Fabripullus
Il Pulcino di Girolamo Fabrizi
Parte
seconda
La formazione del feto dei pennuti
Capitolo III - Le utilità delle uova
L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico
De Ovorum
utilitatibus. Cap. 3. |
Parte
seconda |
Cur
alia Ova heterogenea, et organica sint: alia homogenea, similaria. |
Perché
alcune uova sono eterogenee e organizzate, altre omogenee,
indifferenziate. |
Ovi
utilitates persecuturo mihi, ante omnia inquirendum cur ex multis
partibus ovum componatur: inde vero num id omni competat ovo. Quod si
ovo improprie dicto hoc non competit, rursus tertio huius varietatis
utilitas quaerenda est: Videlicet cur alia ova organa sint, utputa ex
pluribus composita; alia corpus tantum similare, quod ex toto eo
animal, hoc est vermis nascatur; non autem ex parte eius gignatur, ex
parte vero nutriatur, ut priora. Ad primum quod attinet Gal. passim
quodque organum ex multis partibus constare prodidit. Quinimmo de
ratione organi esse voluit, ut ex pluribus componatur particulis, quae
ad unam actionem omnes conspirent, diversa tamen ratione, et utilitate. |
Poiché
descriverò le utilità dell'uovo, innanzitutto debbo chiedermi perché
l'uovo è composto da molte parti, quindi, se davvero ciò riguarda
tutte le uova. Ma, se ciò non riguarda l'uovo impropriamente detto,
in terzo luogo bisogna nuovamente indagare l'utilità di questa varietà,
cioè, perché alcune uova sono degli organi, ossia composte da molte
parti, mentre altre hanno solamente l'aspetto di un corpo, in quanto
dalla sua totalità nasce un animale, cioè un verme, e non viene
generato da una sua parte, ma viene nutrito da una parte, come le
prime - le uova propriamente dette. Per quanto riguarda il primo
punto, Galeno* in diversi passi ha detto che ciascun organo è formato
da diverse parti. Anzi, ha voluto che appartenga all'essenza di un
organo il fatto che è composto da parecchie particelle che cooperano
tutte per un'unica attività, tuttavia per motivi e utilità diverse. |
Nam aliae
praecipuum instrumentum actionis sunt: aliae ponuntur, tanquam sine
quibus actio fieri non potest: aliae ut melius actio fiat: aliae
denique ad horum omnium tutelam, et conservationem creatae sunt. Ovum
igitur, cum organum sit, (non enim quaelibet pars ovi est ovum) ut ex
pluribus constet partibus hasce conditiones subeuntibus necesse est:
quas sane conditiones, earumque utilitates exactius explicans Arist.[1]
ex ovi definitione eas proposuit, dum dicit: ovum est, ex cuius parte
animal gignitur, reliquum cibus ei, quod gignitur est. |
Infatti
alcune parti sono il principale strumento di un'azione, altre vengono
poste come se senza di esse un'attività non può svolgersi, altre
affinché un'attività si svolga meglio, altre infine sono state
create a tutela e conservazione di tutte queste. Pertanto l'uovo,
essendo un organo (infatti qualsiaisi parte dell'uovo non è l'uovo),
è necessario che sia costituito da parecchie parti che sottostanno a
queste condizioni, e Aristotele spiegando in modo più esatto queste
condizioni e la loro utilità, le ha mostrate in base alla definizione
dell'uovo, quando dice: è uovo quello da una parte del quale
l'animale viene generato, il resto è cibo per colui che viene
generato. |
Ex quibus
verbis datur intelligi, in omni ovo unam adesse partem, quae est causa
praecipua ovi actionis; aliae vero positae sunt, vel tanquam sine
quibus ovi actio fieri non posset; aliae ut melius ovi actio fiat:
aliae denique ad ovi, et actionis eius tutelam, et conservationem
comparatae sunt. Igitur primum inquirenda ovi actio est, utputa ad
quam omnes utilitates referuntur: scimus enim ex Galeno passim, non
licere de utilitatibus quicquam proponere, ac contemplari, nisi actio
organi prius cognita sit. |
Da
queste parole è possibile capire che in ogni uovo è presente una
parte che è la causa principale dell'attività dell'uovo. Le altre
parti invero sono posizionate come se senza di esse l'attività
dell'uovo non fosse possibile, altre affinché l'attività dell'uovo
si svolga meglio, altre infine sono state approntate a tutela
dell'uovo, sia della sua attività che per la sua conservazione.
Pertanto in primo luogo bisogna indagare l'attività dell'uovo, cioè,
a quale attività si riferiscono tutte le utilità. Infatti sappiamo
da numerosi passi di Galeno che non è lecito esporre e considerare
qualcosa circa le utilità se prima non è stata conosciuta l'attività
dell'organo. |
Ovi actiones,
uti supra statutum a nobis fuit, ex Arist. et Galeno duae sunt: prima
est pulli generatio; secunda augmentum, et nutritio. Quaeritur igitur
quaenam pars in ovo sit prima causa, seu praecipuum instrumentum
actionis ovi? Dubio procul, si de prima actione [48] loquamur, quae est pulli
generatio, praecipua causa vel est semen, vel chalaza: quia hae duae
sunt praecipua pulli generationis causa. Sed utrum semen, an chalaza? |
Le
attività dell'uovo, come in precedenza è stato da me stabilito in
base ad Aristotele* e Galeno, sono due: la prima è la generazione del
pulcino, la seconda è l'accrescimento e la nutrizione. Pertanto ci si
chiede: quale parte nell'uovo è la causa prima o il principale
strumento dell'attività dell'uovo? Senza dubbio, se parliamo della
prima attività, che è la generazione del pulcino, la causa
principale è il seme oppure la calaza, in quanto queste due cose sono
la causa principale della generazione del pulcino. Ma il seme oppure
la calaza? |
Potius semen
dicendum est: Nam causa haec praecipua nulla alia est, quam efficiens.
Sic {ventriculis} <ventriculus> causa efficiens chyloseos est:
sic iecur haematoseos sic cor pulsus, et caloris origo; et efficiens
causa constituitur: sic cerebrum sensus, et motus: itidemque de
caeteris dicendum; chalaza autem tantummodo materia est; sed satius
est dicere, utrunque simul esse praecipuum actionis instrumentum.
Ratio est, quia efficiens causa sine materia generare nil quicquam
valet. Dicebat enim Arist.[2]
oportere in generatione
esse, et quod generet, et ex quo generet; instrumentum autem {utruuque}
<utrunque> includit, et agens, et materiam. |
È
preferibile dire il seme. Infatti questa causa principale è
null'altro che la causa efficiente. Così lo stomaco è la causa
efficiente del chilo* - oggi chimo*, così il fegato lo è del sangue,
così il cuore è l'origine della pulsazione e del calore, e viene
stabilito esserne la causa efficiente, così il cervello lo è della
sensibilità e del movimento, e la stessa cosa bisogna dirla a
proposito delle altre strutture. D'altra parte la calaza è solamente
materia, ma è meglio dire che ambedue sono allo stesso tempo il
principale strumento dell'attività. Il motivo sta nel fatto che la
causa efficiente senza la materia non è in grado di generare alcunché.
Infatti Aristotele diceva che nella generazione deve esserci sia ciò
che genera che ciò da cui genera, infatti lo strumento include
ambedue le cose, sia ciò che agisce sia la materia. |
Propterea fit
pulli generatio ex semine galli tanquam foecundante, et ex chalaza
tanquam pullum corporante. Chalaza igitur a Galli semine foecundata
praecipua causa est pulli generationis, quae prima est ovi actio. At
non haec sola est ovi actio, sed ex Arist, et Galeno est quoque: pulli
augmentum, cui associatur nutritio; cuius pars principalis, et
praecipua causa est alimentum; id quoque non aliud est, quam vitellus,
et albumen, quae primae causae sunt, ut fiat augmentum, et nutritio. |
Pertanto
la generazione del pulcino avviene a partire dal seme del gallo come
fecondatore e dalla calaza come colei che dà corpo al pulcino.
Pertanto la calaza fecondata dal seme del gallo è la causa principale
della generazione del pulcino, che è la prima attività dell'uovo.
Tuttavia questa non è la sola attività dell'uovo, ma secondo
Aristotele e Galeno lo è anche l'accrescimento del pulcino al quale
si associa la nutrizione, la cui parte principale e causa preminente
è l'alimento, e questo altro non è che il tuorlo e l'albume, che
sono le cause prime affinché avvenga l'accrescimento e la nutrizione. |
Venae vero,
et arteriae alimentum deferentes erunt tanquam sine quibus actio, hoc
est augmentum, et nutritio fieri non posset; at vitelli, et albuminis
quantitas constituta sunt, ut melius ovi actio, hoc est augmentum, et
nutritio fiat, et ad pulli absolutionem et iustum incrementum
sufficiat: sine enim hac utriusque debita copia, deterius omnino pulli
incrementum succederet. Ultimo ovi cortex, et membranae ad totius ovi,
simulque actionis tutelam positae sunt. Iam igitur patet, cur ovum ex
multis conflatum est partibus, et quomodo omnes ad totius ovi actionem
conspirent; quoque modo singulae singulas generales expleant
utilitates. |
Ma
le vene e le arterie che trasportano l'alimento saranno per così dire
le cose senza le quali l'attività, cioè l'accrescimento e la
nutrizione, non sarebbe possibile, ma la quantità del tuorlo e
dell'albume è stata determinata in modo tale che l'attività
dell'uovo, cioè l'accrescimento e la nutrizione, avvenga in un modo
migliore e sia sufficiente al perfezionamento e al giusto incremento
del pulcino. Infatti senza un'appropriata quantità di ambedue
subentrerebbe un accrescimento del pulcino del tutto peggiore. Infine,
il guscio dell'uovo e le membrane sono stati messi per proteggere
tutto l'uovo e contemporaneamente l'attività. Pertanto adesso è
chiaro perché l'uovo è composto da molte parti e in che modo tutte contribuiscano
all'attività di tutto l'uovo,
e in che modo ciascuna parte svolga una singola azione utile per il
tutto. |
Nunc secundum
problema discutiendum est: Videlicet num haec eadem ovo improprie
dicto competant .s. esse organum, et habere plures partes, quarum
singulae suos praebeant usus, tum actioni, tum praecipuae parti
actionis causae. Cum ovum improprie dictum aut vermiculus sit ex
Arist.[3],
aut ex eo vermiculus nascatur; vermiculus autem imperfectum animal sit
ex eodem, et cum ex toto ovo ipse nascatur, et alimentum propterea in
ovo ei deficiat; sequitur, huiusmodi ovum uniforme corpus esse, et
fluidum, ut dicit Arist., et omnino similare, nequaquam organum: et
eiusmodi animalia alimento in ovo non indigere, propterea quod
exterius nutriantur, et eam ob causam iis perpetuo generationis locum
congruo [cui] cum alimento affluere natura voluit. |
Adesso
bisogna discutere un secondo problema, cioè se queste stesse cose
sono pertinenti all'uovo impropriamente detto, vale a dire che
è un organo e possiede numerose parti, ciascuna delle quali offre il
proprio uso, sia per l'attività, sia alla parte principale che è
causa dell'attività. Secondo Aristotele, siccome un uovo
impropriamente detto o è un vermicello o ne nasce un vermicello,
d'altronde il vermicello è un animale imperfetto che nasce dallo
stesso uovo imperfetto, e siccome esso nasce da tutto l'uovo, e
pertanto gli manca l'alimento nell'uovo, ne consegue che siffatto uovo
è un corpo uniforme e fluido, come dice Aristotele, e del tutto
simile, giammai un organismo. E siffatti animali non hanno bisogno di
alimento nell'uovo in quanto si nutrono all'esterno, e per tale motivo
la natura ha voluto che il luogo della generazione fosse sempre ricco
di un alimento adatto. |
Itaque muscas
ova producere in carne putrida, videmus et erucas in brassica, et
cantharidas in setis caninis[4];
denique singulis vermium generibus accommodatum sibi tum locum, tum
alimentum iugiter suppeditari. Ex toto autem ovo, non ex parte eius
gignitur animal, quia vermis, qui gignitur, imperfectum animal est, et
ut tale facile, ac cito gignitur, et consummatur. Ultimo si quaeras,
cur natura vermes ex ovo tam facile, tamquam festine, ac velociter tum
oriri, tum augeri, perficique voluerit: alia vero ex propriis ovis
noluerit? Respondendum, imperfecta longe facilius perfectis, perfici,
et consummari. Neque enim in vermibus tot partes, tantamque organorum
compagem, quae multo labore, [49] multoque tempore opus habet, requiri
existimandum est. |
Pertanto
vediamo che le mosche depongono le uova nella carne putrida, i bruchi
nel cavolo, le cantaridi* nei peli dei cani, e infine che a ciascuna
specie di vermi è sempre fornito sia un luogo che un alimento adatto.
Poi l'animale viene generato da tutto quanto l'uovo, non da una sua
parte, poiché il verme che viene generato è un animale imperfetto, e
come tale viene facilmente e prontamente generato e ultimato. Infine,
se ci si chiede perché la natura fa sia nascere che crescere i vermi
dall'uovo tanto facilmente nonché velocemente e rapidamente, e perché
ha voluto che giungano a perfezione, per quale motivo non ha voluto
che agli altri animali accadesse la stessa cosa dalle loro uova?
Bisogna rispondere che gli animali imperfetti vengono molto più
facilmente perfezionati e ultimati rispetto a quelli perfetti. Infatti
non bisogna pensare che nei vermi siano richieste tante parti e tante
strutture di organi che hanno bisogno di molto lavoro e di parecchio
tempo. |
Quod
si ultimo quaeras cur in vermium generatione, successioneque natura ut
plurimum non [foetu] fuerit unica mutatione contenta, sed modo trinam,
modo duplicem formarum successionem affectaverit, et adhibuerit?
