Gessnerpullus
Il pulcino di Conrad Gessner
DE
GALLO GALLINACEO, ET IIS OMNIBUS
quae
ad Gallinaceum genus in genere pertinent, quorum aliqua interdum
sub gallinae nomine apud authores proferuntur.
Historia
animalium III - MDLV
Il
gallo e tutte quelle cose
che riguardano comunemente il genere dei gallinacei, alcune delle quali
vengono talora riferite dagli autori
sotto il titolo di gallina.
Historia
animalium III - 1555
L'asterisco indica che la voce è presente nel lessico
Gallinae,
ut Theophrastus refert, ovo {a}edito, religione quadam [416] excutiunt
se, et circumactae purificant, aut festuca aliqua sese et ova lustrant,
pericarphismum Plutarchus vocavit[1],
Caelius. Gallina post coitum se excutit, eo scilicet quod per
libidinem incitatur in ea vapor, faciens extensionem, in ea sicut et
in homine pandiculatio[2]
fit quando languet desiderio coitus, et tum confricando se aliquoties
festucam ore apprehendit tamquam nidum componens. In nido etiam sedens
saepe rostro convertit paleas, ut et aliae aves, Albert. ¶ Gallinae
etiam ex phasianis concipiunt, ut copiose scribetur in B. |
Le
galline, come scrive Teofrasto*, dopo aver deposto l’uovo, per una
sorta di ritualità si scuotono e si purificano girando in cerchio,
oppure danno una ripulita a se stesse e alla uova con una festuca, e
Plutarco* l'ha chiamato perikarphismós - il coprirsi di
paglia, Lodovico Ricchieri*.
Dopo essersi accoppiata la gallina si scuote, ovviamente perché
attraverso la libidine viene sollecitato in lei il calore vitale che
fa estendere le membra, e in lei come anche nell'essere umano si
verifica uno stiramento delle membra come durante uno sbadiglio quando
muore dal desiderio di fare sesso, e allora strofinandosi alcune volte
prende con la bocca una festuca come se stesse facendo un nido. Anche
quando sta accovacciata nel nido spesso col becco rigira la paglia,
come fanno anche gli altri uccelli, Alberto*. ¶ Le galline
vengono fecondate anche dai fagiani*, come scriverò in abbondanza nel
paragrafo B. |
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¶
Gallinae avesque reliquae, sicut Cicero ait[3],
et quietum requirunt ad pariendum locum, et cubilia sibi nidosque
construunt, eosque quam possunt mollissime substernunt. Fabas si
comedant gallinae, intercipitur eis generatio ovorum, Avicenna et
Crescentiensis. Gallinas aiunt ex assiduo fabarum esu sterilescere,
Didymus. Si frequenter edant cortices fabarum, steriles fiunt: quae
etiam arboribus novellis ad radices appositae eas exiccant, Clemens 3.
Stromat. Quo tempore arbores florent, gallinas potissimum pinguescere
audio, floribus vescentes: sed tum ova earum etiam praecipue cito
corrumpi et putrescere. |
¶
Le galline e tutti gli altri uccelli, come dice Cicerone*, vanno alla
ricerca di un posto tranquillo per deporre le uova, nonché si
costruiscono delle tane e dei nidi, e questi li ricoprono nel modo più
soffice possibile. Se le galline mangiano le fave*, in esse si arresta
la produzione delle uova, Avicenna* e Pier de' Crescenzi*. Dicono che
le galline diventano sterili per un continuo nutrirsi di fave, Didimo
- un geoponico*. Se mangiano spesso la buccia delle fave diventano
sterili: inoltre se le si mette vicino alle radici delle piantine le
fanno seccare, Clemente Alessandrino* Stromata 3. Sento dire
che quando gli alberi fioriscono le galline ingrassano moltissimo in
quanto mangiano i fiori: ma allora anche le loro uova si corrompono e
imputridiscono molto in fretta. |
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DE
OVIS: ET PRIMUM DE IPSORUM FORMATIONE, PARTIBUS, |
LE
UOVA: E INNANZITUTTO SULLA LORO FORMAZIONE, LE LORO PARTI, |
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Quae
de ovis eorumque natura deinceps afferemus, pleraque omnia non
ad gallinas modo sed genus avium universum pertinent, et ad
quadrupedes quoque Oviparas aliqua ex parte: sed quoniam ea omnia in
gallina magis conspicua sunt, familiari prae caeteris nobis alite, ad
eius potissimum historiam referre libuit. Dicentur etiam nonnulla de
avium generatione ex ovis, in communi avium historia; sed paucissima
aut nihil fortassis, quod hic quoque annotatum a nobis non sit. |
La
maggior parte di tutte le cose che riferirò di seguito sulle uova e
sulla loro costituzione non riguarda solo le galline ma tutta quanta
la classe degli Uccelli come sotto qualche aspetto anche i quadrupedi
ovipari: ma poiché tutte queste cose sono più appariscenti nella
gallina, uccello a noi familiare rispetto agli altri, ho scelto di
riferirle soprattutto nella loro descrizione. Nella descrizione
collettiva degli uccelli dirò anche alcune cose sulla generazione
dalle uova, ma pochissime cose o forse nulla che io non abbia già
riferito in questo capitolo. |
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Ovi
formatio. Ovum est animal potentia, ex ovificantis productum
superfluo, Aggregator[4]. Ovum gallinae consistit
a coitu, et perficitur decem diebus magna ex parte, Aristot.[5]
A coitu decem diebus ova maturescunt in utero, vexatae autem gallinae
et columbae penna evulsa, aliave simili iniuria diutius, (tardius,)
Plin.[6]
Ovum e semine galli conceptum, ut plurimum undecimo die paritur.
citius quidem in iuvenca, et regione calida, et nutrimento calido
utente, quam in contrariis. Alius autem est conceptus, quando semen
galli in matrice invenit materiam ovi venti, aliqua ex parte aut
omnino, propter pellem et testam, completam. huic enim coniungitur, et
foecundat totum ovum: et prout materia in matrice magis minusve
praeparata fuerit, tardius citiusve eandem perficit, Albertus.
Incoepta ova si adhuc parvis desierit coitus, non accrescunt. sed si
continuetur, celeri incremento augentur, iustamque magnitudinem
implent, Aristot. et Albertus. Huius rei causam inquirit Aristot. de
generat. anim. lib. 3. cap. 1. [7] |
Formazione
dell'uovo. L'uovo è una potenza vivente, prodotto da ciò che
è superfluo per chi genera l'uovo, Symphorien
Champier*. L'uovo della gallina si forma dal coito, e per lo più
giunge a termine in dieci giorni, Aristotele*. Dopo
l’accoppiamento le uova giungono a maturazione nell’utero in 10
giorni, ma più lentamente (più tardi) se gli animali vengono
tormentati, se viene strappata qualche penna alla gallina e alla
colomba, o se vien fatta loro qualche altra violenza simile, Plinio*.
Un uovo concepito col seme del gallo per lo più viene partorito
all'undicesimo giorno: ma più precocemente nella gallina giovane e in
una zona calda e che si nutre di un cibo caldo rispetto a situazioni
opposte. In effetti il concepimento è diverso quando il seme del
gallo trova nell'apparato genitale del tutto o in parte la materia
dell'uovo ripiena di vento a causa delle membrane testacee* o del
guscio. Infatti il seme si congiunge al vento e feconda tutto l'uovo:
e a seconda che nell'apparato genitale la materia sia più o meno
pronta, prima o dopo la porta a compimento, Alberto. Se alle uova
appena abbozzate e ancora piccole viene a cessare il coito, non si
accrescono, ma se continua, aumentano rapidamente di volume e
raggiungono una grandezza appropriata, Aristotele e Alberto.
Aristotele ne indaga il motivo in De generatione animalium 3,1. |
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Concipit
foemina quae coierit ovum superius ad septum transversum: quod ovum
primo minutum et candidum cernitur: mox rubrum cruentumque, deinde
increscens luteum et flavum efficitur totum. Iam
amplius auctum discernitur, ita ut intus pars lutea sit, foris candida
ambiat. Ubi perfectum est, absolvitur atque exit putamine, dum paritur,
molli, sed protinus durescente, quibuscunque emergit portionibus, nisi
vitio vulvae defecerit, Aristot.[8]
Avis hypenemia gerens ova, si coeat nondum mutato ovo ex luteo in
album, foecunda ex subventitiis redduntur, item si conceperit ex coitu
ova, si eis adhuc luteis existentibus cum alio mare coivit, simile
eius quo cum postea coivit, provenit omne genus pullorum, Aristot. in
libris de hist. et de genere anim. Gallinae parere a bruma
incipiunt. optima foetura ante vernum aequinoctium. post solstitium
nata non implent magnitudinem iustam, tantoque minus quanto serius
provenere, Plin.[9]
Confecta bruma parere fere id genus avium consuevit: atque earum quae
sunt foecundissimae, locis tepidioribus, circa Calen. Ian. ova edere
incipiunt: frigidis autem regionibus eodem mese post Idus, Columella[10]. |
La
femmina che si è accoppiata concepisce l'uovo nella parte alta
dell'addome nelle vicinanze del setto trasverso: e quest'uovo all’inizio appare piccolo e candido: successivamente rosso e colore
del sangue, quindi aumentando di volume diventa tutto quanto giallo e
dorato. Lo si vede ormai più voluminoso, tanto che il giallo si trova
nella parte centrale, il bianco lo circonda alla periferia. Quando è
ultimato, viene liberato e mentre viene deposto fuoriesce con il
guscio che è molle, ma che rapidamente diventa duro, e se ne esce con
tutte le sue parti a meno che sia imperfetto a causa di una
malformazione dell’utero, Aristotele. L'uccello che reca uova
ventose, se si accoppia quando l'uovo non si è ancora trasformato da
giallo in bianco, da ventose diventano feconde, parimenti se concepirà
delle uova a causa del coito, se mentre sono ancora gialle si è
accoppiata con un altro maschio, tutti i pulcini diventano simili a
colui col quale si è accoppiata per ultimo, Aristotele in De
historia e De generatione animalium. Le galline cominciano
a deporre a partire dal solstizio d'inverno. Le migliori nidiate si
hanno prima dell'equinozio di primavera. Quelle che si schiudono dopo
il solstizio d'estate non forniscono pulcini con una mole opportuna, e
tanto meno quanto più tardi sono nate, Plinio. Per lo più questo
genere di uccelli ha preso l'abitudine di deporre quando l’inverno
è terminato: e nelle zone più miti i più fecondi di loro cominciano
a deporre le uova intorno alle calende di gennaio - 1° gennaio, ma
nelle zone fredde nello stesso mese dopo le idi - 13 gennaio,
Columella*. |
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In
ovo pelliculae ex umbilico tentae sunt: et reliqua quae de puero dicta
sunt, sic se habere in ovo volucris reperies ab initio ad finem,
Hippocrates in libro de natura pueri[11].
{E :}<Et> rursus, Volucris ex ovi luteo nascitur, hoc modo.
Incubante matre ovum calescit, et quod in ovo inest a matre movetur:
calescens autem id quod in ovo inest, spiritum habet, et alterum
frigidum ab aere per ovum attrahit. Ovum enim adeo rarum est, ut
spiritum qui attrahitur sufficientem ei quod intus est transmittat: et
augescit volucris in ovo, et coarticulatur modo eodem consimili velut
puer. Nascitur autem ex luteo ovi volucris: (hoc dicitur contra omnium
sententiam, Graece legitur Γίνεται δὲ ἐκ τοῦ χλωροῦ τοῦ ὠοῦ τὸ ὄρνεον. Τροφήν δὲ καὶ αὔξεσιν ἔχει τὸ λευκόν, τὸ ἐν τῷ
ὠῷ. Τοῦτο ἤδη πᾶσιν ἐμφανές ἐγένετο, ὁκόσοι
προσέσχον
τὸν νοῦν.
Et
paulo ante, τὸ
ὄρνεον
γίνεται ἐξ
τοῦ ὠοῦ τοῦ
χλωροῦ.) alimentum vero et augmentum habet ex
albo, quod in ovo est. Ubi autem deficit alimentum pullo ex ovo, non
habens id sufficiens unde vivat, fortiter movetur in ovo, uberius
alimentum quaerens. et pelliculae circum dirumpuntur, et ubi mater
sentit pullum vehementer motum, putamen excalpens ipsum excludit,
atque haec fieri solent in viginti diebus<, et manifestum est quod
ita se habent.>[12].
Ubi enim excusa est volucris, nullus humor in ovi testis inest, qui
sane memorabilis existat, expensus est enim in pullum, Haec ille. |
Nell’uovo
delle piccole membrane si dipartono dal cordone ombelicale, e le
restanti cose, che sono state dette a proposito del bambino,
nell’uovo di uccello le troverai essere identiche dall’inizio alla
fine, Ippocrate*. E ancora: Un uccello nasce nel giallo dell'uovo in
questo modo. Quando la madre sta covando l’uovo si riscalda, e ciò
che si trova dentro all’uovo viene mosso dalla madre: mentre ciò
che si trova nell’uovo si riscalda, esso ha una respirazione, e
attraverso l’uovo attrae l’altra aria fredda dall’atmosfera.
Infatti l’uovo è talmente poroso da trasmettere l’aria che viene
attratta in quantità sufficiente a ciò che si trova all’interno: e
l’uccello si accresce dentro all’uovo, e muove le articolazioni in
modo uguale e del tutto simile a come fa un bambino. Inoltre
l’uccello nasce dal giallo dell’uovo: (ciò viene detto contro il
parere di tutti, e in greco si legge: Gínetai dè ek toû chløroû
toû øoû tò órneon. Trophën dè kaì aúxesin échei tò leukón,
tò en tôi øôi. Toûto ëdë pâsin emphanés
egéneto, hokósoi proséschon tòn noûn. E poco prima: tò órneon
gínetai ex toû øoû toû chløroû.) ma riceve l’alimento e
l’accrescimento dal bianco che si trova nell’uovo. Quando però al
pulcino viene a mancare l’alimento che proviene dall’uovo, non
avendolo in quantità sufficiente per vivere, forse si muove dentro
all’uovo cercando alimento più abbondante, e le membrane che si
trovano all’intorno si rompono, e quando la madre percepisce che il
pulcino si muove con veemenza, lo fa uscire dando delle beccate al
guscio, e abitualmente tutto ciò accade nel giro di venti giorni, ed
è risaputo che le cose stanno così. Quando infatti l’uccello è
uscito, all’interno dei gusci d’uovo non si trova liquido degno di
nota, infatti è stato impiegato per il pulcino, Ippocrate. |
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Aristoteles
de generatione anim. lib. 3. cap. 2.[13]
pullum ait non ex luteo, sed ex albumine generari: et non albumen, (ut
Alcmaeon Crotoniates et alii plerique putarint, colore affinitate
decepti,) sed luteum pulli in ovo veluti lac et nutrimentum esse.
Candidum membranae subiectum in ovo principium est, ({Ὡῖ} <Ὧ>
διαδίδοται ἀρχὴ ὑπὸ τὸν ὑμένα λευκὸν)[14]
in hoc enim semen continetur, et non in eo qui
neottos, id est pullus vocatur. sic autem vulgo vocant luteum, quod
superfluitas est seminis, decepti sunt enim qui huius opinionis
authores fuerunt, [417] Suidas in Νεοττόν. |
Aristotele
in De generatione animalium 3,2 dice che il pulcino si genera
non dal tuorlo ma dall'albume: e non è l'albume (come Alcmeone di
Crotone* e gran parte degli altri hanno pensato, ingannati dalla
somiglianza del colore) ma il tuorlo a rappresentare il latte e il
nutrimento del pulcino nell'uovo. Il bianco che nell'uovo si trova al
di sotto delle membrane testacee è il principio generatore, (Hô
diadídotai archë hupò tòn huména leukòn - Qui si trova
distribuito il principio al di sotto delle membrane testacee bianche),
infatti in esso è contenuto il seme, e non in quello che viene detto neottós,
cioè pulcino. Infatti chiamano correntemente così il giallo, dove c'è
sovrabbondanza di seme, infatti si sono ingannati coloro che hanno
ideato questa teoria, il lessico Suida* alla voce Neottón -
pulcino, tuorlo dell'uovo, all'accusativo. |
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Et
genus omne avium mediis e partibus ovi, | Ni sciret fieri, quis nasci
posse putaret? Ovidius 15. Metam.[15]
Ova inter animal et non animal veluti ambigere videntur, Caelius. Ova
e quibus mares nascentur, gallina gerit in parte ventris dextra: e
quibus foeminae, in sinistra, Physiologus. Quonam modo ova in utero
increscant, et quomodo adhaereant, explicat Aristoteles lib. 3. cap.
2. de gener. anim.[16]
Gallinis porro tertia die ac nocte postquam coepere incubare, indicium
praestare incipiunt, (Vide etiam infra ubi de incubatione seorsim
agetur.) At maiorum avium
generi plus praetereat temporis, necesse est. minori autem minus
sufficit. Effertur per id tempus luteus humor ad cacumen, qua
principium ovi est: atque ovum detegitur ea parte, et cor quasi
punctum sanguineum in candido liquore consistit: quod punctum salit
iam, et movetur, ut animal. Tendunt ex eo meatus venales sanguigeri
duo tortuosi ad tunicam ambientem utranque, dum augetur. Membrana
etiam fibris distincta sanguineis, iam {album liquorem}[17]
<luteum> per id tempus {circundat} <circumdat>[18],
a meatibus illis venarum oriens. Paulo autem post, et corpus iam pulli
discernitur, exiguum admodum primum et candidum, conspicuum capite et
maxime oculis inflatis, quibus ita permanet diu. sero enim decrescunt
oculi, et se ad ratam contrahunt proportionem. Pars autem
inferior corporis, nullo membro a superiore distingui, inter initia
cernitur. Meatuum, quos ex corde tendere diximus, alter ad ambiendum
album liquorem fertur, alter ad luteum velut umbilicus. Origo itaque
pulli in albumine est, cibus per umbilicum ex luteo petitur. |
E
tutta quanta la popolazione degli uccelli nasce dalla parte centrale
di un uovo, | chi lo penserebbe, se non sapesse che avviene così?
