totum uterum, et simul quoque omnes vitellos eo cadentes, ac
totum denique ovum foecundum: idque facere sua facultate, seu
spiritali substantia irradiante; eo modo, quo videmus, ex testibus, et
semine alia quoque animalia foecunda reddi. |
Ma
adesso bisogna giungere alla seconda difficoltà, cioè, la causa
efficiente, ossia il seme. Infatti, poiché, come si è detto, esso
non è visibile nell'uovo, mentre tuttavia il seme viene portato
nell'utero dal gallo, ci si chiede: perché il seme del gallo viene
immesso nell'utero se non entra nell'uovo? Parimenti, se non si trova
nell'uovo, in che modo l'uovo verrebbe reso fecondo dal seme del gallo
che non possiede? La mia opinione è che il seme del gallo, immesso e
scagliato nella parte iniziale dell'utero, rende fecondo tutto l'utero
e contemporaneamente anche tutti i tuorli che vi scendono e infine
tutto quanto l'uovo. E fa ciò per il suo potere, ossia, per la
sostanza che si irradia come se fosse un soffio, allo stesso modo in
cui vediamo che anche altri animali vengono resi fecondi dai testicoli
e dal seme. |
Si quis enim
in memoriam revocaverit incredibilem illam transmutationem, qua animal
exectum afficitur, dum calorem, robur, et foecunditatem in toto
corpore amittit; facile id quod dicimus uni tantum Gallinae utero
evenire concedet, et certe in eadem specie capones satis id persuadent,
qui ubi execti fuerunt, et testibus, semineque destituti, iam vigorem
omnem, foecunditatemque amiserunt. |
Se
qualcuno, infatti, richiamasse alla memoria quell'incredibile
trasformazione dalla quale viene colpito l'animale castrato quando
perde in tutto il corpo il calore, la forza e la fecondità,
facilmente concederà che ciò che diciamo avvenga soltanto al solo
utero della gallina, e certamente i capponi appartenenti alla stessa
specie sono abbastanza convincenti a proposito del fatto che, quando
furono castrati e privati di testicoli e seme, persero subito ogni
forza e fecondità. |
Id quod
similiter exemplo vermium, qui sericini vel bombyces dicuntur,
confirmatur: qui simul atque coiere, foemina mox semen iam receptum
foras emittit, et subinde ova parit absoluta, et duro cortice obvoluta.
Sed quod omnino verum sit, virtutem foecundandi tota ova, et quoque
uterum a semine Galli provenire, patet ex eo, quod mulieres agunt,
quae gallinam domi Gallo destitutam habentes, eam per unum, atque
alterum diem alibi Gallo committunt: ex hoc enim exiguo tempore
succedit ovorum omnium foecunditas per totum illud anni tempus. |
La
stessa cosa è parimenti confermata dall'esempio dei vermi che vengono
detti bachi da seta o bombici, i quali, non appena si sono accoppiati,
la femmina subito espelle il seme appena ricevuto e immediatamente
dopo partorisce uova perfette e ricoperte da un guscio duro. Ma che
sia affatto vero che il potere di fecondare tutte le uova nonché
l'utero proviene dal seme del gallo, risulta evidente da ciò che le
donne fanno, le quali, avendo in casa una gallina senza gallo, la
affidano a un gallo in un altro luogo per uno o due giorni. Infatti,
grazie a questo breve lasso di tempo, si verifica la fecondità di
tutte le uova per tutta la durata di quel periodo dell'anno. |
Id quod et
Aristot.[25] confirmat qui vult,
quod cum semel aves coierint, omnia fere ova foecunda habere
perseverent. Sed parva omnino perficiant (ita textus graecus sonat)
Porro hanc foecunditatem communicari ovis Arist. censuit, cum nondum
mutatum ovum ex luteo in album est, alibi, et forte melius scribit;
antequam ovum ipsum a lutea in candidam ambientem partem proficiat,
hoc est cum nondum perfectum, et absolutum ovum est, in secundo utero:
affertque exemplum[26],
quod si accidat, ut avis hypenemia idest subventanea ova ferat, si
postea coeat, nondum mutato ovo ex luteo in album, foecunda ex
subventitiis redduntur. |
Ciò
lo conferma anche Aristotele, il quale pretende che quando gli uccelli
si sono accoppiati una sola volta, essi continuano ad avere quasi
tutte le uova feconde. Ma le fanno assolutamente piccole (così suona
il testo greco). Inoltre Aristotele fu dell'avviso che questa fecondità
viene trasmessa alle uova quando l'uovo non si è ancora mutato da
giallo in bianco, e forse lo scrive in modo migliore in un altro
punto, dicendo che ciò avviene prima che l'uovo si trasformi da
giallo in bianco avvolgente, cioè, quando l'uovo non è ancora
ultimato e completato nel secondo utero. E riporta un esempio: qualora
accadesse che un uccello deponga delle uova ipenemie, cioè ventose,
se successivamente si accoppiasse quando l'uovo non si è ancora
mutato da giallo in bianco, da piene di vento vengono rese feconde. |
Idem Aristot.[27] protulit idque rursus
confirmavit paulo post; ubi habet quod ubi concepta ex coitu lutea
sint, quae adhuc albumen non assumpserint, si tum cum alio mare coeat
avis, proles, quae sequitur, similis est mari, qui secundum coitum
iniverit, ideoque ait, nonnullos ex iis, [38] qui ut gallinae
generosae procreentur, operam dant, id mutatis admissariis, {faceret}
<facere>. Quo loco quaeritur cur Arist. voluerit subventanea ova
foecundari, nondum mutato ovo ex luteo in album? |
Aristotele
ha riportato la stessa cosa e l'ha di nuovo confermata poco dopo,
quando dice che allorché i gialli sono stati concepiti col coito e
non hanno ancora assunto l'albume, se allora l'uccello si accoppia con
un altro maschio, la prole che ne segue è simile al maschio che ha
messo in atto il secondo coito, per cui dice che alcuni di quelli che
si danno da fare affinché vengano generate galline prolifiche, fanno
ciò cambiando i copulatori. A questo punto ci si chiede: perché
Aristotele avrebbe voluto che le uova ventose vengano fecondate quando
l'uovo non si è ancora trasformato da giallo in bianco? |
Equidem id ob
eam causam fieri autumo, quia virtus foecundandi facile impertitur
chalazis, et vitello seu nudis, et adhuc albumine non obvolutis;
maxime autem chalazis, tanquam quae materiam ipsi pullo praebeant, ut
corporetur (videtur vero id meam de chalazis opinionem comprobare:)
propterea subdit Aristot. at si iam candidum acceperunt humorem, fieri
non potest, ut subventanea in foecunda mutentur.
Porro seminis foecundandi virtus, ne ullo modo exhalare
possit, sed diutius in utero consistere, ac toti impertiri; {naturam}
<natura> ipsum conclusit, reposuitque in cavitatem, quasi bursam
podici vicinam, et utero appensam[28],
et ingressu tantum donatam, ut inibi diutius semine detento, virtus
eiusdem magis conservaretur, et universo communicaretur utero; Etenim
si haec non adesset vesica, nil obstaret, quin semen a descendente, et
exeunte ovo foras impulsum extruderetur, et uterus foecundandi
facultate destitutus relinqueretur. |
Sono
senza dubbio dell'avviso che ciò accade perché il potere fecondante
viene facilmente assegnato alle calaze e al tuorlo anche se nudi e non
ancora avvolti dall'albume, ma soprattutto alle calaze, essendo quelle
che forniscono la materia al pulcino
stesso affinché prenda corpo (ciò sembra confermare la mia
opinione circa le calaze), per cui Aristotele aggiunge che, se già
hanno ricevuto il liquido bianco, non può accadere che quelle ventose
si trasformino in feconde. Inoltre, affinché il potere fecondante del
seme non possa in alcun modo dissolversi, ma possa rimanere più a
lungo nell'utero e permearlo tutto, la natura l'ha rinchiuso e riposto
in una cavità simile a una borsa* che si trova vicino alla cloaca e
appesa all'utero, e fornita solamente di un'entrata, affinché
trattenutovi piuttosto a lungo il seme la sua forza venga maggiormente
conservata e venga distribuita a tutto l'utero. Infatti, se non ci
fosse questa vescica, nulla impedirebbe che il seme venisse spinto
fuori dall'uovo che sta scendendo e uscendo, e che l'utero venisse
lasciato privo della facoltà di fecondare. |
In hanc vero
vesicam eo facilius semen, penisque galli immittitur, quo sursum motu
voluntario a gallina uropygio revoluto, rectior breviorque in vesicam
paratur via, iterque: quae vesica in Gallina indica maior apparet; sed
in nostrate conspicua quoque est. Ex dictis elicitur primo maxime
autem ex eo, quod Arist. scribit maris semen sua facultate materiam
contentam in foemina, et cibum qualitate quadam afficere: et virtute
tantum contenta in genitura ovum vivificari, Arist.[29]
sentire, ova a galli semine foecundari, et galli semen insignem
foecundandi virtutem obtinere. |
Invero,
in questa vescica il seme e il pene del gallo vengono tanto più
facilmente immessi quanto più con un movimento volontario l'uropigio
è stato rivolto in su dalla gallina, e vengono così preparati un
cammino e un percorso più rettilinei e più brevi verso la vescica.
Questa vescica nella tacchina appare più grande, ma è grande anche
nella gallina nostrana. Da quanto si è detto si evince in primo
luogo, soprattutto da ciò che scrive Aristotele, che il seme del
maschio con il suo potere influenza in qualche modo da un punto di
vista qualitativo la materia contenuta nella femmina nonché il cibo.
Aristotele pensa che l'uovo viene vivificato solamente dalla forza
contenuta nello sperma, che le uova vengono fecondate dal seme del
gallo e che il seme del gallo possiede un grande potere fecondante. |
Cui rei
nequaquam obstant; immo eam maxime declarant, quae ab eodem dicuntur.
ubi reddens causam cur ova hypenemia idest subventanea irrita sunt,
dicit, quod humor eorum crassescere in avis cubatione non potest, sed
tam candida, quam lutea pars similis sibi perseverat. Haec enim ideo
contingunt, quia Galli seminis vi destituuntur, videlicet calore,
robore, et foecunditate, quae sane omnia ex semine proveniunt, propter
quam causam, neque crassescere albumen et Vitellus, neque concoqui
possunt ut in pullum vertantur, et ex utroque pullus fiat: sed sibi
similis, uterque humor perseverat: hoc est incocta, et immutata
utraque remanet materia tam albumen, quam vitellus. Unde et Arist.[30]
paulo post eiusmodi ova aestate magis consistere scribit, nimirum
propter calorem: et paulo inferius ait[31]:
Incepta quoque, si adhuc parvis, desierit coitus, non accrescunt: sed
si continuetur, celeri incremento augentur, iustamque magnitudinem
implent, non propter aliam rationem, nisi propter calorem, qui a Galli
semine provenit. |
Non
contrastano questa tesi, anzi, la confermano moltissimo quelle cose
che da lui vengono dette. Quando, spiegando il motivo del perché le
uova ipenemie, cioè ventose, sono sterili, egli dice che il loro
liquido non può ispessirsi durante la cova dell'uccello, ma sia la
parte bianca che quella gialla rimangono uguali a se stesse. Infatti
queste cose accadono in quanto vengono private della forza del seme
del gallo, cioè del calore, del vigore e della fecondità, tutte cose
che senza dubbio derivano dal seme, motivo per cui l'albume e il
tuorlo non possono né ispessirsi né venire assimilati per essere
tramutati in un pulcino e il pulcino si formi da entrambi. Ma ambedue
i liquidi continuano a rimanere uguali a se stessi, cioè, ambedue i
materiali, sia l'albume che il tuorlo, rimangono indigeriti
e immutati. Per cui poco dopo sempre Aristotele scrive che tali uova
sono più frequenti in estate, senza dubbio a causa del calore. E poco
dopo dice: Anche quelle iniziate, se l'accoppiamento si è interrotto
mentre erano ancora piccole, non si accrescono, ma se viene proseguito
aumentano rapidamente in grandezza e raggiungono la giusta dimensione
per nessun'altro motivo se non a causa del calore che proviene dal
seme del gallo. |
Docet igitur
perbelle hoc loco Arist.[32]
quomodo ova hypenemia non perficiantur, sed irrita, et imperfecta
omnino remaneant, quae omnia fere non variant ab exemplo lactis, et
coaguli, quod inspissandi facultatem habet, ut prodit Aristot.