Respondetur vermen ex ovo genitum oportere rursus ova
parere, ut propagatio sequatur, speciesque conservetur. Ova autem
foecunda per maris, et foeminae cuncursum fiunt, alioqui infoecunda
sunt, ut patet. |
Ma,
se per ultima cosa ci si chiedesse: perché nella generazione dei
vermi e nel suo susseguirsi per lo più la natura non si è
accontentata di un'unica mutazione, ma ha ricercato e utilizzato una
successione delle forme talora triplice, talora duplice? Si risponde
che il verme generato dall'uovo deve nuovamente partorire uova affinché
ne consegua la riproduzione e la specie venga conservata. D'altra
parte le uova diventano feconde per il concorso del maschio e della
femmina, altrimenti sono infeconde, come è evidente. |
Itaque merito
vermes, qui propter eorum imperfectam naturam sexu non distinguuntur,
uti elicitur ex Arist.[5]
iam mutari in aliam speciem debent, quae utrunque sortiatur sexum.
Quod ut fiat[6],
primum vermiculi ex ovis oriuntur; qui subinde aucti, erucae formam
induunt: ubi autem iustam magnitudinem receperunt, in folliculo
includuntur, ibi aureliae, evadunt; ultimo papiliones. Quia vero sexu
non distinguuntur, et vermis speciem quodammodo non mutant, utcunque
erucae, et aureliae evaserint, nisi ubi in papiliones migrarint,
mutatique sint; in papiliones autem commutati, iam volatilium naturam
sapiunt, volatilibusque annumerantur; ideo tunc sexu distinguuntur, et
coeunt, tum demum ova pariunt, ut rursus eiusdem generis vermes fiant,
et generationis successio consequatur, speciesque conservetur. |
Pertanto
giustamente i vermi che, a causa della loro natura imperfetta non si
distinguono in base al sesso, come si evince da Aristotele, ormai
debbono mutarsi in un'altro aspetto, il quale deve possedere ambedue i
sessi. Affinché ciò accada, dapprima dalle uova nascono dei
vermicelli i quali, dopo essersi accresciuti, assumono l'aspetto di un
bruco, e quando hanno acquisito la giusta grandezza si rinchiudono in
un sacchetto e qui diventano crisalidi e da ultimo farfalle. Ma
siccome non si distinguono in base al sesso e non cambiano in qualche
modo l'aspetto di verme, diventeranno comunque bruchi e crisalidi, a
meno che siano diventati e si siano mutati in farfalle. D'altronde
quando si sono mutati in farfalle ormai presentano la natura dei
volatili e vengono annoverati tra i volatili, e allora si distinguono
in base al sesso e si accoppiano, quindi finalmente depongono uova
affinché di nuovo diventino dei vermi dello stesso genere, ne derivi
un susseguirsi della generazione e la specie si conservi. |
Quod
si haec utilitas omni ex parte non arridet, dicas, hanc formarum
successionem fieri, quia Deus providentiam, et potestatem suam
multarum rerum mirabili varietate voluit ostendere<,> ex his
quoque patere potest, cur ex insectis alia gignuntur ex ovo, ut bona
pars; alia ex animalibus eiusdem generis, ut phalangia, et aranei: et
ex phalangiis et araneis, bruci, locustae, cicadae: Alia non ex
animalibus, sed sponte, ut dicit Arist.[7],
oriuntur, videlicet, ex rore, qui frondibus adhaeret, aut ex australi
tempore, aut ex coeno, aut fimo putrescente, aut in lignis vel
stirpium, vel caesis, aut in animalium pilis, aut in excrementis, vel
excretis, vel intus in corpore contentis. |
Ma
se questa utilità non ha successo sotto ogni profilo, si potrebbe
dire che questa successione di aspetti avviene perché Dio ha voluto
mostrare la sua provvidenza e il suo potere con una straordinaria
varietà di molte cose, dalle quali può anche risultare chiaro perché
alcuni insetti nascono da un uovo, come accade per buona parte, perché
altri nascono da animali dello stesso genere, come le tarantole e i
ragni, e dalle tarantole e dai ragni i bruchi, le locuste, le cicale.
Altri esseri, come dice Aristotele, non nascono da animali, ma
spontaneamente, cioè, dalla rugiada che aderisce alle fronde, oppure
da un clima mite, oppure dal fango, oppure dal letame in putrefazione,
oppure nei legni sia dei ceppi sia tagliati, o nei peli degli animali,
o negli escrementi sia eliminati sia contenuti dentro al corpo. |
Cuius tam
multiplicis generationis, numerosaeque sobolis ea est utilitas, ut
scilicet haec admodum imperfecta animalia, quae tum brevissimo
temporis spatio durant, videlicet trimestri, aut semestri, tum in
alitum cibum cessura erant: (Nam potissimum avium nidificationis
tempore insectorum fit proventus) numerosissima perpetuo sint, ne
unquam deficiant, ne ve genus pereat. Quae etiam causa est, ut haec
multiplicem sortiantur generationis occasionem: unam quidem spontaneam,
et ex se, videlicet ex rore, qui frondibus insudat; aliam ex concubitu;
videlicet ex ovis, quae fiunt ex primis vermibus folliculo inclusis,
et in aliam speciem mutatis, videlicet in papiliones. sunt nonnulla,
quae universalem iam propositum finem non assequuntur: ideoque ab his
distinguuntur, quod haec novam, ac duplicem mutationis speciem non
subeunt, sed pereunt in prima. |
L'utilità
di una generazione così molteplice e di una numerosa prole consiste
nel fatto che questi animali assai imperfetti, i quali sia durano per
uno spazio di tempo brevissimo, cioè un trimestre o un semestre, sia
erano destinati a diventare cibo degli uccelli (infatti soprattutto
durante il periodo della nidificazione degli uccelli c'è
un'abbondanza di insetti), sono sempre numerosissimi, perché non
vengano mai a mancare oppure il genere non si estingua. Questa è
anche la causa per cui essi abbiano in sorte una molteplice possibilità
di generarsi, una spontanea e autogena, cioè dalla rugiada che
trasuda sulle fronde, un'altra dall'accoppiamento, cioè dalle uova
che si formano dai primi vermi racchiusi nel sacchetto e che diventano
diversi assumendo un altro aspetto, cioè quello di farfalle. Ve ne
sono alcuni che non raggiungono lo scopo comune già esposto, e
pertanto si differenziano da questi, in quanto essi non vanno incontro
al nuovo e duplice tipo di mutazione, ma muoiono durante il primo. |
Ut
sunt parva illa animalcula, vulgo Rospetti, in torrentium litore ex
pulvisculo ab aestivo imbri madefacto exorta, et ab exortu se saltu
protinus loco moventia, ut ranae, quas toto corpore aemulantur,
quamvis colore potius rospos referant; quae uti cito propter causarum
vehementiam oriuntur, ita cito etiam pereunt; et propter eorum subitam
generationem non fieri, sed pluere a {nounullis} <nonnullis>
creduntur. |
Come
sono quei piccoli animaletti, detti comunemente rospetti, nati sulla
riva dei torrenti dal pulviscolo bagnato dalla pioggia estiva e che
dal momento della nascita si muovono subito sul posto con dei salti
come le rane che essi imitano con tutto il corpo, anche se per il
colore somigliano piuttosto a dei rospi. Come nascono rapidamente per
la veemenza delle cause, altrettanto rapidamente muoiono, e da alcuni
si crede che non nascono per una loro rapida generazione, ma che
piovono. |
Haec nullius
communis usus gratia, sed ex necessitate causarum produci, quod cito
oriantur, et pereant, neque in aliam speciem mutentur, indicio est.
Sic etiam vinarii culices[8], qui vulgo musciolini
[50] appellantur ex vinaciis oriundi primam speciem non praetereunt,
sed vermiculus subito in volatile transit, quod forte usum alia
pabulandi vix praebeat. |
Questi
vengono prodotti non allo scopo di un uso comune, ma per necessità
delle cause; ne è prova il fatto che nascono e muoiono in fretta e
non si trasformano in un'altra forma. Così anche le zanzare del vino,
che comunemente vengono dette musciolini - moscerini, originari dalle
vinacce, non vanno oltre la prima forma, ma il vermicello trapassa
subito in volatile, in quanto forse a stento offre un impiego per
nutrire altri animali. |
De
totius Ovi utilitatibus. |
Le
utilità di tutto l'uovo |
Ovi
utilitates eius potissimum actionem respiciunt, ad eamque referuntur,
hoc est in pulli generationem, et augmentum, uti supra dictum est; sed
quae primum a toto ovo desumuntur, vel ovi sunt, quatenus in utero
est, vel extra; si extra, vel ubi avi suppositum aut ubi non
suppositum est: de omnibus agamus. |
Le
utilità dell'uovo riguardano soprattutto la sua attività e ad essa
si riferiscono, cioè per la generatione e l'accrescimento del
pulcino, come prima si è detto. Ma quelle che in primo luogo sono
derivate da tutto l'uovo, o appartengono all'uovo finché si trova
nell'utero, oppure all'esterno. Se si trova all'esterno, occupiamoci
di tutto ciò che lo riguarda, sia quando è messo sotto a un uccello
oppure quando non vi è messo sotto. |
Ovum igitur
foras emissum, et non suppositum, primo rotundum est, ut in minimo
spatio tota pulli moles contineatur, propter quam causam Deus rotundum
mundum fecit, ut omnia contineret, omnia complecteretur, atque ob
eandem causam haec figura naturae semper extitit amicissima, et
convenientissima, ut dicebat Gal. 10. de usu part.[9] Praeterea cum non habeat
angulum externis iniuriis expositum, ideo tutissima est, et ad eiusdem
exclusionem opportunissima. |
Pertanto
un uovo deposto e non messo a covare, innanzitutto è rotondo affinché
tutta la mole del pulcino venga contenuta in uno spazio minimo, motivo
per cui Dio fece il mondo rotondo affinché contenesse tutte le cose,
abbracciasse tutte le cose, e per lo stesso motivo questa forma è
sempre risultata estremamente gradita e adatta alla natura, come
diceva Galeno nel De usu partium corporis humani al capitolo 10. Inoltre, non avendo un angolo esposto ai danni
esterni, è pertanto una forma estremamente sicura e assai adatta alla
sua cova. |
Veruntamen
omnium ferme avium non perfecte rotundum ovum est, sed oblongum: unde
ovale, quod tali figura donatum est appellatur: oblongum autem ovum
est, quia pullus magis longus, quam latus est: ita enim inflexis
omnibus articolationibus apparet, ac remanet. Id vero esse oblongum
plerisque usu venit ovis Gallinarum, anserum, pavonum, anatis,
columbarum, serpentum, et nisi forte pauca excipiantur, ut piscium, et
formicarum, quod rotunda prima facie appareant: sed et Gallinarum
quoque ovorum principia a vitello inchoata rotunda sunt. |
Tuttavia
a dire il vero l'uovo di quasi tutti gli uccelli non è perfettamente
rotondo, ma oblungo: per cui viene detto ovale ciò che è dotato di
questa forma. In effetti l'uovo è allungato perché il pulcino è più
lungo che largo: infatti tale appare e tale rimane con tutte le
articolazioni flesse. Ma che siano allungate si verifica soprattutto
per le uova delle galline, delle oche, dei pavoni, dell'anatra, delle
colombe, dei serpenti, e salvo forse escluderne poche, come quelle dei
pesci e delle formiche in quanto a un primo sguardo appaiono rotonde,
ma sono rotondi anche i costituenti iniziali delle uova delle galline
che prendono inizio dal tuorlo. |
Rursus neque
exacte ovale, et aequaliter oblongum, sed altera parte obtusius,
latius, et crassius, altera acutius, tenuiusque est ovum: quoniam
pullus ex superiore parte, ubi caput est et thorax, latior; ubi vero
crura, [augustior] angustior, tenuiorque est, in qua re adhuc varietas
conspicitur, quae in maioris, minorisque ratione consistit. Etenim
nonnulla ova cum eo, quod oblonga sunt, paulo minus ex utroque latere
sunt aequalia; alia ex altero extremo valde cacuminata. Unde Arist.[10]
dicebat. Quae oblonga sunt ova, et fastigio cacuminata, foeminam edunt.
Quae vero rotundiora, et parte sui acutiore obtusa, orbiculum, aut
peripheriam habent, mares gignunt. |
Inoltre
l'uovo non è perfettamente ovale e uniformemente allungato, ma da un
lato è più ottuso, più largo e più spesso, dall'altro lato è più
acuto e più sottile, in quanto il pulcino è più largo nella parte
superiore dove si trovano la testa e il torace, mentre dove ci sono le
zampe è più stretto e sottile, e a questo proposito si osserva
ancora una variazione che risiede nel motivo di essere più grande e
più piccolo. Infatti alcune uova oltre al fatto di essere allungate
sono pressapoco uguali ad entrambe le estremità, altre sono molto
acuminate a un'estremità. Per cui Aristotele diceva: quelle uova che
sono allungate e di aspetto appuntito producono una femmina. Invece
quelle che sono più rotonde e ottuse dal loro lato più acuto, e
presentano una forma circolare o una circonferenza, generano dei
maschi. |
Contrarium
scribit Plinius[11]
foeminam edunt quae rotundiora gignuntur; reliqua marem: credendum
est, Plinium contrarium habuisse codicem: cui autem credendum, dubium
est. Melius autem forte erit veritatem ab experientia venari ex
relatu mulierum. Ego tamen crederem, hoc provenire ex partibus pulli[12] infernis, quae ad
podicem, et uropygium spectant, aut latioribus, aut angustioribus: si
enim foemina habet partes eas latiores, ut ego opinor, tunc ovum
rotundum pariet foeminam: si angustiores marem<;> opinor autem,
foeminam habere eas partes latiores, quia ad podicem praeter alia
foramina mari communia, uterum habet, qui amplus est, et amplas
eiusmodi partes requirit: cuius rei gratia etiam mulier hanc partem ad
ossa ilium spectantem viro habet latiorem. |
Plinio
scrive il contrario: quelle che vengono generate più rotonde
producono una femmina, le altre un maschio. Bisogna credere che Plinio
abbia avuto a disposizione un codice dal contenuto opposto; a chi si
debba credere è tuttavia dubbioso. Ma forse sarà meglio ricercare la
verità dall'esperienza basandoci su ciò che riferiscono le donne.