Ovidio* Metamorfosi XV. Le uova sembrano quasi trovarsi a metà
strada tra un essere vivente e non vivente, Lodovico Ricchieri*. Le
uova da cui nasceranno dei maschi la gallina le porta nella parte
destra dell'addome: a sinistra quelle da cui nasceranno le femmine,
Physiologus*. Fino a che punto le uova si accrescono nell'utero e in
che modo vi rimangono attaccate lo spiega Aristotele* nel III libro
capitolo 2 del De generatione animalium. Dunque nelle galline - le uova* - cominciano a mostrare un indizio al
terzo giorno e alla terza notte dopo che hanno cominciato a covare
(vedi anche sotto, quando si tratterà in particolare
dell'incubazione). Ma per le specie di uccelli di maggiori dimensioni
è necessario che trascorra una maggiore quantità di tempo. Ma a un
uccello più piccolo è sufficiente di meno. Durante questo intervallo
di tempo il liquido giallo si sposta verso il polo acuto dove si trova
il principio dell’uovo: e l’uovo viene scoperto in quell’area, e
il cuore si presenta nel liquido candido come una chiazzetta di
sangue: e questa chiazza già si solleva e si muove, come un essere
vivente. Da esso si dipartono due condotti venosi tortuosi pieni di
sangue che, mentre aumenta di dimensioni, si dirigono verso ambedue le
membrane avvolgenti. Anche una membrana costellata di fibre sanguigne
in questo momento già circonda il tuorlo, originandosi da quei
condotti venosi. Ma poco dopo si riesce già a vedere il corpo del
pulcino, dapprima molto piccolo e bianco, con la testa grande, e con
gli occhi molto sporgenti coi quali rimane a lungo così. Infatti gli
occhi si rimpiccioliscono tardivamente e si riducono alla giusta
dimensione. All’inizio non si riesce a distinguere la parte
inferiore del corpo da quella superiore tramite alcuna parte
anatomica. Dei condotti che abbiamo detto dipartirsi dal cuore uno si
dirige a circondare l’albume, l’altro si porta al tuorlo come un
cordone ombelicale. Pertanto l’origine del pulcino si trova
nell’albume, il nutrimento viene fornito dal tuorlo attraverso il
cordone ombelicale. |
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Die
iam decimo pullus totus perspicuus est, et membra omnia patent. Caput
grandius toto corpore est. oculi capite grandiores haerent. quippe qui
fabis maiores per id tempus emineant nigri, nondum cum pupilla. quibus
si cutem detrahas, nihil solidi videris, sed humorem candidum
rigidumque admodum refulgentem ad lucem, nec quicquam aliud. ita oculi
et caput. Iam vero et viscera eo tempore patent: et alvi
intestinorumque natura perspicua est. Venae etiam illae a corde
proficiscentes, iam sese iuxta umbilicum constituunt. Ab ipso autem
umbilico vena oritur duplex. Altera tendens ad membranam ambientem
vitellum, qui eo tempore humet, et largior, quam secundum naturam est:
altera permeans ad membranam ambientem eam, qua pullus operitur, et
eam quae vitellum, humoremque interiectum continet[19].
dum enim pullus paulatim increscit, vitellus seorsum in duas partes
secatur. quarum altera locum tenet superiorem, altera inferiorem, et
medius humor candidus continetur. nec partem inferiorem a vitello
liquor deserit albus, qualis ante habebatur. Decimo die albumen
exiguum iam, et lentum: crassum, pallidulum novissime inest. Sunt enim
quaeque locata hoc ordine. prima, postremaque ad testam ovi membrana
posita est, non testae ipsius nativa, sed altera illi subiecta. liquor
in ea candidus est. deinde pullus continetur obvolutus membrana, ne in
humore maneat. mox pullo vitellus subiacet, in quem alteram ex venis
prorepere dictum est, cum altera albumen ambiens petat. Cuncta
autem ambit membrana cum humore, specie saniei. Tum vero membrana alia
circa ipsum foetum, ut dictum est, ducitur, arcens humorem. sub qua
vitellus alia obvolutus membrana. in quem umbilicus a corde, ac vena
maiore oriens pertinet: atque ita efficitur, ne foetus alterutro
humore attingatur. |
Ormai
al decimo giorno il pulcino è tutto quanto visibile e sono visibili
tutte le parti del corpo. Il capo è più grande di tutto il resto del
corpo. Gli occhi continuano a essere più grandi del resto della
testa. Più grandi rispetto alle fave, in questo periodo sono
prominenti e di colore nero, non ancora forniti di pupilla. Se ne
asporti il rivestimento, non scorgerai nulla di solido, bensì un
liquido bianchissimo e consistente assai risplendente alla luce, e
null’altro. Così sono gli occhi e la testa. Ma in quel periodo sono
già visibili anche i visceri, e la conformazione dello stomaco e
delle anse intestinali è riconoscibile. Anche quelle vene che si
diramano dal cuore ormai si dispongono vicino al cordone ombelicale. E
dallo stesso cordone ombelicale si originano due vene. Una delle due
si dirige alla membrana - allantoide - che avvolge il tuorlo che in
questo momento è idratato ed è più grande di quanto lo sia
naturalmente: l'altra che si dirige verso quella membrana avvolgente
dalla quale è coperto il pulcino - amnios, e che avvolge quella che
contiene il tuorlo e il liquido frapposto. Infatti, mentre il pulcino
va gradualmente accrescendosi, il tuorlo si suddivide distintamente in
due parti. Una delle quali occupa lo spazio superiore, l’altra
quello inferiore, e in mezzo è contenuto un liquido bianchissimo. E
l’albume non viene a mancare nella parte inferiore rispetto al
tuorlo, così come era in precedenza. Al decimo giorno l’albume è
ormai scarso e appiccicoso: denso, e infine tendente all’opaco. Ogni
cosa si trova disposta in questo ordine. Addossate al guscio
dell’uovo si trovano una prima e una seconda membrana che non è
quella appartenente al guscio, ma l’altra che è sottostante alla
prima. In essa si trova del liquido bianchissimo. Quindi è contenuto
il pulcino avvolto da una membrana affinché non rimanga nel fluido.
Quindi al disotto del pulcino si trova il tuorlo verso il quale si è
detto dirigersi una delle due vene, mentre l’altra si dirige verso
l’albume circostante. Tutte queste cose le avvolge una membrana con
un liquido dall’aspetto viscoso. Quindi, come si è detto, c’è
una seconda membrana disposta intorno allo stesso feto che lo protegge
dal liquido. Al di sotto di questa avvolto dall’altra membrana si
trova il tuorlo. Verso il quale si dirige il cordone ombelicale che
nasce dal cuore e dalla vena maggiore: e ne consegue che il feto non
viene toccato da nessuno dei due fluidi. |
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Vicesimo
die iam pullus si quis putamine secto solicitet, movet intus sese,
pipitque aliquantulum: et iam ab eodem die plumescit, quoties ultra
vicesimum exclusio protelatur. ita positus est, ut caput super crus
dextrum admotum ilibus, alam super caput positam habeat, quinetiam
membrana, quae pro secundis habetur, post ultimam testae membranam, ad
quam alter umbilicus pertendit, evidens per id tempus est, pullusque
in eadem iam totus locatur. et altera quoque membrana, quae et ipsa
vicem secundarum praestat, vitellumque ambit, ad quem alter umbilicus
procedit, latius patet. Oritur
umbilicus uterque a corde, et vena maiore, ut dictum est. Fit autem
per id tempus, ut umbilicus alter, qui in secundas exteriores fertur,
compresso iam animante absolvatur: alter, qui adit vitellum, ad pulli
tenue intestinum annectatur. Iam et pullum ipsum multum humoris lutei
subit: atque in eius alvo fecis aliquid subsidit luteum. excrementum
etiam album eodem tempore pullus emittit, et in alvo quiddam album
consistit. Demum vitellus paulatim absumitur totus membrorum haustu,
ita ut si pullo decimo die post excluso rescindas alvum, nonnihil
adhuc vitelli comperias. |
Al
ventesimo giorno ormai il pulcino, se uno lo sollecita dopo aver rotto
il guscio, si muove all'interno e pigola un pochino: e già a partire
da tale giorno inizia a ricoprirsi di piumino tutte le volte che la
schiusa si protrae al di là del ventesimo giorno. È posizionato in
modo tale da avere la testa sopra la zampa destra che è accostata al
fianco, l’ala che è disposta sopra alla testa, e in questa fase è
ben visibile anche la membrana, considerata come placenta, che si
trova dopo la membrana più interna del guscio, alla quale si dirige
uno dei due cordoni ombelicali, e il pulcino si trova ormai tutto
quanto al suo interno. E anche l’altra membrana, anch’essa con
funzioni di placenta e che circonda il tuorlo, verso il quale si
dirige l’altro cordone ombelicale, è più ampiamente visibile.
Ambedue i cordoni prendono origine dal cuore e dalla vena maggiore,
come si è detto. A questo punto accade che quel cordone ombelicale
che si porta alla placenta più esterna si stacca dall’essere
vivente che ormai sta nello stretto: l’altro, che va verso il
tuorlo, rimane attaccato all’intestino tenue del pulcino. Ora
parecchio tuorlo penetra nel pulcino stesso: e nel suo intestino
rimane un qualche residuo giallo. Nello stesso periodo il pulcino
emette anche una secrezione bianca e nell’intestino è presente un
qualcosa di bianco. Infine tutto il tuorlo viene gradualmente
consumato in quanto viene utilizzato dalle varie parti del corpo,
tant’è che se tu tagliassi l’intestino dieci giorni dopo che il
pulcino è nato, troveresti ancora qualche traccia di tuorlo. |
|
|||||
Umbilico
vero absolvitur pullus, nec quicquam praeterea haurit. totus enim
humor, qui in medio continebatur, absumptus iam est. Tempore
autem supradicto pullus dormit quidem, sed non perpetuo, quippe qui
excitetur interdum, et movens sese respiciat, atque pipiat. Cor enim
eius cum umbilico, ut spirantis reflat et palpitat. Sed avium ortus ad
hunc modum ex ovo agitur, Haec omnia Aristot, de hist. anim. 6. 3.[20]
Quae etiam Albertus in suis de animalibus libris paraphrasi [paraphrase]
reddidit, quam in praesentia relinquo. |
Il
pulcino si stacca dal cordone ombelicale e non riceve più nulla.
Infatti tutto il liquido che era contenuto nell’uovo è già stato
assorbito. Nel suddetto periodo il pulcino sì che dorme, ma non in
continuazione, dal momento che ogni tanto si sveglia e muovendosi dà
un’occhiata intorno e si mette a pigolare. E il suo cuore insieme al
cordone ombelicale si solleva come in un soggetto che respira, e
palpita. Orbene la nascita degli uccelli dall'uovo si svolge in questo
modo. Tutte queste cose le scrive Aristotele nella Historia
animalium VI,3. Cose che Alberto* ha parafrasato nei suoi libri
sugli animali e che per ora tralascio. |
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Omnibus
ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor
avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo
certe gutta salit, palpitatque. Ipsum animal ex albo liquore ovi
corporatur. Cibus eius in
luteo est. Omnibus intus caput maius toto corpore: oculi
compressi capite maiores. In crescente pullo, candor in medium
vertitur, luteum circumfunditur. Vicesimo die, si moveatur ovum, iam
viventis intra putamen vox auditur. Ab eodem tempore plumescit, ita
positus: ut caput supra dextrum pedem habeat, dexteram vero alam supra
caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur,
contra quam reliqua animalia, Plin.[21]
|
Al
centro del tuorlo di ogni uovo si trova come una piccola goccia di
sangue che si crede sia il cuore degli uccelli, in quanto si ritiene
che questo venga generato per primo in qualunque organismo:
nell’uovo sicuramente quella goccia si solleva e palpita.
L’animale stesso prende corpo dal liquido bianco dell’uovo. Il suo
alimento si trova nel tuorlo. All’interno dell’uovo tutti i
pulcini hanno la testa che è più grande dell’intero corpo: gli
occhi chiusi sono più grandi della testa. Man mano che il pulcino
cresce il bianco passa al centro e il giallo si dispone all’intorno.
Al ventesimo giorno, se l’uovo viene scosso, già si sente dentro al
guscio la voce dell’essere vivente. A partire dallo stesso momento
comincia a mettere il piumino, ed è disposto in modo tale da avere la
testa sopra alla zampa destra e l’ala destra sopra alla testa. Il
tuorlo diminuisce gradualmente. Tutti gli uccelli nascono di podice,
al contrario di tutti gli altri animali, Plinio*. |
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Principio
(inquit Aristot. de generat. anim. 3. 2.[22])
corde constituto, et vena maiore ab eo distincta, umbilici duo de vena
eadem pertendunt, alter ad membranam, quae luteum continet: alter ad
membranam cui secundarum species est, qua animal obvolutum continetur:
quae circa testae membranam est. |
All'inizio
(dice Aristotele in De generatione animalium 3,2) quando il
cuore si è formato e la vena maggiore se ne è differenziata, da
questa stessa vena si dipartono due cordoni ombelicali, uno dei quali
si dirige verso la membrana che contiene il tuorlo: l’altro verso
quella membrana che ha l’aspetto di una placenta - allantoide -
dentro la quale è contenuto l’animale ricoperto: la quale si trova
nei pressi della membrana del guscio. |
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Altero
igitur umbilico cibum ex [418] luteo assumit: quod quidem calescens
humidius redditur, cibum enim humidum esse oportet, qualis plantae
suppeditatur. Vivunt autem principio et quae in ovis, et quae in
animalibus gignuntur vita plantae, adhaerendo enim capiunt primum et
alimentum et incrementum. Alter umbilicus ad secundas tendit, (ut
alimentum ex eo hauriat.) ita enim pullum avis uti luteo existimandum,
ut foetus vivipari sua parente utitur, etc. Membrana
vero exteriore novissima sanguinolenta hic perinde, ut ille utero,
utitur, etc. Crescentibus umbilicus primum considet, qui secundis
adiungitur. hac enim pullum excludi convenit. reliquum lutei, et
umbilicus ad luteum pertinens, post collabitur. cibum enim habeat
statim oportet, quod exclusum est, nec enim a parente nutritur, et
seipsum statim capere cibum non potest, quapropter luteum subit cum
umbilico, et caro adnascitur.[23] |
Pertanto
assume il cibo dal tuorlo con il primo cordone ombelicale: infatti il
tuorlo riscaldandosi diventa più liquido, infatti il cibo conviene
che sia liquido, come quello che viene dato a una pianta. Infatti
all’inizio sia quegli esseri che si generano nelle uova che quelli
che si generano negli animali, vivono come vive una pianta, infatti
rimanendo aderenti ricevono sia il primo accrescimento che il primo
alimento. L’altro cordone ombelicale si dirige verso la placenta -
allantoide - (per trarne l'alimento), infatti bisogna pensare che il
pulcino di un uccello si serve del tuorlo, così come il feto dei
vivipari si serve della propria madre etc. Infatti il primo si serve
di una membrana esterna contenente sangue formatasi di recente così
come il secondo si serve dell'utero etc. Man
mano che i soggetti crescono dapprima si chiude il cordone ombelicale
che è connesso alla placenta: è opportuno così che a questo punto
il pulcino nasca. Il residuo del tuorlo e il cordone che è connesso
al tuorlo scompaiono dopo. Infatti bisogna che abbia subito a
disposizione del cibo non appena è uscito dall’uovo, infatti non
viene nutrito dalla madre e non è subito in grado di assumere cibo da
solo, motivo per cui il tuorlo penetra insieme al cordone ombelicale,
e la carne lo circonda. |
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¶
Ova quaedam si aperias diffluunt, vitello praesertim, quod signum est
vetustatis, quod si vitellus ovo aperto integer manserit, ac medio
eius gutta rubicunda et veluti sanguinea apparuerit (ex qua corda
pullorum initio constitui solent) signum est ova esse ad cibum adhuc
laudabilia, Tragus. Ego aliquoties in ovis evacuatis semen (das hünle)
observavi, et in semine venulam crispam albissimam, quam umbilici loco
esse puto, vitello insertam. |
¶
Alcune uova, se le apri, si spandono, soprattutto a carico del tuorlo,
il che è segno di vecchiezza, in quanto se dopo aver aperto l'uovo il
tuorlo rimane integro e al suo centro appare una goccia rossastra e
quasi color sangue (dalla quale è solito originarsi il cuore dei
pulcini) è un segno che le uova sono ancora
adatte come cibo, Hieronymus Bock*. Talora ho osservato il seme (das
hünle) nelle uova dopo che erano state
svuotate, e nel seme una piccola vena arricciata estremamente bianca
che ritengo essere l'equivalente del cordone ombelicale e inserita sul
tuorlo. |
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¶
Partes ovi. Ovum ipsum in se suum habet discrimen, quippe quod parte
sui acutum, parte latius sit, parte latiore exit cum gignitur,
Aristot.[24]
Quod ovi pars acutior principium sit, ut quae utero adhaeserit:
quodque durior sit parte obtusa, et posterior exeat: et quod ova quasi
in pedes conversa, animalia vero in caput prodeant, Aristoteles docet
libro tertio de generatione anim. cap. 2.[25]
Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine, Plin.[26]
Ovum aeque omnium volucrum duro putamine constat: si modo non
depravetur, sed lege consummetur naturae. Gallinae enim
nonnulla pariunt mollia vitio. Et bicolor quoque ovum avium intus est, luteum interius, album exterius.
Semen genitale volucrum omnium album, ut caeterorum animalium est,
Aristot. Semen maris perficit ovum usque ad exitum, quod inde patet:
Si frangatur ovum perfectum, invenitur semen galli in ovo, triplici
differentia distinctum, colore enim albius est, utpote purioris
substantiae, et substantia densius{:} quam reliquum albumen, quo
firmius retineat calorem formantem ne facile exhalet. quod ad situm,
pertingit per albumen totum usque ad vitellum, cui versus partem
acutiorem ovi infigitur, nam pulli substantia ex albumine est,
nutritur autem e vitello, Albertus. Albedo ovi apud Arabes
intelligitur pars albuminis ovi viscosa crassa. Pars vero eiusdem
albuminis quae est subtilis, apud eos appellatur alzenbach ovi seu
alrachich ovi, And. Bellunensis. |
¶
Parti dell'uovo. L'uovo
stesso presenta in sé una sua differenza, in quanto da una parte è
appuntito, dall'altra è più largo, quando viene deposto esce con la
parte più larga, Aristotele*. Dal momento che la parte più aguzza
dell'uovo rappresenta il principio essendo quella che è rimasta
aderente all'utero: e dal momento che esce per ultima essendo più
dura dalla parte ottusa: e come mai le uova, come se si girassero
dalla parte dei piedi, mentre gli animali escono con la testa,
Aristotele ce lo insegna nel libro III, capitolo 2 di De
generatione animalium. Nella uova il bottoncino si trova dalla
parte della punta, come una goccia che sporge all'interno del guscio,
Plinio*. L'uovo di tutti gli uccelli è costituito da un guscio
uniformemente duro: a meno che non si alteri, ma venga condotto a
termine attraverso un processo naturale. Infatti le galline ne
depongono alcune con il difetto di essere molli. E l'uovo degli
uccelli all'interno presenta pure due colori, giallo nella parte
centrale, bianco alla periferia. Il seme fecondante di tutti gli
uccelli è bianco come quello di tutti gli altri animali, Aristotele.
Il seme del maschio porta a compimento l'uovo fino alla sua
deposizione, il che si manifesta da quanto segue: Se un uovo ormai
ultimato viene rotto, nell'uovo si rinviene il seme del gallo che è
contraddistinto da tre cose diverse, infatti è di colore più bianco
in quanto composto da una sostanza più pura, e ha una consistenza più
densa del restante albume, in modo da poter trattenere in modo più
saldo il calore che ne deriva affinché non se ne vada via con facilità.
Per quanto riguarda la sua localizzazione, si estende attraverso tutto
l'albume fino al tuorlo, al quale va a inserirsi dal lato della parte
acuta dell'uovo, infatti ciò da cui è costituito il pulcino proviene
dall'albume mentre viene nutrito dal tuorlo, Alberto*. Per gli Arabi
il bianco dell'uovo consiste in quella parte dell'albume dell'uovo che
è viscosa e densa. Invece quella parte dello stesso albume che è
tenue, essi la chiamano alzenbach dell'uovo o alrachich dell'uovo,
Andrea Alpago*. |
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Nostri
genituram quae in albumine crassiuscula apparet, nec facile dissolvi
potest, avem appellant, den vogel: quod pullus ex ea nascatur. Ova
albificat semen, Galenus in Anatome vivorum. In animalibus
calidioribus candidum et luteum in ovo distincta sunt: et semper eis (avibus
calidioribus et siccioribus) plus candidi syncerique [sincerique] est,
quam lutei et terreni. Minus
vero calidis et humidioribus contra, plus lutei, idque humidius est,
ut in palustribus avibus, Aristot. de gener. anim. 3. 1.[27]
Albertus in palustrium ovis duplo plus lutei quam candidi haberi
scribit. Grandines dictae, quae initio vitelli adhaerent, nil ad
generationem conferunt. quanquam aliqui ita non existimant. has duas
esse certum est, alteram parti superiori iunctam, alteram inferiori.
Χάλαζαν
in ovo Aristot.[28]
dixit, pro ea quam mulieres vocant gallaturam, id est, genituram. hae
duae sunt: altera maior, quae parti inferiori iungitur, et ad Solem
obtegente manu apparet intra putamen. quae vero parti superiori haeret
non cernitur, nisi fracto putamine, et inspecta parte lutei infera.
est pars superior cacumen. inferior vero pars rotunda huic opposita
est, Niphus[29].
Kiranides ovi pelliculam hymena[30]
nominat. Ovi tunicae tres sunt. una vitellum continet: secunda albumen,
quae est tanquam pia mater: tertia testae adhaeret tanquam dura meninx,
Albertus. Et rursus, Prima tunica intra testam ovi substantiam a testa
defendit. sub hac alia mollior continet albumen, quae in pulli
generatione secundarum loco est, et pullum complectitur. inter has
tunicas est humor crudus qui excernitur dum formatur pullus. Vitellus
sub albumine tunica propria ambitur, versus partes naturales pulli
situs, a spiritualibus eius remotus. |
I
nostri chiamano uccello, den vogel, il liquido seminale che
nell'albume ha un aspetto piuttosto denso e che non può essere
dissolto con facilità: lo chiamano così in quanto ne nascerebbe il
pulcino. Il seme rende bianche le uova, Galeno* in Administrationes
anatomicae. Negli animali
di natura più calda il bianco e il giallo nell'uovo sono separati: e
sempre loro (gli uccelli di natura più calda e asciutta) hanno
maggior quantità di sostanza bianca e pura di quella gialla e
terrosa. Invece in quelli di natura meno calda e più umida, c'è una
maggior quantità di giallo, e questo è più umido, come negli
uccelli palustri, Aristotele De generatione animalium
III, 1. Alberto scrive che nelle uova degli uccelli palustri si trova
il doppio di giallo rispetto al bianco. Quelle formazioni che sono
dette chicchi di grandine e che aderiscono alla parte esterna del
tuorlo, non servono a nulla per la generazione. Anche se alcuni non la
pensano così. È certo che i chicchi di grandine sono due, uno che si
unisce al polo acuto, l'altro a quello ottuso. Aristotele ha parlato
di chálaza* -
grandine - nell'uovo per quella formazione che le donne chiamano
gallatura, cioè, liquido seminale. Esse sono due: una più grande che
si congiunge con il polo acuto e che è visibile all'interno del
guscio guardando contro sole facendosi schermo con una mano. Invece
quella che aderisce al polo ottuso non è visibile se non dopo aver
rotto il guscio e aver ispezionato la parte inferiore del tuorlo. Il
polo acuto costituisce la parte superiore. Invece la parte rotonda si
trova dalla parte opposta, Agostino Nifo*. Kiranide* chiama imene la
membrana dell'uovo. Le tuniche dell'uovo sono tre. Una contiene il
tuorlo: la seconda l'albume, che è come la pia madre: la terza
aderisce al guscio come la dura meninge - la dura madre, Alberto. E
ancora: La prima tunica che si trova all'interno del guscio difende la
sostanza dell'uovo dal guscio. Al disotto di questa ce n'è una più
molle che contiene l'albume, la quale durante lo sviluppo del pulcino
assolve al compito di sede della placenta e che avvolge il pulcino.