Elicitur ex dictis secundo, differentia inter ovipara, et vivipara
penes generationis causas: Differunt .n. quae ex ovo ab iis quae ex
semine fiunt, ex eo, quod ovipara materiam, ex qua corporatur pullus,
distinctam, et separatam habent ab agente; vivipara autem simul, et
causam efficientem, et materialem habent adiunctam, et concorporatam.
Agens enim in oviparis semen Galli est in pennato, quod in ovo neque
est, neque esse potest. |
In
questo passo Aristotele chiarisce molto bene in che modo le uova
ventose non vengono ultimate, ma rimangono completamente sterili e
imperfette, tutte cose che quasi non si discostano dall'esempio del
latte e del caglio che ha la facoltà di coagulare, come riferisce
Aristotele. In secondo luogo dalle affermazioni si evince la
differenza tra ovipari e vivipari in base alle modalità della
generazione: infatti gli animali che si generano da un uovo
differiscono da quelli che nascono da un seme, in quanto gli ovipari
hanno la materia, dalla quale prende corpo il pulcino, che è distinta
e separata dall'agente. Invece i vivipari hanno contemporaneamente la
causa efficiente e materiale che sono unite e accorpate insieme.
Infatti negli ovipari, in un pennuto, l'agente è il seme del gallo,
che non si trova né può trovarsi nell'uovo. |
Materia vero
est chalaza, ex qua corporatur foetus, [39] ambo haec invicem distant
per multum spatium. Nam chalaza Vitello iam formato, et in secundum
uterum cadenti accedit, et ovo interno adiungitur; contra Galli semen
prope podicem consistit, et per longissimum spatium a chalaza distat:
sua tamen facultate irradiante, et uterum, et totum foecundat ovum. At
semen in viviparo, et materia est, et agens, et in uno corpore
utrunque simul consistit. |
A
dire il vero la materia è la calaza, dalla quale il feto prende
corpo, e ambedue - materia e agente - distano fra loro parecchio
spazio. Infatti la calaza si unisce al tuorlo già formato e che cade
nel secondo utero, e si aggiunge alla parte interna dell'uovo. Invece
il seme del gallo si trova in vicinanza della cloaca e dista parecchio
dalla calaza, ma con il suo potere irradiante feconda sia l'utero che
tutto quanto l'uovo. Invece in un viviparo il seme costituisce sia la
materia che l'agente, ed entrambi si trovano insieme in un'unica
struttura. |
Ex quibus
videre videor Arist. sententiam suam, de causis generationis, a paucis
receptam, tanquam veram in oviparis attulisse. Nam Arist.[33]
in omnibus materiam foetus sanguinem menstruum mulieris, et foeminae
esse, et ex eo foetum corporari tradidit; maris autem semen tanquam
movens existere, et foetum ab eo resultare, et plasmari credit: ex hoc
perfecto opere digeri, et evanescere semen opinatus est: Id vero in
pennato distincte apparet. Nam in hoc materia chalaza est, quae in ovo
intus est, et antequam ovum perficiatur, et vitellus albumen assumat,
gignitur, et ovo apponitur. |
Da
queste cose mi sembra di notare che Aristotele ha addotto la sua
teoria sulle cause della generazione, accettata da pochi, come vera
negli ovipari. Infatti Aristotele ha detto che in tutti gli animali la
materia del feto è il sangue mestruale della donna e della femmina, e
che da esso il feto prende corpo, mentre crede che il seme del maschio
rappresenta per così dire la causa efficiente e che il feto deriva da
esso e da esso viene plasmato. Ha pensato che il seme viene dissolto e
svanisce terminata questa funzione, il che in effetti in un pennuto
risulta chiaramente. Infatti in lui la materia è la calaza, che
nell'uovo si trova all'interno, e viene generata e aggiunta all'uovo
prima che l'uovo sia ultimato e il tuorlo si circondi dell'albume. |
Semen autem
Galli ad podicem immittitur, et in vesica reponitur, et conservatur,
quousque pullus conformetur: immo vero per totum integrum anni tempus
inibi servatur, posteaquam semel admisso Gallo, ova omnia per totum
illud anni tempus foecunda redduntur, tanquam vesica unicum ob id
foramen habente, ut in concluso loco semen Galli diutius ut in
proprio, et congruo loco servetur: quo tempore praetergresso iam
foecunditas evanescit, evanescente, et exhalante maris semine, ut
dicit Arist. Sed et huius rei ultimum illud efficacissimum erit
argumentum, si pisces ex Aristo. dum incurrentes ventres perfricant,
quod piscatores vulgari voce, pisces sbrissare dicunt, aut per
fluminum ripas ocyssime excurrentes, ova pene innumera iam eiecta albo
semine, quod vulgo lac appellatur, respergunt.[34]
Atque ita perfecta ea, et
cortice obducta foecundant. Quanto magis foecundari chalazas
totumque ovum consentaneum est, ubi maris semen in utero continetur,
totusque uterus vi foecundandi praeditus est, ovum sensim sensimque
formatur, et chalazae vitello atque albumini adiunguntur. Maxima enim
atque potentissima vis foecundandi in semine apparet, cum ova etiam
exterius in ambientem aerem aut aquam emissa tantam vim foecundandi
habeant. |
In
effetti il seme del gallo viene immesso nella cloaca e immagazzinato e
conservato nella borsa fino a quando il pulcino si è foggiato, anzi,
in realtà viene qui conservato per tutta la durata della stagione
riproduttiva, e successivamente, quando il gallo si è accoppiato una
sola volta, tutte le uova vengono rese feconde per quell'intera
stagione riproduttiva, come se la borsa a causa di ciò avesse un
unico foro, affinché il seme del gallo venga conservato piuttosto a
lungo in un luogo circoscritto come in un posto appropriato e adatto.
Trascorso questo periodo di tempo, ormai la fecondità svanisce in
quanto il seme del gallo svanisce ed evapora, come dice Aristotele. Ma
anche di questa cosa sarà importantissima quell'ultima
argomentazione: secondo Aristotele, se i pesci, mentre guizzano,
strofinano il ventre, cosa che i pescatori in dialetto dicono
sbrissare - scivolare, oppure mentre si muovono assai velocemente
lungo le rive dei fiumi, allora spruzzano le quasi innumerevoli uova
appena emesse con un seme bianco che comunemente è detto latte. E
dopo averle così portate a termine e ricoperte con un involucro, le
fecondano. È logico che le calaze e tutto quanto l'uovo vengano tanto
più fecondati quando il seme del maschio è contenuto nell'utero e
tutto l'utero è dotato del potere fecondante, così che l'uovo si
forma pian piano e le calaze si attaccano al tuorlo e all'albume.
Infatti una grandissima e potentissima capacità di fecondare compare
nel seme in quanto le uova posseggono una grande capacità di essere
fecondate anche quando sono state emesse all'esterno in un ambiente
arieggiato oppure in acqua. |
Superest
modo, ut ultimum aperiamus dubium de loco propositum. Certum igitur
est, locum, ut locus est, nihil agere in semen, aut ovum, agit tamen
merito qualitatum, quas obtinet, non omnium quidem, sed tantum
primarum: quibus solis natura concessum est agere, et pati; Qualitates
primae sunt calidum, frigidum, humidum, et siccum, vel separatae, et
solae, singularesque; vel ad certam temperiem redactae. |
Resta
soltanto che io chiarisca l'ultimo dubbio che ho menzionato a
proposito del luogo. Pertanto risulta certo che il luogo, in quanto è
un luogo, non ha alcun effetto sul seme o sull'uovo, mentre agisce per
merito delle qualità che possiede, non di tutte, ma solo delle
primarie, solo alle quali è concesso da parte della natura di agire e
di subire. Le qualità primarie sono il caldo, il freddo, l'umido e il
secco, sia separate e prese singolarmente una per una, sia unite in
una certa proporzione. |
Nullus
philosophorum ausus est dicere, locum agere aut in ovum, aut in semen
proprietate temperamenti, sed duntaxat separatis qualitatibus. Unde
Empedocles uterum calidum mares facere censuit[35],
frigidum foeminas: nisi forte Democritum excipiamus, qui locum membra
formare secundum formam parentum dixit: At mehercule, si efficentia,
seu facultas generandi ipsi utero, et loco accepta referatur,
proculdubio semen ea destituetur. |
Nessun
filosofo ha osato dire che il luogo agisce o sull'uovo o sul seme per
le caratteristiche del suo temperamento, ma soltanto per le qualità
prese singolarmente. Per cui Empedocle* ritenne che l'utero caldo
genera maschi, femmine quello freddo, a meno che magari ascoltiamo
Democrito* il quale disse che il luogo foggia le membra secondo la
forma dei genitori. Ma certamente! Se la capacità o facoltà di
generare viene attribuita all'utero stesso e al luogo, senza dubbio il
seme ne verrà privato. |
Atqui semen
opificem solum esse ex ovis subventaneis Galli semine destitutis
demonstratum aperte [esse] est. Sed id quoque demonstratur ex multa
locorum varietate, in quibus pullus ex ovo procreatur. Etenim si
opifex causa a loco penderet, unus, ac proprius esset cuique
assignatus locus {uequaquam} <nequaquam> ovum pullum [40]
formaret modo in fimetis, modo in aqua calida, modo intra mulierum
mammas, modo in fluminum ripis, modo sub terrae gleba, aut in furno,
et locis aliis id genus; propter magnam [qualitatem] qualitatum
cuiusque loci varietatem: quae tamen in una {commnni} <communi>
communicant qualitate, hoc est caliditate. |
Eppure,
in base alle uova ventose prive del seme del gallo, è stato
chiaramente dimostrato che il seme è il solo artefice. Ma ciò è
pure dimostrato dalla grande varietà di luoghi in cui il pulcino
viene generato dall'uovo. Infatti, se la causa artefice dipendesse dal
luogo, a ciascun animale verrebbe assegnato un luogo unico e specifico
e in nessun modo un uovo genererebbe un pulcino ora nei letamai, ora
nell'acqua calda, ora fra le mammelle delle donne, ora sulle rive dei
fiumi, ora sotto una zolla di terra o in un forno e altri luoghi di
questo tipo, a causa della grande varietà di qualità di ciascun
luogo, che tuttavia sono tra loro in rapporto per una qualità che
hanno in comune, cioè il calore. |
Unde Arist.[36]
dicit quod quamvis incubante ave oritur pullus, tamen si aut tempus
sit, bene temperatum, aut locus, in quo ova manent, tepidus,
concoquuntur, et avium ova, et oviparorum quadrupedum sine parentis
incubitu: Haec enim omnia in terra pariunt, concoquunturque ova tepore
terrae: et paulo post[37];
tempus ova concoquere ait: et rursus paulo post, perficitur animal in
ovo celerius diebus tepidis, [tempore] tepore enim iuvatur. Nam
concoctio est calor [quidem] quidam: terra enim suo calore concoquit:
et quae incubant, hoc idem faciunt: adhibent enim suum calorem: haec
Arist. |
Per
cui Aristotele dice che sebbene il pulcino nasca quando un uccello
cova, tuttavia se il clima ha una temperatura giusta, oppure se il
luogo dove si trovano le uova è tiepido, maturano senza la cova della
genitrice sia le uova degli uccelli che dei quadrupedi ovipari.