Tuttavia io sarei propenso a credere che ciò deriva dalle parti
inferiori del pulcino, che sono rivolte verso la cloaca e l'uropigio,
se sono più larghe oppure più strette. Se infatti la femmina ha
quelle parti più larghe, come penso, allora un uovo rotondo partorirà
una femmina, un maschio se sono più strette. In effetti io penso che
una femmina ha quelle parti più larghe, in quanto in prossimità
della cloaca, oltre ad altri fori in comune col maschio, possiede
l'utero che è ampio e richiede che siffatte parti siano ampie. Per
questo motivo anche la donna presenta questa parte, posta in vicinanza
delle ossa del bacino, più larga rispetto al maschio. |
Igitur ova
merito tum latiorem, tum angustiorem partem sortita sunt. Quae ut ita
efformarentur, natura in ovi ortu declivem situm uni parti tradidit,
quae latior futura erat, ut propter declivem situm materia copiosior
deorsum [51] vergens, simul eam partem [dilatat] dilataret. Et propter
hanc causam ovum in partem crassiorem exit: quamvis forte magis
consonum, commodumque esset, in acutam partem prius exire, [tanquam]
tamquam quae sensim sibi viam ad exitum pararet. Sed cum prospiceret
natura, eandem retro subesse difficultatem, si contra fieret,
propterea latiorem ovi partem prius exire permisit. |
Pertanto
giustamente le uova hanno ricevuto sia una parte più larga che una più
stretta. Affinché esse si strutturassero in questo modo, durante la
nascita dell'uovo la natura ha assegnato una posizione declive alla
parte che sarebbe stata più larga, affinché a causa della posizione
bassa la materia, fluendo più abbondante verso il basso,
contemporaneamente dilatasse quella parte. E per questo motivo l'uovo
esce con la parte più grossa, anche se forse sarebbe più conveniente
e opportuno che cominciasse a uscire con la parte acuta, come se pian
piano essa si preparasse la via per uscire. Ma la natura, prevedendo
che posteriormente si sarebbe presentata la stessa difficoltà se si
fosse svolta al contrario, allora ha permesso che la prima a uscire
fosse la parte più larga dell'uovo. |
Quod forte ea
quoque ratione factum est, ut retro ad acutam ovi partem uterus
facilius, et citius contraheretur, et ita contractus facilius quasi ad
exitum deorsum ovum impelleret. Sed {utputo} <ut puto>, ovi
obtusioris partis pondus sensim dilatando viam aperit, et sibi parat.
Quod si contrarium situm obtineret, pondus, quod superius esset,
deorsum revolveretur, atque ita perinde ovo contingeret, ac laminae
plumbeae, medullae sambuci annexae vulgo Saltamartino[13]. Quod si interdum
reperiatur contra id quod fere perpetuum est, non turbet. |
E
questo forse è accaduto anche per tale motivo, che l'utero si
contraesse più facilmente e più in fretta posteriormente presso la
parte acuta dell'uovo, e così contratto spingesse più facilmente in
basso l'uovo fin quasi all'uscita. Ma, come ritengo, il peso della
parte ottusa dell'uovo dilatando pian piano apre la via e se la
prepara. Ma, se fosse rivolto al contrario, il peso, che starebbe in
alto, ricadrebbe verso il basso, e all'uovo accadrebbe la stessa cosa
che accadrebbe alla lamina di piombo inserita nel midollo del sambuco
comunemente detto saltamartino. Ma se talora lo si trova posizionato
al contrario di quanto avviene quasi sempre, non ci si deve turbare. |
Ovi magnitudo
ea est, quae requiritur ratione magnitudinis pennati animalis, ut
scilicet in ovo tantum augeri pullus possit, donec per os nutriri
valeat. Ovorum numerus quarundam avium, ut puto, definitus est; earum
nimirum, quae semel in anno generant: in iis enim credibile est tot
vitellos in racemo conformari, quot sunt necessarii in una
nidificatione. Sed unum notatum dignum oportet in his observare,
videlicet haec pennata, quae pauca ova pariunt, ea sine mare non
parere. Nunquam columbae (ut audio) ova sine mare pariunt, quamvis
Arist.[14]
dicat, subventanea ova
plures aves parere, ut gallinas, perdices, columbas, pavones, anseres,
et vulpanseres dictas, causam vos ipsi per otium excogitetis, et mihi
communicetis. At gallinae ova sine mare pariunt. |
La
grandezza dell'uovo è quella richiesta in relazione alle dimensioni
dell'animale pennuto, ossia, che il pulcino possa ingrandirsi
nell'uovo fino a quando è in grado di nutrirsi per bocca. Il numero
delle uova di alcuni uccelli, come mi pare, è stabilito. Si tratta
evidentemente di quelli che depongono una sola volta all'anno: infatti
a proposito di essi è credibile che nel grappolo si formano tanti
tuorli quanti sono necessari per una nidificazione. Ma in questi
uccelli è opportuno osservare una cosa degna di nota, cioè che
questi pennuti, che depongono poche uova, non le depongono senza il
maschio. Le colombe, come sento dire, non depongono mai uova senza il
maschio, anche se Aristotele dice che numerosi uccelli depongono uova
ventose, come le galline, le pernici, le colombe, i pavoni, le oche e
quelle dette volpoche*. Con tranquillità scopritene voi stessi la
causa e riferitemela. Ma le galline depongono uova senza il maschio. |
Igitur
pleraque pennata ova in numero definito pariunt, cuius rei forte causa
est, quod numerus imperfectionem in omnibus arguit: et in paucitate
natura non fallit. Et hoc evenire iis consentaneum est, quarum partus,
et ipsi etiammet parentes vel in cibum alterius non succedunt, vel
destructioni non sunt obnoxiae. Nam si sint obnoxiae, ut Gallinae, in
iis numerus ovorum generandorum definitus non est: ideoque in
Gallinarum vitellario numerari fere vitelli non possunt. Neque enim
omnia perficiuntur in vitellario: et quae perficiuntur, in cubatione
postea neque omnia supponuntur, quod multa comeduntur. |
Quindi
la maggior parte dei pennuti depone uova in numero definito, e il
motivo di ciò risiede forse nel fatto che il numero rivela
l'imperfezione in tutte le cose e la natura non fa errori nel caso di
un numero piccolo. E ciò è logico che avvenga in quegli uccelli la
cui prole e anche gli stessi genitori o non servono da cibo per altri
o non sono soggetti alla distruzione. Infatti se fossero soggetti come
le galline, in esse il numero delle uova da generare non è definito,
e pertanto nell'ovaio delle galline i tuorli quasi non si possono
contare. Né infatti tutte le uova vengono portate a termine
nell'ovaio, e quelle che vengono portate a termine non vengono neppure
messe tutte a covare, in quanto molte vengono mangiate. |
Aristo.[15]
tamen dividens primo Gallinas in generosas, et ignobiles; dixit,
magnam esse generosarum Gallinarum foecunditatem, cum sexaginta edant
ova ante incubitum: licet hae minus foecundae, quam ignobiles sint:
Praeterea mulierculae nostrae dicunt, quamque Gallinam centum ova
parere, ideoque ultimum appellatur vulgo centenino, et a rusticis
disperso, hoc est abortivum ovum: et est illud, quod Gallina postremo
loco facit exiguum, et quadruplo minus reliquis: quod est sine luteo:
vicemque lutei videtur albumen supplere, quia in ipso quid rotundum
consistit loco lutei quod deficit, quia non amplius suppetit in
racemo: albuminis autem adhuc aliquid supersit. |
Tuttavia
Aristotele, suddividendo in primo luogo le galline in quelle di razza
buona e di razza non buona, disse che la fecondità delle galline di
razza buona è grande, dal momento che depongono 60 uova prima di
mettersi a covare, benché queste siano meno feconde di quelle di
razza non buona. Inoltre le nostre donnette dicono che ogni gallina
depone 100 uova e che pertanto l'ultimo uovo è comunemente detto
centenino - centesimo - e disperso dai contadini, cioè uovo abortivo,
ed è quello assai piccolo che la gallina depone per ultimo e che è
quattro volte più piccolo delle altre uova in quanto è senza giallo,
e sembra che l'albume stia al posto del giallo in quanto in esso è
presente un qualcosa di rotondo al posto del giallo che manca, dato
che non è più presente nel grappolo. Ma rimane ancora un pochino di
albume. |
Vidi quoque
ovum istiusmodi, quod ex parte acuta appendiculam, seu collum habebat
longius, et ovum imitabatur, oblongae cucurbitae collo simile[16].
praeterea non modo in numero, sed etiam in tempore differentia
adnotatur: ideoque Arist.[17] loco citato, quae parvo
sunt corpore, ut Adrianae quotidie, et ex cortalibus nonnulla bis die
parere dixit. Multiparis quoque incubitu [52] depravari ova, et urina
fieri dixit Arist.[18]
urina autem ova sunt, cum vitellus in cubatione diffunditur, idque
provenire ex nimio calore voluit Aristo.[19]
eo modo, quo et vina calidis temporibus faece subversa corrumpuntur. |
Ho
pure visto un uovo siffatto, che dal lato acuto presentava una piccola
appendice, ossia un collo piuttosto lungo, e imitava un uovo simile al
collo di una zucca allungata. Inoltre la differenza non si osserva
solo nel numero, ma anche rispetto al periodo - della deposizione.
Pertanto Aristotele nel passo citato disse che le galline che hanno il
corpo piccolo, come le Adriane*, depongono tutti i giorni e che
qualcuna di quelle da cortile depone due volte al giorno. Inoltre
Aristotele disse che le uova vengono guastate dalla cova di quelle che
depongono molte uova e che diventano sterili. Sono uova sterili quando
il tuorlo durante la cova si spande, e Aristotele ha affermato che ciò
deriva dall'eccessivo calore, allo stesso modo in cui anche i vini si
guastano durante la stagione calda quando la feccia viene rimescolata. |
Ideoque ova
calido tempore depravantur, et multiparis quoque id accidit, propterea
quod incubatu aequalis calor omnibus non communicetur, sed aliis
deficiat, aliis superet, et quasi putrefaciendo obturbet, et eandem ob
causam idem quoque uncunguibus evenire censuit Aristot.[20]
quamvis pauca tum edant, tum incubent ova: cum enim natura eorum
calida sit, faciunt, ut quasi ferveant supra modum, et diffundatur
ovorum vitellus: itaque saepe alterum ex duobus urinum fit, sed
tertium fere semper. Accidit autem, ut vitellus tantum subvertatur, et
diffluat, nequaquam albumen, quod {sub versio} <subversio>, et
diffusio a calido fit, vitellus autem calidus est, albumen frigidum.
praeterea vitellus fluxilis, ac {tenuisest} <tenuis est>.
Albumen tenax, et crassius, quamvis Aristo.[21]
vitellum magis esse terrestrem, et perinde ut in vino, sic in ovo
faeci respondere, dicat. |
Pertanto
nella stagione calda le uova si guastano e ciò accade pure alle
multipare in quanto con la cova non viene fornito a tutte un calore
uguale, ma ad alcune manca, ad altre sovrabbonda, e le scompiglia
quasi facendole putrefare, e Aristotele affermò che per lo stesso
motivo la stessa cosa accade negli uccelli dalle unghie a uncino - i
rapaci, nonostante depongano e covino poche uova. Infatti, essendo la
loro natura calda, fanno sì che quasi si scaldino eccessivamente e il
tuorlo delle uova si spanda. Per cui spesso un uovo su due diventa
sterile, ma il terzo quasi sempre. In effetti accade che solamente il
tuorlo si corrompa e si disperda, niente affatto l'albume, in
quanto la corruzione e la dispersione avvengono per il caldo, e il
tuorlo è caldo, l'albume è freddo. Inoltre il tuorlo è scorrevole e
poco denso, l'albume è tenace e più denso, anche se Aristotele dice
che il tuorlo è più terroso e pertanto, come nel vino, così
nell'uovo corrisponde alla feccia. |
De
Ovi Corticis Utilitatibus. |
Le
utilità del guscio dell'uovo |
Sequitur nunc,
ut utilitates partium ovi afferantur, ab externis sumpto principio,
videlicet ab ovi cortice. Ovi cortex, seu putamen non omnibus inest
ovis. Nam serpentum ova, et aliorum pleraque cortice destituuntur:
quando haec sub terrae gleba relicta, et compressa frangerentur
facile, si cortice frangibili donata essent; alia vero facile
compressa, ruptaque essent a cubantis pondere, si rigidus cortex non
obsisteret. Praeterea serpentes rostro destituuntur, quo rumpere durum
corticem possint, sive serpentulis in ovo conclusis, sive etiam matri,
si adesset, id munus esset concreditum, et commissum. |
Ora,
per esporre l'utilità delle parti dell'uovo, si prosegue a cominciare
dalle parti esterne, cioè dal guscio dell'uovo. La corteccia dell'uovo, ossia il guscio, non è presente in tutte le
uova. Infatti le uova dei serpenti e la maggior parte di quelle degli
altri animali sono sfornite di guscio, in quanto lasciate e compresse
sotto una zolla di terra si romperebbero facilmente se fossero dotate
di un guscio soggetto a rompersi; ma le altre verrebbero facilmente
compresse e rotte dal peso di chi le cova se non lo impedisse un
guscio rigido. Inoltre i serpenti sono sforniti di becco col quale
poter rompere un guscio duro, sia che questo compito fosse affidato e
assegnato ai serpentelli racchiusi nell'uovo, sia anche alla madre se
fosse presente. |
Alia autem
ova, ut piscium, formicarum, lacertarum, testudinum, et eius generis,
ut exigua sunt, ita duriuscula eatenus sunt, quo tuta ab externis sint.
Rursus cortex durus est, et densus, ut a rebus contundentibus, ac
prementibus tutus esset, et ipse, et pullus. Dicebat enim Aristot.[22]
Testa in ovis edendis tutela est contra detrimenta, quae deforis
veniunt. Sed propter quam causam albus cortex est? non propter aliquam
utilitatem, sed quatenus consequitur temperamentum frigidum, et siccum,
quo durus fit, ac densus, ut similiter ossa alba sunt. Quod si alios
cortices alio colore infectos videris, utputa vel pallidos, vel luteos,
vel rubros, vel maculatos, et puncti distinctos; dicas, hanc
varietatem varium sequi temperamentum, quod varios producit humores,
qui in ovi cortice efflorescunt. Vidi enim aliquando Gallinam in totum
nigram fusco quoque cortice ova parere. |
Poi,
altre uova, come quelle dei pesci, delle formiche, delle lucertole,
delle testuggini e di animali di questo tipo, più sono piccole più
sono a tal punto durette da risultare protette dagli eventi esterni.