Tra queste tuniche si forma un fluido non digerito che viene secreto
mentre il pulcino va formandosi. Il tuorlo, che si trova sotto
all'albume, è circondato da una tunica propria - membrana vitellina,
è situato verso le parti vitali del pulcino e si trova distante dalle
sue parti respiratorie. |
|
|||||
¶
Ovi et partium eius natura. Ova integra in aqua dulci merguntur,
corrupta innatant, ut dicetur pluribus infra in tractatione de ovis
corruptis. Tostum ovum dissilit facile, non dissilit aqua concoctum:
ignea siquidem vi, quodam ferrumine copulatur quod inest, humectum
ampliusque calefactum exustumque, plures parit spiritus: qui loca
nacti perangusta, exitum molientes testam praerumpunt, demumque
evaporant. Praeterea flammae vis tunicam circumsiliens putaminosam,
amburendo diffringit: quod et fictilibus evenire dum torrentur,
evidens est. Quamobrem perfundi prius frigida solent ova. calida
siquidem aqua mollicie [mollitie] statim humorem effundit, et
raritatem relaxat, Caelius. Vide Aphrodisiensem problem. 1.102. ¶ Ova
aceto macerata in tantum emolliuntur, ut per annulos transeant,
Plinius[31].
Acetum mollit ovi corticem, ut in angustum urceum (phialam vitream
angusti colli), immitti possit, me hoc experto. sed nigrior paulo
evadit, aqua vero durescit, Cardanus. Dissolvuntur aceto forti
praesertim destillato, vel succo limonum, margaritae, testae ovorum,
Sylvius. |
¶
Natura dell'uovo e delle sue
parti. Le uova vengono immerse intere in acqua dolce, quelle
guaste galleggiano, come si dirà più estesamente più avanti nella
trattazione delle uova guaste. L'uovo abbrustolito si rompe
facilmente, non si rompe quello cotto in acqua: dal momento che a
causa dell’energia del fuoco ciò che si trova dentro viene unito
insieme come da una colla, umido e ancor più riscaldato e bruciato
genera numerosi vapori: i quali essendosi venuti a trovare in un luogo
molto ristretto, cercando una via d’uscita, rompono il guscio, e
alla fine evaporano. Inoltre l’energia della fiamma assalendo da
ogni parte la tunica del guscio la spezza bruciandola tutt’intorno:
e si può osservare che ciò accade anche ai vasi di terracotta quando
vengono torrefatti. Motivo per cui abitualmente le uova vengono per
prima cosa immerse in acqua fredda. Infatti l’acqua calda con la sua
minor densità fa subito fuoriuscire l’umidità e fa dilatare le
porosità, Lodovico Ricchieri*. Vedi Alessandro di Afrodisia* Physikà
Problëmata I, 102. ¶ Le uova macerate in aceto diventano
tanto molli che passano attraverso un anello, Plinio. L'aceto fa
rammollire il guscio dell'uovo, tanto da poter essere immesso in una
brocca stretta (in una coppa di vetro dal collo stretto), io ho avuto
esperienza di ciò. Ma diventa un po' più scuro, mentre con l'acqua
si indurisce, Gerolamo Cardano*. Le perle e i gusci d'uovo si
dissolvono in aceto forte, specialmente se distillato, oppure in succo
di limone, Jacques Dubois*. |
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|||||
¶
Firmitas ovorum putaminibus tanta est, ut recta nec vi, nec pondere
ullo frangantur, nec nisi paululum inflexa rotunditate, Plinius[32].
hoc vero ita se habere quotidianis et vulgaribus experimentis constat.
Cur ovum pressum utroque extremo ambabus manibus frangi nequeat:
pressum latere facile frangitur? Quoniam per angulos tantummodo suos
manibus renititur opprimentibus. est enim angulus quod quaque in
structura validius constet. adde quod pressum per extrema, parte
minima [419] sentit. pressum per latera parte ampla conflictatur ut
facile possit destrui, Aphrodisiensis problematum. 2. 45. |
¶
I gusci d'uovo possiedono tanta solidità che per il lungo non vengono
infranti da qualsivoglia forza o peso, ma soltanto se la parte ricurva
è stata lievemente inclinata, Plinio. In realtà dagli esperimenti
quotidiani e alla portata di tutti risulta che le cose stanno così.
Perché un uovo premuto ad ambedue le estremità e con ambedue le mani
non può essere rotto: premuto di lato si rompe facilmente? Perché
grazie solamente alle sue estremità oppone resistenza alle mani che
lo schiacciano. Infatti è l'estremità il motivo per cui in qualsiasi
struttura risiede la forza maggiore. Aggiungi il fatto che, compresso
alle estremità, ne risente in minima parte. Compresso sui fianchi
corre gravemente il rischio di poter essere facilmente distrutto,
Alessandro di Afrodisia Physikà Problëmata II, 45. |
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Cur
vertigo surgenti potius accidat quam sedenti? An quoniam quiescenti
humor universus unum in membrum se colligit: ex quo cruda etiam ova
nequeunt circunverti, sed protinus decidunt. Moventi
autem humor se aeque expandit, etc. Aristot. in problemat. 6. 4. Si
ovum filo circumligatum super igne aut candela accensa teneas, filum
non comburetur, nisi forte post multum temporis, exudat enim humor,
qui lineum filum humectat. idem linteo aridis vini fecibus
circumvoluto accidit. Naturam vitellus ovi, et albumen habent
contrariam, non tantum colore, verumetiam virtute. Vitellus enim
spissatur frigore, (idem Niphus asserit:) albumen non, sed amplius
humet. contra albumen spissatur igne, vitellus non, sed mollis
persistit, nisi peruratur. magisque in aqua fervente, quam ad ignem
cogitur, atque induratur. Membrana haec inter se discernuntur,
Aristot.[33]
Sic et Albertus, Vitellus ovi cum assatur, nisi comburatur, non
durescit, sed mollitur potius sicut cera. Et quoniam mollescit dum
calescit, corrumpitur facile collecto superfluo humore temporis vel
loci, si aliquandiu immoretur. Albumen vero non facile congelatur
frigore: sed humidius efficitur potius, et cum assatur durius: et in
generatione pulli densatur in substantiam membrorum. |
Perché
la vertigine insorge in chi si alza anziché in chi se ne sta seduto?
Forse perché a chi se ne sta fermo tutto quanto l'umore si raccoglie
in una sola parte del corpo: ecco perché anche le uova crude non
possono rigirarsi, ma di colpo cadono giù. Invece in chi si muove
l'umore si distribuisce uniformemente etc., Aristotele* in Problemata
VI, 4. Se tu tenessi sopra al fuoco o a una candela un uovo che è
stato avvolto con del filo, il filo non brucerà, se non magari dopo
parecchio tempo, infatti l'umore traspira e va a umettare il filo di
lino. La stessa cosa accade per un telo di lino che è stato avvolta
intorno alle fecce asciutte. Il vitello dell'uovo e l'albume hanno una
composizione che è opposta, non solo per il colore ma anche per le
loro proprietà. Infatti il tuorlo diventa denso col freddo (Agostino
Nifo* riporta le stesse parole), l'albume no, ma diventa più umido.
Invece l'albume col fuoco di addensa, il tuorlo no, ma rimane molle,
salvo venga scottato. E si addensa e si indurisce maggiormente in
acqua bollente che direttamente sul fuoco. Queste due strutture sono
tra loro separate da una membrana, Aristotele. Così si esprime anche
Alberto*: Il vitello dell'uovo quando viene arrostito, se non viene
bruciato, non si indurisce, anzi diventa molliccio come cera. E
siccome mentre si scalda diventa molle, facilmente si altera nel
raccogliere la sovrabbondanza di umidità del clima e del luogo se se
ne sta fermo per un certo tempo. Ma l'albume non viene facilmente
congelato dal freddo: anzi, diventa più umido, e quando viene fritto
diventa più duro: e durante lo sviluppo del pulcino si addensa nella
sostanza che ne costituisce le parti del corpo. |
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Et
rursus eadem Aristoteles de generatione anim. 3. 2.[34]
his verbis: Naturam candidum et luteum contrariam habent. luteum
nanque gelu duratur et coit, calore contra humescit. quapropter cum
vel in terra, vel per incubitum concoquitur, humescit, atque ita pro
cibo animalibus nascentibus est. Nec vero cum ignitur assaturque
quoniam naturae terrenae est, ut cera. ideoque cum plus iusto
calescunt, nisi ex recremento humido sint, saniescunt reddunturque
urina. at candidum gelu non concrescit, sed magis humescit. ignitum
solidescit. quamobrem cum ad generationem animalium concoquitur,
crassescit. ex hoc enim consistit animal. ¶ Si quis rupto putamine
ova plura in patinam conijcit excreta, et coquit igne molli et
continente, vitelli omnes in medium coeunt: albumina autem circundant
[circumdant], et se in oras constituunt, Aristot.[35]
¶ Candidum ex ovis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta, vis
vero tanta est (ovi candido, Hermol.) ut lignum perfusum ovo non
ardeat, ac ne vestis quidem contacta aduratur, Plin.[36]
Galenus in opere de simplicibus medic. ovorum albumen magis terrenum
oleo esse scribit, et similem ei esse secundum humorem oculi. Albumen
mixtum est e substantia aerea, terrea et aquea simul, sicut oleum: sed
magis terrestre est quam oleum dulce, quare aegre concoquitur, Ant. Gazius. |
E
Aristotele in De generatione animalium III, 2 dice ancora le
stesse cose con queste parole: Il
giallo e il bianco posseggono nature opposte. Infatti il giallo si
rassoda al freddo e si rapprende, invece col calore si liquefa. Perciò
si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto
della cova, e in questo modo diventa alimento per gli animali in via
di formazione. Ma sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro
perché è di natura terrosa, come la cera. Pertanto quando si
riscaldano più del dovuto, a meno che siano costituiti da materiale
umido di scarto, diventano viscosi e vengono resi non gallati. Il
bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si
liquefa maggiormente. Sottoposto al calore diventa solido. Perciò si
ispessisce quando viene sottoposto alla cozione della riproduzione
degli animali. Infatti da esso prende origine l’animale. ¶
Se dopo aver rotto il guscio si cuociono a fuoco basso e continuo
parecchie uova adagiate separatamente in una padella, tutti i tuorli
si radunano verso il centro: infatti gli albumi si mettono
all’intorno e si dispongono alla periferia. ¶ Il bianco ottenuto
dalle uova mescolato alla calce viva fa aderire i frammenti di vetro,
in verità tanta è la forza presente (nel bianco d’uovo, Ermolao
Barbaro*) che un pezzo di legno cosparso di uovo non brucia, e neppure
un abito che ne sia stato macchiato riesce a incendiarsi, Plinio*.
Galeno* in De simplicium
medicamentorum temperamentis et facultatibus
scrive che l'albume dell'uovo è più terroso dell'olio, e che il
liquido oculare si trova al secondo posto per somiglianza. L'albume è
una mistura di aria, terra e acqua tutte insieme, come l'olio: ma è
più terroso dell'olio dolce, motivo per cui lo si digerisce a fatica,
Antonio Gazio*. |
|
|||||
¶
Sexus ovorum. Quae oblonga sunt ova, et fastigio cacuminata, foeminam
{a}edunt. quae autem rotundiora et parte sui acutiore obtusa,
orbiculum habent, marem gignunt, Aristoteles[37].
eandem sententiam Albertus approbat: reprehendit vero translationem
sui temporis tanquam contrariam iis verbis quae nunc recitavimus. Nostri quidem codices Graeci et Gazae translatio eam sententiam habent,
quam nunc retuli, et Albertus comprobat. Avicenna scribit ex
orbiculari ovo brevique progigni marem: ex oblongis acutisve foeminam.
ipsum hoc comprobat experimentum et suffragatur ratio. siquidem
virtutis perfectio in masculinis ovis ambit aequaliter, et continet
extrema. at in foemininis, a centro longius abit materia in quo est
vitalis calor. hoc vero plane imperfectionis argumentum est, Albertus
ut citat Caelius. In ovis tam difficile saporum et sexus discrimen
est, ut nihil gulae proceribus aeque incertum sit, Marcellus {Vergilius}
<Virgilius>. qui cum Columellae et Aristotelis de sexu ovorum
discernendo sententias contrarias recitasset: Est sane (inquit) in
natura gravis author Aristoteles: Columella tamen villaticam pastionem
ex quotidiana observatione et experientia docebat. nec nostrum est
inter tam graves scriptores tantas componere lites. Video Plinium
quoque cum Columella et Flacco sensisse. Quae oblonga sint (inquit)
ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Foeminam {a}edunt
quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Longa quibus facies ovis
erit, illa memento, | Ut succi melioris, et ut magis alba rotundis |
Ponere nanque [namque] marem cohibent callosa vitellum, Horatius lib.
2. Serm.[38]
Cum quis volet quam plurimos mares excludere, longissima quaeque et
acutissima ova subiiciet. et rursum cum foeminas, quam rotundissima,
Columella[39].
Ex ovis, praesertim in plenilunio natis, si plenilunii tempore
subijciantur incubanda, et ita observetur temporis ratio ut in
plenilunio etiam pulli excludantur, omnibus foeminas non mares nasci,
quidam apud nos arbitrantur. |
¶
Sesso delle uova. Le uova
oblunghe e appuntite all'apice generano una femmina. Invece quelle che
sono piuttosto arrotondate e ottuse in corrispondenza del polo acuto,
e che hanno un aspetto circolare, generano un maschio, Aristotele.
Alberto si trova d'accordo con quest'affermazione: infatti critica la
traduzione a lui contemporanea come antitetica a queste parole che ho
appena riferito. In realtà i nostri codici greci e la traduzione di
Teodoro Gaza* contengono quell'affermazione che ho appena riportato e
con la quale Alberto si trova d'accordo. Avicenna* scrive che da un
uovo tondeggiante e corto si genera un maschio: da quelle allungate e
aguzze una femmina. L'esperienza comprova proprio questo e lo suffraga
il ragionamento. Infatti nelle uova maschili la perfezione della forza
avvolge in modo uniforme e
contiene le parti più profonde. Mentre in quelle femminili la materia
si allontana molto di più dal centro, in cui si trova il calore
vitale. Ciò infatti è chiaramente una riprova di imperfezione,
Alberto, come cita Lodovico Ricchieri*.
Nelle uova è così difficile discernere i sapori e il sesso che per i
maestri della gola nulla è parimenti incerto, Marcellus Virgilius
alias Marcello Virgilio Adriani*. Il quale, dopo aver esposto i pareri
contrari di Columella* e di Aristotele nel distinguere il sesso delle
uova, così aggiunge: A dire il vero Aristotele è un'autorevole fonte
per ciò che riguarda la natura: tuttavia Columella insegnava
l'allevamento in fattoria basandosi sull'osservazione quotidiana e
sull'esperienza. Ma non spetta a me comporre le divergenze enormi che
esistono tra così autorevoli scrittori. Vedo che anche Plinio si è
trovato d'accordo con Columella e Orazio*. E continua dicendo: Orazio
ritiene che le uova allungate sono di sapore più gradevole. Quelle
che vengono partorite più tondeggianti generano una femmina, le altre
un maschio. Ricordati di mettere in tavola quelle uova che hanno
l’aspetto allungato, in quanto hanno un sapore migliore, e sono più
ricche in albume di quelle rotonde, e infatti il guscio contiene un
tuorlo maschio, Orazio II libro dei Sermones. Se qualcuno vorrà
far nascere moltissimi maschi, dovrà mettere a cova tutte quelle uova
che sono molto allungate e appuntite. E invece se vorrà delle
femmine, le più arrotondate possibili, Columella. Alcuni dei nostri
ritengono che dalle uova, soprattutto da quelle deposte durante il
plenilunio, se messe a covare durante il plenilunio, e facendo
attenzione a calcolare il tempo in modo tale che anche i pulcini
nascano durante il plenilunio, da tutte quante nascono femmine e non
maschi. |
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de
ovis monstrosis, ut geminis |
le uova mostruose, come le gemellari e quelle dal
guscio molle, etc. |
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Ova
gemina binis constant vitellis. qui ne invicem confundantur, facit in
nonnullis praetenue quoddam septum albuminis medium. aliis vitelli
contactu mutuo sine ullo discrimine iunguntur. Sunt in genere
gallinarum, quae pariant gemina omnia, in quibus animadversum est,
quod de vitello exposui. quaedam enim duodeviginti peperit gemina,
exclusitque, praeterquam, si qua essent (ut fit) irrita. Caeteris
itaque foetus prodiit, sed ita gemini excluduntur, ut alter sit maior,
alter minor: et tandem in monstrum degeneret, qui minor novissime
provenit, Aristot.[40]
Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt, et geminos interdum
excludunt, ut Cor. Celsus au<c>tor est: alterum maiorem,
alioquin negant omnino geminos excludi, Plin.[41]
Vetus quoque Aristotelis interpres (inquit Vvottonus) ad eundem sensum
vertit ex Arabico ita: Et in quolibet inveniuntur gemelli, et unus
gemellorum parvus est, et alter magnus: et multoties est parvus
monstruosus. |
Le
uova gemellari sono costituite da due tuorli. I quali, per non
fondersi tra loro, in alcune uova creano come un sottilissimo
diaframma di albume interposto. In altre i tuorli sono uniti per mutuo
contatto senza alcuna separazione. Tra le galline ce ne sono di quelle
che depongono tutte uova gemellari, nelle quali si è riscontrato ciò
che ho detto a proposito del tuorlo. Una ne aveva deposte diciotto
gemellari e le aveva fatte schiudere, eccetto quelle che (come accade)
erano sterili. Dalle altre uscì un pulcino, ma i gemelli che ne
nascono sono tali per cui uno è più grande, l’altro più piccolo:
e infine quello più piccolo, che è nato per ultimo, degenera in un
mostro, Aristotele. Alcune
galline depongono tutte uova gemellari, e talora ne fanno nascere dei
gemelli, come riferisce Cornelio Celso*: uno dei due pulcini è più
grande, d'altro canto affermano che assolutamente non si schiudono dei
gemelli, Plinio. Edward Wotton* dice: Anche un antico traduttore di
Aristotele traduce dall’arabo con lo stesso significato in questo
modo: E in qualunque uovo si incontrino dei gemelli, uno dei gemelli
è piccolo e l’altro è grande: e spesso quello piccolo è
mostruoso. |
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Graeca
vero Aristotelis exemplaria [420] (nisi mendam subesse iudicemus) ita
habent[42]:
Τὰ
μὲν οὖν ἄλλα
γόνιμα, πλὴν ὅσα
τὸ μὲν
μεῖζον τὸ δὲ
ἔλαττον
γίνεται τῶν
διδύμων, τὸ
δὲ
τελευταῖον
τερατώδες,
hoc est, ut ego arbitror: E caeteris
itaque gemina foecunda sunt, nisi quibus hoc contingit, ut alter maior
fuerit, alter minor. in iis enim tandem in monstrum degenerat qui
minor novissime provenit. Utra
autem sententia fuerit verior, indicabit experientia. Videtur certe
Plinius vel ex professo cum Aristotele hac in re minime convenire,
quando Celsum authorem non Aristotelem citet[43].
In quibusdam exemplaribus Plinianis habetur (uti recte annotavit
Claymundus) non alioqui, sed aliqui negant omnino geminos excludi,
Haec ille. Quaerendum an legendum in Aristotelis verbis non πλὴν
ὅσα,
sed πλὴν ὅτι: et γίνεται
praesens loco praeteriti ἐγένετο
accipiendum sit, ut non simpliciter hic
de ovis geminis scribat Aristoteles, sed de illius tantum gallinae
geminis, quorum historiam hoc in loco recitat hoc sensu[44],
Ex ovis octodecim gallinae cuiusdam omnibus geminis, pauca quaedam
irrita fuerunt: caetera vero omnia (rite) foecunda: nisi quod e
geminis pullus alter semper minor fuit, et ultimus (alter scilicet
minor de ovo postremo excluso vel parto) monstruosus. In ovis
quibusdam gemelli sunt, sed alter geminorum comprimit alium: et
aliquando ruptis telis (tunicis) bicorporeus generatur, Albert. |
Ma
l’originale greco di Aristotele* (a meno di credere che vi si
nasconda un errore) riporta così: Tà mèn oûn álla gónima, plën hósa tò mèn meîzon tò dè élatton ghìnetai tøn didýmøn, tò
dè teleutaîon teratødes: cioè, come io ritengo:
Pertanto rispetto alle altre le gemellari sono feconde, senonché ad
alcune accade che un gemello sia più grande, l’altro più piccolo.