Infatti tutti questi animali partoriscono nella terra e le uova
vengono fatte maturare dal tepore della terra. E poco oltre dice che
il clima fa maturare le uova, e ancora poco oltre dice che un animale
si completa più rapidamente in un uovo durante le giornate tiepide,
infatti viene aiutato dal tepore. Infatti la digestione è un tipo di
calore. Invero la terra fa maturare con il suo calore, e quegli
animali che covano fanno questa stessa cosa: infatti usano il proprio
calore. Questo scrive Aristotele. |
Quapropter
dicendum est, loca omnia pullos ex ovis procreare ope tantum teporis,
et caliditatis loci. sic Gallinae ova cubando ea calefaciunt: sic per
calorem mulierum mammarum sericina ova viva redduntur: sic fimeta suo
calore pullum in ovis excitant: sic piscium ova a Solis calore
excalfacta, in pisces vertuntur: sic idem Sol serpentum ova
calefaciendo, in serpentulos ipsa mutat: sic denique aves omnes nidos
suos ea forma, situ, et materia effingunt, et construunt, ut ova
inferius calefaciant, et foveant. Sive enim ex luto, ut turdi, et
hirundines: sive ex piscium spinis, ut {Alciones} <Alcyones>:
sive ex paleis, stipula, aut foeno, ut passer: sive ex condenso
frutice, ut perdices, et coturnices: sive in terrae cavernis[38],
ut {merope} <merops> in Boaetia[39]
[Boeotia?]: sive in saxis, et domibus, ut cuculus[40]:
sive in arborum cavernis, ut upupa: quae sane omnia, materia nidorum
sunt exterior: perpetuo tamen interius nidis supersternitur aut lanugo,
aut pluma, aut aliud quid mollissimum: quod ova ea parte, quam avis
non contingit, foveat, calefaciatque, et pullos pennis destitutos ab
asperiore contactu omnino tueatur: summatim quicquid locus agit in
ovum, id totum per caliditatem contingit. |
Motivo
per cui bisogna dire che tutti i luoghi generano pulcini dalla uova
solo con l'aiuto del tepore e del calore del posto. Così le galline,
incubando le uova, le riscaldano, così per mezzo del calore delle
mammelle delle donne le uova del baco da seta diventano vive, così i
letamai con il loro calore stimolano il pulcino nelle uova, così le
uova dei pesci, riscaldate dal calore del sole, si trasformano in
pesci, allo stesso modo il sole, riscaldando le uova dei serpenti, le
trasforma in serpentelli, così, infine, tutti gli uccelli foggiano e
costruiscono i loro nidi con tale forma, struttura e materiale in modo
tale da scaldare e infondere calore alle uova inferiormente. Oppure
col fango, come i tordi* e le rondini*, oppure con gli scheletri dei
pesci, come gli alcioni, oppure con paglia, stoppia o fieno come il
passero, oppure con un folto arbusto come le pernici* e le quaglie*,
oppure in buchi della terra come il gruccione a Carro (SV) [più
probabilmente in Beozia*],
oppure tra i sassi e nelle case come il cuculo, oppure nelle cavità
degli alberi come l'upupa. Tutte queste cose costituiscono il
materiale esterno dei nidi, mentre all'interno dei nidi viene sempre
sparsa o della lanugine o delle piume o qualcos'altro di molto
soffice, affinché scaldino e infondano calore alle uova da quel lato
che l'uccello non tocca, e affinché i pulcini senza piume vengano
completamente protetti da un contatto troppo ruvido. Insomma,
qualunque cosa un luogo faccia all'uovo, il tutto avviene attraverso
il calore. |
Haec tamen
caliditas, et si transmutare ovi corpus in pullum potens est, non
tamen ut loci caliditas id in ovo praestat: sed quod plurium locorum
varia efficit caliditas, nil aliud est, nisi quia excitat seminis
facultatem adhuc consopitam, aut in potentia, aut in primo actu,
ipsamque ad secundum revocat actum: ita ut semen in animal migret, et
ex chalaza pullus creetur, corporeturque. Quod verum esse ex eo patet,
quia alias ova nascerentur etiam ex se ipsis, si calor quicunque
moderatus sufficiens, et conveniens accederet: sericina enim ova etiam
sine mammarum calore ex se ipsis, ac tantummodo ex aeris tepore
nascerentur: similiter et alia. |
Tuttavia
questo calore, anche se è capace di trasformare la sostanza dell'uovo
in un pulcino, tuttavia non riesce a farlo nell'uovo allo stesso modo
del calore di un luogo, ma, siccome il calore di parecchi luoghi si
dimostra variabile, si limita a stimolare il potere del seme ancora
assopito, o nella fase potenziale, o al primo stadio, e lo suscita al
secondo stadio, in modo tale che il seme si trasformi in un animale e
il pulcino venga creato e prenda corpo dalla calaza. Che ciò sia vero
è evidente dal fatto che altrimenti le uova nascerebbero anche da
sole se vi entrasse un qualunque calore moderato sufficiente e adatto.
Infatti le uova del baco da seta nascerebbero da sole anche senza il
calore delle mammelle e solamente con il tepore dell'aria, e lo stesso
accade per altre uova. |
Hoc tamen
loco difficultas oritur, videtur enim non esse verum, calorem
quemcunque foecundandi vim ad actum deducere, sed potius temperiem;
cum semen non nisi in uterum proiectum perficiatur, nequaquam in alium
calentem locum immissum cumque is semen attrahat valenti vi, et ad
ipsum quoquomodo accurrat, non videtur id, nisi temperamenti
proprietate praestare? Respondetur, quod aves incubatu utantur, alia vero minime, ut
pisces, formicae, serpentes, et pleraque alia, ea causa est; quoniam
corporis calore, structura, et plumis fovere, et calefacere ovum
possunt, et ita facultates de potentia ad actum revocare, ut pullus
oriatur. |
Tuttavia
a questo punto sorge una difficoltà, poiché a quanto sembra non è
vero che un qualsiasi calore mette in atto la forza fecondante, bensì
una temperatura moderata, in quanto il seme si perfeziona solo se
immesso nell'utero e giammai se viene immesso in un altro luogo caldo,
e dal momento che l'utero attrae il seme con notevole forza e in
qualsivoglia modo si diriga verso di lui, non sembra che compia tale
operazione per la caratteristica della sua temperatura? Si risponde:
per il fatto che gli uccelli si servono della cova, mentre altri
animali assolutamente no, come i pesci, le formiche, i serpenti e
moltissimi altri, tale è la causa: poiché col calore del corpo, con
la struttura corporea e con le piume possono scaldare e infondere
calore all'uovo, e così richiamare le capacità dalla potenzialità
all'azione, affinché il pulcino nasca. |
Caetera non
cubant, quod neque calorem sufficientem sunt adepta, neque corporis
aptam ad cubandum [41] structuram, neque plumas, quibus foveant:
ideoque haec omnia fovenda calori Solis committuntur; veruntamen alia
sub terrae gleba, ut serpentes, et reptilium genus: alia super herbis,
ut pisces: alia in folliculis, et vesicis arborum ramis appensis, ut
vermes, rugae[41];
alia alibi, excipitur vulgo asiarius piscis[42],
qui ova extra non emittit, sed intra se continet, perficit, et vivum
foetum edit, ne propter eorum mollitiem pereant: Mollissimum enim
animal hoc est, ideoque cartilagineum, quod materiam in ossa durare
natura non potuerit propter mollitiem. Arist.[43]
reddens causam cur aves incubant, quadrupeda ovipara minime, dicit,
quadrupedum ova, ut validiora tepore concoqui, avium vero ut
imbecilliora parentem desiderare: quomodo autem haec quidem
imbecilliora, illa vero validiora sint, non dixit. |
Altri
animali non covano in quanto non sono dotati di un calore sufficiente
né posseggono una struttura corporea adatta alla cova, né delle
piume con cui scaldare. Pertanto tutte queste uova vengono affidate da
scaldare al calore del sole, tuttavia alcune sotto una zolla di terra
come i serpenti e il genere dei rettili, altre sulle erbe come i
pesci, altre in sacchetti e in vescichette appesi ai rami degli alberi
come i vermi e i bruchi, altre uova in altri posti. Fa eccezione il
pesce detto comunemente asiario che non emette uova all'esterno, ma le
tiene dentro di sé, le porta a compimento e partorisce un feto vivo,
affinché non vadano perdute a causa della loro mollezza. Infatti
questo è un animale molto molle, e pertanto cartilagineo, in quanto
la natura a causa della mollezza non è stata in grado di indurire la
materia trasformandola in ossa. Aristotele, spiegando il motivo per
cui gli uccelli covano, mentre i quadrupedi ovipari assolutamente non
lo fanno, dice che le uova dei quadrupedi essendo più robuste vengono
fatte maturare dal tepore, mentre quelle degli uccelli essendo più
deboli hanno bisogno di un genitore. Ma in che modo queste sono più
deboli e quelle più robuste non lo disse. |
Ultimo Arist.[44] pariendi tempus in
Gallinis constituit aestate quidem vigesimum secundum diem; hyeme
aliquando vigesimum quintum, celerius enim aestate propter ambientis
calorem, quam hyeme excludunt: aliis autem plus, minus temporis
pullorum excludendorum assignatur, pro ut proprium temperamentum, et
nativus cuiusque calor requirit. |
Infine
Aristotele ha stabilito il tempo necessario alla schiusa nelle
galline, in estate al 22° giorno, in inverno talora al 25°, infatti
in estate si schiudono più in fretta che in inverno a causa del
calore ambiente. Per altri uccelli viene stabilito un tempo maggiore o
minore di quello necessario per la schiusa dei pulcini, a seconda di
cosa richiede la loro temperatura e il calore innato di ciascuno. |
Cum igitur
constitutum iam sit, Pullum tanquam ex materia ex ovi chalaza, tanquam
vero ab agente ex Galli semine ovum foecundante generari: nutrimentum
autem pulli esse duplex, album et luteum, et a calore cubantis, tum
vero a quovis alio calore moderato facultatem generativam consopitam,
et quietam excitari: Modo nil aliud restat, nisi videre quot, et quae
actiones in ovo celebrentur, ut eximius hic effectus videlicet pulli
generatio sequatur, inde quomodo, et quo ordine partes foetus
formentur: denique quo modo adaugeantur, et nutriantur explicare, sic
enim omnes, quae in utero, seu ovo pennatorum actiones peraguntur,
contemplabimur, cognitis autem actionibus, facile, et facultates, et
opera facta propalantur, etenim actiones a facultatibus, opera autem
facta ab actionibus dimanant. |
Pertanto
ormai è stato stabilito che il pulcino viene generato, come materia,
dalla calaza dell'uovo, come agente, dal seme del gallo che feconda
l'uovo, e che il nutrimento del pulcino è duplice, il bianco e il
giallo, e che la capacità generativa assopita e quiescente viene
messa in movimento dal calore di chi cova, oppure da un qualsivoglia
altro calore moderato. Ora non resta null'altro da fare che vedere
quante e quali attività si svolgono nell'uovo, affinché si realizzi
questo straordinario risultato, cioè la generazione del pulcino,
quindi, in che modo e in quale ordine si formino le parti del feto.