Inoltre il guscio è duro e denso in modo da essere al sicuro dagli
agenti contundenti e comprimenti, sia esso che il pulcino. Infatti
Aristotele diceva che il guscio nelle uova che debbono essere deposte
è una salvaguardia contro i danni che provengono dall'esterno. Ma per
quale motivo il guscio è bianco? Non per una qualche utilità, ma
perché è dotato di un temperamento freddo e secco, per cui diventa
duro e denso, come ugualmente lo sono le ossa bianche. Ma se si
vedessero altri gusci tinti di un altro colore, per esempio
giallastri, o gialli, o rossi, o macchiettati e punteggiati, si
potrebbe dire che questa varietà segue un temperamento diverso che
produce umori diversi, che fioriscono nel guscio dell'uovo. Infatti
una volta ho visto una gallina completamente nera che deponeva
uova anche dal guscio scuro. |
Rursus
frangibilis est cortex, ut tempore exitus pulli non difficulter
rumpatur. Si enim ita non esset, exire pullus non posset; quam
ob causam non ubique similiter durus, ac frangibilis est; sed eo loci
maxime, ubi pulli rostrum adest, et respiratio peragitur: qui locus
cavitate donatus est aerea, quae inibi corticem facit sicciorem, et
magis frangibilem, de qua cavitate infra dicetur. Insuper laevigatus
est cortex, ut asper, si esset, et difficulter exiret, ex utero et
vias, per quas exit eroderet. Ultimo ovi cortex porosus est, ut patet
ex sudore exeunte, cum recens supra cineres coquitur, [53] quo calor
cubantis facilius interius penetret, et permeet, tum ad seminis
facultates excitandas, tum vitelli, et albuminis substantiam
alterandam, quo facile in sanguinem commutetur. |
A
sua volta il guscio può essere soggetto a rompersi, di modo che, al
momento dell'uscita del pulcino, si spezzi senza difficoltà. Infatti
se così non fosse il pulcino non potrebbe uscire, motivo per cui non
è ovunque ugualmente duro e friabile, ma soprattutto là dove si
trova il becco del pulcino e si svolge la respirazione. Questo punto
è dotato di una cavità d'aria che vi rende il guscio più asciutto e
più facile a rompersi, e di questa cavità si parlerà più avanti.
Inoltre il guscio è liscio, in quanto, se fosse ruvido, uscirebbe con
difficoltà dall'utero e graffierebbe i tragitti attraverso cui esce.
Infine, il guscio dell'uovo è poroso come risulta evidente
dall'umidità che esce quando, da poco emesso, viene cotto sopra le
ceneri, affinché il calore di chi cova entri e penetri più
facilmente all'interno, sia per stimolare i poteri del seme, sia per
modificare la sostanza del tuorlo e dell'albume, affinché si
trasformi facilmente in sangue. |
Membranarum
Ovi utilitates. |
Utilità
delle membrane dell'uovo |
Ad membranas
quod attinet; Quaeritur primo cuius rei gratia natura ovum membranis
obvoluerit? Respondetur,
ut qui in ovo mollissimi, et fluidi humores sunt, intus contineantur,
et ab externis laedentibus arceantur. Dicebat enim Arist.[23]
densas esse membranas, ut arcere possint. Sed in ovo densas quoque
esse membranas dicendum est, ut fluidos humores detineant: quo modo in
oculo quoque densa cornea facta est, ut humorem aqueum detineat, ne
foras exudet. Si igitur densae sunt ovi membranae, ergo frigidae;
densitas enim frigiditatis effectus est, quod si frigida membrana est,
ergo alba: quia in corpore animalis omnia frigida, alba, et omnia
rubra calida sunt. Patet igitur cur ovum membranis obvolvatur, curque
densae sint, frigidae, et albae. Rursus membranae duae in ovo intus,
inter corticem, et humores comperiuntur; quoniam una non erat satis ad
coniungenda corpora inter se valde dissimilia, scilicet corticem, et
humores: corticem (inquam) valde durum, et humores valde molles, ac
propemodum dixerim fluidos. |
Per
quanto riguarda le membrane, ci si chiede per prima cosa: per quale
motivo la natura ha avvolto l'uovo con delle membrane? Si risponde:
affinché i mollissimi e fluidi liquidi che si trovano nell'uovo vi
vengano contenuti all'interno e tenuti lontani da eventi esterni
lesivi. Infatti Aristotele diceva che le membrane sono compatte
affinché possano proteggere. Ma bisogna pure dire che le membrane
nell'uovo sono compatte in modo da mantenere fluidi gli umori, allo
stesso modo in cui anche nell'occhio la cornea si è fatta compatta
per mantenere acquoso l'umore, affinché non traspiri all'esterno.
Pertanto se le membrane dell'uovo sono compatte, allora sono fredde.
Infatti la compattezza è un effetto della freddezza, per cui se una
membrana è fredda, ecco che è bianca, in quanto nel corpo di un
animale tutte le cose che sono fredde sono bianche, e tutte quelle
rosse sono calde. Pertanto risulta chiaro perché l'uovo è avvolto da
membrane e perché sono dense, fredde e bianche. Inoltre dentro
all'uovo si rinvengono due membrane, tra il guscio e i liquidi, in
quanto una sola non era sufficiente a tenere insieme strutture assai
diverse tra loro, cioè il guscio e i liquidi. Io direi che il guscio
è molto duro e i liquidi sono molto molli, e più o meno li
etichetterei come fluidi. |
Unde
Plato dicebat[24],
sicuti inter ignem, et terram, corpora scilicet inter se valde
dissimilia Deus posuit duo corpora, aerem, et aquam, ut haec simul
coniungeret: et inter cranium durissimum, et cerebrum mollissimum
posuit similiter duas membranas, duram scilicet ac tenuem: Sic inter
corticem, et humores, aut si mavis dicere inter durum corticem, et
mollem foetum (nam foetus gratia ovum factum est) posuit duas
membranas, cum una non probe sufficeret durum corticem molli foetui
coniungere, licet foetus adhuc propriis membranis obductus sit: quae
etiam alium usum praebent, quam qui communiter membranarum est,
videlicet, ut integumenta quaedam sint, de quibus mox dicam. Merito
vero crassior, et durior corticem contingit, qui cum commode versatur;
tenuior autem, et mollior molli foetui adhaeret, aut mollissimos
humores obvolvit. Hae sunt communes totius ovi membranarum utilitates. |
Per
cui Platone diceva che, come tra il fuoco e la terra, cioè tra corpi
tra loro assai dissimili, Dio ha posto due corpi, aria e acqua, per
unirli tra loro, e tra il cranio durissimo e il cervello mollissimo
collocò parimenti due membrane, cioè una dura e una tenue, così tra
il guscio e gli umori, oppure, se si preferisce dire tra il guscio
duro e il molle feto (infatti l'uovo è stato creato grazie al feto)
pose due membrane dal momento che una sola non era davvero sufficiente
per unire il guscio duro con il molle feto, anche se il feto è già
avvolto dalle sue membrane. Le quali offrono anche un impiego diverso
da quello comune alle membrane, cioè, affinché siano come dei
rivestimenti, dei quali tra poco dirò. Giustamente quella più spessa
e più dura è a contatto con il guscio, il quale le si adatta bene,
mentre quella più sottile e più molle aderisce al molle feto oppure
avvolge gli umori mollissimi. Queste sono le comuni utilità delle
membrane di tutto l'uovo. |
Tertia ovi
membrana vitelli propria est: ideoque vitellum privatim obvolvit, et
constantem in seipsum conservat; quo fit, ut ea abrupta, vitellus
extemplo profluat. Figuram itaque vitelli conservat. Aristot.[25]
autem membranis distingui
vitellum, et albumen censuit, quod naturam habeant diversam. Et
ita se habent hae membranae in ovo non foeto, In foeto vero duae
communes memoratae membranae similiter se habent. Vitello vero propria
stragulum vasorum se se offert aptissimum, uti infra dicetur. |
La
terza membrana dell'uovo appartiene al tuorlo e pertanto avvolge
solamente il tuorlo e lo mantiene compatto in se stesso, per cui
avviene che, se si è rotta, il tuorlo subito defluisce. Pertanto
mantiene la forma del tuorlo. Aristotele d'altra parte ha stabilito
che il tuorlo e l'albume sono separati da membrane in quanto dotati di
una diversa natura. E queste membrane si comportano in questo modo
nell'uovo non fecondato, mentre in quello fecondato le due membrane
comuni che ho menzionato rimangono le stesse. Ma quella che appartiene
al tuorlo si presenta come un tessuto estremamente adatto ai vasi
sanguigni, come si dirà dopo. |
In fine hic
quaeritur, cur in ovo non foeto peculiarem membranam albumini
nequaquam, vitello autem traditam, et obductam videamus? Respondetur, in ovo omnino propriam membranam vitellum
obtinuisse, ut constans in sua substantia, eo loci consisteret: aliter
enim efflueret, et cum albumine confunderetur: id quod prohibet
propria vitelli membrana. Albumen autem propria non indiguit membrana
tum quia a communibus [54] membranis iam memoratis obvolvebatur, tum
quia tenax existens in se constans utcunque conservabatur. At in ovo
foeto albumen propria indiguit membrana, quae vasorum umbilicalium
stragulum esset. |
Infine
a questo punto ci si chiede: perché in un uovo non fecondato non
vediamo assolutamente una membrana peculiare dell'albume, mentre
vediamo quella destinata al tuorlo e che lo ricopre? Si risponde:
nell'uovo il tuorlo ha conseguito una membrana completamente sua
affinché facendo parte della sua sostanza rimanesse in quella sede,
altrimenti infatti defluirebbe e si mescolerebbe con l'albume, una
cosa che la membrana propria del tuorlo impedisce. D'altronde l'albume
non ha avuto bisogno di una sua membrana, sia perché veniva avvolto
dalle membrane in comune appena menzionate, sia perché essendo
compatto si conservava comunque stabile. Ma nell'uovo fecondato
l'albume ha avuto bisogno di una propria membrana che potesse servire
da tappeto dei vasi ombelicali. |
Vitelli,
et Albuminis Ovi Utilitates. |
Utilità
del tuorlo e dell'albume dell'uovo |
Iam supra de
ovi actione .i. de pulli generatione agentes, diximus, ex chalaza,
quae in obtusa ovi parte consistit, pullum generari: semen autem
Galli, quod in ovo neque esse potest, nequaquam in pulli partes
secedere, sed duntaxat tum uterum, tum chalazas, totumque ovum
foecundare, ut ex iis pullus oriatur; Itaque cum chalazae vicem
seminis subeant, et substantia, colore, et fere corporis proprietate
semini persimiles sint, iure ex iis omnes spermaticae appellatae
partes procreabuntur. Cum vero universa animalis substantia ex duobus
corporibus inter se valde diversis, quinimmo contrariis constituatur,
nimirum calidis, et frigidis. (Calidae sunt partes omnes sanguineae,
et rubrae, ut iecur, cor, lien, renes, pulmones, denique carnosum omne,
ac muscolosum genus: contra vero frigidae sunt partes albae, et
exangues, ut ligamenta, nervi, ossa, cartilagines, cerebrum, spinalis
medulla, venae, arteriae, membranae, et membranosa omnia corpora, ut
ventriculus, intestina, uterus, pericardium, et si quae aliae sunt<.>)
{duae} <Duae> diversae hae partes procul dubio diversum inter
se, sed sibi quoque simile expostulant alimentum: si modo verum est,
ex iisdem nos nutriri, ex quibus constamus. |
Già
in precedenza trattando dell'attività dell'uovo, cioè della
generazione del pulcino, dissi che il pulcino è generato dalla calaza
che si trova nel lato ottuso dell'uovo. Il seme del gallo non può
essere presente nell'uovo, d'altra parte, poiché assolutamente non può
distribuirsi nelle strutture del pulcino, ma può solamente fecondare
sia l'utero, sia le calaze e tutto l'uovo, così che da essi nasca il
pulcino. Pertanto, siccome le calaze svolgono la funzione del seme e
siccome per sostanza, colore e per lo più per le proprietà della
loro struttura sono assai simili al seme, giustamente da esse saranno
procreate tutte le strutture dette spermatiche. Ma a dire il vero
l'intera sostanza dell'animale è costituita da due elementi tra loro
assai diversi, anzi, contrari, cioè caldi e freddi. (Sono calde tutte
le strutture sanguigne e rosse, come il fegato, il cuore, la milza, i
reni, i polmoni e, infine, tutto ciò che è di tipo carnoso e
muscoloso. Invece sono fredde le strutture bianche e senza sangue,
come i legamenti, i nervi, le ossa, le cartilagini, il cervello, il
midollo spinale, le vene, le arterie, le membrane e tutte le strutture
membranose, come lo stomaco, gli intestini, l'utero, il pericardio e
se ce ne sono delle altre.) Queste due diverse componenti senza alcun
dubbio richiedono un alimento diverso da loro ma anche simile a loro,
se appena corrisponde al vero che noi veniamo nutriti dalle stesse
cose di cui siamo composti. |
Merito itaque
spermaticae, frigidae, et albae alimentum album, et frigidum:
sanguinea vero rubrae et calidae, rubrum, et calidum alimentum
postulabunt: Merito similiter ad frigidas, albas, et exangues
nutriendas partes candidus ovi liquor, videlicet albus, frigidus, et
{ex anguis} <exanguis>: ad calidas vero, et sanguineas vitellus,
utputa calidus liquor, ruber, et sanguineus substitutus est. Sic enim
omnes animalis partes conveniens, et familiare alimentum sibi
procurabunt, et attrahent. Hoc sane alimentum ita diversum alia
animalia vivipara habent ex massa sanguinea, in qua omnes sunt humores,
et qualitates .s. calidiores, et frigidiores portiones, ut Hip.
prodidit[26]:
At in oviparis non est sanguis in ovo: sed hae duae materiae ad duo
partium genera inter se dissidentia, et corpus animalis constituentia,
nutrienda accommodantur. |
Pertanto
giustamente le strutture spermatiche, fredde e bianche, richiederanno
un alimento bianco e freddo, mentre quelle sanguigne, rosse e calde,
un alimento rosso e caldo. Giustamente allo stesso modo per nutrire le
parti fredde, bianche ed esangui è stato incaricato il liquido
candido dell'uovo, cioè bianco, freddo ed esangue, mentre per quelle
calde e sanguigne è stato incaricato il tuorlo, cioè un liquido
caldo, rosso e sanguigno. Infatti in questo modo tutte le parti
dell'animale si procureranno un alimento adatto e congeniale, e lo
attrarranno. Gli altri animali vivipari ricevono questo alimento, così
diverso, dalla massa sanguigna, in cui si trovano tutti i liquidi e le
qualità, cioè le parti più calde e più fredde, come ha tramandato
Ippocrate. Ma negli ovipari non c'è sangue nell'uovo, però questi
due materiali sono adatti a nutrire i due tipi di parti fra loro
diverse e che costituiscono il corpo dell'animale. |
Instant
nonnulli adversus antedicta, videlicet sibi veram non videri causam
allatam de numero duorum ovi humorum, quoniam facile uno supplere
natura potuisset, qui ambas haberet mistas facultates duo illa partium
genera nutriendi; sicut in aliis animalibus unum sanguinem substituit,
in cuius massa calidiores, et frigidiores simul miscuit portiones: ita
uno duntaxat sanguine omnium generum partes nutrivit?