Insomma, di essi degenera dunque in un mostro quello più piccolo che
è nato per ultimo. Quale delle due affermazioni sia la più
rispondente al vero lo dirà l'esperienza. E risulta senza dubbio
evidente che a questo proposito Plinio* apertamente non concorda con
Aristotele, dal momento che cita come fonte autorevole Celso*, non
Aristotele. In alcune copie dei testi pliniani viene riportato (come
correttamente ha osservato Claymundus*) non alioqui - del
resto, ma aliqui - alcuni - negant omnino geminos excludi
- affermano che assolutamente non nascono gemelli, queste le parole di
Edward Wotton*. Bisogna chiedersi se nelle parole di Aristotele
bisogna leggere non plën
hósa - eccetto quanto, bensì plën
hóti - eccetto che: e se bisogna intendere il presente ghínetai
- nasce - invece del passato eghéneto - nacque, dato
che Aristotele in questo brano non scriverebbe semplicemente riguardo
alle uova gemellari, ma delle uova gemellari solo di quella gallina,
delle quali cita la storia nel passo che segue in questo modo: Delle
diciotto uova tutte gemellari di una gallina, solo poche furono
sterili: senza dubbio tutte le altre furono feconde (come di regola):
se non che da quelle gemellari uno dei due pulcini nacque sempre più
piccolo, e l’ultimo (cioè quello più piccolo dei due, nato
dall’uovo schiuso
o deposto per ultimo) era mostruoso. In alcune uova si trovano dei
gemelli, ma uno dei gemelli comprime l’altro: e talora dopo aver
rotto le membrane testacee (gli involucri) nasce dotato di due corpi,
Alberto*. |
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Calor
fovens gallinae semen illud in fistulas (sic habet codex impressus)
paulatim ovi candidum vertit, tum vero et lutei aliquid. nam alae et
crura ex luteo fiunt. indicio est, quod pulli, qui ex ovo cuius lutea
duo sunt absque sepiente membrana quatuor alis et totidem pedibus
nascuntur, arbitranturque prodigium quale olim Mediolani contigit,
Cardanus[45].
Atqui
nos alibi de anate scripsimus, et rursus de columba, quae tetrapodes
tantum, non etiam tetrapteri fuerunt. Monstra (inquit Aristot. de
generat. anim. 4. 4.[46])
saepius gignuntur in iis, quorum partus numerosus est, et praecipue in
avium genere, earumque potissimum in gallinis, iis enim partus
numerosus, non modo quod saepe pariant ut columbae, verum etiam quod
multos simul conceptus intra se continent, et temporibus omnibus
coeunt. hinc gemina etiam pariunt plura. cohaerent enim conceptus,
quoniam in propinquo alter alteri est, quomodo interdum fructus
arborum complures, quod si vitella distinguuntur membrana, gemini
pulli discreti sine ulla supervacua parte generantur. sed si vitella
continuantur, nec ulla interiecta membrana disterminantur, pulli ex
iis monstrifici prodeunt, corpore et capite uno, cruribus quaternis,
alis totidem, quoniam superiora ex albumine generentur, et prius:
vitellum enim cibo iis est. pars autem inferior postea instituitur,
quanquam cibus idem <in>discretusque[47]
suppeditatur. in ovis quibusdam gemelli sunt. sed alter geminorum
comprimit alium: et aliquando ruptis telis (involucris) bicorporeus
generatur, Albert. Iam quale certo tempore est ovum in gallina,
tale aliquando prodiit luteum totum, qualis postea pullus est.
{Gallina}[48]
<Gallo> etiam {discissa} <discisso> talia sub septo, quo
loco foeminis ova adhaerent, inventa sunt, colore luteo tota
magnitudine ovi perfecti: quod pro ostento augures capiunt, Aristot.[49]
Audio et trilecitha[50],
id est triplicis vitelli ova interdum reperiri: frequentius vero
dilecitha, eaque in medio testae plerunque cavitatem habere. Magis
nutriunt et subtiliora sunt ova quae duos vitellos habent, Elluchasem. |
Il
calore della gallina che riscalda quel seme trasforma gradualmente in
formazioni tubulari (così riporta il codice stampato) il bianco
dell'uovo, ma anche una parte del giallo. Infatti le ali e le gambe si
formano dal giallo. Ne è una riprova il fatto che da un uovo con due
tuorli senza una membrana separatrice nascono dei pulcini con quattro
ali e altrettante zampe, e vengono ritenuti come un fatto prodigioso,
come quello che un tempo accadde a Milano, Gerolamo Cardano*. Orbene,
in un passo ho scritto a proposito dell'anatra, e poi della colomba,
che nacquero con solo quattro zampe, non con anche quattro ali.
Aristotele in De generatione animalium IV, 4 dice: I mostri si
generano più spesso in quegli animali la cui prole è numerosa, e
soprattutto negli uccelli, e assai frequentemente nelle galline,
infatti la loro deposizione è numerosa, non solo in quanto depongono
spesso come le colombe, ma anche perché hanno dentro di loro
contemporaneamente molti prodotti del concepimento e si accoppiano in
tutte le stagioni. Per cui depongono anche numerose uova gemellari.
Infatti i prodotti del concepimento aderiscono tra loro in quanto uno
è situato in vicinanza dell’altro, come talora succede quando i
frutti degli alberi sono molto numerosi, ma se i tuorli sono separati
da una membrana, vengono generati dei pulcini gemelli separati senza
alcuna parte eccedente. Se invece i tuorli sono uniti insieme e non
sono delimitati da alcuna membrana interposta, da essi nascono dei
pulcini mostruosi con un corpo e una testa, con quattro zampe e
altrettante ali, in quanto le parti superiori si formano
dall’albume, e prima: infatti per essi il tuorlo è alimento. Mentre
la parte inferiore si forma successivamente nonostante venga fornito
un alimento uguale e identico. In alcune uova si trovano dei gemelli.
Ma uno dei gemelli comprime l'altro: e talora dopo la rottura delle
membrane (degli involucri) ne nasce un soggetto con due corpi,
Alberto. Come in un
determinato momento si presenta l’uovo nella gallina, così talora -
l’uovo - si è mostrato tutto quanto sotto forma di tuorlo, che
successivamente sarà un pulcino. Anche dopo aver sezionato un gallo
tali uova delle dimensioni di un uovo ultimato di colore giallo sono
state trovate sotto al setto trasverso laddove nelle femmine le uova
sono adese: il che gli auguri lo prendono come fatto portentoso,
Aristotele. Sento dire che si
trovano anche delle uova trilecitha - trilékitha, cioè con tre tuorli: ma più spesso con due tuorli, e che al centro
del guscio presentano di solito una cavità. Le uova che hanno due
tuorli nutrono di più e sono più delicate, Elluchasem Elimithar*. |
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¶
Fiunt et tota lutea quae vocant schista[51],
cum triduo incubata tolluntur, Plin. ¶ Ego me aliquando ovum videre
memini cuius testa ab altera parte extrema in angustum veluti collum
instar cucurbitae se colligebat. |
¶
Diventano pure tutte gialle quelle che chiamano schista -
divise - quando vengono rimosse dopo essere state covate per tre
giorni, Plinio. ¶ Mi ricordo di aver visto talora un uovo il cui
guscio a una delle due estremità si restringeva in un collo stretto
come se fosse quello di una zucca*. |
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¶
Gallinae nonnulla pariunt ova mollia vitio, Aristot.[52]
Albertus ova sine testa exteriore inter subventanea numerat, ut infra
recitabimus. Qui ixiam[53]
biberunt, sumptis remediis vomentes, tales fere humores reddunt,
qualia sunt ova gallinarum altilium, quae sine putamine reddunt
propter ictum aut aliam vim quampiam, διὰ τινα
πληγὴν ἤ
περίστασιν, Scholiastes
Nicandri. Et rursus, Ova sine putamine parit (ῥίπτει, eijcit)
gallina, ἤ ἀπὸ
πληγῆς ἤ ἐκ πλήθους
ἐναποκειμένου
αὐτῇ. hoc est, vel
propter ictum aliquem, vel propter multitudinem (ovorum nimirum se
invicem comprimentium) in ea. Poetae quidem versus hi sunt, Ἄλλοτε
μὲν πληγῆσι
νέον
θρομβήϊα
γαστρὸς |
Μαρναμένη (scilicet
gallina) δύσπεπτον
ὑπεκγόνον ἔκχεε
γαίῃ.[54] |
¶
Le galline depongono alcune uova che sono molli a causa di un difetto,
Aristotele. Alberto annovera fra le uova sterili quelle senza il
guscio esterno, come dirò appresso. Coloro che hanno bevuto il
vischio*, quando vomitano dopo aver assunto i rimedi, emettono dei
liquidi che sono tali e quali le uova di galline d'allevamento che le
depongono senza guscio* a causa di un colpo o di un qualche altro
motivo violento, dià tina plëgën ë perístasin, il
commentatore di Nicandro*. E ancora: La gallina depone (ríptei,
scaglia) uova senza guscio, ë apò plëgês ë ek plëthous
enapokeiménou autêi, cioè, o a causa di qualche
botta, oppure a causa del grande numero (ovviamente di uova, che si
schiacciano tra loro) presenti in essa. Ma i versi del poeta sono i
seguenti: Állote mèn plëgêsi néon thrombëïa gastròs |
Marnaménë dýspepton hypékgonon ékchee gaíëi. - Lottando
(vale a dire la gallina) con il corpo contuso a causa di numerosi
colpi, versa a terra il seme informe e crudo senza guscio. |
|
|||||
¶
Pariunt autem ova nonnulla infoecunda, vel ex iis ipsis, quae
conceperint coitu. nullus enim provenit foetus, quamvis incubitu
foveantur. quod maxime in columbis notatum est. Sterilitas ovis
accidit, vel quia subventanea sunt, de quibus infra dicetur: vel aliis
ex causis. corrumpuntur enim fere quatuor modis. Primo,
albumine corrupto, ex quo partes pulli formari debuerant. Secundo,
propter corruptionem vitelli, unde alimentum suppeditandum erat.
itaque formatur pullus imperfecte, et partes quaedam in ipso non
absolutae inveniuntur et non coniunctae, sicut in abortu animalis
vivipari ante perfectionem lineamentorum foetus. Albumine autem
corrupto nihil omnino per incubationem formatur, sed ovum totum
turbatur et corrumpitur, sicut corrumpitur humor (sanies) in
apostemate, quamobrem perquam foetida redduntur talia ova. (Haec esse
conijcio quae Aristoteles et alii urina vocant, de quibus infra
copiosius scribetur. nostri putrida ova, sule eyer. quanquam
Aristoteles urina non albumine, sed vitello corrupto fieri ait).
Tertio contingit ovum corrumpi, membranarum et fibrarum quae per
albumen tendunt, vitio. nam corrupta tunica quae continet vitellum,
humor vitellinus effluit, et confunditur cum albumine. itaque
impeditur ovi foecunditas. Corruptis autem fibris, corrumpuntur venae et nervi pulli, et chordae: et
impeditur nutritio, et compago ligamentis destructis dissolvitur, et
laesis nervis sensus admittitur. Quarto, per vetustatem,
exhalante spiritu in quo est virtus formativa: unde vitellus pondere
suo penetrat albumen, et ad testam fertur in eam partem cui incumbit
ovum. His quatuor modis ova infoecunda fieri contingit. In secundo
quidem modo aliquando accidit, quod humoribus corruptis partes igneae
combustae feruntur ad testam ovi, eamque aspergunt: unde ovum in
tenebris [421] lucet quemadmodum quercus putrefacta. |
¶
Sta parlando Alberto: Infatti depongono alcune uova sterili, o da
sole, o uova che hanno concepito in seguito al coito. Infatti non si
forma alcun feto nonostante vengano riscaldate con la cova. Cosa che
si è sopratutto osservata nei colombi. Alle uova accade di essere
sterili o perché sono piene di vento, di cui si parlerà oltre, o per
altri motivi. Infatti si guastano più o meno secondo quattro modalità.
In primo luogo a causa dell'albume che si è alterato, dal quale
avrebbero dovuto formarsi le parti del pulcino. In
secondo luogo a causa di un’alterazione del tuorlo, da dove doveva
essere fornito l’alimento. E così infatti il pulcino si sviluppa in
modo imperfetto, e in esso si rinvengono alcune parti incompiute e non
unite tra loro, come nell’aborto di un animale viviparo prima
del perfezionamento dei lineamenti del feto. Ma, essendosi alterato
l’albume, durante tutta l’incubazione non si forma assolutamente
nulla, ma l’uovo diventa tutto quanto marcio e fetido, come il
liquido (il pus) che si altera in un ascesso, motivo per cui tali uova
diventano estremamente fetide. (Penso che siano queste le uova che
Aristotele e altri chiamano piene di vento, di cui si scriverà più
abbondantemente più avanti. I nostri chiamano sule eyer le uova
putride. Nonostante Aristotele dica che le uova piene di vento si
formano non dall'albume ma dal tuorlo che si è alterato). In terzo
luogo accade che l’uovo si altera per colpa delle membrane e delle
fibre che si estendono attraverso l’albume. Infatti, una volta che
la tunica che contiene il tuorlo si è alterata, il liquido vitellino
defluisce e si mescola con l’albume. Di conseguenza la fecondità
dell’uovo viene ostacolata. Ma una volta che le fibre si sono
alterate, si alterano anche le vene e i nervi del pulcino, nonché le
fibre: la sua nutrizione viene resa impossibile, e una volta che si
sono distrutti i legamenti l’unione tra le varie parti si dissolve e
quando i nervi sono stati lesi viene persa la sensibilità. In quarto
luogo, a causa dell’invecchiamento, in quanto fuoriesce l’aria in
cui risiede la proprietà formativa: per cui il tuorlo a causa del suo
stesso peso entra nell’albume e si porta verso il guscio, in quella
parte in cui l’uovo si incurva. Pertanto accade che le uova
diventano infeconde secondo queste quattro modalità. Nella seconda
modalità talora accade che a causa di un'alterazione dei liquidi le
parti calde andando incontro a combustione si spostano verso il guscio
e lo cospargono: per cui al buio l'uovo emana luce come accade per una
quercia putrefatta - per bioluminescenza*. |
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Et
huiusmodi ovum sibi visum in regione Corascena testatur Avicenna. Sunt
et alii forte plures corruptionis ovorum modi, qui sub iam dictis
facile comprehendi possunt, Haec omnia Albert. |
E
Avicenna* attesta che un uovo siffatto - che emette luce per
bioluminescenza* - è stato da lui osservato nella regione del Corasan*.
Forse esistono parecchi altri modi di alterazione delle uova che
possono facilmente essere catalogati nelle modalità appena descritte.
Tutte queste cose le ha scritte Alberto*. |
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|||||
¶
Subventanea. Ovorum quae subventanea vel zephyria nominant Galenus
meminit lib. 2. de semine, (Ova facientes, inquit, sine mare aves et
pisces sunt siccae temperaturae.) et lib. 14. de usu partium, ubi
causam adfert cur nihil tale gressilia[55]
faciant. In Lusitania ad Oceanum monte Tagro, quaedam e vento
certo tempore concipiunt equae: ut hic gallinae quoque solent, quarum
ova hypenemia[56]
appellant, Varro[57].
Sunt qui hypenemia, hoc est subventaneos illos partus, zephyria
nominent: eo quod verno tempore concipiunt aves flatus illos foecundos
ex favonio recipere videantur. sed idem faciunt etiam si digito in
genitale palpetur, τῇ
χειρί πως
ψηλαφώμεναι,
Aristot.[58]
Novimus altiles gallinas sine maris opera, mulierum manibus tantum
confotas, ova peperisse; Oppianus in Ixeut. Ova subventitia (etsi
partes videantur habere omnes) principio carent, quod a maris semine
affertur. quapropter animata non sunt, etc. Aristot.
de generat. anim. 2. 3.[59]
Et {eiusdem} <tertii> libri capite primo[60],
Perdices foeminae (inquit) tum quae coierint, tum quae nondum coierint,
quarum usus est in aucupiis, cum olfaciunt marem, vocemque eius
audiunt, alterae implentur, alterae statim pariunt, nam ut in homine
et quadrupede fit, quorum corpora accensa libidine turgent ad coitum.
alia enim cum primum viderunt, alia cum leviter tetigerunt, semen
emittunt. sic et perdices sua natura libidinosae, levi egent motu cum
turgent, citoque secernunt, (semen emittunt,) ut in iis quae non
coierunt, subventanea consistant: in iis quae coierint, ova brevi
augeantur et perficiantur. Et rursus in eodem capite: Subventanei
conceptus in iis fiunt avibus quae non volaces sunt {ut} <nec>[61]
uncae, sed multiparae, quoniam excremento ipsae abundant. uncis in
alas et pennas id vertitur, corpusque exiguum siccum et calidum
habetur. decessus autem menstruorum et genitura, excrementum sunt. |
¶
Uova piene di vento.
Galeno* ha fatto menzione delle uova che chiamano piene di vento o
zefirine* nel II libro del De semine (dice: Le uova che gli
uccelli e i pesci fanno senza i maschi sono di costituzione secca.) e
nel libro XIV del De usu partium corporis humani dove adduce il motivo per cui gli animali che vanno a piedi non
producono nulla del genere. In Lusitania sul monte Tagro* nei
pressi dell’oceano in un determinato periodo certe cavalle
concepiscono per effetto del vento: come qui - in Italia - sono solite
fare anche le galline, le cui uova le chiamano piene di vento,
Varrone*. Vi sono alcuni che chiamano zefirine le uova hypenemia,
cioè quei prodotti del parto pieni di vento, in quanto sembra che in
primavera essi ricevano i soffi fecondanti da Favonio*. Ma fanno la
stessa cosa se con un dito si palpa in sede genitale, têi
cheirí pøs psëlaphømenai, Aristotele*. Sono venuto a sapere
che le galline d'allevamento hanno deposto uova senza intervento del
maschio, ma dopo essere state solamente riscaldate dalle mani delle
donne, Oppiano* in Ixeutica. Le uova piene di vento (anche se
sembrano possedere tutte le parti) mancano del principio generatore
che viene arrecato dal maschio. Per cui sono prive di vita, etc.
Aristotele De generatione animalium II, 3. E nello stesso
libro, primo capitolo, dice: Le pernici* femmine, sia quelle che si
sono accoppiate, sia quelle che ancora non si sono accoppiate, e che
vengono impiegate durante l'uccellagione, quando annusano il maschio e
odono la sua voce, le seconde vengono fecondate, le prime partoriscono
immediatamente, infatti accade come negli esseri umani e nei
quadrupedi, i cui corpi, una volta che la libidine si è innescata, si
gonfiano per il coito. Infatti i primi emettono il seme non appena
hanno dato uno sguardo, i secondi dopo aver dato una toccata leggera.