Infine, spiegare in che modo si ingrandiscano e vengano nutrite. Infatti
così esamineremo tutte le attività che si svolgono nell'utero o
nell'uovo dei pennuti. Dopo essere venuti a conoscenza delle attività,
con facilità si rendono noti i poteri e le opere svolte, in quanto le
attività derivano dalle facoltà, mentre le opere compiute derivano
dalle attività. |
Tres primum
actiones sunt, quae in ovo avi supposito apparent. Prima est pulli
generatio, secunda eiusdem accretio, Tertia nutritio nuncupatur.
Prima, hoc est generatio, propria est ovi actio; secunda, et tertia
videlicet accretio, et nutritio maiori ex parte extra ovum succedunt,
tamen in ovo inchoantur et quoque perficiuntur. Quae actiones sicuti a
tribus facultatibus dimanant, generatrice, auctrice, et nutritoria:
sic eas tria opera facta consequuntur. |
Innanzitutto
le attività che compaiono in un uovo messo sotto a un uccello sono
tre. La prima è la generazione del pulcino, la seconda è la sua
crescita, la terza viene definita nutrizione. La prima, cioè la
generazione, è un'attività propria dell'uovo, la seconda e la terza,
cioè la crescita e la nutrizione, in gran parte si verificano al di
fuori dell'uovo, tuttavia hanno inizio nell'uovo e vi vengono pure
portate a termine. Queste attività derivano come da tre facoltà:
generativa, accrescitiva e nutritiva, e così a esse fanno seguito tre
opere compiute. |
Ex
generatione enim omnes pulli partes resultant; ex accretione, et
nutritione, auctum, et nutritum pulli corpus. De prima, hoc est de
pulli generatione prius agentes, scire licet, ope generatricis
facultatis pulli partes, quae prius non erant, produci, atque ita ovum
in pulli corpus migrare. Dum autem quaevis pars in alteram commigrat,
illam propriae essentiae commutationem subire necessarium est; alioqui
eadem substantia maneret, simulque eamdem in aptam, et convenientem
naturae suae figuram, situm, et magnitudinem conformari est necesse,
hisque duabus absolvitur procreatio substantiae commutatione, et
conformatione. |
Infatti
dalla generazione provengono tutte le parti del pulcino, dalla
crescita e dalla nutrizione proviene il corpo accresciuto e nutrito
del pulcino. A proposito della prima, cioè della generazione del
pulcino, conviene sapere che per mezzo della facoltà generatrice
vengono prodotte le parti del pulcino attive per prime e che prima non
esistevano, e che così l'uovo si trasforma in corpo del pulcino.
Mentre una qualunque parte si trasforma in un'altra, è necessario che
essa subisca il cambiamento della propria essenza, altrimenti
rimarrebbe la stessa sostanza, e contemporaneamente è necessario che
essa si trasformi in una forma, in una struttura e in una grandezza
adatte e confacenti alla sua natura, e la generazione si compie
per mezzo di queste due cose: la trasformazione della sostanza e la
sua strutturazione. |
Immutatrix
igitur, et formatrix facultas harum functionum causae erunt. Una
unamquanque corporis partem, qualem cernimus, ex ovi chalaza produxit;
[alteram] altera figuram illi, compagemque, et situm propriis usibus
idoneum contulit. Prima, quae tum immutatrix, tum etiam alteratrix
appellatur facultas, tota naturalis est, et sine ulla cognitione agit,
[42] et calido, frigido, humido, et sicco assumpto, totam per totam
chalazae substantiam alterat, et alterando in pulli partes immutat,
hoc est in carnem, ossa, cartilaginem, ligamenta, venas, arterias,
nervos, et si quae sunt in animali, seu pullo, partes omnes similares,
ac simplices convertit, (quae omnes huius alteratricis facultatis
opera sunt) easque ex proprio, ingenitoque calore, et spiritu galli
semen ex ovo, hoc est chalaza alterando, et commutando generat, creat,
producitque, propriam substantiam, substantiaeque proprietatem cuique
impertiens. |
Pertanto
la facoltà di cambiare e di formare saranno le cause di queste
funzioni. Una ha prodotto dalla calaza dell'uovo ciascuna parte del
corpo come noi la vediamo, l'altra gli ha fornito una forma, una
struttura e una posizione adatta ai propri usi. La prima facoltà, che
viene denominata sia trasformatrice, sia anche trasmutatrice, è del
tutto naturale e agisce senza alcuna conoscenza, e dopo aver assorbito
il caldo, il freddo, l'umido e il secco, si altera completamente
attraverso tutta la sostanza della calaza, e alterandosi si trasforma
nelle parti del pulcino, cioè in carne, ossa, cartilagine, legamenti,
vene, arterie, nervi, e in tutte quelle parti simili e semplici
presenti in un animale o nel pulcino (che sono tutte opere di questa
facoltà trasmutatrice), e il seme del gallo le genera e le crea dal
proprio calore e spirito innato a partire dall'uovo. Cioè la calaza,
alterando e cambiando, genera, crea e produce la sua sostanza, e
distribuendo a ciascuna parte la proprietà della sostanza. |
Altera vero,
quae formatrix dicitur, quaeque similares partes dissimilares efficit,
iis scilicet ornatum ex apta figura, iusta magnitudine, idoneo situ,
et congruo numero, conferens, iam proposita longe nobilior est, et
summa sapientia praedita; de qua propterea Aristo. dubitavit an
divinioris esset originis, et a calido, frigido, humido, et sicco res
diversa. Nam revera genito v. g. per alteratricem oculo, ponere postea
ipsum in capite, non in calcaneo, et rotundam illi praebere figuram,
non quadrangulam, aut aliam: magnitudinem autem moderatam, et numerum,
qui neque unum, neque tres, neque plures oculos comprehendat; haec (inquam)
opera non naturaliter, sed cum electione, et cognitione, atque
intellectu potius facta videntur. |
Ma
l'altra facoltà già citata che viene detta formatrice e che rende
dissimili le parti simili, cioè conferendo loro una bellezza che
deriva da un aspetto adatto, da una giusta grandezza, da un'idonea
collocazione e un numero congruo, è molto più importante e dotata di
somma saggezza, per cui Aristotele dubitò che fosse piuttosto di
origine divina e una cosa diversa dal caldo, dal freddo,
dall'umido e dal secco. Infatti, in realtà, una volta che l'occhio è
stato generato grazie alla facoltà trasformatrice, il metterlo
successivamente nella testa e non nel calcagno, e dotarlo di una forma
rotonda, non quadrangolare, o di un altro tipo, poi di una grandezza
moderata e di un numero che non è né uno né tre, né che comprenda
parecchi occhi, io direi che queste attività sembrano essere state
compiute non naturalmente, ma piuttosto con una scelta e conoscenza e
intelligenza. |
Videtur
siquidem formatrix facultas exactam habere cognitionem, et
providentiam tum futurae actionis, tum usus cuiusque partis, et
organi, praevidens quippe quasi infinita sapientia praedita, oculos ad
videndum esse comparatos, visioni vero idoneos futuros, si in eminenti
loco consistant, ut tanquam de specula cuncta prospicere, et
collustrare possint: rotundaque figura debere conformari, quo ad
cuncta videnda quo quo versum e vestigio moveantur; tum duorum numerum
eis competere, quo plura videant, et uno laeso, alter dimidium saltim
actionis retineat; quae omnia cum
providentia, et ratione facta potius, quam naturaliter videntur;
ideoque non est mirandum, ut dixi, si de hac formatrice foetus
facultate Arist.[45] dubitavit, an
divinioris sit originis, et a calido, frigido, humido, et sicco res
diversa. Haec igitur, sunt facultates, actiones, et opera facta
generatricis, quae Galli semini, et ovi chalazis indita est. |
In
effetti sembra che la facoltà formatrice abbia un'esatta conoscenza e
preveggenza sia di una futura azione sia dell'uso di ogni parte e
organo, poiché prevede, come se fosse dotata di infinita sapienza,
che gli occhi sono predisposti a vedere, cioè, che diventeranno
adatti alla visione, se si trovano in una posizione elevata, affinché
possano guardare e osservare tutte le cose come da una vetta, e che
debbono essere sagomati con un forma rotonda, affinché si muovano in
qualunque direzione per vedere immediatamente tutte le cose. Per cui
spetta loro il numero due affinché vedano più cose, e se uno è
stato leso l'altro conservi perlomeno la metà dell'attività. Tutte
queste cose sembrano essere state create con previdenza e razionalità
anziché naturalmente. Pertanto, come ho detto, non bisogna
meravigliarsi se Aristotele dubitò che questa facoltà formatrice del
feto sia piuttosto di origine divina e che è una cosa diversa dal
caldo, dal freddo, dall'umido e dal secco. Pertanto queste sono le
facoltà, le attività e l'opera compiuta della genitrice, che è
intrinseca al seme del gallo e alle calaze dell'uovo. |
Neque vos
turbet (Auditores) ex pusillo, minimoque corpore, cuiusmodi chalaza
est, innumeras propemodum resultare pulli partes, et organa; quoniam
id [occulta] oculata fide vobis erit perspectum, si mecum exiguum hoc
pulli principium minus forte, quam chalaza sit, contemplabimini; in
quo cor adesse ex pulsu percipietis; inde caput, oculos, spinam oculis
ipsis videbitis; alius vero omnes pulli partes in hoc exiguo
corpusculo contineri, omnium earum generatio, quae exiguo temporis
spatio succedit, manifestum omnino vobis faciet. Et haec de prima ovi
actione quae est pulli generatio; ad quam celebrandam, et Galli semen
agens, et foecundans, et chalaza tanquam materia substituta est. |
Né
deve turbarvi, o uditori, il fatto che da una struttura piccola e
piccolissima, come è la calaza, scaturiscano quasi innumerevoli parti
e organi del pulcino, in quanto ciò vi risulterà chiarissimo, per
una prova oculare, se considererete insieme a me che questo primordio
del pulcino è forse più piccolo della calaza; nel quale percepirete
dalla pulsazione che vi è il cuore, quindi con gli occhi stessi
vedrete la testa, gli occhi, la spina dorsale. Insomma, vi risulterà
del tutto evidente che tutte le parti del pulcino sono contenute in
questa piccolissima struttura, e che la generazione di tutte quante
avviene in un breve volgere di tempo. Queste sono le cose relative
alla prima attività dell'uovo che corrisponde alla generazione del
pulcino, per esercitare la quale agisce il seme del gallo che feconda,
e la calaza è stata designata come materia - da cui origina il
pulcino. |
Sed non haec
sola in ovo provenit, atque conspicitur actio a galli semine
foecundante proveniens; sed etiam accretio eorum, quae genita sunt,
quae ex nutritione expletur, secundo loco insurgit, et sese [exeit]
exerit: accretio (inquam) tanta, quanta sufficit, ut pullus membra
mollissima, et pene fluida quae in prima adeptus est formatione, tam
firma habeat et constantia, ut per os cibum capere, et ad capiendum
moveri, tum vero illum sensibus discernere utcunque possit. Sane
foetus augmentum nutritione, utrunque autem alimento completur;
actiones {[39]} <[43]> autem utriusque eaedem esse videntur. |
Ma
nell'uovo non si svolge e non si vede questa sola attività che deriva
dal seme del gallo che feconda, ma anche l'accrescimento delle
strutture che sono state generate. Quella che viene espletata dalla
nutrizione subentra in un secondo tempo e si manifesta. Direi che
l'accrescimento è tanto quanto basta affinché il pulcino abbia tanto
salde e compatte quelle membra mollissime e quasi fluide che ha
acquisito all'inizio della formazione, in modo da poter prendere il
cibo con la bocca e muoversi per prenderlo, e quindi riesca in
qualunque modo a distinguerlo attraverso i sensi. Senza dubbio
l'accrescimento del feto viene completato con la nutrizione, e ambedue
le cose con l'alimento, per cui le funzioni di ambedue sembrano essere
identiche. |
Nam attractio,
retentio, concoctio, quae tanquam nutritioni propriae censentur
actiones, ipsius quoque accretionis communes sunt, eamque perficiunt.