Respondendum, ita factum non esse, propterea quod pullus non poterat
nutriri sanguine, quia in ovo sanguis non erat?
in quo ex Hippo. calidiores sunt, et frigidiores portiones: merito
igitur duplex materia constituta est calida, et frigida, ut ex singula
singulae partes suam exugerent sibi convenientem portionem: alioqui si
unum esset alimentum in uno corpore mistum, et confusum, difficulter
partes invicem contrariae, quod esset suae naturae amicum segregare,
et attrahere possent. Nunc vero singulae partes, quod sibi ipsis
tantum familiare est, trahunt sine ulla difficultate. Quod si ita res
habet, vasa quoque ex albumine attrahentia in partes exangues, et
frigidas sanguinem comportabunt: quae vero ex vitello trahunt, ad
calidas partes, et rubras deferent. |
Alcuni
si oppongono alle cose anzidette, evidentemente perché a essi non
sembra vera la causa addotta a proposito del numero dei due umori
dell'uovo, in quanto la natura avrebbe facilmente potuto sostituirle
con un solo umore che possedesse mescolate ambedue le capacità di
nutrire quei due tipi di parti, come in altri animali ha supplito un
solo sangue nella cui massa ha mescolato insieme le porzioni più
calde e più fredde. In questo modo ha nutrito le parti di qualunque
tipo con un solo sangue? Bisogna rispondere: così non è accaduto,
perché il pulcino non poteva essere nutrito dal sangue, in quanto
nell'uovo non c'era sangue? Nel quale, secondo Ippocrate, esistono
delle parti più calde e più fredde, per cui giustamente è stata
costituita una duplice materia, calda e fredda, affinché da ciascuna
le singole parti succhiassero la parte a esse confacente. Altrimenti,
se fosse presente un solo alimento miscelato e mescolato in una sola
sostanza, difficilmente le parti tra loro contrarie potrebbero
segregare e attrarre ciò che sarebbe compatibile con la loro natura.
Adesso invero le singole parti attraggono senza alcuna difficoltà
solo ciò che per esse è intimamente affine. Ma, se le cose stanno
così, anche i vasi sanguigni che attraggono dall'albume recheranno il
sangue nelle parti esangui e fredde, mentre quelle che traggono dal
tuorlo lo porteranno alle parti calde e rosse. |
Unum autem
admirari tum in vitello, tum in albumine oportet: quod, cum nullum
eorum sanguis sit, ita tamen naturae sanguinis propinqua sint, ut
modice omnino a sanguine distent, et parum absit, quin uterque liquor
sanguis sit: quo et exiguo labore, levique concoctione in sanguinem
vertuntur. Et ideo videre est venas, et arterias in albuminis, et
vitelli membranas propagatas perpetuo sanguine refertas: albumen autem,
et vitellum in sua natura consistere; sed simulatque a vasis utraque
substantia exugitur, in sanguinem migrare, adeo eorum substantia
vicina sanguini est. Id quod clare confirmatur observatione quadam a
me facta 1604. Florentiae praesentibus Excellentiss. D. Camillo Finali
Magni Ducis Medico, et Excellentissimis D. Victorio Rossio, D. Adriano
Spigellio[27], et Andreghetto
Andreghettio, in magno Gallinae ovo, quod existimavimus duplicem
obtinere vitellum: in quo tamen versus ovi acutiorem partem vitellus
naturalis {iuventus} <inventus> est: ad obtusiorem vero globulus
rotundus paulo vitello minor, duriusculus, et molli membrana obductus
compertus est: quo dissecto intus substantia parenchymati iecoris
persimilis tum colore, tum odore, tum consistentia visa est. |
Ma
bisogna ammirare una cosa sia nel tuorlo che nell'albume, in quanto,
nessuno dei due essendo sangue, sono tuttavia così vicini alla natura
del sangue da discostarsi pochissimo dal sangue, e poco manca che
ambedue i liquidi siano sangue, motivo per cui sia con una esigua
fatica che con una lieve digestione si trasformano in sangue. E
pertanto è possibile vedere che le vene e le arterie sono diffuse
nelle membrane dell'albume e del tuorlo e che sono sempre piene di
sangue, mentre l'albume e il tuorlo rimangono con il loro aspetto. Ma,
non appena ambedue le sostanze sono succhiate dai vasi, si trasformano
in sangue, tanto la loro sostanza è vicina al sangue. Ciò è
chiaramente confermato da un'osservazione da me fatta nel 1604 a
Firenze, presenti l'eccellentissimo Camillo Finali, medico del
Granduca, e gli eccellentissimi Vittorio Rossi, Adriaan van den
Spiegel e Andreghetto Andreghetti, in un grande uovo di gallina
che pensammo avesse un doppio tuorlo. Tuttavia verso il lato acuto
dell'uovo fu trovato un tuorlo di grandezza naturale, mentre verso il
lato ottuso venne trovato un globulo rotondo di poco inferiore al
tuorlo, discretamente duro e ricoperto da una membrana molle. Dopo
averlo sezionato si è vista all'interno una sostanza molto simile al
parenchima del fegato sia per colore che per odore che per
consistenza. |
Quod sane nil
aliud nobis significat, nisi quod hic vitellus a vegeto loci calore
adeo fuerit concoctus, ut in sanguinem primo sit conversus, inde in
aemulam fere iecoris substantiam: Nam et nos cum aliquando sanguinem e
vena emissum in aqua decoqueremus, illum crassefactum, et in iecoris
fere substantiam mutatum, et colorem, odorem, et saporem iecoris
redolentem observavimus. Quanquam autem haec vera sunt, existimare
tamen oportet, hanc substantiam, quae e vitello, et albumine a venis
exugitur, eo modo esse sanguinem, quo chylus in meseraicis venis in
quibus nil aliud conspicitur, quam sanguis, cum tamen chylus umbram
tantum sanguinis susceperit, perficiatur autem in iecore: sic
substantia ab albo, et luteo exucta in venis statim sanguinis umbram
contrahit, et magis coquitur, quo in venis magis moratur retinens
adhuc proprias qualitates, nimirum calidas, aut frigidas. Sed hic
sanguis potius in venis, quam in iecore elaboratur, et coquitur;
evadit autem os, cartilago, caro, et caetera in ipsis partibus, ubi
exacte coquitur, et assimilatur. |
Il
che per me significa solamente che questo tuorlo è stato a tal punto
digerito dal vivace calore locale da trasformarsi dapprima in sangue,
quindi in una sostanza quasi identica al fegato. Infatti anch'io,
quando a volte ho fatto cuocere in acqua del sangue emesso da una
vena, ho visto che si è ispessito e si è trasformato in una sostanza
quasi uguale al fegato, nonché dotata di colore, odore e sapore del
fegato. Ma anche se queste cose sono vere, tuttavia è necessario
considerare che questa sostanza, succhiata dal tuorlo e dall'albume
per opera delle vene, è sangue allo stesso modo in cui lo è il chilo
nelle vene mesenteriche, nelle quali si vede solo del sangue, mentre
tuttavia il chilo ha assunto solamente le sembianze del sangue, ma
viene perfezionato nel fegato. Così la sostanza, succhiata dal bianco
e dal giallo, nelle vene assume subito le sembianze del sangue e viene
tanto più digerita quanto più si ferma nelle vene mantenendo ancora
le sue qualità, cioè calde o fredde. Ma questo sangue viene
elaborato e digerito più nelle vene che nel fegato. Infatti diventa
osso, cartilagine, carne e altre strutture nelle stesse parti in cui
viene adeguatamente digerito e assimilato. |
Est et alius
albuminis usus, quo a vitello fuit segregatus, ut scilicet in albumine
foetus innatet, et ita sustentetur, ne deorsum suopte pondere vergens
ad unam partem inclinet, et vasa trahantur, rumpanturque, ad quod
praestandum tenacitas, et puritas albuminis confert; Etenim si in
vitello degeret foetus, facile deorsum in profundum descenderet cum
vitelli etiam ruptione. Scribit Arist.[28]
ascendere vitellum ad obtusiorem ovi partem, cum pullus concipitur.
Hoc propterea fit quod ex chalaza pullus corporatur, quae vitello
adhaeret, unde vitellum, qui in medio est, sursum attolli oportet ad
latiorem ovi partem, ut inibi gignatur, ubi cavitas naturalis adest ad
pulli salutem perquam necessaria, uti infra patebit. Ex hoc argumento,
elicitur ex chalaza fieri pullum. Iam liquet, cur duo liquores in ovo
positi sint, curque contrarii, alter calidus, et ruber, ut puta
vitellus, [56] alter frigidus, exanguis, et albus, utputa albumen;
praeterea cur unus liquor sufficiens non sit, et cur tandem temporis
fere momento in sanguinem uterque commutetur: Modo vero alias
utriusque liquoris utilitates recenseamus. |
Esiste
anche un'altro impiego dell'albume, per cui fu separato dal tuorlo,
cioè, che il feto galleggi nell'albume e venga sostenuto in modo tale
che, volgendosi in giù per il suo stesso peso, non si inclini da una
parte e i vasi sanguigni vengano tesi e si rompano. Ad assicurare ciò
contribuisce la tenacia e la purezza dell'albume. Infatti, se il feto
giacesse nel tuorlo, facilmente scenderebbe giù in profondità, anche
con rottura del tuorlo. Aristotele scrive che il tuorlo sale verso la
parte ottusa dell'uovo quando il pulcino viene concepito. Pertanto ciò
accade dal momento che il pulcino prende corpo dalla calaza che
aderisce al tuorlo, per cui conviene che il tuorlo, che si trova in
mezzo, sia portato in alto verso la parte più larga dell'uovo,
affinché venga generato proprio qui dove c'è una cavità naturale
estremamente necessaria per il benessere del pulcino, come dopo
risulterà chiaro. Da questa argomentazione si desume che il pulcino
si forma dalla calaza. Adesso risulta chiaro perché nell'uovo si
trovano due liquidi e perché hanno caratteristiche opposte, uno caldo
e rosso come il tuorlo, l'altro freddo, esangue e bianco come
l'albume; inoltre perché un solo liquido non è sufficiente e infine
perché quasi nel giro di un attimo entrambi si trasformano in sangue.
Ma adesso vediamo di esaminare le altre utilità di ambedue i liquidi. |
Sunt hi duo
liquores non compacti, sed mollissimi, et propemodum fluidi, ut facile
permeare in foetus corpus possint ad ipsum nutriendum: seu potius ut
facilius verti in fluidum sanguinem valeant, quo melius permeent. Et
propter hanc causam varium consistentia albumen est: videlicet alibi
tenuius, et rarius, alibi densius, et crassius. Tenuius in obtusiore
ovi parte, ubi foetus oritur, apparet: ut primo tempore, quod ex
tenuiore albuminis parte tenuius resultat, facilius tum in sanguinem
vertatur, tum per exiles venas intret, tum in foetum permeet, tum vero
etiam parva cavitas adaugeatur, quae omnia primo foeturae tempore
erant perquam necessaria. |
Questi
due liquidi non sono compatti, ma assai molli e oltremodo fluidi,
affinché possano penetrare facilmente nel corpo del feto per
nutrirlo, o meglio, affinché siano in grado di trasformarsi più
facilmente in sangue fluido al fine di penetrare meglio. Anche per
questo motivo l'albume è di consistenza variabile, cioè, in un punto
è più tenue e meno denso, in un altro punto è più denso e più
spesso. Appare più tenue nel lato ottuso dell'uovo dove si origina il
feto, affinché all'inizio, ciò che di più tenue proviene dalla
parte più tenue dell'albume, venga più facilmente trasformato in
sangue e non solo penetri attraverso le sottili vene ma anche si
immetta nel feto e venga pure incrementata la piccola cavità, tutte
cose che all'inizio della generazione erano estremamente necessarie. |
Est et alia
utilitas, ut citius exsiccetur, evaporetque quidpiam ea parte, quo
naturalis illa cavitas maior in dies fiat, et usum necessarium infra
propalandum suppleat. Illud insuper adnotandum est, vitellum tanquam
molliorem interiorem obtinuisse positionem, hoc est in medio albuminis;
quo ab extrinsecus occurrentibus esset remotissimus, proindeque
tutissimus: propter quam causam perfecte etiam rotundus est. Lutei
coloris est vitellus, albumen albidi, ut alter calidus, alter sit
frigidus. Etenim, uti alias dictum est, in animalis corpore omnia
rubra calida, alba vero frigida sunt. Unde non possum libenter
Aristotelis opinioni acquiescere[29],
scribenti vitellum esse albumine magis terrestrem. Nam si album,
frigidius, tenacius, et ponderosius est; sequitur, terrestrius esse. |
Esiste
anche un'altra utilità, che si essicchi ed evapori qualunque cosa si
trovi in quella parte, affinché quella cavità naturale diventi di
giorno in giorno più grande e fornisca l'uso necessario che sarà
reso noto più avanti. Inoltre bisogna segnalare che il tuorlo,
essendo più molle, ha occupato una posizione più interna, cioè al
centro dell'albume, affinché fosse molto distante dalle cose che
accadono all'esterno e pertanto affatto al sicuro, motivo per cui è
pure perfettamente rotondo. Il tuorlo è di colore giallo, l'albume è
bianco, sicché il primo è caldo, l'altro è freddo. Infatti, come
altrove si è detto, nel corpo di un animale tutte le cose rosse sono
calde, mentre quelle bianche sono fredde. Per cui non posso
acconsentire volentieri alla tesi di Aristotele, in cui scrive che il
tuorlo è più terrestre dell'albume. Infatti se il bianco è più
freddo, più tenace e più pesante, ne consegue che è maggiormente
terrestre. |
Neque obstat
albedo ipsius tanquam diaphano, et aereo corpori propinquior, quando
et ossa cum eo quod albissima sunt, etiam maxime sunt terrestria, eo
quod ex iis tenuiores partes evaporarint: quod confirmabat Arist.[30]
exemplo cineris, a quo resoluto fumo tincturae opifice, albus redditur
cinis. Mollis vitellus est, quia mollium partium nutrimentum erat
futurum. Albumen viscosum est, quo ad nutriendas partes crassiores,
durioresque esset accommodum. Ultimo vitellus albumine copiosior est,
propterea quod ad calidas, humidas, mollesque partes enutriendas, ac
resarciendas, de quibus vi caloris maior substantiae portio defluit,
ac deperditur, erat comparatus: contra albumen. Atque haec de vitelli,
et albuminis utilitatibus dicta sint. |
Né
si oppone il suo biancore che è più vicino a una struttura diafana e
aerea, dal momento che anche le ossa essendo molto bianche sono pure
assai terrestri in quanto da esse sono evaporate le parti più tenui.