Così anche le pernici che sono per loro natura libidinose,
necessitano di un piccolo stimolo quando sono eccitate, e rapidamente
depongono (emettono il seme) tant'è che in quelle che non si sono
accoppiate le uova sono piene di vento: in quelle che si sono
accoppiate, le uova aumentano di volume in breve tempo e giungono a
compimento. E ancora nello stesso capitolo: Il concepimento di uova
ventose avviene in quegli uccelli che non sono dei volatori né dei
predatori dalle unghie ricurve, ma che fanno molte uova, in quanto
essi hanno del residuo in abbondanza. Negli uccelli dalle unghie
ricurve esso viene trasformato in ali e penne, e si ottiene un corpo
piccolo, asciutto e caldo. Infatti la fuoriuscita di materiale
mestruale e lo sperma rappresentano una secrezione. |
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|||||
Et
paulo post[62],
Fiunt subventanea ova, quoniam materia seminalis in foemina est, nec
menstruorum decessio fit avibus ut viviparis sanguine praeditis. Volacibus
subventanea non gignuntur, scilicet eadem causa, qua neque multa ab
iis ipsis generantur. Uncunguibus enim parum excrementi inest, et
marem desiderant ad excrementi commotionem. Gignuntur subventanea ova
numero quam quae foecunda sunt, sed minora, ob unam eandemque causam.
quod enim imperfecta sunt, minus augentur: quod minus augentur, plura
numero existunt. minus etiam suavia sunt, quoniam minus concocta,
concoctum enim in quovis genere dulcius est. Sed avium aut piscium ova
non perfici ad generationem sine mare, satis exploratum habemus. Et
rursus, Avium etiam subventanea ova colorem duplicem obtinent, habent
enim ex quo utrunque sit, et unde principium, et unde cibus, sed haec
imperfecta sunt et maris indiga. fiunt enim foecunda, si quo tempore
ineuntur a mare. Subventanea ova sine coitu gignuntur. et falsum est
quod quidam dicunt ea reliquias esse praegressi coitus. satis enim
conspectum est in novella tum gallina tum ansere, gigni sine coitu[63],
Aristot. |
E
poco più avanti: Le uova piene di vento si formano in quanto nella
femmina è presente la materia seminale, e il flusso mestruale non si
verifica negli uccelli, come invece accade nei vivipari forniti di
sangue. <...> Le uova piene di vento non vengono prodotte dagli
uccelli volatori evidentemente per lo stesso motivo per cui da parte
loro non ne vengono prodotte parecchie. Infatti in quelli dalle unghie
ricurve si trova poca secrezione e hanno bisogno del maschio per
eccitare la secrezione. Le uova ventose vengono generate in un numero
uguale a quelle feconde, ma sono più piccole, per un unico e identico
motivo. Dal momento che sono imperfette, si accrescono di meno: dal
momento che si accrescono di meno, sono in numero maggiore. Sono anche
meno squisite in quanto sono meno concotte, infatti in qualunque
genere di cose ciò che è concotto è più gradevole. Ma abbiamo
analizzato a sufficienza il fatto che le uova degli uccelli e dei
pesci non giungono a compimento dal punto di vista riproduttivo senza
l'intervento del maschio. E ancora: anche le uova ventose degli
uccelli hanno due colori, infatti posseggono ciò che ha dato luogo ad
ambedue, sia ciò da cui proviene il principio generatore, sia il
cibo, ma esse sono imperfette e bisognose del maschio. Infatti
diventano feconde se a un certo punto vengono fecondate dal maschio.
Senza coito si generano delle uova ventose. Ed è falso ciò che
alcuni dicono, che cioè esse sono dei residui di un coito pregresso.
Infatti si è potuto osservare quanto basta sia nella gallina che
nell'oca giovani che esse vengono prodotte senza il coito, Aristotele. |
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|||||
Et
rursus[64],
Non audiendi sunt qui ova hypenemia dicta a vento, quasi subventanea
dixeris, reliquias esse partus, quem coitus fecerit, arbitrantur. Iam
enim aliquas gallinarum et anserum iuvencas, expertes adhuc coitus
parere hypenemia visum saepius est. Sunt haec sterilia et minora, ac
minus iucundi saporis, et magis humida (ut Plinius quoque scribit[65])
quam ea quae foecunda gignuntur, sed plura numero. humor eorum
crassescere incubatione avis non potest: sed tam candida, quam lutea
pars similis sibi perseverat. Pariunt genus id ovi plures aves, ut
gallinae, perdices, columbae, pavones, anseres, (ut Plinius quoque
transtulit) et quae ab ansere, et vulpe composito nomine chenalopeces[66],
id est, vulpanseres dictae sunt. Ova huiusmodi omnia sunt
infoecunda, nec aliud quam ovum, nisi quo alio modo maris opera
contingat, Idem. Et alibi[67],
Redditur certe ovum subventaneum illud foecundum: et quod iam
conceptum per coitum est, transit in genus diversum, si prius coeat,
quae vel subventaneum, vel semine maris diversi conceptum fert, quam
ovum ipsum a lutea in candidam ambientem partem proficiat. Ita enim
fit, ut subventanea ova foecunda reddantur: et quae inchoata a mare
priore sunt, specie posterioris proveniant. At si iam candidum
acceperunt humorem, fieri non potest, ut vel subventanea in foecunda
mutentur, vel quae per coitum concepta gestantur, transeant in genus
maris, qui secundus coierit. Graece legitur subventanea ova foecunda
futura, si gallina ineatur, πρὶν
μεταβαλεῖν (τὸ
ὠόν)
ἐξ τοῦ ὠχροῦ
εἰς τὸ
λευκόν: |
E
ancora: Non bisogna ascoltare coloro che ritengono che le uova ventose
cosiddette dal vento, come se si dicesse piene di vento, sono dei
residui del parto che è avvenuto in conseguenza del coito. Infatti si
è potuto osservare piuttosto spesso che alcune galline e oche giovani
che non si sono ancora accoppiate depongono uova ventose. Esse sono
sterili e più piccole e di sapore meno gradevole, e più acquose
(come scrive anche Plinio*) di quelle feconde, ma in numero maggiore.
Il loro contenuto liquido non può ispessirsi attraverso l'incubazione
da parte dell'uccello: tant'è che sia la componente bianca che quella
gialla rimangono immodificate. Parecchi uccelli depongono questo tipo
di uovo, come le galline, le pernici, le colombe, i pavoni, le oche, e
quelle che sono dette chenalopeces (come anche Plinio ha
tradotto), cioè volpoche*, attraverso la fusione dei vocaboli oca e
volpe. Tutte siffatte uova sono infeconde, e non sono altro che uova,
a meno che per intervento del maschio non accada diversamente, sempre
Aristotele. E in un latro passo: Senza dubbio quell'uovo ventoso viene
reso fecondo: e quello che è già concepito attraverso il coito passa
a un altro genere se quella che porta dentro di sé un uovo ventoso,
oppure concepito attraverso il seme di un maschio di specie diversa,
si accoppia prima che l'uovo stesso si sposti dalla parte gialla a
quella bianca che sta attorno. Così infatti accade che le uova
ventose diventano feconde: e quelle che sono fecondate dal maschio
precedente si trasformano nella seconda specie di uccello. Ma se hanno
già ricevuto il liquido bianco, non può verificarsi che da ventose
si trasformino in feconde, oppure quelle che vengono portate essendo
state concepite attraverso il coito, passino alla specie del maschio
che ha montato per ultimo. In greco si legge che le uova ventose
diventeranno feconde se la gallina viene montata prima di trasformare
(l'uovo) da giallo a bianco - prìn metabaleîn (tò øón) ex toû
øchroû eis tò leukón. |
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Niphus
vertit, priusquam candidum obtegat luteum. prius enim ova lutea tantum
apparent in utero: postea etiam albumen in eis discretum. Ubi
autem scribitur ova ex semine maris qui prius coierit concepta,
degenerare si alius inierit postea, et posterioris speciem referre:
Albertus non recte habet, alterari ea ad sterilitatem ovorum venti.
Avis quae ovum coitu conceptum gerit, si cum alio mare coierit, simile
eius quo cum postea coivit, excludet omne genus pullorum, quapropter
nonnulli ex iis, qui ut gallinae generosae procreentur operam dant,
ita mutatis admissariis faciunt, tanquam semen maris sua facultate
materiam contentam in foemina qualitate tantum quadam afficiat, non
etiam misceatur constitutionemque subeat, Aristot. de generat. anim.
1. 20.[68]
Irrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua foeminae inter se
libidinis imaginatione concipiunt, aut pulvere, Plinius[69]:
qui haec ex authore aliquo Graeco mutuatus videri potest. Graeci
quidem ἁφήν
tum pulverem vocant, tum tactum sive
contrectationem. concipiunt autem gallinae huiusmodi ova etiam manu
contrectatae, ψηλαφώμεναι,
ut Aristoteles scribit[70]. Contra afferri potest,
ἁφήν non
simpliciter pulverem, sed illum quo palaestritae post unctionem
inspergebantur significare, ut Budaeus annotavit: et cum pulveratrices
[422] sint gallinae, et pulveratio quoque contrectatio quaedam et
affricatio sit, hoc quoque modo sterilia huiusmodi ova ab eis concipi
posse. |
Agostino
Nifo* traduce: prima che il bianco ricopra il giallo. Infatti dapprima
in utero - nell'ovaio - le uova sono solo di colore giallo:
successivamente in esse si vede anche il bianco. Infatti vi sta
scritto che le uova concepite attraverso il seme del maschio che ha
montato per primo degenerano se un altro maschio monta
successivamente, e che somigliano alla seconda specie: Alberto non è
d'accordo che si alterano tanto da diventare sterili come le uova
ventose: L'uccello che reca un uovo concepito attraverso il coito, se
si accoppierà con un altro maschio, darà
luogo a tutta una progenie di pulcini simile a quello con cui si è
successivamente accoppiato, e che pertanto alcuni tra quelli
che si danno da fare affinché nascano galline di razza, si adoperano
affinché, con il cambio dei
maschi da monta, il seme del maschio con il suo potere svolga
un'azione sulla materia contenuta nella femmina solamente riguardo un
certo tipo di qualità, ma non che vi si misceli pure e prenda
il posto della sua composizione, Aristotele De generatione
animalium I, 20. Le uova sterili che abbiamo chiamato hypenemia
le concepiscono a causa di una mutua e reciproca fantasia libidinosa,
o attraverso la polvere, Plinio: può sembrare che ha dedotto queste
cose da un qualche autore greco. Infatti i Greci chiamano haphën
sia la polvere, sia il tatto o palpazione. Infatti le galline
concepiscono siffatte uova anche quando vengono palpate con la mano, psëlaphømenai,
come scrive Aristotele. Tuttavia si può obiettare
che haphën non significa semplicemente polvere, ma soprattutto quella di cui si
cospargevano i lottatori dopo essersi unti, come Guillaume Budé* ha
annotato: ed essendo le galline delle razzolatrici nella polvere ed
essendo anche il riempirsi di polvere un qualche tipo di toccamento e
di sfregamento, è verosimile che anche in questo modo da esse possano
venir concepite siffatte uova sterili. |
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¶
De eisdem subventaneis ovis quae apud Albertum observavi adiiciam. Ova
venti (inquit) in avibus concipiuntur ex vento maxime. rara enim
corpora habent, et aerea, et locum {aui} <ani>, per quem
concipiunt, vento expositum. itaque vento ad libidinem moventur, sicut
etiam mulieres austro matricem aperientes delectantur, unde menstruus
sanguis attrahitur. Fit autem hoc frequenter in avibus propter volatum
et continuum caudae motum, propter quem etiam attrahitur semen ad
matrices earum. Foeminae enim avium testiculos[71]
habent super caudam, et exteriori parte corporis: mares vero interius,
ubi aliis animalibus sunt renes. Et rursus, Zephyria ova concipiunt
autumno, flante austrino vento[72],
hic enim aperit corpora avium, et humectat, et foecundat. Autumno
autem abundat in eis sicca ventositas. Aliae vero ova venti concipiunt
vere, receptione venti austrini. item ad tactum manus supra anum, et
per confricationem. |
¶
Aggiungerò ciò che ho trovato in Alberto* sempre a proposito delle
uova ventose. Dice: Le uova ventose negli uccelli vengono concepite
soprattutto per opera del vento. Infatti hanno dei corpi leggeri e
pieni d’aria, e la posizione dell’ano, attraverso il quale
concepiscono, è esposta al vento. Per cui vengono spinti alla
libidine dal vento, come anche le donne ricevono diletto nell’aprire
l’apparato genitale ad Austro*, da dove viene costretto ad uscire il
sangue mestruale. Ciò si verifica spesso negli uccelli a causa del
volo e del continuo movimento della coda, grazie al quale il seme
viene pure attratto al loro apparato genitale. Infatti le femmine
degli uccelli hanno i testicoli - le ovaie - sopra la coda e
all'esterno del corpo: invece i maschi li hanno dentro, dove negli
altri animali si trovano i reni. E ancora: In autunno concepiscono le
uova zefirine, quando spira il vento Austro, che infatti apre i corpi
degli uccelli, e li inumidisce, e li feconda. In essi infatti in
autunno abbonda una secca ventosità. Ma altri uccelli concepiscono
uova ventose in primavera, ricevendo il vento Austro. Parimenti al
contatto della mano al di sopra dell'ano, e attraverso lo sfregamento. |
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Et
alibi[73],
Ova venti dicuntur, eo quod calor (incubantis avis) resolvere quidem
ipsa potest in ventum: sed non formare in pullum. haec tamen ova
coagulabilia sunt hepsesi et optesi[74],
sed non formabilia, proprio formante destituta. ita enim se habent ut
seminis foeminae permixtio cum sanguine menstruo, (sine semini viri,)
unde nihil generari potest. Si ova subventanea gallinae subijcias
incubanda, nec albugo nec vitellus immutabuntur: sed utrunque colorem
suum servabit. unde apparet errasse Galenum cum dixit, semen foeminae
quoque coagulare in generatione et formare: etsi minus id efficiat
quam semen maris. Inveniuntur quaedam ova venti absque albumine (absque
vitello, forte) qualia fiunt quando in materia coitus abundant
gallinae ex aliquo cibo singulariter materiam coitus operante. tunc
enim absque vitello testa albumini circunducitur: et figura ovi datur
et producitur. Vidi ego ovum prorsus sphaericum, duabus testis
intectum, una intra alteram, cum albumine aquoso tenui inter utranque
absque vitello, et altero etiam albumine intra interiorem testam[75].
quod vero vitellum solum haberet subventaneum ovum visum nullum adhuc
est. hic enim pro alimento duntaxat est, membrana discretus ab
albumine, quod est sperma foeminae vi matricis et testium[76]
attractum ad ovi substantiam. Inveniuntur praeterea quaedam ova venti,
quae non habent testam exteriorem, sed membranam tantum quae testae
subiici solet. quod fit, quoniam talia ova humida sunt et aquosa: et
non habent calorem satis validum: praesertim si cibo humido sperma
augente alantur gallinae, Hucusque Albertus. |
E
in un altro punto: Vengono dette uova del vento in quanto il calore
(dell'uccello che cova) è in grado di dissolverle in vento: ma non di
trasformarle in pulcino. Tuttavia queste uova possono diventare dure
se bollite e arrostite, ma non possono prendere una forma, essendo
sprovviste del principio formatore. Infatti sono costituite come la
commistione del seme della femmina con il sangue mestruale (senza il
seme del maschio), per cui nulla può essere generato. Se metterai da
covare a una gallina delle uova ventose, né l'albume né il tuorlo si
modificheranno: ma ambedue conserveranno il loro colore: per cui è
evidente che Galeno* si è sbagliato quando disse che anche il seme
della femmina si coagula durante la generazione e che plasma il feto:
anche se fa ciò in misura minore rispetto al seme del maschio. Si
trovano alcune uova ventose senza albume (forse senza tuorlo) come lo
diventano quando le galline hanno in abbondanza materiale derivante
dal coito grazie a qualche cibo che produce materiale del coito in
modo speciale. Allora infatti in assenza di tuorlo il guscio si
distribuisce attorno all'albume: e si realizza e si produce la forma
di un uovo. Io ho visto un uovo completamente sferico ricoperto da due
gusci, uno dentro all'altro - uovo matreshka*, con dell'albume acquoso
poco denso che si trovava tra i due gusci e senza tuorlo, e con anche
un secondo albume dentro al guscio più interno. Finora non si è
visto alcun uovo ventoso che abbia solo il tuorlo. Infatti questo
serve solo da alimento, separato da una membrana dall'albume che è il
seme della femmina attirato dalla forza dell'utero e dei testicoli -
dell'ovaio - verso la sostanza che compone l'uovo. Inoltre si trovano
alcune uova ventose che non hanno il guscio esterno*, ma solamente
quella membrana che abitualmente sta al di sotto del guscio. Ciò
accade perché siffatte uova sono umide e acquose: e non posseggono un
calore abbastanza intenso: soprattutto se le galline vengono nutrite
con cibo umido che fa aumentare il seme, sin qui Alberto. |
|
|||||
¶
Auctor est in Hexaemero Magnus Basilius, subventanea ova in caeteris
irrita esse ac nova, (vana,[77])
nec illis fovendo quicquam excuti: at vultures subventanea fere citra
coitum progignere fertilitate insignia. Intelligi vero subventanea seu
hypenemia debent, citra coitum concepta libidinis imaginatione, quae
ratio molam in foeminis quoque producere creditur, vitae ineptam. quod
agens principium ex maris seminio non affuerit, Caelius. Ovum
venti est ovum super quod non cecidit tempore coitus ros et virtus de
semine maris; et vulgo dicitur ovum venti, quod sterile sit et
infoecundum, Bellunensis. Gallinae novellae, quas a Martio mense
Germani denominant, pariunt nonnunquam ova subventanea, Eberus et
Peucerus. Πλήθουσι
γὰρ τοι καὶ
ἀνέμων
διέξοδοι | θήλειαν
ὄρνιν, πλήν
ὅταν παρῇ τόκος,
Plutarchus Sympos. 8.[78] |
¶
San Basilio il Grande* scrive nelle sue Omelie sui sei giorni della
creazione che negli altri uccelli le uova ventose sono sterili e
insolite (vuote), e che scaldandole non ne può scaturire alcunché:
ma che invece gli avvoltoi depongono delle uova ventose estremamente
fertili assolutamente senza il coito. In verità bisogna intendere
come ventose o hypenemia quelle uova concepite senza il coito a
causa di fantasie libidinose, e si crede che questa sia la causa che
anche nelle donne produce la mola uterina* - mola materna*, che non è
vitale. In quanto non vi è pervenuto il principio attivo che deriva
dal seme del maschio, Lodovico Ricchieri*. L'uovo ventoso è l'uovo
sul quale al momento del coito non è caduta la rugiada e il potere
derivante dal seme del maschio, e comunemente viene detto uovo del
vento in quanto è sterile e infecondo, Andrea Alpago*. Le galline
novelle, cui i Tedeschi danno il nome dal mese di marzo, talora
depongono uova ventose, Paul Eber* e Caspar Peucer*. Plëthousi gàr
toi kaì anémøn diéxodoi | thëleian órnin, plën ótan parêi
tókos
- Infatti riempiono anche di venti l'uccello femmina [la
gallina], eccetto quando si avvicina l'ora del parto, Plutarco*, libro
VIII di Symposiakà o Questioni conviviali. |
|
|||||
Ova
quae canicularia et urina (κυνόσουρα
καὶ οὔρινα)
a nonnullis vocantur, aestate magis
consistunt, Aristot.[79]
interprete Gaza. forte autem ab eo dicta fuerint cynosura, quod
aestate et sub Cane magis urina fiunt. alioqui {sydus} <sidus>
etiam cynosura[80]
vocatur, nempe ursa minor. Depravantur ova (inquit Aristot. de
generatione anim. 3.2.[81])
et fiunt quae urina appellantur, tempore potius calido, idque ratione.
Ut enim vina temporibus calidis coacescunt, faece subversa. hoc enim
causae est ut depraventur. sic ova pereunt vitello corrupto. id enim
in utrisque terrena portio est. quamobrem
et vinum obturbatur faece permista, et ovum vitello diffuso.
Multiparis igitur hoc accidit merito, cum non facile omnibus calor
conveniens reddi possit, sed aliis deficiat, aliis superet, et quasi
putrefaciendo obturbet. Uncunguibus etiam quamvis parum foecundis,
nihilominus tamen idem evenit. saepe enim vel alterum ex duobus urinum
fit, sed tertium semper fere. Cum enim calida sua natura sint,
faciunt, ut quasi ferveat supra modum humor ovorum. Cum autem plus
iusto calescunt, nisi ex recremento humido sint, saniescunt,
reddunturque urina. Columbas inquit idem de hist. 6. 4.[82]
ut plurimum bina tantum ova parere. et si quando tria pepererint,
binos tantum pullos perfici, ovum tertium urinum relinqui. |
Le
uova che da alcuni vengono dette canicolari e non fecondate (kynósoura
kaì oúrina) compaiono maggiormente in estate, Aristotele*
tradotto da Gaza*. Infatti forse sono state da lui chiamate cynosura
in quanto in
estate e durante la canicola* - agosto - diventano maggiormente
sterili. D'altra parte anche una costellazione viene chiamata Cinosura,
e precisamente l'Orsa Minore*. Le uova si alterano (dice Aristotele in
De generatione animalium
III,2) e quelle dette non fecondate si formano preferibilmente quando
la stagione è calda, e ciò avviene per un motivo. Come infatti
durante le stagioni calde i vini si inacidiscono per il rimescolamento
della feccia. Questo infatti rappresenta il motivo per cui si
corrompono. Così le uova vanno a male per il tuorlo che si è
alterato. Infatti in entrambi i casi esso rappresenta - essi
rappresentano - l’elemento terroso. Motivo per cui si intorbidisce
sia il vino per la feccia che viene rimescolata, sia l’uovo per il
tuorlo che si è sparso. È logico pertanto che ciò si verifichi
negli uccelli multipari dal momento che il giusto calore non può
essere facilmente offerto a tutte le uova, ma ad alcune è
insufficiente, per altre è eccessivo, e le intorbidisce come se le
facesse andare in putrefazione. Nondimeno tuttavia ciò accade
anche agli uccelli dalle unghie ricurve - rapaci - anche se sono poco
fecondi. Spesso infatti o uno dei due diventa sterile, ma il terzo
quasi sempre. Infatti essendo - questi animali - caldi per loro
natura, fanno sì che la parte liquida delle uova si scaldi in modo
eccessivo. Infatti quando si scaldano più del dovuto, se non sono di
costituzione umida, si deteriorano e diventano sterili. Sempre lui in Historia
animalium VI,4 dice che le colombe per lo più depongono solamente
due uova. E se talora ne hanno deposte tre, solamente due pulcini
giungono a termine, il terzo uovo rimane sterile. |
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|||||
Urina
fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere, Plinius[83].