Quas sane actiones effectrices praecedunt facultates,
subsequuntur autem opera facta: effectrices autem facultates sunt
attractrix, retentrix, concoctrix, et expultrix: denique quae apponit,
agglutinat, et tandem nutrimentum assimilat: opera autem facta sunt
(ut summatim dicam) auctus, et nutritus tum pullus, tum omnes pulli
partes. |
Infatti
l'assunzione, la ritenzione, la digestione, che sono ritenute attività
caratteristiche della nutrizione, sono comuni anche alla crescita
stessa e la portano a compimento. Invero le facoltà creatrici
precedono queste attività, ma le opere eseguite vengono dopo. Le
facoltà creatrici sono l'attrattiva, la ritentiva, la digestiva e
l'espulsiva. Infine quella che appone, agglutina e infine assimila il
nutrimento. D'altra parte, per dirla in breve, le opere compiute sono
sia il pulcino cresciuto e nutrito, sia tutte le parti del pulcino. |
Haec porro
pulli auctio, et nutritio, quia tanquam ab agente ab ovi insitis
facultatibus, tanquam vero ex materia ex sanguine exuberante fiunt,
sanguis vero in ovo nullus insit; propterea natura ipsum ex aliqua
materia suppeditare constituit, in ovo tum albumen, tum vitellum
posuit, quae in sanguinem fere dictum, factum migrant, et propositum
augendi, nutriendique corpus foetus scopum, et usum complent. Iam
igitur omnes facultates, actiones, et opera facta, quae ab ovo, et in
ovo proveniunt, proposita sunt. |
Inoltre
questo accrescimento del
pulcino e la nutrizione, siccome quanto ad agente sono prodotti da
facoltà insite nell'uovo, ma quanto a materia da sangue in
esuberanza, mentre nell'uovo non c'è sangue. Pertanto la natura ha
stabilito di fornirlo di una qualche materia, e ha posto nell'uovo sia
l'albume che il tuorlo, i quali, quasi detto fatto, si trasformano in
sangue e adempiono allo scopo e alla necessità predetta di aumentare
e di nutrire il corpo del feto. Pertanto sono state ormai esposte
tutte le facoltà, le azioni e le opere eseguite che derivano
dall'uovo e che nell'uovo finiscono. |
Superest
modo, ut in huius tractationis fine contemplemur, perpendamusque quo
ordine, hoc est, quae prius, quaeve posterius partes, et organa in ovo
gignantur: sic enim (ni fallor) tota haec contemplatio suum finem,
suosque numeros fuerit assecuta. In cuius indagine duo ponenda
fundamenta sunt: alterum a corpore, alterum a re incorporea desumptum,
ut puta a natura, et ab anima. |
Alla
fine di questa trattazione ci rimane solamente da esaminare e valutare
attentamente in quale ordine, cioè, quali parti e organi nell'uovo si
generano prima e quali dopo. Infatti, se non erro, in questo modo
tutta questa analisi conseguirà il suo scopo e i suoi obiettivi. In
tale indagine bisogna porre due principi fondamentali, uno desunto dal
corpo e l'altro dall'incorporeo, cioè dalla natura e dall'anima. |
Corporeum
fundamentum appello, quod a natura corporis dependet, et fluit: et ab
arte factis facile exemplum desumitur. Sicuti enim quodcumque
aedificium, et fabrica ab arte constructa, prius fundamenta requirit,
super quibus universum aedificium ponatur, ut sustentetur: inde
parietes eriguntur, a quibus, et pavimenta, et tecta sustineantur; tum
vero suppellex, et caetera domus ornamenta iis appenduntur, ac
stabiliuntur: ita profecto natura fabricam animalis molitur. Ossa
tanquam fundamenta primum constituit, ut iis omnes corporis partes
nascantur, appendantur, ac stabiliantur: quae etiam alio nomine prius
formantur, et constituuntur. |
Chiamo
fondamento corporeo quello che dipende e sgorga dalla natura del
corpo, e un facile esempio lo si desume dalle opere d'arte. Infatti,
come qualunque edificio e costruzione fatti a regola d'arte, prima
richiedono le fondamenta sulle quali venga posto tutto l'edificio
affinché venga sorretto, quindi vengono erette le pareti dalle quali
debbono essere sorretti sia i pavimenti che i tetti, quindi vengono
loro appesi e fissati i mobili e gli altri ornamenti della casa:
proprio così la natura allestisce la struttura di un animale. Per
prima cosa struttura le ossa come se fossero le fondamenta, affinché
su di esse nascano, si appendano e si consolidino tutte le parti del
corpo. Esse si formano e si strutturano precedentemente anche con un
altro nome. |
Nam cum ossa
ex mollissima, et membranea substantia primam suam habeant originem,
et paulo post durissima fiant, ideo multum temporis poni oportet in
generatione ossis, ut os durissimum efficiatur, ideoque prius gignitur.
Hinc Gal.[46]
non cuicunque artificio animalis fabricam comparat, sed maxime navigio.
Inquit enim sicuti navigii fundamentum, et principium carina est, ex
qua costae hinc inde in circulum recurvatae, et instar cratis modice
inter se distantes porriguntur, ut universa navigii fabrica ex carina,
tanquam ex congruo supposito principio postea consummetur; sic in
animali fabrica natura per spinam porrectam, et costas circumductas
quasi carinam, et fabricae principium congruum constitutum, totam
deinde componit, et perficit molem. |
Infatti,
siccome le ossa traggono la loro prima origine da una sostanza molto
molle e membranacea, e poco dopo diventano durissime, pertanto
parecchio tempo deve essere impiegato nella generazione dell'osso
affinché l'osso diventi durissimo, e pertanto viene generato per
primo. Per cui Galeno non paragona la creazione di un animale a una
qualsivoglia opera d'arte, ma soprattutto a una nave. Infatti dice
che, come la base e l'inizio di una nave è la chiglia, dalla quale i
fianchi curvati a forma di cerchio e un po' distanti tra loro come un
graticcio si diramano di qui e di là affinché successivamente
l'intera costruzione della nave si porti a termine dalla chiglia come
da un principio armonicamente presupposto, così poi nella creazione
di un animale la natura compone e perfeziona tutta la struttura per
mezzo di una colonna vertebrale allungata e delle coste ricurve come
se fosse una carena e un principio armoniosamente strutturato della
costruzione. |
Quocirca si
in pulli generatione tale quidpiam a principio statim conspicias,
videlicet totam spinam productam, et costas delineatas, et caput
efformatum, dicas quasi carinam esse animali fabricae paratam, et
appositam; et caput altius caeteris, quasi puppim, erectum. At vero si
spina tanquam carina, prior caeteris genita est, omnino, et spinalem
medullam prius intus poni erat necessarium. Quod si spinalis medulla
ante spinam formari, includique [44] debet, omnino cerebrum, quod
spinali medullae principium est, conformari prius erat conveniens. Sed
multos in admirationem adducit, cur natura oculos magis evidentes, et
pene caeteris partibus maiores construxerit? |
Perciò,
se nella generazione del pulcino a partire dall'inizio si notasse
subito un qualcosa di simile, cioè tutta la colonna vertebrale
formata e le coste abbozzate, e la testa foggiata, si potrebbe dire
che alla costruzione dell'animale è stata approntata e predisposta
una chiglia, e che la testa, più in alto delle altre strutture, è
eretta come se fosse una poppa. Ma se la colonna vertebrale, quasi
fosse una chiglia, è stata generata prima delle altre strutture, era
assolutamente necessario che prima al suo interno fosse posto anche il
midollo spinale. Per cui, se il midollo spinale deve essere formato
prima della spina dorsale e esservi incluso, era assolutamente
opportuno che il cervello, che serve da inizio per il midollo spinale,
si formasse per primo. Ma ciò che segue induce parecchie persone a
chiedersi con meraviglia: perché la natura avrebbe costruito gli
occhi più evidenti e quasi più grandi delle rimanenti strutture? |
Nisi dicamus,
oculorum naturam pene totam diaphanam esse, ideoque sanguinem in eorum
generatione naturam non admittere, sed maxime diaphana corpora:
cuiusmodi chalazarum corpus est, ideoque statim a chalazis ad magnam
partem conformari, ut sanguis modice ad illorum generationem concurrat.
Quod si concurrere multum sanguinis dicamus, omnino alio nomine oculi
prius, et gignuntur, et perficiuntur: propterea quod oculi ex diversis
admodum, et inter se contrariis partibus conflantur, opacis scilicet,
nigrisque, et corpulentis, ut uvea tunica, et choroide: et ex
diaphanis albissimis, rarissimis, et purissimis, nimirum crystallino,
aqueo, et vitreo humore: item cornea, coniunctiva, retina, aranea[47].