Il che lo confermava Aristotele con l'esempio della cenere: una volta
che se ne è andato il fumo autore del colore, la cenere diventa
bianca. Il tuorlo è molle perché doveva diventare il nutrimento
delle parti molli. L'albume è vischioso perché sarebbe adatto a
nutrire le parti più dense e più dure. Infine, il tuorlo è più
abbondante dell'albume, dal momento che era adatto a nutrire e a
riparare le parti calde, umide e molli dalle quali per la forza del
calore defluisce e si disperde una maggior quantità di sostanza. Il
contrario accade per l'albume. E queste cose siano dette a proposito
delle utilità del tuorlo e dell'albume. |
Galli
Seminis Utilitates. |
Le
utilità del seme del gallo |
Galli seminis
usum eximium, ac praecipuum esse, videlicet uterum, ovumque faecundare,
ne irritum sit, iam supra explicatum est. Hoc copiosissimum
suppeditari, ut Gallus tot coitibus, quot paucis horis, immo una hora
ab ipso peraguntur, sufficiat, rationi consentaneum est: ideoque recte
amplissimum vas constitutum, et efformatum esse ad tantam seminis
copiam suscipiendam, suggerendamque ut ex supradictis patet. Porro
semen albissimum est, ut lac. Scribebat Arist.[31]
semen genitale volucrum omnium album esse, ut caeterorum animalium;
ego autem addo, omne semen sive animalis, {sivae} <sive> plantae
album esse: differt tamen unum ab altero per maiorem, ac minorem
albedinem. |
Già
prima è stato spiegato che l'uso del seme del gallo è unico ed
esclusivo, cioè feconda l'utero e l'uovo affinché non sia sterile.
È ragionevole che esso venga messo a disposizione in grande
abbondanza affinché il gallo lo fornisca con tanti coiti quanti in
poche ore, o meglio, in un'ora vengono da lui effettuati. Pertanto,
giustamente è stato creato e formato un grandissimo contenitore per
accogliere e accumulare una così grande abbondanza di seme, come
risulta chiaro da ciò che si è detto in precedenza. Inoltre il seme
è bianchissimo, come il latte. Aristotele scriveva che il seme
genitale di tutti gli uccelli è bianco, come quello degli altri
animali. Ma io aggiungo che ogni seme, sia di un animale, sia di una
pianta, è bianco; tuttavia uno differisce dall'altro per un biancore
maggiore e minore. |
Unde Arist.[32]
cartilaginea aquatilia lacteum emittere humorem prodidit. Candoris
cuiusque seminis causam afferens Arist. dicebat[33],
quia genitura spuma est, spuma autem alba est propter spiritus seu
aeris copiosi admistionem: cuius causa levissimum quoque semen est, ut
emissum non decidat, sed servetur. Quod si album omne semen est, ergo
frigidum, cum iam saepe dictum sit, in animalis corpore omnia alba
frigida esse. Hoc tamen de corporea tantum seminis substantia
intelligendum est. Nam quia ut spumosum, etiam spirituosum est, et
aereum, hoc nomine calidum nativum habet multum. Est vero hoc calidum
in substantia frigida collocatum quia si in substantia calida positum
esset facile digeretur, dissipareturque, antequam ex ipso animal
corporaretur: id quod frigiditas prohibet. |
Per
cui Aristotele ha riferito che gli animali acquatici cartilaginei
emettono un liquido lattiginoso. Riferendo il motivo del candore di
ciascun seme Aristotele diceva che lo sperma è una schiuma, ma una
schiuma è bianca a causa del mescolarsi di un soffio o di aria
abbondante, motivo per cui il seme è anche leggerissimo, affinché
una volta emesso non cada, ma si mantenga intatto. Ma, se ogni seme è
bianco, ne consegue che è freddo, in quanto già spesso si è detto
che nel corpo dell'animale tutte le cose bianche sono fredde. Tuttavia
ciò riguarda solamente la sostanza che costituisce il seme. Infatti,
poiché, così come è schiumoso è anche ventoso e aereo, a questo
titolo possiede molto caldo innato. Invero questo calore è posto in
una sostanza fredda, in quanto se fosse posto in una sostanza calda
verrebbe facilmente digerito e disperso prima che da esso l'animale
prenda corpo, una cosa che il freddo impedisce. |
Cui rei
tenacitas quoque conducit; quae etiam facit, ut in uterum semen
proiectum adhaereat. Mollities autem [faciat] facit ut id ipsum
corporetur facilius. Ut vero seminis in singulo coitu congrua portio
emittatur, pro cunctisque sufficiat, naturam repagula, et obstacula
congrua parare, ut puta vel ostiola, vel angustiam in imo vase, aut
intorta capreolorum modo vasa huic muneri substitui, credibile est
ultimo quamvis mole exiguum emissum semen est, virtute tamen, et
facultate maximum est, ne dicam divinum: neque enim in rerum natura
quid reperitur, quod tot, ac tantas ex se se exerat facultates, ut
semen. |
A
ciò contribuisce anche la tenacità, la quale fa sì che il seme
scagliato nell'utero aderisca. Invece la morbidezza fa sì che esso
prenda corpo più facilmente. Affinché poi in un singolo coito venga
emessa una congrua quantità di seme e sia sufficiente per tutti gli
accoppiamenti, è credibile che la natura prepari opportuni
sbarramenti e ostacoli, come per esempio piccole aperture o un
restringimento nella parte più bassa del contenitore, oppure che
vengano usati a questo scopo dei vasi intrecciati come dei viticci.
Infine, anche se è stato emesso del seme in quantità esigua,
tuttavia per potere e facoltà è grandissimo, per non dire divino:
infatti in natura non si trova nulla che sveli tanti e così grandi
suoi poteri come il seme. |
Chalazarum,
et exigui circuli cicatriculam in Vitello referentis Utilitates. |
Le
utilità delle calaze e del dischetto simile a una piccola cicatrice
presente nel tuorlo |
De chalazis
autem, et cicatriculae vestigio in vitelli superficie apparente, et
quasi adnato, nihil est, quod dicamus; Cum de chalazis supra exacte,
cum locus id exigeret, disputatum sit. Nisi forte illud addatur,
Videlicet in cocto ovo, ita in se ipsis contrahi chalazas, ut
conceptus, sive pulli iam iam efformati, ac geniti similitudinem
referant. De pedunculi autem vestigio cicatriculam referente nihil
similiter est, quod dicamus, cum nullius usus nunc sit, sed tantummodo
pedusculi separationis sit vestigium. Quare Merito ultimo loco
cavitatis obtusae ovi partis utilitates recensendae sunt. |
Non
c'è nulla da dire a proposito delle calaze e della traccia della
cicatricola visibile sulla superficie del tuorlo come se vi fosse nata
sopra, dal momento che prima si è discusso in modo esatto a proposito
delle calaze, dato che il capitolo lo esigeva. A meno che magari si
voglia aggiungere che nell'uovo cotto le calaze si contraggono tanto
in sé stesse da somigliare a un prodotto del concepimento, ossia a un
pulcino appena formato e generato. Parimenti da parte mia non vi è
nulla da dire a proposito dell'impronta del peduncolo che sembra una
piccola cicatrice, dal momento che adesso non è di uso alcuno, ma che
è solamente un residuo della separazione del peduncolo. Motivo per
cui giustamente da ultimo bisogna esaminare le utilità della cavità
del lato ottuso dell'uovo. |
Cavitatis,
quae in parte obtusa est Ovi, et foeti, et non foeti utilitates. |
Le
utilità della cavità che si trova nel lato ottuso dell'uovo sia
fecondato che non fecondato |
Cavitas; quae
in omnibus ovis, et foetis, et non foetis maxime autem in pullum
habentibus, in obtusiore ovi parte, ubi caput, et rostrum consistit,
apparet: atque eo maior, quo pullus ortui, seu exitui propinquior est,
conspicitur: praeterea non exacte in cacumine, sed quadantenus ad
latus, neque aequalis et plana, sed obliqua visitur: maiorque est, ubi
rostrum pulli consistit: praeterea
vero a primo etiam ovi ortu opacum circulum parvo numulo similem vulgo
soldino exterius adversa luce refert, ovo scilicet cacumine, et
acutiore parte una manu apprehensa in cocto vero ovo cortice ac
membranis detractis manifestissima est, non unicam, neque vulgarem,
sed plures, et eximias praebet utilitates: idque omni tempore a prima
ipsa ovi natali die. Quae sane cavitas, pro ut magnitudine varia est,
sic usus varios praestat. In universum autem omnis utilitas ab aere,
qui in ea continetur, dependet, et fluit. |
La
cavità che appare in tutte le uova, sia fecondate che non fecondate,
ma soprattutto in quelle che hanno il pulcino, appare nel lato ottuso
dell'uovo dove si trovano la testa e il becco. E appare tanto più
grande quanto più il pulcino è vicino alla nascita, ossia
all'uscita. Inoltre non si trova esattamente all'apice ma un po'
lateralmente, e non appare livellata e piatta, ma obliqua, ed è più
grande dove si trova il becco del pulcino. Inoltre, dopo aver
afferrato l'uovo con una sola mano, ovviamente in corrispondenza della
punta e della parte acuta, anche quando l'uovo è stato appena deposto
presenta esternamente e controluce un cerchio opaco simile a una
monetina detta comunemente soldino. Nell'uovo cotto, dopo aver tolto
il guscio e le membrane, è evidentissima e non offre un'unica e
abituale utilità, ma parecchie e straordinarie, e ciò accade in ogni
momento a partire dal primo giorno in cui l'uovo è nato. Questa cavità,
così come è variabile in grandezza, altrettanto offre svariati
impieghi. Generalmente ogni utilità dipende e deriva dall'aria
che vi è contenuta. |
Itaque utilis
est, ut minima, ut parva, ut magna, et ut maxima<.> Vel dicas,
utilis aer est in cavitate contentus, ut paucissimus, ut paucus, ut
copiosior, et ut copiosissimus: aut rursus tertio dicas, est utilis,
et in primo ovi ortu, et per totum tempus, quo ovum non supponitur tum
vero ut suppositum est, et faetum; tertio ut grandior pullus factus;
ultimo ut exclusioni propinquus. Itaque pro diversa cavitatis
magnitudine, et aeris copia varia, et statu ovi, et pulli vario, ita
varii usus {se se} <sese> exerunt: Etenim ut minima a prima ipsa
natali die ovo utilis est ad eius eventationem, conservationemque, Ut
vero parva in ovo supposito, et prima pulli conceptione, dum cor
palpitat, et arteriae ad eius refrigerationem attracto a corde, et
arteriis aere. Ut rursus magna in aucto pullo ad usum respirationis
praebendum: quo tempore pullus ampliore eget refrigeratione, quae ex
respiratione comparatur. Denique ut maxima ad vocem praebendam, ut
pullus e cortice excludatur. |
Pertanto
è utile piccolissima o piccola o grande o anche grandissima. Oppure
si potrebbe dire che nella cavità è contenuta dell'aria utile che è
pochissima o poca o piuttosto abbondante o anche abbondantissima.
Oppure di nuovo in terzo luogo si potrebbe dire che è utile sia
appena l'uovo è stato deposto sia per tutto il tempo in cui l'uovo
non viene messo a covare, sia non appena è stato messo a covare ed è
fecondo. In terzo luogo, quando il pulcino è diventato più grande,
per ultimo, quando è prossimo alla schiusa. Pertanto, a seconda della
diversa grandezza della cavità e la variabile abbondanza di aria e la
variabile condizione dell'uovo e del pulcino, si manifestano diversi
impieghi. Infatti, quando è assai piccola, a partire dal primo giorno
in cui è nata, risulta utile all'uovo per la sua ventilazione e
conservazione. Invece è piccola nell'uovo messo a covare e all'inizio
del concepimento del pulcino, quando il cuore e le arterie palpitano
per raffreddarlo con l'aria attratta dal cuore e dalle arterie.