Ova generationi inepta οὔρια quasi
fluctuosa dici legimus. nam οὔρον
dicunt ventum[84], quo argumento etiamnum
ab Homero mulos dici οὐρῆας coniectant
periti, et recenset Eustathius: διὰ
τὸ ἄγονον, id
est ob insitam non gignendi proprietatem, quod eorum semen sit ἀνεμαῖον
id est spiritosum, et proinde foecunditatis
nescium[85],
Caelius. Unde fit ut τὰ
ἀφανισθέντα
ὠά καὶ ἐξουρίσαντα[86],
hoc est corrupta et urina ova, fluitent? Integra certe καὶ
ἀπαθῆ, confestim
sidere, manifestum est. Ac
ratio quidem erui illinc potest, quod aquescant ac spiritus
contabescentia concipiant plurimum. Qua ratione colligitur et illud,
cur in aqua pereuntes, primo quidem ima petere: mox ubi computrescere
coeperint, emergere ac fluitare soleant, etc. Idem. Ab exhausto ovo
facile plenum discernes, si ea in aquam demiseris. hoc siquidem
descendet et delabetur, illud vero natabit in superficie, Leontinus. Ovum
recens positum in aqua salsa supernatat, in dulci vero submergitur, ut
Aponensis in problematis scribit. Aquam marinae similiter salsam
reddituri, tandiu salem inijciunt, donec ovum non subsidat. |
Se
l'incubazione viene abbandonata diventano sterili quelle - uova - che
altri hanno chiamato cynosura, Plinio*. Leggiamo che le uova non idonee alla
procreazione vengono dette oúria come se fossero agitate da flutti. Infatti
chiamano oúron un vento - il vento favorevole, ragion per cui gli esperti suppongono che anche da Omero* i muli
vengono detti ourêas, ed Eustazio* commenta con dià
tò ágonon, cioè a causa di un’insita caratteristica a non generare, in
quanto il loro seme sarebbe anemaîon,
cioè ventoso, e pertanto
incapace di essere fecondo, Lodovico Ricchieri. Qual è il motivo per cui tà
aphanisthénta øá kaì exourísanta -
le uova che si sono guastate e piene di vento, cioè, le uova
corrotte e sterili stanno a galla? Invece
è evidente che quelle intatte e che non hanno subìto danni - kaì
apathê - vanno subito a fondo. Il motivo può essere ricavato dal fatto che
diventano liquide come l’acqua e mentre si decompongono assorbono
moltissima aria. Per tale motivo si può dedurre anche perché quando
stanno macerando in acqua, dapprima vanno a fondo: non appena hanno
cominciato a imputridire hanno l’abitudine di risalire e di
galleggiare, etc., sempre Lodovico Ricchieri.
Potrai facilmente distinguere un uovo pieno da uno disidratato
se li metterai in acqua. Il primo infatti scenderà e andrà a fondo,
l'altro nuoterà in superficie, Leontinus - un geoponico*. Un uovo
deposto da poco messo in acqua salata sta a galla, mentre in acqua
dolce va sotto, come scrive Pietro d’Abano* in Expositio
problematum Aristotelis. Coloro che stanno per trasformare
dell'acqua che diventi salata come quella di mare, aggiungono sale fin
tanto che l'uovo non sta a galla. |
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|||||
De
ovis [423] quorum albumen corruptum est, sicut humor in apostemate,
unde et infoecunda et omnino foetida redduntur, Alberti verba recitavi
supra[87].
Videntur autem eadem urina Aristotelis esse: quanquam is urinorum non
albumen sed vitellum corruptum esse scribit. ¶ Si incubante gallina
tonuit, ova pereunt, Aristot.[88]
Si incubatu tonuerit, ova pereunt: et accipitris audita voce vitiantur.
remedium contra tonitrum, clavus ferreus sub stramine ovorum positus,
aut terra ex aratro, Plinius[89].
Tonitrua incubationis tempore ova concutiunt, unde illa corrumpuntur,
et praecipue si iam in eis formati sunt pulli. sed aliarum avium ovis
magis haec nocent, aliarum minus: corvorum maxime. itaque videntur
corvi partu suo et incubitu tempus tonitrui praevenire, et pullos
Martio educare, Albert. Tonitruis vitiantur ova, pullique
semiformes interimuntur antequam toti partibus suis consummentur,
Columella[90]. |
In
precedenza ho riferito le parole di Alberto* a proposito delle uova il
cui albume è alterato come il liquido in un ascesso, per cui
diventano infeconde ed estremamente fetide. Sembra che corrispondano a
quelle piene di vento di Aristotele*: anche se lui scrive che non è
l'albume bensì il tuorlo a essere alterato in quelle piene di vento.
¶ Se ha tuonato mentre la gallina sta covando, le uova si rovinano,
Aristotele. Se tuonerà durante l'incubazione, le uova si rovinano: e
se hanno udito la voce del falco* vanno a male. Un rimedio contro il
tuono è rappresentato da un chiodo di ferro posto sotto la lettiera
delle uova, oppure della terra presa dall'aratro, Plinio*. I tuoni
scuotono le uova nel periodo dell'incubazione, per cui vanno a male, e
specialmente se in esse si sono già formati i pulcini. Ma queste cose
nuocciono di più alle uova di alcuni uccelli, di meno a quelle di
altri. Soprattutto a quelle dei corvi. Per cui sembra che i corvi
prevengano il periodo dei tuoni attraverso la deposizione e la cova, e
che allevino i pulcini in marzo, Alberto. Le uova vengono alterate dai
tuoni, i pulcini in via di
formazione vengono uccisi prima che si siano completati in tutte le
loro parti, Columella*. |
|
|||||
¶
Incubatio et exclusio. De incubatione nonnihil superius scriptum est,
et scribetur in E. copiose. Gallinae cum incubant, non cum peperint,
furiunt, ratione inediae, Aristot. in Problem. 10.37. Ovis triduo
incubatis puncti magnitudine apparent viscera, Aristot. Et rursus, Ova
gallinarum tertia die ac nocte postquam coepere incubari, indicium
praestare incipiunt. maiori quidem avium generi plus temporis
praetereat necesse est, minori minus sufficit.[91]
Schista[92]
ova Plinius appellat tota lutea, quae triduo incubata tolluntur. Causa
nominis, ut arbitror, quia dividantur, et discedat vitellus a candido,
Hermolaus. In ovo primum apparet caput pulli, Galenus in Anatome
vivorum. sed de formatione pulli in ovo plura superius scripta sunt. |
¶
Incubazione e schiusa. A
proposito dell'incubazione si è scritto qualcosa in precedenza e se
ne scriverà abbondantemente nel paragrafo E. Le galline quando
covano, non dopo aver deposto un uovo, sono furiose a causa del
digiuno, Aristotele in Problemata 10,37. Nelle uova incubate da
tre giorni si rendono evidenti i visceri che hanno la grandezza di un
punto, Aristotele. E ancora: Le uova delle galline cominciano a
mostrare un segno dopo il terzo giorno e la terza notte da quando
hanno cominciato a essere incubate. Negli uccelli di dimensioni
maggiori è necessario che trascorra un periodo di tempo maggiore, in
quelli più piccoli è sufficiente un tempo più breve. Plinio denomina uova schista - divise - quelle tutte gialle che
vengono rimosse al terzo giorno d’incubazione. Mi pare che il motivo
di questo nome stia nel fatto che si dividono e si separa il vitello
dal bianco, Ermolao Barbaro*. Nell'uovo appare per prima la testa del
pulcino. Galeno* in Administrationes
anatomicae Libri I-IX. Ma
sulla formazione del pulcino nell'uovo è stato scritto parecchio in
precedenza. |
|
|||||
¶
Excludunt celerius incubantes aestate, quam hyeme. ideo aestate
gallinae duodevigesimo (undevigesimo, Plinius) die foetum excludunt:
hyeme aliquando vigesimoquinto. Discrimen tamen et avium est, quod
aliae magis aliis fungi officio incubandi possunt, Aristot.[93]
Aestate locis calidis decimonono die exeunt ova, hyeme vicesimonono,
Albertus. Caput pulli ad acumen ovi convertitur[94],
et totum corpus ad residuum: et pullus nascitur supra pedes, sicut et
caeteri pulli avium, Idem. Et rursus, Exit autem in partu prius pars
latior, quae extrorsum in ave vertitur: posterius acuta, quae
diaphragma respicit. quare etiam durior est eadem et ex calore
nonnihil corrugata in ovis gallinarum. Exeunt ova a
rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus
durescente, quibuscunque emergunt portionibus, Plinius[95]. |
¶
Schiudono più in fretta se le covano in estate anziché in inverno.
Pertanto in estate le galline fanno schiudere il feto al 18° giorno
(19°, Plinio): in inverno talora al 25°. Del resto esiste anche una
differenza tra gli uccelli, in quanto alcuni possono assolvere al
compito di covare meglio di altri, Aristotele. In estate nelle località
calde le uova schiudono al 19° giorno, in inverno al 29°, Alberto.
La testa del pulcino si dirige verso la parte acuminata - no! verso la
parte ottusa - dell'uovo e tutto il resto del corpo verso lo spazio
rimanente: e il pulcino nasce appoggiandosi sui piedi, come anche gli
altri pulcini degli uccelli, sempre Alberto. E ancora: Durante la
deposizione fuoriesce per prima la parte più larga dell'uovo, che
all'interno dell'uccello si gira verso l'esterno: per ultima esce la
parte acuminata, che è diretta verso il diaframma. Motivo per cui è
anche la parte più dura e nelle uova delle galline è abbastanza
corrugata a causa del calore. Le uova mentre vengono deposte escono
presentando la loro porzione più arrotondata, col guscio molle, ma
che rapidamente si indurisce con qualunque parte fuoriescano, Plinio. |
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D. |
D |
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Gallinae
cum mares vicerint, cucur<r>iunt, et exemplo marium tentant
superventu coire. crista etiam caudaque erigitur, ita, ne facile
praeterea sit, an foeminae sint cognoscere. nonnunquam etiam calcaria
parva iis enascuntur, Aristot.[96]
¶ Villaribus gallinis et religio inest. inhorrescunt {a}edito ovo,
excutiuntque sese, et circumactu purificant, et festuca aliqua sese et
ova lustrant, Plin.[97]
De hoc gallinarum pericarphismo, plura leges in C.
Ὡς δ’ὄρνις
ἀπτῇσι
{νεοοσοῖσι} <νεοσσοῖσι>
προφέρῃσι |
Μάστακ’,
ἐπεί< >κε
λάβῃσι.
κακῶς δ’ἄρα
οἱ πέλει
αὐτῇ,
Achilles Iliad. ι.[98]
suos quos pro Graecis subierat labores et pericula prae nimia in eos
benevolentia, conferens matricis avis (gallinae nimirum per
excellentiam) in pullos affectui, quos illa dum pascit, et cibos
subinde collectos ore porrigit, se suamque famem negligit. Citat
haec verba Plutarchus in libro de amore parentum erga prolem[99].
Ubi haec etiam eius verba leguntur, {ὅτι} <ὥσπερ>
ἡ Ὁμηρικὴ ὄρνις τῷ
ἑαυτῆς τρέφει λιμῷ τὰ ἔγγονα καὶ τὴν τροφὴν τῆς
γαστρὸς ἁπτομένην, ἀποκρατεῖ καὶ πιέζει τῷ
στόματι, μὴ λάθῃ καταπιοῦσα.
Gyb. Longolius sic transtulit, Homerica avis sua
fame parvulos natos pascit: et nutrimentum quod ventri suo
destinaverat, ore retinet, ne eo in ventrem delapso in oblivionem ipsa
adducatur. Sed lector {consyderabit} <considerabit>, an sic potius reddi
debeant verba posteriora: Ventris sui alimentum ore tenens, abstinet
tamen, et ne forte nolens etiam deglutiat, mordicus premit. |
Le
galline, allorché hanno avuto la meglio sui maschi, fanno chicchirichì
e sull'esempio dei maschi tentano di accoppiarsi montando. Si drizza
anche la cresta così come la coda, cosicché poi non è facile
riconoscere se siano femmine. Talvolta spuntano loro anche dei piccoli
speroni, Aristotele. ¶ Nelle galline di fattoria esiste pure una
ritualità. Arruffano le piume dopo aver deposto l'uovo e si scrollano e si
purificano andando in tondo, e purificano se stesse e le uova con una
festuca, Plinio. Su questo perikarphismós
- il coprirsi di paglia - leggerai parecchie cose nel paragrafo C. Ηøs
d’órnis aptêisi veossoîsi prophérëisi |
Mástak’, epeíke lábëisi. kakôs d’ára oi pélei
autêi - Come
infatti la gallina offre ai pulcini implumi | il cibo dopo averlo
procurato, per lei stessa rappresenta un danno, Achille* in Iliade
canto IX. Le sue fatiche e i pericoli cui era andato incontro a
favore dei Greci a causa di un eccessivo amore nei loro confronti,
riferendosi all'affetto dell'uccello madre (che ovviamente è
rappresentato per eccellenza dalla gallina) nei confronti dei pulcini,
che mentre li fa pascolare e porge con la bocca i cibi appena raccolti
trascura se stessa e la sua fame. Plutarco* cita queste parole nel
libro L'amore dei genitori verso la prole. Nel quale si leggono
anche queste sue parole: høsper hë Homërikë órnis tøi
heautês tréphei limøi tà éggona kaì tën trophën tês
gastròs haptoménën, apokrateî kaì piézei tôi stómati,
më láthëi katapioûsa. - come l'uccello omerico
nutre i suoi piccoli a prezzo della propria fame e impedisce al
nutrimento di raggiungere il suo stomaco, lo stringe nel suo becco per
la paura di inghiottirlo a sua insaputa. Gisbert Longolius* ha
tradotto nel modo seguente: L’uccello omerico nutre i suoi piccoli
nati con la sua fame, e il nutrimento che aveva destinato al suo
ventre lo trattiene con la bocca, affinché scivolato nel ventre non
venga indotto lui stesso a dimenticarsene. Ma il lettore valuterà se
le ultime parole non debbano piuttosto suonare in questo modo:
Trattenendo con la bocca l'alimento destinato al suo ventre, tuttavia
se ne astiene e lo ghermisce in modo ostinato affinché magari
involontariamente non lo deglutisca. |
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Et
paulo post[100]
in eodem libro: Quid vero gallinae, (inquit Plutarchus,) quas
observari nostris oculis quotidie domi conspicamur, quanta cura et
sedulitate pullos custodiunt et gubernant: aliis alas, quas subeant,
remittunt: aliis dorsum, ut scandant, reclinant. neque ulla pars
corporis est, qua non fovere illos, si possent, cupiant: neque id sine
gaudio et alacritate, quod et vocis sono testari videntur. Canes et
angues (κυνέας
καὶ
δρακοντίας,
forte κίρκους
καὶ
δράκοντας)
cum de se agitur, sibique solis metuunt, fugiunt
tum quidem. si vero pullorum agmini ab his periculum verentur,
vindicare illud ab iniuria nituntur, et supra quam vires patiuntur
saepe dimicant. |
E
poco più avanti nello stesso libro Plutarco dice: Ma cosa dobbiamo
dire della gallina, che a casa nostra ci troviamo ad osservare tutti i
giorni coi nostri occhi con quanta cura e sollecitudine custodiscono e
guidano i pulcini: per alcuni abbassano le ali sotto le quali possano
andare: per altri piegano all’indietro il dorso affinché possano
montarci sopra. E non esiste nessuna parte del corpo con cui non
desiderino proteggerli se possibile: e ciò lo fanno non senza gioia
ed entusiasmo, e sembra che ne diano testimonianza anche con il suono
della voce. Quando si tratta
di loro e hanno paura solo per se stesse, solo allora evitano i cani e
i serpenti (kynéas - i cani - kaì drakontías -
e i serpentelli, forse kírkous - i falchi - kaì drákontas
- e i draghi, i serpenti). Ma se temono che da essi possa derivare un
pericolo per la frotta dei pulcini, ce la mettono tutta per vendicarla
dell’affronto, e spesso lottano al di là di quanto le forze lo
permettono. |
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Gallinae
avesque reliquae, sicut Cicero ait[101],
et quietum requirunt ad pariendum locum, et cubilia sibi nidosque
construunt, eosque quam possunt mollissime substernunt, ut quam
facillime ova serventur. ex ovis pullos cum excluserunt, ita tuentur,
ut et pennis foveant, ne frigore laedantur: et si est calor a Sole, se
opponant. Cum autem pulli pennulis uti possunt, tum volatus eorum
matres prosequuntur, Gillius. Super omnia est anatum ovis subditis
atque exclusis, admiratio primo non plane agnoscentis foetum: mox
incertos incubitus solicite convocantis: postremo lamenta circa
piscinae stagna, mergentibus se pullis natura duce, Plin.[102]
Exeuntes pullos gallina sub alas congregat, defenditque eos a milvo et
aliis periculis, Albert. Gallina supra modum diligit foetum suae
speciei, adeo ut prae voce nimis acuta qua suum in pullos amorem
testatur, aegrescat. Ova quidem quae incubat, unde sint non
curat, circa alienum etiam partum solicita. Idem. Gallina ardet studio
et amore pullorum: primum enim ut circum avem rapacem supra tectum
gyros agere cognoscit, statim vehementer vociferatur, et cervicem
iactans, atque in gyrum contorquens, caput in altum tollit, ac omnibus
plumis inhorrescit, tum explicatis alis timidos pullos, et sub alato
tegmine pipientes protegit, avemque procacem retrocedere cogit: Deinde
eos ex [424] latibulo plumeo prodeuntes studiose pascit, Gillius[103]. |
Come
dice Cicerone*, le galline e gli altri uccelli vanno anche alla
ricerca di un luogo tranquillo per deporre le uova, e si costruiscono
dei giacigli e dei nidi, e li ricoprono nel modo più soffice
possibile, affinché le uova si preservino nel modo più facile
possibile: in modo che i pulcini quando sono usciti dalle uova vengano
protetti in modo tale scaldarli anche con le penne per non essere lesi
dal freddo: e se fa caldo, in modo da frapporsi al sole. Infatti
quando i pulcini possono servirsi delle loro piccole piume, allora le
madri li accompagnano nei loro voli, Pierre Gilles*. Al di
sopra di ogni altra cosa è il fatto straordinario di quando le uova di
anatra sono state messe a covare e a schiudere sotto una gallina, la
quale dapprima non riconosce affatto il pulcino: quindi lo starci
coricata sopra in modo incerto e chiamandolo affannosamente: infine i
suoi lamenti intorno allo specchio d'acqua in cui i pulcini stanno
nuotando sotto la guida della natura, Plinio. La gallina raccoglie
sotto le ali i pulcini che stanno uscendo dall'uovo e li difende dal
nibbio* e dagli altri pericoli, Alberto. La gallina ama in modo
esagerato il feto della sua specie, al punto di ammalarsi a causa
della voce estremamente acuta con cui attesta il suo amore nei
confronti dei pulcini. Infatti non si cura da dove provengono le uova
che sta incubando, essendo premurosa anche nei confronti del parto di
altre femmine, ancora Alberto. La gallina arde di cura e amore per i
pulcini: innanzitutto è ben conscia di come compiere dei volteggi
attorno a un uccello rapace che sta al di sopra del suo rifugio,
quindi si mette subito a gridare in modo assordante e allungando il
collo e contorcendosi tutta alza la testa e si arruffa con tutte le
piume, quindi, dispiegate le ali, protegge sotto la protezione alata i
timidi pulcini che stanno pigolando, e costringe l'uccello insolente a
retrocedere: quindi li fa pascolare con cura mentre stanno uscendo da
sotto il nascondiglio di piume, Pierre Gilles. |
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Nostri
milvum aut accipitris genus a gallinarum praeda vocant den huenerdieb,
id est gallinarum furem. Rubetarium esse credo accipitrem illum (inquit
Turnerus) quem Angli hen harroer nominant. Porro ille apud nostros a
dilaniandis gallinis nomen habet. palumbarium magnitudine superat, et
coloris est cinerei. Humi sedentes aves in agris, et gallinas in
oppidis et pagis repente adoritur. Praeda frustratus, tacitus discedit,
nec unquam secundum facit insultum. hic per humum omnium (accipitrum)
volat maxime. Urticarum
genera quaedam mortifera pullis, gallina rostro nititur evellere: in
quo conatu tantum aliquando laborat, ut rumpatur interius, Albertus. |
I
nostri chiamano den huenerdieb il nibbio* o il genere degli
uccelli rapaci, cioè ladro di galline. Credo che lo sparviero dei
roveti sia quello sparviero* (dice William Turner*) che gli Inglesi
chiamano hen harroer*. Infatti presso di noi riceve il nome dal
fatto che dilania le galline. Supera in dimensioni l’accipiter
palumbarius* - sparviero dei colombi selvatici - ed è di color
cenere. L’Albanella reale - Circus
cyaneus, hen harroer - assale all’improvviso gli uccelli che nei
campi vivono a terra, nelle città e nei villaggi le galline. Se viene
delusa dalla preda si allontana in silenzio e non sferra mai un
secondo attacco. Fra tutti (i rapaci) è quella che vola maggiormente
a bassa quota. La gallina si dà da fare per sradicare col becco
alcune specie di ortiche* micidiali per i pulcini: talora si impegna
talmente in questo sforzo da andare incontro a lacerazioni interne,
Alberto*. |
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¶
Quae nam animalia gallinis infesta sint, dictum est paulo ante, et
supra etiam in Gallo D. diceturque amplius infra in E. Gallinam ferunt
eo die quo ovum peperit, a serpente laedi non posse: et tum carnem
quoque eius a serpente morsis remedio esse, Albert. Qui
serpentium canisve dente aliquando laesi fuerint, eorum superventus
gallinarum incubitus, pecorum foetus abortu vitiant, Plin.[104] |
¶
Infatti quali siano gli animali pericolosi per le galline lo si è
detto poc'anzi e anche precedentemente nel paragrafo D del capitolo
relativo al gallo e se ne parlerà ancor più in abbondanza qui sotto
nel paragrafo E. Dicono che la gallina non può essere lesa dal
serpente nel giorno in cui ha deposto un uovo: e che pertanto anche la
sua carne rappresenta un rimedio per coloro che sono stati morsicati
da un serpente, Alberto. A causa dell’arrivo improvviso di coloro che per caso sono stati
feriti dal dente dei serpenti o di un cane, essi fanno andare a male
le covate delle galline e i feti del bestiame provocandone l’aborto,
Plinio*. |
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E. |
E |
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Electio.