Sed in contrariis partibus constituendis natura multum temporis,
multum laboris ponit, ut partes contrarias mutuo a materia separet:
ergo prius erant oculi formandi, et gignendi. |
A
meno che diciamo che la struttura degli occhi è quasi tutta diafana,
e pertanto la natura non usa sangue nel generarli, ma soprattutto nel
generare corpi diafani, come lo è il corpo delle calaze, e pertanto
vengono subito in gran parte formati dalle calaze, di modo che il
sangue contribuisca poco alla loro generazione. Ma se dicessimo che
contribuisce parecchio sangue, gli occhi vengono assolutamente
generati e ultimati prima con un altro nome. Motivo per cui gli occhi
vengono composti da parti molto diverse e tra loro contrarie, cioè
opache, nere e spesse, come la tunica dell'uvea e la coroide, e da
strutture diafane, bianchissime, sottilissime e purissime, cioè il
cristallino, l'umor acqueo e vitreo, parimenti la cornea, la
congiuntiva, la retina, l'aracnoide – forse l'odierna coroide. Ma
nel costruire le parti contrarie la natura impiega molto tempo e molta
fatica per separare reciprocamente dalla materia le parti contrarie,
per cui gli occhi dovevano essere formati e generati prima. |
His addi
tanquam tertia causa, usus potest; oculi enim tanquam maxime
necessarii, statim infantibus nascentibus aperiuntur, ideoque prius
gigni, ut prius perfectionem adipiscantur, necesse est. Iam igitur
patet ex arte factis, cur natura spinam primo, et caput efformarit, et
veluti carinam animali fabricae constituerit. Satius autem fuerit
dicere, artem ab ipsa natura didicisse, et ipsam fuisse imitatam,
quoniam uti dicit ubique Galenus[48]
natura, et antiquior est, et in operibus suis magis sapiens, quam ars;
idem exactissime conspicitur in ranarum generatione, quae ex exiguis
animalculis inchoatur vulgo hic ranabottoli: quorum non est conspicere
nisi caput, et caudam, hoc est caput, et spinam sine cruribus penitus,
et brachiis: quae tamen temporis progressu maiora facta, iam nigro
colore recedente, et colore vero ranarum accedente, simul quoque
brachia, et crura expullulare videntur; primo quidem exigua, et
imperfecta; subinde perfecta, et consummata. Confirmat igitur perbelle
hoc totum, inchoata ranarum productio. |
A
queste motivazioni si può aggiungere come terzo motivo quello
dell'uso. Infatti gli occhi, essendo assai necessari, vengono subito
aperti agli infanti quando nascono, per cui è necessario che vengano
generati per primi affinché raggiungano per primi la perfezione. Per
cui è già chiaro dalle opere d'arte perché la natura ha formato
dapprima la spina dorsale e la testa e le ha poste come una chiglia
per fabbricare un animale. Sarebbe d'altronde preferibile dire che
l'arte ha imparato dalla stessa natura e che essa è stata imitata, in
quanto come dice sempre Galeno la natura è più antica e più
sapiente nelle sue opere di quanto lo sia l'arte. La stessa cosa la si
vede in modo perfetto nella generazione delle rane che prende inizio
da animaletti piccolissimi, qui a Padova detti comunemente ranabottoli
- i girini, dei quali è possibile vedere solo la testa e la coda, cioè
la testa e la spina dorsale completamente prive di zampe e braccia, e
che tuttavia col progredire del tempo, quando sono diventate più
grandi, mentre se ne va il colore nero e arriva quello delle rane,
contemporaneamente si vedono germogliare anche le braccia e le gambe,
dapprima piccole e imperfette, quindi ultimate e completate. Pertanto
tutto questo lo conferma molto bene l'inizio della formazione delle
rane. |
Alterum
fundamentum partium prius, et posterius generandarum sumitur a natura,
hoc est ab anima; a qua animalis corpus regitur, ac gubernatur. Si
enim duo sunt gradus animae, vegetalis, et sensitivus; vegetalisque
est tempore, et natura prior, cum ipsis plantis sit communis; omnino
organa vegetali deservientia, prius generanda, conformandaque sunt,
quam quae {sensititivae} <sensitivae>, et motivae accomodantur,
facultati praecipue autem principalia, et quae rationem obtinent
gubernantis; Sunt autem haec organa potissimum duo, iecur, et cor:
iecur quidem tanquam sedes concupiscibilis, seu vegetalis, seu
nutritoriae: cor aut tanquam organum, quod suo calore, et vegetalem,
et quamcunque aliam facultatem vegetat et perficit: ideoque cum
vegetali societatem, et nexum validum habet. |
L'altro
principio relativo alla generazione prima e dopo delle parti viene
assunto dalla natura, cioè dall'anima, dalla quale è retto e
governato il corpo dell'animale. Se infatti sono due le componenti
dell'anima, vegetativa e sensitiva, e quella vegetativa è antecedente
per tempo e per natura, essendo comune alle piante stesse,
indubbiamente gli organi che sono utili alla componente vegetativa
debbono essere generati e strutturati prima di quelli che presiedono
alla facoltà sensitiva e motoria, d'altronde soprattutto quelli
principali e che posseggono il principio della regolazione. Questi
organi sono soprattutto due, il fegato e il cuore, il fegato come sede
della funzione concupiscibile o vegetativa o nutritiva, il cuore come
organo che col suo calore fa crescere e perfeziona sia quella
vegetativa che qualunque altra facoltà. Perciò possiede un valido
legame e collegamento con la facoltà vegetativa. |
Unde si in
supposito ovo post tres dies videas ea parte, qua pullus gignitur, cor
palpitare, ut quoque testatur Arist.[49],
non mireris, sed dicas, cor ad vegetalem pertinere, et propterea
primum generari: rationi quoque consentaneum est, et iecur similiter
una cum corde gigni sed latere, quia non palpitet ut cor, nam et ipse
Arist.[50]
iecur, et cor pari
ratione in animali corpore constitui asseverat, ita ut si cor est, est
et iecur, ait Aristot. |
Per
cui se in un uovo messo a covare si vedesse dopo tre giorni il cuore
palpitare in quel punto dove il pulcino viene generato, come
testimonia anche Aristotele, non ci si dovrebbe meravigliare, ma dire
che il cuore appartiene al sistema vegetativo e pertanto viene
generato per primo. È anche ragionevole il fatto che parimenti anche
il fegato venga generato con il cuore, ma di lato, in quanto non
palpita come il cuore, infatti anche lo stesso Aristotele asserisce
che il fegato e il cuore si costituiscono nel corpo dell'animale per
motivi identici, cosicché se c'è il cuore c'è anche il fegato, dice
Aristotele. |
Si igitur
iecur, et cor primo generantur, consonum quoque est, et caetera organa
[45] his duobus deservientia cum his similiter generari; ut ratione
cordis, pulmones, et ratione iecoris, omnia membra, quae fere in
infimo ventre consistunt: Praeterea venas, et arterias, non solum
propter eandem rationem similiter cum corde, et iecore gigni, necesse
est, sed etiam ita gigni peculiari ratione confirmatur. Quod si enim
simul atque iecur, et cor genita sunt, statim et nutriri, et augeri
incipiunt: nutrimentum autem non nisi per venas comportatur,
necessario venas paratas esse, et iam genitas, cum primum iecur
genitum est, oportet; alioqui alimenti defectu interiret. |
Pertanto
se il fegato e il cuore si generano per primi, è giusto che anche gli
altri organi utili a questi due vengano parimenti generati insieme a
loro: come i polmoni a causa del cuore, e a causa del fegato tutte le
strutture presenti quasi nella parte più bassa dell'addome. Inoltre
non solo è necessario che le vene e le arterie vengano generate per
lo stesso motivo insieme al cuore e al fegato, ma viene anche data
conferma che sono così generate per un particolare motivo. Infatti se
il fegato e anche il cuore sono generati insieme, subito iniziano a
essere nutriti e ad accrescersi. Il nutrimento poi viene trasportato
solo attraverso le vene e necessariamente bisogna che le vene siano
pronte e già generate non appena il fegato è stato generato,
altrimenti morirebbe per mancanza di nutrimento. |
Similiter de
corde, et arteriis dicendum est: videlicet non posse nutritionem
iecoris succedere sine calore cordis, qui per arterias circumfunditur:
ideo neque etiam mireris, si arterias pulsare videris, et ad membranam,
ubi pulli generatio fit, venas, arteriasque per parvi circuli
superficiem in pullum transmissas, intuearis. Liquet, igitur ex his in
prima statim pulli generatione iecur, cor, venas, arterias, pulmones,
et omnia in infimo ventre membra contenta generari: item carinam, hoc
est caput cum oculis, ac tota spina, et thorace conformari: ita ut in
pulli generatione primis quatuor, aut quinque diebus omnia iam
proposita conspiciantur, ac tantum artus desint, hoc est alae, et
crura, et quae haec componunt, ut ossa, articuli, et musculosum genus:
quae ratione optima posterius gignuntur, quod motus actio, postrema
omnium animalium actionum sit, et a vegetali facultate longissimo
distans intervallo: unde organa quoque ad motum spectantia, et ipsa
postremo loco generanda sunt. |
La
stessa cosa bisogna dire a proposito del cuore e delle arterie, cioè:
la nutrizione del fegato non può avvenire senza il calore del cuore,
che viene diffuso attraverso le arterie. Per cui non ci si dovrebbe
neppure meravigliare se si vedranno le arterie pulsare e si osservasse
che le vene e le arterie si distribuiscono nel pulcino attraverso la
superficie di un piccolo cerchio fino alla membrana dove avviene la
generazione del pulcino. Pertanto da queste cose risulta chiaro che
subito all'inizio della generazione del pulcino vengono generati il
fegato, il cuore, le vene, le arterie, i polmoni e tutte le strutture
contenute nella parte inferiore dell'addome. Parimenti prende forma la
carena, cioè la testa con gli occhi e tutta quanta la spina dorsale e
il torace, cosicché durante la generazione del pulcino nei primi
quattro o cinque giorni si vedono già tutte le cose suddette, e
mancano solamente gli arti, cioè ali e gambe e le strutture che le
compongono, come le ossa, le articolazioni e i vari muscoli, che per
ottimi motivi vengono generati successivamente, in quanto il movimento
è l'ultima delle attività di tutti gli animali e assai lontana dalla
facoltà vegetativa, per cui anche le parti che riguardano il
movimento debbono essere generate per ultime. |
Atque haec de
animalium generatione ex veris ovis, et proprie dictis proposita sint.
Nunc ovorum actio, seu animalium generatio ex ovis improprie dictis
proponenda est. |
E
queste che abbiamo riferito sono le cose che riguardano la generazione
degli animali da uova vere e propriamente dette. Adesso bisogna
esporre l'attività delle uova, ossia la generazione degli animali da
uova impropriamente dette. |
Hanc Arist.
passim vermis generationem esse tradit. Differre autem hanc a prima ex
perfectis ovis voluit: quod haec ex parte sui animal generant, ex
parte nutriunt, alia vero totum, quod habent, in animalis, hoc est
vermis generatione conferunt, ita ut ex ovo toto vermis nascatur:
propter quam causam[51] eiusmodi ova nequaquam
heterogeneas partes, sed duntaxat homogeneas continent: quod Arist.[52] significavit per illud
verbum, fluidum, unde dicit; Genus quoddam papilionum durum quiddam
simile cartamo idest cnici semini producit, sed intus fluidum: ex quo
toto (nimirum fluido, et homogeneo in ovo contento) nascitur vermis:
qui ex Arist. [53]imperfectum animal est,
et fere homogeneum, et indiscretum: et cum ex toto eo fluido vermis
nascatur sequitur, in ovo nullam superesse materiam, quae alimentum
vermi sit. |
Aristotele
qua e là riferisce che la seguente generazione è quella del verme.