Inoltre è grande nel pulcino che si è accresciuto per offrirgli
l'uso della respirazione, in quanto in quel momento il pulcino ha
bisogno di un raffreddamento maggiore che viene fornito dalla
respirazione. Infine è grandissima per procurare la voce affinché il
pulcino esca dal guscio. |
Etenim in
primo ovi ortu, et eo nondum supposito, et faeto, minimaque cavitate
donato, exigua cavitas tantum aeris continet, ut ovi calorem eventare,
ac moderate refrigerare, conservareque aliquandiu valeat. Ubi autem
ovum suppositum est et iam pulli conceptio sequuta est, quo tempore
cor palpitat, et arteriae; tunc ex cubantis calore exiccante maior
reddita cavitas plus aeris continet, quo ad cor imprimis, indeque
totum corpus vitali calore iam affectum, refrigerandum sufficiat:
ideoque et cor, et arteriae pulsu perpetuo aerem in cavitate contentum
attrahunt. |
Infatti
quando l'uovo è stato appena deposto, e non è ancora stato messo a
covare, e non è ancora gravido, ed è dotato di una cavità
piccolissima, la piccola cavità contiene tanta aria da essere in
grado di ventilare il caldo dell'uovo e di raffreddarlo moderatamente
e conservarlo per un certo tempo. Ma quando l'uovo è stato messo a
covare ed è già avvenuto il concepimento del pulcino, momento in cui
il cuore e le arterie palpitano, allora la cavità, resa più grande
dal calore essiccante di chi cova, contiene più aria, affinché sia
sufficiente a raffreddare innanzitutto il cuore, quindi tutto il corpo
già pervaso dal calore vitale. Pertanto sia il cuore che le arterie
attraggono con una continua pulsazione l'aria contenuta nella cavità. |
Tertius
cavitatis status est, cum pullus grandior factus, calorque auctus iam
copiosiore indiget aere, ut refrigeretur: quo tempore respiratio iam
exigitur: et aerem trahit pullus respiratione accita, sed omnino
exigua, ac mitissima, qua aerem trahit pullus potius per ipsius
secundae membranae poros, quam ab ipsamet cavitate; quod cavitatis
tanquam {sepimentum} <saepimentum> membrana sit, atque foetus
intus in membrana concludatur: sed nonnihil quoque trahere consonum
est ex eo spatio, quod inter pullum, et membranam intercedit. |
Una
terza condizione della cavità è quella di quando il pulcino fattosi
più grande, ed essendo aumentato il calore, ormai necessita di aria
in quantità maggiore per raffreddarsi. In questo periodo la
respirazione è già richiesta e il pulcino attrae l'aria essendo
iniziata la respirazione, ma che è del tutto superficiale e assai
tranquilla, grazie alla quale il pulcino attrae l'aria più attraverso
i pori della seconda membrana che dalla cavità stessa, in quanto la
membrana sarebbe come un recinto della cavità e il feto viene
racchiuso all'interno della membrana. Ma è ragionevole che tragga
qualcosa anche da quello spazio che sta fra il pulcino e la membrana. |
Quarta
cavitatis utilitas est, cum pullus iam tam auctus est, ut respiratione
indigeat valentiore, qua non amplius per ipsius membranae poros ex
cavitate aer trahatur, sed ab ipsamet protinus cavitate sine membranae
obstaculo, quo tempore rostro pullus, quasi refrigerii necessitate
coactus, pungit, et abrumpit membranam, et ita patula facta cavitate
respirationem agit per liberum aerem in cavitate contentum: qui hoc
tempore longe copiosior est, quod cavitas ab iisdem causis aucta magis,
et amplior ita facta est, ut pene ovi medietatem aequet. |
La
quarta utilità della cavità consiste nel fatto che quando il pulcino
si è già tanto accresciuto da aver bisogno di una respirazione
maggiore, in quanto attraverso i pori della membrana stessa non viene
attratta ulteriore aria dalla cavità, ma direttamente dalla stessa
cavità senza l'ostacolo della membrana, allora il pulcino, quasi
obbligato dalla necessità di refrigerio, col becco punge e rompe la
membrana, e dopo che la cavità si è così ampliata respira per mezzo
dell'aria libera contenuta nella cavità, la quale in questo momento
è molto più abbondante, in quanto la cavità per gli stessi motivi
si è talmente più ingrandita e ampliata da eguagliare quasi la metà
dell'uovo. |
Ultima
cavitatis utilitas est, cum iam usque adeo auctus, et perfectus pullus
est, ut per os nutriri possit, ob idque exclusionis tempus instet:
propterea quod neque amplius ea respiratione, quae a cavitate, et aere
in ea contento suppeditatur, neque eo alimento, qui interius ex ovi
humoribus suggeritur, sed utroque exterius adveniente opus habeat: |
L'ultima
utilità della cavità è quando ormai il pulcino è a tal punto
cresciuto e perfezionato da potersi nutrire con la bocca, e pertanto
incombe il momento della schiusa, in quanto non ha più bisogno né di
quella respirazione che viene fornita dalla cavità e dall'aria in
essa contenuta, né di quell'alimento che viene fornito internamente
dai liquidi dell'uovo, ma di ambedue le cose che provengono
dall'esterno. |
prius autem,
et citius indiget externo aere quam cibo, cum alimenti adhuc aliquid
intus supersit: in quo casu iam pullus, qui durum corticem prae rostri
mollitie, et corticis a rostro distantia, eoque intra alam adstricto,
rumpere non valet; iam signum matri dat rumpendi necessitatis: id quod
per vocem efficit emissam. Etenim pullus tunc ita robustus est, et
cavitas tam ampla facta, et aer ita copiosus contentus, ut iam adaucta
impensius respiratione, {exufflationem} <exsufflationem>, et
vocem promere possit; atque eam sane vocem profert, quae in primo ortu
naturalis pullo est, forteque quidpiam petentis significatrix: quae
etiam exterius audiri facile a quoque potest: praeterquam quod Plinius
lib. 10. cap. 53.[34]
et Arist.[35] id ipsum affirmat:
videlicet vigesimo die si moveatur ovum, iam viventis intra putamen
vocem audiri: pipit enim pullus aliquantulum (inquit Arist.[36]). |
Ma
per prima cosa e piuttosto in fretta ha bisogno dell'aria esterna
anziché di cibo, dal momento che dentro residua ancora un po' di
nutrimento. Nel qual caso ormai il pulcino, che non è in grado di
rompere il guscio duro a causa della morbidezza del becco e della
distanza del guscio dal becco e per di più serrato sotto l'ala, ormai
dà il segnale alla madre della necessità di romperlo, cosa che fa
emettendo la voce. Infatti il pulcino adesso è talmente robusto e la
cavità si è fatta tanto ampia, e l'aria contenuta è talmente
abbondante che, essendo ormai aumentata più intensamente la
respirazione, è in grado di espirare e di emettere la voce. Ed
effettivamente emette quella voce che è naturale per il pulcino
appena nato e forse espressiva del chiedere qualcosa, e che può anche
essere facilmente udita all'esterno da chiunque. A parte il fatto che
Plinio nel libro X capitolo 53 e Aristotele affermano la stessa cosa,
cioè, se al 20° giorno l'uovo viene mosso, già si sente all'interno
del guscio la voce dell'essere vivente. Infatti il pulcino pigola un
pochino (dice Aristotele). |
Qua pulli
voce a foetante protinus audita, quasi necessitatem rumpendi corticem
cognoscens, ut nimirum pullus externo fruatur aere pro sui
conservatione, aut si [maius] mavis dicas pulli dilectique filii
conspiciendi desiderio foetans affecta, iam rostro corticem rumpit:
qui non difficulter abrumpitur, cum eo loci propter cavitatem iam diu
humoribus destitutam, et a contento aere, et calore exiccatam
fragilior, friabiliorque evaserit. Vox igitur pulli primum, et maximum
signum est eiusdem exitum quaerentis, externoque aere indigentis: Quam
ita exacte Gallina percipit, ut si forte fortuna foetans pulli vocem
internam, infernamque esse dignoscat, tum sursum pedibus ovum revolvat,
ut ex ea duntaxat parte, qua vox venit<,> sine ulla pulli noxa
corticem abrumpat. |
Non
appena questa voce del pulcino è stata udita dalla partoriente, quasi
conscia della necessità di rompere il guscio, ovviamente affinché il
pulcino si serva dell'aria esterna per la sua sopravvivenza, oppure se
si preferisce si potrebbe dire che la genitrice è colta dal desiderio
di vedere il pulcino e amato figlio, senza esitare rompe il guscio con
il becco. Il quale non si rompe con difficoltà, in quanto in quel
punto, a causa della cavità già da tempo priva di liquidi e
asciugata dall'aria in essa contenuta e dal calore, è diventato più
fragile e friabile. Pertanto la voce del pulcino è il primo e il più
grande segno di lui che chiede di uscire e che ha bisogno dell'aria
esterna, e la gallina la percepisce tanto bene che se forse per caso
la partoriente si accorge che la voce del pulcino è interna e in
basso, allora con le zampe rigira l'uovo verso l'alto in modo tale da
poter rompere il guscio, senza alcun danno per il pulcino, solo da
quella parte dalla quale giunge la voce. |
Addit et
alterum signum. Hipp.[37]
in lib. de natura pueri, pulli scilicet ex ovo exire petentis:
videlicet quod pullus ubi alimento destituitur, fortiter movetur,
uberius alimentum quaerens; et pelliculae circum disrumpuntur: et ubi
mater sentit pullum vehementer motum, putamen {excalpens} <exscalpens>:
ipsum excludit, quod viginti diebus fit. Iam igitur patet quot, et
quam insignes utilitates omni tempore a memorata proveniant cavitate,
maxime autem ad pulli generationem, tum conservationem. |
Ippocrate
nel libro De natura pueri aggiunge un altro segno del pulcino
che chiede di uscire dall'uovo, cioè, che il pulcino, quando è privo
di cibo, si muove con forza chiedendo cibo più abbondante e le
pellicole che gli stanno intorno si rompono, e quando la madre sente
il pulcino che si muove con veemenza, allora lo fa uscire colpendo il
guscio. Ciò accade al 20° giorno. Pertanto è ora chiaro quante e
quali notevoli utilità derivano in ogni momento dalla suddetta cavità,
soprattutto per la generazione del pulcino nonché per la sua
conservazione. |
Quae
omnia optime intelligentes mulieres in supponendorum ovorum ratione
versatae, ovum ad cubandum non supponunt, nisi sex, septem vel dierum
intervallo ab ortu: quo tempore ovum cum prius esset plenum, aut
exigua nimis cavitate praeditum, iam ab ambiente exsiccatur,
digeriturque, et ita cavitatem maiorem ea parte contrahit, et efformat:
id quod ex Plinio confirmatur[38],
qui ova cubari intra septem dies edita utilissimum protulit: vetera[39],
aut recentiora infoecunda censet: ideoque ubi ovum recens cubandum
subiicitur, {infaeliciter} <infeliciter> succedit conceptio:
itaque recte dicunt mulieres, plerunque suffocari pullum, quod ovum
nimis plenum suppositum sit, et omni fere cavo, et aere destitutum,
aut quam paucissimo: tametsi Columella[40]
recentissima quoque supponenda esse scribat: quae tamen si requieta
supponantur; non vetustiora admittit, quam decem dierum: recentissima
commoda esse ova voluit ad supponendum, quoniam cum in obtusa ovi
parte albumen tenuius sit, facile a calore cubantis eo loci albumen
exiccatur, et cavitas maior, ac necessaria paratur. |
Le
donne esperte nella pratica di mettere le uova a covare, siccome
conoscono benissimo tutte queste cose, non mettono un uovo a covare se
non dopo un intervallo di 6 o 7 giorni da quando è stato deposto. In
questo intervallo di tempo l'uovo, che prima era pieno o dotato di una
cavità troppo piccola, viene ormai asciugato e digerito dall'ambiente
e così acquisisce e crea una cavità maggiore in quella zona. Ciò
viene confermato da Plinio, il quale ha riferito essere estremamente
utile che vengano covate le uova deposte da sette giorni; ritiene che
quelle vecchie oppure più recenti sono infeconde, per cui, quando un
uovo recente è messo a covare, il concepimento si svolge senza
successo. Per cui le donne dicono giustamente che per lo più il
pulcino viene soffocato in quanto l'uovo è stato messo a covare che
era troppo pieno e quasi privo di una qualsiasi cavità e di aria,
oppure che ne aveva pochissima. Sebbene Columella scriva che anche
quelle molto recenti vanno messe a covare, e tuttavia se si mettono a
covare quelle non fresche non ammette che siano più vecchie di dieci
giorni. Ha stabilito che le uova assai recenti sono adatte a essere
covate in quanto, essendo l'albume piuttosto tenue in corrispondenza
del lato ottuso, in tale punto l'albume viene essiccato facilmente dal
calore di chi cova e si ottiene una cavità maggiore e necessaria. |
In
quo casu oportet, et anni temporis, et constitutionis, et omnino
ambientis aeris habere rationem; quo fit, ut recte a Columella[41]
scriptum sit, recentissima [60] esse supponenda ova, propterea quod
aer Romae, ubi ipse degebat<,> calidior cum sit, statim
exsiccare albumen, et ovi cavitatem sufficientem ad usum commodum
parare potest. Ideoque in hac Patavii regione tutius (ni fallor)
est ova supponere requieta: quae cavitatem iam antea paratam habeant
sufficientem, huic enim communis consuetudo subscribit. Ex quo etiam
sequitur, verissimum illud esse signum, quo mulieres ovum recens ad
sorbendum, aut non recens {distingunt} <distinguunt>, ac
discernunt, videlicet si ovo ad oppositam lucem posito[42],
manuque supra crassiorem ovi partem {superpositam} <superposita>,
cavitatem aut adesse, aut abesse; aut si non ex toto abesse, saltem
exiguo numismati similem adesse conspiciunt: si enim cavitas nulla
appareat, aut perquam exigua, recens: sin maior conspicitur, requietum
esse ovum pernoscunt. |
In
tal caso bisogna valutare sia il periodo dell'anno che le condizioni
climatiche, sia soprattutto l'aria ambiente. Per cui si verifica, come
giustamente è stato scritto da Columella, che le uova assai recenti
sono da mettere a covare in quanto l'aria di Roma, dove egli viveva,
essendo più calda, subito asciuga l'albume e può preparare una cavità
dell'uovo sufficiente per un uso soddisfacente. Pertanto in questa
zona di Padova risulta più sicuro, se non erro, mettere a covare
delle uova non recenti che abbiano una cavità sufficiente già
preparata in precedenza, e infatti la pratica comune è concorde in ciò.