Mercari porro nisi foecundissimas aves non expedit. eae sint
rubicundae vel fuscae plumae nigrisque pennis, ac si fieri poterit,
omnes huius, et ab hoc proximi coloris eligantur: sin aliter,
evitentur albae, quae fere cum sint molles, ac minus vivaces, tum ne
foecundae quidem facile reperiuntur, atque sunt conspicuae. propter
quod insigne candoris ab accipitribus et aquilis saepius abripiuntur.
sint ergo matrices probi coloris, robusti corporis, quadratae,
pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis
auribus: et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus ungulis,
generosissimaeque creduntur, quae quinos habent digitos, sed ita ne
cruribus emineant transversa calcaria. nam quae hoc virile gerit
insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque
foecunda, etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit, Columella[105].
Sint praecipue nigrae aut flavi coloris, Palladius[106].
Gallinarum generositas spectatur, crista erecta, interdum et gemina,
pennis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus[107],
aliquando et super quatuor digitos transverso uno, Plin.[108]
Qui villaticas gallinas parat, eligat foecundas, plerunque rubicunda
pluma, nigris pennis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista
erecta ampla[109],
hae enim ad partiones sunt aptiores, Varro[110]. |
Scelta.
Inoltre non conviene comperare volatili se non fecondissimi. Questi
volatili debbono avere piume rosse o nerastre e le penne nere, e se
sarà possibile vengano scelti tutti di questo colore o di un colore
molto simile. Se non è possibile fare altrimenti, si evitino i
soggetti bianchi, i quali non solo sono per lo più deboli e meno
longevi, ma neppure è facile trovarli che siano prolifici, e inoltre
sono ben visibili. A causa della caratteristica del candore più
spesso vengono rapiti dai falchi* e dalle aquile*. Le riproduttrici
siano dunque di colore adeguato, di corporatura robusta, tarchiate,
posseggano un petto largo, la testa grande, la piccola cresta dritta e
rosso splendente, gli orecchioni bianchi: e sotto questo aspetto li
abbiano quanto più grandi possibile, e non debbono avere le dita
pari, e sono ritenute molto fertili quelle con cinque dita, ma non
debbono avere speroni che sporgano di traverso sulle zampe. Infatti,
quella che porta questo segno di mascolinità, restia
all’accoppiamento, è sdegnosa nell’accettare il maschio, ed è
raramente feconda e poi quando cova rompe le uova con gli speroni
della zampa, Columella*. Debbono essere prevalentemente nere o fulve,
Palladio*. La buona razza delle galline si riconosce dalla cresta
eretta, talvolta anche doppia, dalle piume nere, dalla faccia rossa,
dalle dita di differente lunghezza, e talvolta anche dalla presenza di
un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro, Plinio. Chi si
procura galline da cortile, scelga quelle prolifiche, che per lo più
hanno piume rossicce, penne nere, dita dispari, testa grande, una
cresta dritta e ampia, queste infatti sono più adatte alla
riproduzione, Varrone*. |
||||||
Gallinas
educaturus eligat foecundissimas: quas nimirum ex usu rerum et
experientia dignoscet: im<m>o vero ex pluribus aliis indiciis.
In universum enim quae colore flavescunt, et sortiuntur digitos
impares, quaeque magna possident capita (τὰς
ὄψεις
μεγάλας,
oculos magnos, Cornarius[111])
cristamque erigunt: nec non nigriores et corpulentiores. Eae omnes
gallinae facile mares ferent: multo erunt praestantiores ad partum,
ova maxima {a}edent: ac breviter, generosos excludent pullos,
Florentinus[112].
{Mox} <Mos> quoque sicut in caeteris pecoribus eligenda quaeque
optima, et deteriora vendenda: servetur etiam in hoc genere, ut per
autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque
minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt.
Item quae aut parum foecundae, aut parum bonae nutrices sunt, et
praecipue quae ova vel sua, vel aliena consumunt. Nec minus, quae
velut mares cantare, atque etiam calcare coeperunt. Item serotini
pulli, qui ab solstitio nati capere iustum incrementum non poterunt.
In masculis autem non eadem ratio servabitur, sed tandiu custodiemus
generosos, quandiu foeminam implere potuerint. Nam rarior est
in his avibus mariti bonitas, Columella[113]. |
Chi
dovrà allevare delle galline scelga le più feconde: senza dubbio sarà
in grado di riconoscerle in base alla pratica e all’esperienza:
anzi, in base a numerosi altri indizi. Infatti generalmente lo sono
quelle che sono di colore fulvo, e che ricevono in sorte le dita
dispari, e quelle che hanno la testa grande (tàs ópseis megálas,
gli occhi grandi, in base alla traduzione di Janus Cornarius*) e che
tengono la cresta dritta: nonché quelle che sono di colore più scuro
e che sono più corpulente. Tutte queste galline sopporteranno
facilmente i maschi: saranno di gran lunga superiori riguardo alla
deposizione, faranno delle uova molto grandi: e in breve volgere di
tempo daranno alla luce dei pulcini di buona qualità, Florentino*. Come
negli altri tipi di bestiame anche in questo tipo si osservi
l’abitudine di scegliere i capi migliori e conservarli e vendere i
peggiori, affinché tutti gli anni in autunno, quando cessa il
guadagno che ne deriva, diminuisca anche il numero. Elimineremo
infatti le galline vecchie, cioè quelle che hanno superato i tre
anni. Parimenti quelle che sono poco feconde o chiocce poco buone, e
specialmente quelle che divorano le uova proprie o altrui. Ugualmente
quelle che hanno cominciato a cantare e così pure a montare come i
galli. Lo stesso si dica dei pollastri tardivi che, nati a partire dal
solstizio d’estate, non hanno potuto raggiungere una giusta
crescita. Per i maschi non si seguiranno gli stessi criteri, ma
terremo quelli di buona razza fino a quando saranno in grado di
fecondare le femmine. Infatti in questi volatili una buona qualità
del marito è piuttosto rara, Columella. |
||||||
¶
Gallinarium. Aedicula ista cuius parietibus corbes (quos Varro
gallinarum cubilia appellat[114])
affixos vides, in iisque gallinas incubantes, officina cohortalis ob
id appellatur, quod non aliter ac in officinis nostris cuncta parantur,
quae in usum humanum veniunt, ita istic ova et pulli, quae in cibum. Iste
qui in gallinarum scandit, et ova manibus versat, gallinarius curator
vel custos recte dicetur, Gyb. Longolius in dialogo de avibus[115]. |
¶
Il pollaio. Questa
piccola costruzione alle cui pareti vedi attaccate delle ceste (che
Varrone chiama nidi delle galline), dentro le quali le galline stanno
covando, viene detta laboratorio del cortile in quanto non
diversamente da quanto accade nei nostri laboratori si prepara tutto
ciò che serve agli esseri umani, e così qui vengono preparati uova e
polli che servono come cibo. Costui che sale sul pollaio e rigira le
uova con le mani, giustamente verrà chiamato responsabile o custode
del pollaio, Gisbert Longolius* nel Dialogus de avibus. |
||||||
¶
Non sunt plures quam quinquaginta in uno aviario nutriendae.
labefactantur siquidem in angusto arctatae. porro numeri gallinarum
pars sexta sint gallinacei galli, Florentinus. Parandi matrices modus
est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam dispendant: dum
tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis
hominum aut insidiosorum animalium diripiantur, Columella[116].
Si ducentas alere velis, locus septus attribuendus, in quo duae caveae
coniunctae magnae constituendae, quae spectent ad exorientem versus,
utraeque in longitudinem circiter decem pedes, latitudine dimidio
minores (latitudine paulo minus, Crescenti.) et altitudine paulo
humiliores. Utriusque fenestrae latitudine tripedali, et co(uno)pede
altiores, e viminibus factae raris, ita ut lumen praebeant multum,
neque per eas quicquam ire intro possit quod nocere solet gallinis.
Inter duas ostium sit, qua gallinarius curator earum ire possit. In
caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint
gallinas. Contra singulas perticas in pariete exculpta sint cubilia
earum. Ante sit (ut dixi) vestibulum septum, in quo diurno tempore
esse possint, atque in pulvere volutari. Praeterea sit cella grandis,
in qua curator habitet, ita ut in parietibus circum omnia posita sint
cubilia gallinarum, aut exculpta, aut affixa firmiter. Motus enim cum
incubant nocet, Varro. Gallinaria constitui debent parte villae, quae
hybernum spectat orientem: iuncta sint ea furno, vel culinae, ut ad
avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius
autem officinae, id est ornithonis, tres continuae extruuntur cellae,
quarum, sicuti dixi, perpetua frons orienti sit obversa. In ea deinde
fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae cellae, quae ipsa
tribus minima esse debet in altitudine, et quoquoversus pedes septem:
in ea singuli dextro, [425] laevoque pariete aditus ad utranque cellam
faciendi sunt, iuncti parieti, qui est intrantibus adversus.[117] |
¶
In un pollaio non bisogna allevarne più di cinquanta. Infatti essendo
pigiate allo stretto si indeboliscono. Inoltre i galli debbono
rappresentare la sesta parte del numero delle galline, Florentino. La
quantità di galline che bisogna procurarsi è di 200 capi, che
debbono tenere impegnata la gestione di un solo custode: tuttavia
quando se ne vanno in giro si utilizzi una vecchietta attenta oppure
un ragazzino affinché non vengano sottratte dalle insidie degli
uomini o degli animali che stanno in agguato, Columella. Se
vuoi allevare 200 soggetti bisogna assegnare un luogo recintato in cui
vanno costruiti due grandi locali contigui che debbono essere rivolti
a oriente, ambedue della lunghezza di circa 10 piedi, più piccoli in
larghezza della metà (Pier de' Crescenzi* dice di larghezza un poco
minore), e poco più bassi in altezza. Le finestre di ciascun locale
debbono avere la larghezza di 3 piedi, e debbono essere più alte di
un piede, fatte di vimini a trama larga, in modo da fornire molta luce
senza che attraverso di loro possa entrare qualcosa che abitualmente
nuoce alle galline. Fra i due ambienti ci sia un’apertura attraverso
cui possa passare l’addetto al pollaio che si prende cura di esse.
Dentro ai locali debbono trovarsi numerose pertiche che li
attraversano in modo tale che possano sorreggere tutte le galline. Di
fronte alle singole pertiche debbono trovarsi i loro nidi che sono
stati scavati nella parete. Sul davanti ci deve essere (come ho detto)
uno spazio recintato in cui possano stare durante il giorno e
rotolarsi nella polvere. Inoltre vi deve essere un locale ampio in cui
possa stare l’addetto, in modo che tutt’intorno sulle pareti si
trovino tutti i nidi delle galline, o scavati, o saldamente fissati.
Infatti quando covano il movimento è nocivo, Varrone. I pollai
devono essere costruiti nella parte della fattoria che guarda
l’oriente invernale: debbono essere congiunti al forno o alla
cucina, in modo che il fumo giunga al pollame, che è molto salutare
per questa specie di volatili. La costruzione del pollaio, cioè dell'ornithøn,
deve essere complessivamente di tre ambienti contigui, con tutta
quanta la fronte, come ho detto, rivolta verso oriente. Quindi su tale
fronte si dia un solo e piccolo ingresso alla cella mediana, la quale
deve essere la più piccola in altezza delle tre e misurare sette
piedi in qualsivoglia direzione: in essa, su ogni singola parete
destra e sinistra si devono far gli ingressi ad ambedue gli altri
ambienti, contigui alla parete che si trova di fronte a coloro che
entrano, Columella. |
[1] Symposia (Quaestiones conviviales), VII 2,1 sgg. (= pag. 700D sgg.): “E se noi spesso siamo in difficoltà per le domande degli amici, è in particolare perché Teofrasto <f. 175 Wimmer> indietreggiare davanti a questa domanda sulle opere dove aveva riunito e studiato un numero di fenomeni..., per esempio il comportamento delle galline che, quando depongono le uova, si circondano di pagliuzze...”
[2] Pandiculatio non è attestato, ma pandiculor significa distendersi, allungarsi, stirarsi, nello sbadigliare.
[3] De natura deorum II,129: Quid dicam, quantus amor bestiarum sit in educandis custodiendisque is, quae procreaverunt, usque ad eum finem, dum possint se ipsa defendere. Etsi pisces, ut aiunt, ova cum genuerunt, relinquunt, facile enim illa aqua et sustinentur et fetum fundunt; testudines autem et crocodilos dicunt, cum in terra partum ediderint, obruere ova, deinde discedere: ita et nascuntur et educantur ipsa per sese. Iam gallinae avesque reliquae et quietum requirunt ad pariendum locum et cubilia sibi nidosque construunt eosque quam possunt mollissume substernunt, ut quam facillume ova serventur; e quibus pullos cum excuderunt, ita tuentur, ut et pinnis foveant, ne frigore laedantur, et, si est calor a sole, se opponant; cum autem pulli pinnulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, reliqua cura liberantur.
[4] Potrebbe trattarsi del medico francese Symphorien Champier nato nel 1471 o 1472 e morto nel 1539 o 1540, quindi contemporaneo di Gessner, galenista convinto, che si autodefinì aggregator, raccoglitore. Tra i suoi numerosi scritti si può proprio annoverare il Practica nova in medicina. Aggregatoris lugdunensis domini Simphoriani Champerii de omnibus morborum generibus: ex traditionibus grecorum, latinorum, arabum, penorum ac recentium auctorum: aurei libri quinque. Item ejusdem aggregatoris liber "De omnibus generibus febrium" (Venetiis: per heredum Octaviani Scoti ac sociorum, 1515).
[5] Historia animalium VI,2 560b: Lo sviluppo dell’uovo dopo la copulazione, e poi lo sviluppo del giovane uccello dall’uovo concotto[5], non hanno luogo in periodi di tempo uguali per tutti gli uccelli, bensì differiscono secondo le dimensioni dei genitori. L’uovo della gallina si forma e giunge a termine per lo più in dieci giorni dopo l’accoppiamento; l’uovo della colomba in un tempo leggermente minore. (traduzione di Mario Vegetti)
[6] Naturalis historia X, 147: Columbae deciens anno pariunt, quaedam et undeciens, in Aegypto vero etiam brumali mense. Hirundines et merulae et palumbi et turtures bis anno pariunt, ceterae aves fere semel. Turdi, in cacuminibus arborum luto nidificantes paene contextim, in secessu generant. A coitu X diebus ova maturescunt in utero, vexatis autem gallinae et columbae pinna evulsa aliave simili iniuria diutius. - Filippo Capponi Ornithologia Latina (1979) pag. 250: Plinio vorrebbe assicurarci che nei dieci giorni dall'accoppiamento, le uova maturano nell'interno del corpo, ma più a lungo, se la Gallina è tormentata, sradicandole qualche piuma o procurandole altro danno simile: Ci pare che Plinio non abbia compreso Aristotele. Questi assicura che l’uovo della Gallina si forma e raggiunge il suo sviluppo generalmente nei dieci giorni che seguono l’accoppiamento, ma non dice affatto che la Gallina maturi più a lungo l’uovo se viene tormentata; anzi, trattando della sola colomba osserva che, se la femmina è disturbata in qualche modo, o se si va intorno al nido, o se le si sradica una piuma, o se essa ha altra ragione di ricevere un male o di spaventarsi, trattiene l'uovo che sta per deporre e non lo depone affatto. La nota aristotelica circa la formazione dell'uovo è imprecisa e non può essere accettata scientificamente, in quanto la formazione richiede lungo tempo. Ma la nostra attenzione deve rivolgersi a scoprire il valore di in utero di Plinio. Se il naturalista latino si è informato alla nota aristotelica e ha attribuito alla Gallina il comportamento della colomba, che trattiene le uova, dovremmo pensare che uterus non può significare ovario, che è la traduzione del De Saint-Denis, ma, piuttosto, la "camera del guscio", dove l’uovo resta, per qualche tempo, prima di essere deposto, e si riveste dell'involucro calcareo. Ma, dati i limiti scientifici di Plinio, non possiamo credere che egli usi una precisa terminologia scientifica, per cui è molto probabile che con il nome uterus abbia voluto significare l’apparato riproduttore o, più genericamente, l’interno del corpo.
[7] De generatione animalium III,1 750b-751a: In generale, almeno tra gli uccelli, neppure le uova che si formano per mezzo della copula sono per lo più atte a conseguire un accrescimento, se l’uccello non subisce continuamente il coito. La causa di ciò è che, come per le donne la frequentazione dei maschi provoca la secrezione delle regole femminili (l’utero riscaldato infatti attira l’umidità e [751a] l’imboccatura dei condotti si apre), così accade anche per gli uccelli in cui il residuo mestruale avanza a poco a poco. Esso non è secreto esternamente perché è scarso e perché l’utero è posto in alto, in corrispondenza del diaframma. Tuttavia si raccoglie proprio nell’utero. E questo, che scorre per l’utero, a far crescere l’uovo, come gli embrioni dei vivipari si accrescono per mezzo del cordone ombelicale, poiché quando gli uccelli hanno subito una volta il coito, tutti quasi sempre continuano ad avere uova, ma molto piccole. Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. Inoltre le pernici femmine, condotte alla caccia, avendo odorato il maschio e avendo udito la sua voce, quelle non ancora montate si impregnano, quelle montate depongono immediatamente le uova. La causa di questo fenomeno è la stessa di quella che agisce sugli uomini e sui quadrupedi: quando il corpo si trova inturgidito in vista del coito o per qualche cosa che si vede o per un piccolo toccamento emette lo sperma. Ora siffatto tipo di uccelli è per natura propenso al coito e ricco di sperma. Tanto che occorre solo un piccolo impulso quando si trovano in stato di turgore e immediatamente si produce in essi il processo escretivo. Di conseguenza in quelli non montati si formano uova sterili, in quelli montati le uova crescono e giungono rapidamente a compimento. (traduzione di Diego Lanza)
[8] De generatione animalium III,2 752a: Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. (traduzione di Diego Lanza)
[9] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Plus vicena quina incubanda subici vetant. Parere a bruma incipiunt. Optima fetura ante vernum aequinoctium. Post solstitium nata non implent magnitudinem iustam tantoque minus, quanto serius provenere.
[10] De re rustica VIII,5,1: Confecta bruma parere fere id genus avium consuevit. Atque earum quae sunt fecundissimae locis tepidioribus circa Kalendas Ianuarias ova edere incipiunt, frigidis autem regionibus eodem mense post Idus. - Ai tempi di Columella il calendario giuliano, voluto da Giulio Cesare nel 46 aC, era in uso ormai da circa un secolo, per cui le idi di gennaio cadevano al 13 anziché al 15 dello stesso mese.
[11]
De natura pueri 29-30.
[12] Gessner trae la traduzione parola per parola da quella di Janus Cornarius del 1546, ma omette questa frase dopo la virgola.