Infatti ha stabilito che questa differisce dalla prima che avviene
dalle uova perfette, in quanto queste da una loro porzione generano
l'animale, lo nutrono con un'altra parte. Le altre uova trasferiscono
tutto quello che posseggono nella generazione dell'animale, cioè del
verme, in modo tale che da tutto l'uovo nasca un verme. Per questo
motivo siffatte uova non contengono affatto parti eterogenee, ma solo
omogenee, che Aristotele ha espresso con quella parola, fluido, per
cui dice: Un tipo di farfalle produce un qualcosa di duro simile al
cartamo*, cioè al seme del cartamo, ma che internamente è fluido, e
dal tutto (ossia dal fluido omogeneo contenuto nell'uovo) nasce un
verme, che per Aristotele è un animale imperfetto e quasi omogeneo e
indifferenziato. E siccome da tutto quel fluido nasce un verme, ne
consegue che nell'uovo non rimane alcun materiale che possa servire da
alimento per il verme. |
Attamen
Arist.[54] vermen
nutriri, et augeri voluit, et emittere excrementa. Ergo aderit
in ovo etiam alimenti portio; neque verum erit, ex toto eo animal
fieri. Sed triplex afferri responsio potest. Prima, ut vermis in ovo
genitus habeat in se, hoc est intus suo corpore aliquam materiam
inconcoctam, quae per ulteriorem concoctionem ipsimet alimento sit.
Alia responsio est, ut dicamus definitiones aliquantulum variando.
Ovum proprie dictum id esse, ex cuius minori parte animal gignitur,
videlicet ex chalaza: ex maiore autem nutritur, ut puta ex albumine,
et vitello: ovum vero improprie dictum contra scilicet esse; ex cuius
maiori parte animal gignitur, ex minori vero nutritur. Quae responsio
videtur meae suprapositae sententiae magis [46] competere. Tertia
responsio ex Arist. elicitur; qui vult, vermen ex toto ovo genitum iam
extra ovum in ambiente degere, et exterius nutriri, augerique, et
emittere excrementa: Si enim ex toto ovo vermis gignitur, consonum
est, eo genito, nihil reliqui ex ovo superesse; sed ad actionem ovi
improprie dicti redeamus. |
Tuttavia
Aristotele ha stabilito che il verme si nutre e si accresce, e che
emette escrementi. Pertanto nell'uovo sarà presente anche una
porzione di alimento e non sarà vero che l'animale si forma
dall'intero uovo. Ma può essere addotta una triplice risposta. La
prima, in quanto il verme generato nell'uovo avrebbe dentro di sé,
cioè all'interno del suo corpo, un po' di materia indigerita che per
ulteriore digestione diventa per lui alimento. L'altra risposta
consiste nel dire le definizioni con un pochino di variazioni. L'uovo
propriamente detto è quello dalla cui parte minore l'animale viene
generato, cioè dalla calaza, mentre viene nutrito da quella maggiore,
cioè dall'albume e dal tuorlo. Invece l'uovo impropriamente detto è
esattamente quello dalla cui parte maggiore l'animale viene generato e
viene nutrito da quella minore. Questa risposta sembra essere più
consona alla mia affermazione prima addotta. La terza risposta viene
dedotta da Aristotele, il quale afferma che il verme generato da tutto
l'uovo quando è fuori dall'uovo vive nell'ambiente e viene nutrito e
accresciuto all'esterno, e che emette escrementi. Se infatti il verme
si genera dall'intero uovo, è giusto che, una volta generato, non
rimanga nulla dell'uovo. Ma torniamo all'attività dell'uovo
impropriamente detto. |
Arist. sicuti
duplicem quodammodo ovi naturam, duplexque ovum constituit in hoc
genere, uti in historia diximus; ita duplicem ponit actionem,
genitumque animal duplex. Etenim ex primis ovis, quae primordia
generationis sunt, vermis perpetuo gignitur: nimirum ex ovis muscarum,
formicarum, apum, sericinorum bombycum animalium, et ex ovo cartamo
simili, et aliis id genus, in quibus quid fluidum continetur, et ex eo
fluido toto vermis nascitur: ex secundis vero ovis, quae ab ipsomet
verme fabricantur, papiliones gignuntur[55],
et exeunt scilicet volatile animal, quod in putamine, seu folliculo,
ceu ovo, continetur, et concluditur: et abrupto folliculo exit, ut de
locustarum ovis Aristot.[56] prodit cum locustas ex
ovo hoc sane modo fieri, et erumpere tradidit. locustae pariunt in
rimis sua ova, quae durant hyeme, et in terra ineunte aestate
proveniunt ex foetu anni superioris locustae, quae in terram faetum
deponunt; ita ut quasi favus esse videatur, hinc vermiculi, speciem
ovi gerentes oriuntur: qui terra praetenui, tanque membranula
ambiuntur, qua disiecta emergunt locustae, ac evolant. |
Aristotele,
come ha collocato in qualche modo in questo tipo di uovo una duplice
natura dell'uovo e un uovo duplice, come ho detto nella descrizione,
così vi stabilisce una duplice attività e un duplice animale
generato. Infatti il verme viene sempre generato dalle prime uova che
sono gli inizi della generazione, ossia dalle uova delle mosche, delle
formiche, delle api, dei bachi da seta, e dall'uovo simile al cartamo
e altre di questo tipo, nelle quali è contenuto un qualcosa di
fluido, e da tutto questo fluido nasce il verme. Dalle seconde uova,
che vengono fabbricate dal verme stesso, nascono le farfalle ed escono
come un animale che vola, il quale è contenuto e racchiuso nel guscio
o follicolo o uovo. Rotto il follicolo, esce, come riferisce
Aristotele a proposito delle uova delle locuste, quando ha riferito
che le locuste si formano ed escono dall'uovo proprio in questo modo.
Le locuste partoriscono nelle fessure le loro uova che vi rimangono
durante l'inverno, e all'inizio dell'estate spuntano nella terra le
locuste che derivano dal feto dell'anno precedente, le quali depongono
il feto nella terra, tant'è che quasi sembra essere un favo, e da qui
nascono dei vermicelli che sembrano uova, i quali sono avvolti da una
terra molto sottile come se fosse una sottile membrana, rotta la quale
emergono le locuste e volano via. |
Eodem modo
fieri generationes vermium, Bombycum, qui sericini appellantur,
conspicimus. Etenim ex ovis ineunte aestate a papilionibus superiore
anno exclusis, ac toto hyberno tempore sic servatis, postea circa
Veris medium a calore solis, ut dicit Arist. et ab alio quoque
moderato calore, v. g. inter mulierum mammas, facultates in ovo
insitas excitante, oboriuntur vermes; qui statim atque orti sunt, mori
folia comedentes nutriuntur, augentur, et emittunt excrementa: ubi
autem iustum receperint augmentum, tum a cibo cessant, et folliculi
fabricae toti dediti, tandem in folliculo a se ipsis fabrefacto, ceu
in ovo se includunt, ubi in aurelias[57],
seu chrysalidas primum versi, hoc est vermem quodammodo immobilem, mox
in papiliones degenerant, qui rupto folliculo, foras evolant: caeterum
hi alas tantum quatiunt, nequaquam a solo sese attollentes, sed
ambulant ita dimotis alis, donec mare foeminae occurrente diu coeant:
a coitu foeminae mox ova excludunt, et moriuntur, ut quoque mares.[58] |
Vediamo
che la generazione dei vermi dei bombici, detti bachi da seta, avviene
nello stesso modo. Infatti, dalle uova deposte dalle farfalle l'anno
precedente all'inizio dell'estate e così conservate durante tutta la
stagione invernale, poi intorno alla metà della primavera nascono i
vermi per il calore del sole, come dice Aristotele, e per qualche
altro moderato calore, ad esempio tra le mammelle delle donne, che
eccita le facoltà presenti nell'uovo. I vermi, non appena sono nati,
si nutrono mangiando le foglie del gelso, si accrescono ed emettono
escrementi. Quando hanno raggiunto un giusto incremento allora
smettono di mangiare e, completamente dediti alla fabbricazione del
bozzolo, infine si rinchiudono in un bozzolo da loro stessi finemente
lavorato come se fosse un uovo, dove, dapprima trasformati in aurelie
- dorate - o crisalidi, cioè in un verme in qualche modo immobile,
successivamente si trasformano in farfalle che, rotto il bozzolo,
volano all'esterno. D'altra parte esse sbattono solamente le ali senza
assolutamente sollevarsi dal suolo, ma camminano muovendo le ali finché
si accoppiano a lungo quando un maschio si imbatte in una femmina.
Subito dopo il coito le femmine depongono le uova e muoiono, come pure
i maschi. |
Caeterum non
eadem generationis, et formarum successio omnibus est. Etenim insecta
aut ex ovo gignuntur, aut ex animalibus generis eiusdem[59],
ut phalangia, et aranei; ex phalangiis, et araneis, ut bruchi,
locustae, cicadae: aut non ex animalibus sed sponte: Alia ex rore, qui
frondibus inhaeret, videlicet verno tempore, cum natura fert. alia ex
{hyberno} <hiberno> tempore diutius australi: alia ex coeno, aut
fimo putrescente: alia in lignis aut stirpium ipsarum aut caesis: alia
in animalium pilis, alia in excrementis aut excretis, aut intus in
corpore contentis: Quorum nullum ex ovo, quod non praeest, suam
generationem adipiscitur: quamvis ex iis aliquot aliam postea subeant
mutationem, et in folliculo ovi speciem referente se includant. |
Inoltre
non tutti presentano la stessa successione della generazione e
dell'aspetto. Infatti gli insetti o sono generati dall'uovo o da
animali della stessa specie, come i ragni velenosi e i ragni dai ragni
velenosi e dai ragni, come i bruchi, le locuste e le cicale; oppure
non da animali ma spontaneamente; altri dalla rugiada che aderisce
alle fronde, naturalmente nel periodo primaverile, quando la natura è
produttiva, altri nel periodo invernale quando persiste il vento del
sud, altri dal fango o dal concime putrescente, altri nei legni o dei
ceppi stessi oppure tagliati, altri nei peli degli animali, altri
negli escrementi espulsi o contenuti all'interno del corpo. Nessuno di
essi trae la propria generazione da un uovo, in quanto non esiste,
anche se alcuni di essi vanno successivamente incontro a una mutazione
e si rinchiudono in un sacchetto che ha l'aspetto di un uovo. |
Uti autem in
propositis paucior formarum successio est, sic in nonnullis numerosior,
uti ex Aristot.[60] elicitur tum fieri ex
quodam verme grandiore, qui veluti cornua gemina protendit, suique
generis est, primum toto immutato, erucam: [47] deinde eum qui bombyx
appellatur: ex hoc necydalum[61],
invalidum dixerim: quae varia formarum successio in semestri temporis
spatio completur. Nonnunquam Arist. simpliciorem ponit insectorum
generationem ut loco citato: ubi apum, et crabronum, et vesparum
vermes quandiu recentes sunt et aluntur, tantisper et stercus emittere
videntur: et cum formae lineamenta receperint, sub qua facie nymphae
appellantur, iam neque cibum praeterea, capiunt, neque ullum reddunt
alvi excrementum, sed coerciti, et contracti quiescunt, nec ullo pacto
movere se patiuntur, usque dum species destinata perficiatur: quo
facto evolat proles, rupto, quo continebatur folliculo. Atque haec de
ovis improprie dictis, et eorum actione, et insectis ab iisdem
prodeuntibus dicta sufficiant: quae summa cum ratione Plinius libr. {II.}
<XI.> c. I.[62]
immensae subtilitatis animalia esse opinatus est. |
Come
negli animali suddetti esiste un minore avvicendamento delle forme,
così in alcuni è più numeroso, come si evince da Aristotele: talora
accade che da un verme più grande, che protende per così dire delle
corna gemelle e che appartiene al proprio genere, dapprima
completamente immutato, successivamente nasce un bruco, quindi quello
che è chiamato baco da seta, da questo una crisalide del baco da
seta, che chiamerei debole, e questa diversa successione di forme si
completa nel giro di un semestre. Talora Aristotele stabilisce una
generazione più semplice degli insetti come nel passo citato,
dove i vermi delle api, dei calabroni e delle vespe finché sono
piuttosto giovani e si nutrono, altrettanto li si vede emettere anche
dello sterco, e quando hanno acquisito i lineamenti dell'aspetto in
base al quale vengono detti ninfe, non prendono più cibo né emettono
alcun escremento intestinale, ma si mettono a riposo arrotolati e
contratti, né per alcun motivo si permettono di muoversi fino a
quando non è ultimato l'aspetto prestabilito. Fatto ciò, la prole
vola via dopo aver rotto il follicolo dal quale era contenuta. E
queste cose che abbiamo detto a proposito delle uova impropriamente
dette, della loro attività e degli insetti che ne originano, siano
sufficienti. Plinio nell'XI libro capitolo 1 a ragion veduta ha
pensato che si tratta di animali di un'enorme piccolezza. |
[1] Galeno, forse dal De foetuum formatione libellus IV p. 682-688 K. δημιουργός, ἀγγεῖα, σπέρμα.