Ne consegue pure che è estremamente vero quel segno in base al quale
le donne distinguono e individuano un uovo recente adatto a essere
bevuto da uno non recente, cioè, se dopo aver messo l'uovo controluce
e avendo posto la mano sopra alla parte più larga dell'uovo, sia
presente oppure se manca la cavità; oppure, se non manca del tutto,
se vedono che perlomeno è simile a una piccola moneta. Infatti se la
cavità appare assente o molto piccola, l'uovo è recente, se invece
appare più grande fanno la diagnosi sicura di un uovo che non è
fresco. |
Habent etiam
aliud signum, quod prae dictum sequitur. Est autem, ut ovo adversa
luce posito, si lucem ovum pervadere, {itaut} <ita ut> tenuius,
clariusque diaphanum intus conspiciatur, signum est, recens ovum esse:
contra si lux intus obscurior visitur, tum diaphanum crassius; signum
est, requietum ovum existere: ratio est, quia primo tempore ovi
humores tenuiores sunt, postea vero crassiores fiunt, dissipatis
videlicet tenuioribus partibus: unde et cavitas, et diaphani corporis
densitas, seu crassities sequitur: propter quam causam albedo etiam,
quae diaphano proxima est, et ovi levitas quoque [reiectis] recentis
ovi signa sunt; nam si leve ovum est, recens esse signum est[43],
quod levitas arguat, plures innatos aereos spiritus in ovo intus adhuc
contineri, qui ab externo aere adhuc non sint dissipati, et ita leve
ovum reddunt: Unde nonnulli ovo duntaxat manu {appraehenso} <apprehenso>,
et librato an recens, vel requietum sit, agnoscunt. |
Hanno
anche un altro segno che si aggiunge a quello anzidetto. Ed è il
seguente: dopo aver messo un uovo controluce, se la luce pervade
l'uovo tanto da farlo apparire internamente più tenue, più chiaro e
diafano, è segno che è un uovo recente. Invece, se la luce
all'interno appare più scura e quindi il diafano è più denso, è
segno che si tratta di un uovo non recente. Il motivo sta nel fatto
che all'inizio i liquidi dell'uovo sono più tenui, mentre poi
diventano più densi, essendosi cioè dissipate le parti più tenui,
per cui ne conseguono sia la cavità che la densità o spessore della
struttura diafana. Per questo motivo anche il biancore che è prossimo
al diafano e la leggerezza dell'uovo sono pure segni di un uovo
recente: infatti se un uovo è leggero è un segno che è recente, in
quanto la leggerezza dimostra che dentro all'uovo sono ancora
contenuti numerosi innati soffi aerei che non sono ancora stati
dissipati dall'aria esterna e pertanto rendono l'uovo leggero. Per cui
alcuni, dopo aver preso e soppesato l'uovo con una mano, riconoscono
se è recente oppure non recente. |
Ultimum
signum est ovi rugositas, vel ut melius dicamus, quid medium inter
laevigatum, et rugosum, quod in nostra hetrusca lingua dicitur ruvido,
hic ruspido. Ubi enim ovum laevigatum est, signum est, esse requietum;
contra, si rugosum: ratio est, quia si in utero ovum laevigatum esset,
facile ex se ipso exiret, et ante tempus constitutum tum suopte
pondere, tum laevore ex utero foras elaberetur: requietum autem ovum
laevorem contrahit, quia minimae illius extuberantiae, ab externo aere
exiccantur, et complanantur[44].
Ultimo ovum recens prope ignem siccum positum, sudat: requietum
minime. |
Ultimo
segno è la rugosità dell'uovo, o, per meglio dire, qualcosa che sta
di mezzo fra il liscio e il rugoso, che nella nostra lingua toscana è
detto ruvido, qui - a Padova - ruspido. Infatti quando l'uovo è
levigato è segno che non è recente, il contrario se è rugoso. Il
motivo sta nel fatto che, se nell'utero l'uovo fosse levigato,
facilmente uscirebbe da solo, e scivolerebbe fuori dall'utero prima
del tempo stabilito sia per il suo stesso peso sia per la levigatezza.
Invece l'uovo che non è recente acquisisce la levigatezza perché le
sue piccolissime sporgenze vengono essiccate e appianate dall'aria
esterna. Infine l'uovo fresco, posto in vicinanza di un fuoco
asciutto, suda, quello non recente suda pochissimo. |
Atque haec de
ovo, seu de animalium ex ovo generatione dicta, sufficiant. Quae
libenter tanquam commentaria, seu expositionem in capita ab Arist. de
ovo conscripta constituenda candido Lectori censerem, ac proponerem,
ni invitus a summo omnium praeceptore interdum deflectere coactus
essem. |
E
siano sufficienti queste cose dette a proposito dell'uovo, ossia della
generazione degli animali dall'uovo. Io volentieri riterrei e
proporrei di presentarle all'imparziale lettore come commenti o
spiegazione dei capitoli scritti da Aristotele sull'uovo, se nel
frattempo non fossi stato costretto malvolentieri a desistere dal
sommo maestro di tutti - da Dio. |
[1] Aristotele De generatione animalium III 1, 751b 4 sqq..
[2] Aristotele De generatione animalium I 1, 715a 12 sqq..
[3] Aristotele De generatione animalium III 9, 758a 29 sqq..
[4] Non sappiamo da dove proviene questa fantasmagorica notizia. Oggi, 15 dicembre 2010, affidiamoci a www.obesiweb.it che recita così: Sviluppo della cantaride - Secondo Beauregard e Lichtenstein la femmina depone le ova, che hanno la forma di un bozzolo allungato, nella terra, dove si sviluppano le larve, le quali vanno soggette poi a molte metamorfosi, distinte col nome di ipermetamorfosi, prima di trasformarsi in crisalide. Le larve cercano di avvicinarsi alle celle, costruite da specie di api o vespe sotterranee, accanto alle quali la femmina ha deposto le ova, e là si cibano del contenuto di queste cellule; poi s'addentrano di più nella terra, ove passano l'inverno allo stato di pseudoninfa, e ne escono poi nella stagione estiva allo stato di pieno sviluppo, cioè di insetto perfetto.
[5] Aristotele De generatione animalium III 11, 762a 8 sqq..
[6] Aristotele Historia animalium V 19, 551a 16 sqq..
[7] Aristotele Historia animalium V 19, 551a 16 sqq..
[8] Potrebbe trattarsi della drosofila, Drosophila melanogaster, detta anche moscerino dell'aceto.
[9] Galeno De usu partium corporis humani III p. 788, 18 sqq. Kühn.
[10] Aristotele Historia animalium VI 1, 559a 26 sqq..
[11] Plinio Naturalis historia X 74 – confronta Columella De re rustica VIII 5.
[12] Qui non converrebbe tradurre con pulcino, bensì con pollo, o meglio ancora, con gallina. Si tratta di un brano di pura fantasia filosofica dove è assai difficile far combaciare la traduzione coi veri dati biologici.
[13] Saltamartino: balocco munito di una molla che gli fa fare piccoli salti allorché viene posato a terra. - Giocattolo formato da mezzo guscio di noce che viene fatto saltare mediante una molla. - Giocattolo infantile costituito da un pezzo di legno o da un guscio di noce munito nella parte cava di una molla che, quando si posa in terra, scatta e lo fa saltare. - Trastullo da fanciulli fatto d'un bocciolo di saggina, alto a lunghezza d'un mezzo dito, con un piccolo piombo nascosto nella parte inferiore, e con una penna nella superiore, che, tirato all'aria, resta sempre ritto dalla parte che gravita
[14] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 24 sqq..
[15] Aristotele Historia animalium VI 1, 558b 14 sqq..
[16] La zucca popone - Cucurbita moschata - comprendente molte varietà diffuse soprattutto nell'Italia meridionale, presenta frutti allungati, di colore verde o arancione, con polpa tenera e dolce, di sapore particolare.
[17] Aristotele Historia animalium VI 1, 558b 16 sqq..
[18] Aristotele Historia animalium VI 1, 558b 23-24. - De generatione animalium III 1, 749b 28 sqq..
[19] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 30. - De generatione animalium III 2, 753a 18-22 - 753b 7.
[20] Aristotele Historia animalium VI 1, 558b 27. - De generatione animalium III 1, 749b 10.
[21] Aristotele De generatione animalium III 1, 751b 3 γεωδέστερον; III 2, 753a 23: ὥσπερ... καὶ οἱ οἶνοι ἐν ταῖς ἀλέαις ὀξύνονται ἀνατρεπομένης τῆς ἰλύος... τοῦτο γὰρ ἐν ἀμφοτέροις τὸ γεῶδες.
[22] Aristotele De generatione animalium III 2, 754a 2; 3, 754b 6; ma specialmente III 3, 754b 8: ὄστρακον... ἀλεωρὰ πρὸς τὰς θύραθεν βλάβας.
[23] Aristotele Historia animalium VI 3, 561b 17-19.
[24] Platone Timaeus 32B 4 sqq..
[25] Aristotele Historia animalium VI 2, 560a 28.
[26] Ippocrate De semine, de natura pueri... 30,59: καὶ τὸ ἐν τῷ ᾠῷ ἐνεὸν... θερμαινόμενον δὲ πνεῦμα ἴσχει τὸ ἐν τῷ ᾠῷ ἐνεὸν καὶ ἀντισπᾷ ἕτερον ψυχρὸν ἀπὸ τοῦ ἠέρος.
[27] Adriaan van den Spieghel, noto anche come Adriaan van den Spiegel, Adrianus Spigelius o Adriano Spigelio (Bruxelles, 1578 – Padova, 7 aprile 1625), è stato un medico, chirurgo e botanico fiammingo. La sua formazione avvenne dapprima all'Università di Lovanio e poi a Padova, dove si laureò in medicina nel 1603. Allievo di Girolamo Fabrici d'Acquapendente e di Giulio Casseri, dal 1605 divenne professore di anatomia all'Università di Padova. Abile anche come chirurgo, eseguì molteplici trapanazioni craniche, descrisse l'ernia che porta il suo nome e ideò una tecnica operatoria per le fistole anali. I suoi contributi scientifici più importanti riguardano l'embriologia, la neuroanatomia e l'anatomia addominale ed epatica in cui descrisse, tra l'altro, il lobo epatico che porta il suo nome. Opere principali: De formatu foetu, 1626 - De humani corporis fabrica, 1627 - Opera quae extant omnia, Amsterdam, Johannes Blaeu, 1645. § Adriaan van den Spiegel, name sometimes written as Adrianus Spigelius (1578 - 7 April 1625) was a Flemish anatomist who was born in Brussels. For much of his career he practiced medicine in Padua, and is considered one of the great physicians associated with that city. At Padua he studied anatomy under Girolamo Fabrici. His best written work on anatomy is De humani corporis Fabrica libri X tabulis aere icisis exornati which was published posthumously in 1627. He borrowed the title from De humani corporis fabrica, written by his fellow countryman, Vesalius, who had also studied in Padua. The book was intended as an update in medical thinking (a century later) about anatomy. In his 1624 treatise De semitertiana libri quatuor, he gives the first comprehensive description of malaria. Also an uncommon hernia of the abdominal wall that he first described is called a Spigelian hernia. Spiegel also did work as a botanist. The genus Spigelia which has six species, is named after him. Traditionally, the rhizome and roots of Spigelia marilandica were used as a cure for intestinal parasites.
[28] Aristotele Historia animalium VI 3, 561a 9 sqq., dove però Aristotele dice che il tuorlo sale verso la parte acuta (τὸ... ὠχρὸν ἄνω προσεληλυθὸς πρὸς τὸ ὀξύ).
[29] Aristotele De generatione animalium II 3, 736a 6; ibid. III 1, 752a 3: τὸ... ὠχρὸν καὶ γεῶδες ἐντός, ma cf. 751b 3: τὸ... γεωδέστερον (ossia τὸ λευκόν) τὴν τοῦ σώματος παρέχεται σύστασιν.
[30] Aristotele De coloribus 791a 5: ἐπὶ τῆς τέφρας... ἐκκαυθέντος... τοῦ τὴν βαφὴν πεποιηκότος ὑγροῦ λευκὴ γίνεται, οὐ παντελῶς δὲ διὰ τὸ τῷ καπνῷ βεβάφθαι.
[31] Aristotele Historia animalium VI 2, 559b 6 sqq..
[32] Aristotele Historia animalium VI 10, 566a 2 sqq..
[33] Aristotele De generatione animalium II 2, 736a 14: ἡ γονὴ ἀφρός, ὁ δὲ ἀφρὸς λευκόν.
[34] Plinio Naturalis historia X 149.
[35] Aristotele Historia animalium VI 3, 561b 27 sqq..
[36] Aristotele Historia animalium VI 3, 561b 27 sqq. – 562a 17 sqq..
[37] Ippocrate De semine, de natura pueri... 30, 67 sqq..
[38] Plinio Naturalis Historia X 151, dove peraltro Plinio dice solo che le uova devono essere covate entro 10 giorni e in numero dispari (subici impari numero).
[39] Plinio Naturalis Historia X 151: vetera aut recentiora infecunda.
[40] Columella De re rustica IV 8.
[41] Columella De re rustica IV 8.
[42] Plinio Naturalis historia X 151: Ova incubari intra decem dies edita utilissimum; vetera aut recentiora infecunda. Subici inpari numero debent. Quarto die post quam coepere incubari, si contra lumen cacumine ovorum adprehenso ima manu purus et unius modi perluceat color, sterilia existimantur esse proque iis alia substituenda. Et in aqua est experimentum: inane fluitat, itaque sidentia, hoc est plena, subici volunt. Concuti vero experimento vetant, quoniam non gignant confusis vitalibus venis.
[43] Interpretazione mio avviso del tutto astrusa. Infatti più passa il tempo, più un qualcosa contenente acqua diventa leggero a causa dell'evaporazione dell'acqua. Lo dimostrano i panni stesi ad asciugare anche in casa e all'ombra. L'aria, per pesare in modo apprezzabile, deve essere notevolmente compressa.
[44] A mio avviso si tratta di affermazioni su base filosofica e non dovute a un'osservazione dell'uovo.