[2] Aristotele De generatione animalium I 20, 729a 11.
[3] Suda ν 214 s.v. νεοττός (= III p. 451 Adler); Menandro, Com. fr. 42.
[4] Anassagora: cf. fr. 22 pr. Ateneo Deipnosophistae. Epitome B p. 57D.
[5] Aristotele De generatione animalium III 1, 752b 22 sqq..
[6] Ippocrate non ha condotto alcun esperimento, ma solo delle osservazioni. Infatti usa il termine diágnøsis i cui vari significati non contemplano un esperimento: riconoscimento, distinzione, discernimento, deliberazione, decisione, giudizio, valutazione, stima, diagnosi.
[7] Aristotele De generatione animalium III 2, 753b 23 sqq.
[8] Plinio Naturalis historia X 153.
[9] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b 20 sqq..
[10] Aristotele De generatione animalium II 4, 740a 36; Democrito, Testimonia. Fr. 144,3.
[11] Aristotele De generatione animalium IV 1, 764a 2.
[12] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 2 sqq..
[13] Aristotele De generatione animalium III 2, 753b 18 sqq..
[14] Aristotele De generatione animalium III 1, 751b 4 sqq..
[15] Aristotele De generatione animalium III 2, 752a 24. – Historia animalium VI 2, 560b 19 sqq..
[16] Aristotele Historia animalium VI 2, 559a 18 sqq..
[17] Aristotele De generatione animalium III 3, 754a 21 sqq..
[18] Aristotele Historia animalium V 14, 546a 25 - V 5, 540b 14.
[19] Aristotele De generatione animalium III 3, 754a 23 sqq..
[20] Aristotele Historia animalium V 4, 540b 19 sqq. - De generatione animalium I 6, 717b 34 sqq. - I 7, 718a 9 sqq. - Historia animalium V 5, 540b 28 sqq..
[21] Manca il terzo luogo.
[22] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 28.
[23] Madornale errore. La calaza più piccola si trova dal lato del polo ottuso, dove c'è la camera d'aria; la calaza più grande si trova dalla parte del polo acuto. Questo madornale errore è invece assente nell'iconografia di pagina 27 dove nella figura 1 troviamo che con D viene identificata la calaza maggiore che si trova dal lato acuto dell'uovo, mentre con la lettera E viene identificata la calaza minore che è posta di lateralmente ma che appartiene al polo ottuso dell'uovo. Chi è il colpevole di questa smentita? Magari l'iconografista? § Aristotele Historia animalium VI,2: Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono due, una in basso e una in alto. § Quindi Aristotele non specifica affatto le rispettive dimensioni delle calaze.
[24] Ma, che trae invece nutrimento dal tuorlo e che viene generato dall’albume, oltre al fatto che lo insegna l’esperienza, lo dimostra chiaramente Aristotele De generatione animalium III 2, 753a 35 - 753b 14: Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente (la causa è stata spiegata prima), mentre sottoposto al calore diventa solido, perciò soggetto alla cozione della riproduzione animale si ispessisce. Da esso prende consistenza l’animale, mentre il giallo diventa alimento e da esso provengono i mezzi per l’accrescimento delle parti che si continuano a formare. Per questo il bianco e il giallo sono tenuti distinti da membrane, in quanto hanno diversa natura. (traduzione di Diego Lanza)
[25] Aristotele De generatione animalium III 1, 751a 5 sqq. – Historia animalium VI 2, 560a 9 sqq..
[26] Aristotele Historia animalium VI 12, 560a 15 sqq..
[27] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 10 sqq. - De generatione animalium III 7, 757b 2 sqq..
[28] Si tratta dell'apertura della Borsa di Fabrizio o Timo cloacale. § Secondo Fabrizi, ciò che oggi è un organo linfatico, era invece una borsa in cui finivano il pene e gli spermatozoi del gallo. Si vede che analizzò solamente la cloaca delle galline. Infatti la borsa è presente anche nel gallo, e non solo nel gallo che per motivi contingenti viene montato da altri galli. Gli spermatozoi del gallo trovano accoglienza molto più in alto, e precisamente 50-80 cm dallo sbocco dell'ovidutto in cloaca: si tratta delle fossette ghiandolari, dove vengono immagazzinati. Le fossette ghiandolari si trovano nel punto di giunzione dell'infundibolo con il magnum.
[29] Aristotele De generatione animalium III 1, 750b passim.
[30] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 29 sqq..
[31] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 17 sqq..
[32] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 20 sqq..
[33] Aristotele De generatione animalium I 21, 729a 34 sqq. - I 28, 730a 29 sqq..
[34] Aristotele De generatione animalium III 5, 756a 25 sqq..
[35] cf. fr. 56,53 Torelli (= 65 D.-K.) pr. Aristotele De generatione animalium I 17, 723a 23 + fr. 67 D.-K. presso Galeno, In Hippocratis librum VI Epidemiarum VI 48 (= Corp. Medic. Graec. V.1..2.2 Wenkenbach).
[36] Aristotele De generatione animalium III 2, 752b 29 sqq..
[37] Aristotele De generatione animalium III 2, 753a 17 sqq..
[38] Aristotele Historia animalium VI 1, 559a 3: ὃν δ'οἱ Βοιωτοὶ καλοῦσιν εἴροπα (al. μέροπα), εἰς τὰς ὀπὰς ἐν τῇ γῇ καταδυόμενος νεοττεύει μόνος.
[39] Carrus (-us, m.), olim fortasse Boaetia (-ae, f.), (Italiane: Carro), vicus Italiae et municipium circiter 625 incolarum, in Provincia Spediense et in Liguria regione est. Carrus incolae Carrenses appellantur. – Oggi Carro in provincia di Savona. § Il gruccione (Merops apiaster) vive in Europa meridionale e in parti del Nord Africa e dell'Asia occidentale. Abita in ambienti aperti con vegetazione spontanea e cespugliosa con alberi sparsi e pali della luce, presso corsi fluviali, boschi con radure, oliveti. In Italia nidifica in Pianura Padana lungo i fiumi, nelle cave di sabbia e nella zona costiera dell'Italia peninsulare. Una folta colonia nidifica da alcuni anni lungo le sponde del torrente Scrivia (AL). Da maggio 2009 è stato avvistato sul monte Cigliano - ennesimo vulcano flegreo - a Pozzuoli, ripresentandosi l'anno successivo nello stesso periodo in una colonia di circa dieci esemplari. Diversi esemplari sono da anni presenti vicino le rive del Farfa, Montopoli di Sabina (RI).
[40] Il cuculo per eccellenza è il Cuculus canorus, famiglia Cuculidae. Salvo le debite eccezioni, il cuculo si serve del nido degli altri uccelli, in ciascuno dei quali la femmina depone un solo uovo, per un totale di circa 15-20 uova per anno.
[41] Ruga deriva dal latino eruca: nome volgare con cui vengono talvolta indicate le larve dei Lepidotteri, più note col nome di bruco.
[42] Ecco delle notizie che potrebbero essere inesatte: dovrebbe trattarsi del palombo, anch'esso uno squalo, battezzato Mustelus mustelus da Linneo nel 1758, etichettato anche con il sinonimo Squalus mustelus.
[43] Aristotele De generatione animalium III 2, 753a 5 sqq..
[44] Aristotele Historia animalium VI 3, 561b.
[45] Aristotele De generatione animalium II 1, 732a 3.
[46] Galeno De foetuum formatione IV p. 682,18 K.; De usu partium IV p. 241,16 K.
[47] Secondo gli antichi anatomisti - come Juan Valverde de Hamusco (Anatomia del corpo humano, 1559) - l'aracnoide era la membrana più interna dell'occhio che veniva prima della retina e che corrisponderebbe all'odierna coroide. Oggi per aracnoide si intende quella delle tre meningi che è interposta tra dura e pia madre.
[48] Galeno De usu partium III p. 561,11 K.: σοφώτερον τοῖς ἔργοις ἡ φύσις τῆς τέχνης ἐστί.
[49] Aristotele Historia animalium VI 3, 561a 9 sqq..
[50] Aristotele De generatione animalium II 1, 734a 25 sqq..
[51] Aristotele De generatione animalium II 1, 732a 31.
[52] Aristotele Historia animalium V 18, 550b 25 sqq..
[53] Aristotele De generatione animalium II 1, 733a 2.
[54] Aristotele Historia animalium V 22, 554b 1 - V 19, 551a 24.
[55] Aristotele Historia animalium V 19, 551a 24.
[56] Aristotele Historia animalium V28, 555b 18 sqq..
[57] Aristotele Historia animalium V 19, 551a 18 sqq..
[58] Aristotele Historia animalium V 28, 556a 1 sqq..
[59] Aristotele Historia animalium V 19, 550b 30 sqq. - 551a 1 sqq..
[60] Aristotele Historia animalium V 19, 551b 9 sqq..
[61] In greco nekýdalos significa crisalide del baco da seta e nékys significa cadavere.
[62] Plinio Naturalis historia XI 1: Restant immensae subtilitatis animalia: etc..