[13] De generatione animalium III,2, 752b 15-28: La nascita dall’uovo si ha per gli uccelli perché la femmina cova l’uovo e contribuisce a operare la cozione. L’animale si forma da una parte dell’uovo e ricava i mezzi del proprio accrescimento e compimento dalla restante parte, perché la natura dispone insieme nell’uovo sia la materia dell’animale, sia l’alimento sufficiente alla sua crescita. Dal momento che l’uccello non può portare a compimento la prole dentro di sé, produce nell’uovo anche l’alimento. Mentre per gli animali partoriti vivi l’alimento si produce in un’altra parte (il latte nelle mammelle), per gli uccelli la natura lo produce nelle uova. È tuttavia l’opposto di ciò che ritengono gli uomini e afferma Alcmeone di Crotone: il latte non è costituito dal bianco, ma dal giallo, ed è questo l’alimento dei pulcini. Essi invece ritengono che sia il bianco per la rassomiglianza del colore. (traduzione di Diego Lanza)
[14] L'editio princeps del lessico Suida curata da Calcondila * (1499) riporta ὧ che sarebbe la forma dorica equivalente a ὧδε che significa così oppure qui. Ὡῖ di Gessner non esiste nei lessici, e se egli con questo termine avesse voluto dire dentro all'uovo - in ovo - avrebbe potuto scrivere ὠῷ come ha fatto poche righe prima citando il testo di Ippocrate. Le edizioni critiche del lessico Suida propongono diverse soluzioni per ὧ di Calcondila, ma non vale certo la pena addurle e adottarle. - Il testo latino Candidum membranae subiectum in ovo principium est deve ovviamente tradursi così come Gessner l'ha fornito: Il bianco che nell'uovo si trova al di sotto delle membrane testacee è il principio generatore. Questa traduzione non corrisponde a quanto fornito da Calcondila: Qui si trova distribuito il principio al di sotto della membrane testacee bianche.
[15] Metamorphoses XV 385-390: Iunonis volucrem, quae cauda sidera portat, | armigerumque Iovis Cythereiadasque columbas | et genus omne avium mediis e partibus ovi, | ni sciret fieri, quis nasci posse putaret? | Sunt qui, cum clauso putrefacta est spina sepulcro, | mutari credant humanas angue medullas.
[16] De generatione
animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che
risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da
esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno
verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a
corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto
intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi
l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più
abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante,
in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia
fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si
formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta,
perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo
accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso
il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono
dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli
embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché
infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente
nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la
membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello
stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a]
dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso
embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve
stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari
l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si
dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla
madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è
il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso
della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché
da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante
di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere
immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può
procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone
ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali
che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel
caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal
guscio duro. (traduzione di Diego Lanza) - On
the generation of animals book III chapter 2 (753b
18-754a 17): For the present investigation it is sufficient to understand this much
clearly, that, when the heart has been first formed and the great
blood-vessel has been marked off from it, two umbilical cords run from the
vessel, the one to the membrane which encloses the yolk, the other to the
membrane resembling a chorion which surrounds the whole embryo; this
latter runs round on the inside of the membrane of the shell. Through the
one of these the embryo receives the nutriment from the yolk, and the yolk
becomes larger, for it becomes more liquid by heating. This is because the
nourishment, being of a material character in its first form, must become
liquid before it can be absorbed, just as it is with plants, and at first
this embryo, whether in an egg or in the mother's uterus, lives the life
of a plant, for it receives its first growth and nourishment by being
attached to something else. The second umbilical cord runs to the
surrounding chorion. For we must understand that, in the case of animals
developed in eggs, the chick has the same relation to the yolk as the
embryo of the vivipara has to the mother so long as it is within the
mother (for since the nourishment of the embryo of the ovipara is not
completed within the mother, the embryo takes part of it away from her).
So also the relation of the chick to the outermost membrane, the
sanguineous one, is like that of the mammalian embryo to the uterus. At
the same time the egg-shell surrounds both the yolk and the membrane
analogous to the uterus, just as if it should be put round both the embryo
itself and the whole of the mother, in the vivipara. This is so because
the embryo must be in the uterus and attached to the mother. Now in the
vivipara the uterus is within the mother, but in the ovipara it is the
other way about, as if one should say that the mother was in the uterus,
for that which comes from the mother, the nutriment, is the yolk. The
reason is that the process of nourishment is not completed within the
mother. As the creature grows the umbilicus running the chorion collapses
first, because it is here that the young is to come out; what is left of
the yolk, and the umbilical cord running to the yolk, collapse later. For
the young must have nourishment as soon as it is hatched; it is not nursed
by the mother and cannot immediately procure its nourishment for itself;
therefore the yolk enters within it along with its umbilicus and the flesh
grows round it. This then is the manner in which animals produced from
perfect eggs are hatched in all those, whether birds or quadrupeds, which
lay the egg with a hard shell. (translated by Arthur Platt - 1910)
[17] Aristotle says yolk. (Lind, 1963) - Infatti Aristotele dice “il giallo”. L'errore è tratto dalla traduzione di Teodoro Gaza* del 1498.
[18] La traduzione di Teodoro Gaza da cui Gessner trae il testo ha circumdat.
[19] Qui Gessner decurta il testo di Aristotele e fa scomparire un vaso sanguigno, quello diretto al sacco del tuorlo. Ecco infatti come si esprime Aristotele in Historia animalium VI,3: Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste. (traduzione di Mario Vegetti) - Ma il colpevole dell'amputazione del testo è Teodoro Gaza alla cui traduzione (1498) corrisponde perfettamente il testo di Gessner.
[20] Historia animalium
VI,3, 561a 6-562a 21: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo
tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più
tempo, in quelli più piccoli meno. In questo periodo il giallo viene
risalendo verso l’estremità appuntita, là dove si trova il principio
dell’uovo e dove esso si schiude, e nel bianco appare il cuore, delle
dimensioni di una chiazza sanguigna. Questo punto palpita e si muove come
se fosse animato, e da esso si dipartono due condotti venosi pieni di
sangue e avvolti a spirale, che si estendono, con l’accrescersi
dell’embrione, verso entrambe le tuniche che lo avvolgono. E una
membrana provvista di fibre sanguigne racchiude ormai in questa fase il
giallo, a partire dai condotti venosi. Poco tempo dopo incomincia a
differenziarsi anche il corpo, all’inizio piccolissimo e bianco. Si
distingue chiaramente la testa, e in essa gli occhi che sono molto
prominenti; questo stato perdura a lungo, perché essi diventano piccoli e
si contraggono molto tardi. Nella zona inferiore del corpo non si
distingue all’inizio chiaramente alcuna parte, se la si confronta con
quella superiore. Dei condotti che si dipartono dal cuore, l’uno porta
alla membrana periferica, l’altro verso il giallo, come se fosse un
cordone ombelicale. Il pulcino deriva dunque il suo principio dal bianco,
l’alimento dal giallo attraverso il cordone ombelicale. Giunto al decimo
giorno il pulcino è ormai tutto quanto visibile in ogni sua parte. Esso
ha ancora la testa più grande del resto del corpo, e gli occhi più
grandi della testa; e tuttora privi della vista. In questo periodo gli
occhi sono prominenti, più grandi di una fava e neri; se si asporta la
pelle, vi si trova all’interno un liquido bianco e freddo, assai
risplendente in piena luce, ma nulla di solido. Tale è dunque la
situazione degli occhi e della testa. In questa fase anche i visceri sono
ormai evidenti, sia la regione dello stomaco sia l’insieme degli
intestini, e le vene che si vedono diramarsi dal cuore giungono ormai
all’altezza dell’ombelico. Dal cordone ombelicale una vena si estende
verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo
momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e
un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è
contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova
fra queste. Via via che il pulcino cresce, poco per volta una parte del
giallo si sposta in alto, un’altra in basso, e in mezzo resta il fluido
bianco; il bianco dell’uovo si trova sotto la parte inferiore del
giallo, come lo era fin dall’inizio. Al decimo giorno il bianco si porta
all’estremità, ed è ormai scarso, viscoso, denso e giallastro. Ogni
parte si trova così disposta nel modo seguente: in primo luogo,
all’estrema periferia presso il guscio c’è la membrana dell’uovo,
non quella del guscio ma quella al di sotto di essa. In questa è
contenuto un fluido bianco, poi il pulcino, e attorno a esso una membrana
che lo isola, affinché non sia immerso nel fluido; sotto il pulcino è
sito il giallo, a cui porta una delle vene menzionate, mentre l’altra va
al bianco circostante. Il tutto è poi avvolto da una membrana che
contiene un liquido sieroso. Poi c’è un’altra membrana, che già
racchiude lo stesso embrione, come s’è detto, isolandolo dal fluido.
Sotto di esso si trova il giallo avvolto in una diversa membrana (quella a
cui porta il cordone ombelicale che si diparte dal cuore e dalla grande
vena), in modo che l’embrione non sia immerso in nessuno dei due fluidi.
Verso il ventesimo giorno, il pulcino ormai pigola muovendosi
all’interno, se lo si tocca dopo aver spezzato il guscio, ed è già
coperto di peluria, quando, dopo i venti giorni, ha luogo lo schiudimento
dell’uovo. La testa è ripiegata sopra la gamba destra all’altezza del
fianco, e l’ala è posta sopra la testa. In questa fase è ben visibile
la membrana simile al corion, cioè quella che viene dopo la membrana più
esterna del guscio e a cui porta uno dei [562a] cordoni ombelicali (e il
pulcino si trova allora avvolto tutt’intero in essa), come pure
l’altra membrana, anch’essa simile al corion, che sta attorno al
giallo e a cui va il secondo cordone; entrambi i cordoni erano connessi al
cuore e alla grande vena. A questo punto il cordone ombelicale che
raggiunge il corion esterno cade e si stacca dall’animale, mentre quello
che porta al giallo è attaccato all’intestino tenue del pulcino:
all’interno di questo si trova ormai molto giallo, che si deposita nel
suo stomaco. In questa fase il pulcino emette inoltre residuo in direzione
del corion esterno, e ne ha nello stomaco: il residuo emesso all’esterno
è bianco, e pure all’interno v’è qualcosa di bianco. Da ultimo il
giallo, che è andato sempre diminuendo, finisce per essere del tutto
consumato e assorbito nel pulcino, tanto che, se si seziona il pulcino
dopo ben dieci giorni dall’uscita dall’uovo, si trova ancora un poco
di giallo rimasto attaccato all’intestino; però è separato dal cordone
ombelicale e non ve n’è più nel tratto intermedio, perché è stato
interamente consumato. Nel periodo di cui s’è detto prima, il pulcino
dorme, ma se viene scosso si sveglia, guarda e pigola; e il cuore pulsa
insieme con il cordone ombelicale come se respirasse. Lo sviluppo degli
uccelli a partire dall’uovo presenta dunque questi caratteri. (traduzione
di Mario Vegetti) - History
of animals book
VI chapter 3 (VI,3, 561a 6-562a 21): Generation from the egg proceeds in
an identical manner with all birds, but the full periods from conception
to birth differ, as has been said. With the common hen after three days
and three nights there is the first indication of the embryo; with larger
birds the interval being longer, with smaller birds shorter. Meanwhile the
yolk comes into being, rising towards the sharp end, where the primal
element of the egg is situated, and where the egg gets hatched; and the
heart appears, like a speck of blood, in the white of the egg. This point
beats and moves as though endowed with life, and from it two vein-ducts
with blood in them trend in a convoluted course (as the egg substance goes
on growing, towards each of the two circumjacent integuments); and a
membrane carrying bloody fibres now envelops the yolk, leading off from
the vein-ducts. A little afterwards the body is differentiated, at first
very small and white. The head is clearly distinguished, and in it the
eyes, swollen out to a great extent. This condition of the eyes lat on for
a good while, as it is only by degrees that they diminish in size and
collapse. At the outset the under portion of the body appears
insignificant in comparison with the upper portion. Of the two ducts that
lead from the heart, the one proceeds towards the circumjacent integument,
and the other, like a navel-string, towards the yolk. The life-element of
the chick is in the white of the egg, and the nutriment comes through the
navel-string out of the yolk. When the egg is now ten days old the chick
and all its parts are distinctly visible. The head is still larger than
the rest of its body, and the eyes larger than the head, but still devoid
of vision. The eyes, if removed about this time, are found to be larger
than beans, and black; if the cuticle be peeled off them there is a white
and cold liquid inside, quite glittering in the sunlight, but there is no
hard substance whatsoever. Such is the condition of the head and eyes. At
this time also the larger internal organs are visible, as also the stomach
and the arrangement of the viscera; and veins that seem to proceed from
the heart are now close to the navel. From the navel there stretch a pair
of veins; one towards the membrane that envelops the yolk (and, by the
way, the yolk is now liquid, or more so than is normal), and the other
towards that membrane which envelops collectively the membrane wherein the
chick lies, the membrane of the yolk, and the intervening liquid. (For, as
the chick grows, little by little one part of the yolk goes upward, and
another part downward, and the white liquid is between them; and the white
of the egg is underneath the lower part of the yolk, as it was at the
outset.) On the tenth day the white is at the extreme outer surface,
reduced in amount, glutinous, firm in substance, and sallow in colour. The
disposition of the several constituent parts is as follows. First and
outermost comes the membrane of the egg, not that of the shell, but
underneath it. Inside this membrane is a white liquid; then comes the
chick, and a membrane round about it, separating it off so as to keep the
chick free from the liquid; next after the chick comes the yolk, into
which one of the two veins was described as leading, the other one leading
into the enveloping white substance. (A membrane with a liquid resembling
serum envelops the entire structure. Then comes another membrane right
round the embryo, as has been described, separating it off against the
liquid. Underneath this comes the yolk, enveloped in another membrane (into
which yolk proceeds the navel-string that leads from the heart and the big
vein), so as to keep the embryo free of both liquids.) About the twentieth
day, if you open the egg and touch the chick, it moves inside and chirps;
and it is already coming to be covered with down, when, after the
twentieth day is ast, the chick begins to break the shell. The head is
situated over the right leg close to the flank, and the wing is placed
over the head; and about this time is plain to be seen the membrane
resembling an after-birth that comes next after the outermost membrane of
the shell, into which membrane the one of the navel-strings was described
as leading (and, by the way, the chick in its entirety is now within it),
and so also is the other membrane resembling an after-birth, namely that
surrounding the yolk, into which the second navel-string was described as
leading; and both of them were described as being connected with the heart
and the big vein. At this conjuncture the navel-string that leads to the
outer afterbirth collapses and becomes detached from the chick, and the
membrane that leads into the yolk is fastened on to the thin gut of the
creature, and by this time a considerable amount of the yolk is inside the
chick and a yellow sediment is in its stomach. About this time it
discharges residuum in the direction of the outer after-birth, and has
residuum inside its stomach; and the outer residuum is white (and there
comes a white substance inside). By and by the yolk, diminishing gradually
in size, at length becomes entirely used up and comprehended within the
chick (so that, ten days after hatching, if you cut open the chick, a
small remnant of the yolk is still left in connexion with the gut), but it
is detached from the navel, and there is nothing in the interval between,
but it has been used up entirely. During the period above referred to the
chick sleeps, wakes up, makes a move and looks up and Chirps; and the
heart and the navel together palpitate as though the creature were
respiring. So much as to generation from the egg in the case of birds. (translated
by D'Arcy Wentworth Thompson - 1910)
[21] Naturalis historia X: [148] Omnibus ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta ea salit palpitatque. Ipsum animal ex albo liquore ovi corporatur. Cibus eius in luteo est. Omnibus intus caput maius toto corpore, oculi conpressi capite maiores. Increscente pullo candor in medium vertitur, luteum circumfunditur. [149] Vicensimo die si moveatur ovum, iam viventis intra putamen vox auditur. Ab eodem tempore plumescit, ita positus, ut caput supra dextrum pedem habeat, dextram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur, contra quam reliqua animalia. - Non ho mai visto nascere un uccello che non sia un pulcino di gallina, ma posso assicurare che il pulcino becca il guscio e ne fuoriesce con la testa e non con le zampe. Quando con l'approssimarsi della notte faccio l'ostetrico per evitare un aborto notturno, al pulcino lascio sempre il guscio che avvolge la metà inferiore del corpo per evitare, oltretutto, mortali emorragie. L'affermazione di Plinio che tutti gli uccelli nascono di podice di mi sembra alquanto strampalata. Sì, può accadere che un pulcino di gallina nasca di podice. L'ho osservato il 27 aprile 2007. Ma la causa è molto semplice: se quella parte del guscio che si trova all'estremità cefalica del pulcino vi rimane adesa per colpa delle membrane testacee che vi si sono incollate, allora il pulcino, se non vuole morire soffocato, si mette a scalciare e allontana la parte podalica del guscio in modo da potersi muovere, sganciarsi dal casco e respirare liberamente.
[22] De generatione animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. (traduzione di Diego Lanza)
[23] Aristotele De generatione animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. (traduzione di Diego Lanza)
[24] Historia animalium VI,2 559a: L’uovo presenta una differenza, perché da una parte è appuntito, dall’altra più largo, ed esce presentandosi con la parte larga. Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l’estremità circolare, danno maschi. - Questa opinione, scarsamente fondata, fu rîfiutata da Plinio, X,74 ma condivisa da Avicenna e da Alberto Magno (che scrive: «hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione»): cfr. AW ad loc. (traduzione e nota di Mario Vegetti)
[25] De generatione animalium III,2 752a-752b. Nelle uova è distinto il principio del maschio col quale l’uovo aderisce all’utero; l’uovo a due colori diventa dunque asimmetrico e non completamente arrotondato, ma più appuntito da una parte perché il bianco in cui sta il principio deve essere differenziato. Perciò da questa parte l’uovo è più duro che in basso, perché deve avvolgere e proteggere il principio. Per questa ragione la punta dell’uovo esce per ultima: esce per ultima la parte che aderisce, l’uovo aderisce con la parte dove sta il principio e il principio sta nella parte appuntita. Lo stesso è nei semi delle piante, perché il principio del seme è attaccato in alcuni casi al ramo, in altri al guscio, in altri ancora al pericarpo. Questo è chiaro nel caso dei legumi: è attaccato dove è saldata la doppia valva delle fave e di altri semi siffatti, e lì è il principio del seme. Sull’accrescimento delle uova ci si può chiedere in che modo esso avviene dall’utero. Se infatti gli animali si procurano l’alimento per mezzo del cordone ombelicale, le uova per mezzo di che cosa se lo procurano, dal momento che esse non conseguono l’accrescimento da sé stesse, come le larve? Se vi è qualcosa che permette l’adesione, in che cosa si trasforma, una volta compiuto l’uovo? Non esce insieme con l’uovo, come il cordone ombelicale insieme con l’animale, perché quando l’uovo è compiuto si forma tutt’attorno il guscio. Orbene, quanto è stato detto è correttamente fatto oggetto di una ricerca. Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. [752b] Una parte di questa membrana dapprima assomiglia, nella parte appuntita, a un cordone ombelicale e sporge quando l’uovo è ancora piccolo a guisa di una canna di zampogna. Ciò risulta chiaramente nell’espulsione delle uova piccole: se l’uccello o per essersi bagnato o perché raffreddato per qualche altra ragione espelle il prodotto del concepimento, questo risulta ancora sanguinolento e attraversato da una piccola appendice simile a un cordone ombelicale. Questa, quando l’uovo si ingrandisce, si tende maggiormente e si rimpicciolisce, finché al termine, quando l’uovo è compiuto, costituisce la parte appuntita dell’uovo. Sotto di questo c’è la membrana interna che separa da questo il bianco e il giallo. Compiutosi però l’uovo si libera tutto intero e logicamente il cordone ombelicale non appare più, perché è la punta della stessa estremità dell’uovo. L’uscita delle uova avviene al contrario di quella degli animali partoriti vivi: per questi avviene per la testa e il principio, mentre l’uscita dell’uovo è come fosse per i piedi. Ma la causa di questo fatto è ciò che si è detto, che cioè esso aderisce per il principio. (traduzione di Diego Lanza)
[26] Naturalis historia X,145: Avium ova ex calore fragilia, serpentium ex frigore lenta, piscium ex liquore mollia. Aquatilium rotunda, reliqua fere fastigio cacuminata. Exeunt a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente quibuscumque emergunt portionibus. Quae oblonga sint ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine.
[27] De generatione animalium III,1 751b: Negli animali di natura più calda dunque la parte dalla quale ha origine il principio e quella da cui si trae l’alimento sono distinte e separate: l’una è il bianco, l’altra è il giallo, ed è sempre più abbondante la parte bianca e pura di quella gialla e terrosa. Invece negli animali meno caldi e più umidi il giallo è più abbondante e più fluido. Ciò accade anche negli uccelli palustri: essi sono effettivamente più umidi e più freddi per natura degli uccelli terrestri, così che anche le loro uova contengono in abbondanza il cosiddetto tuorlo che è meno giallo per la minore separazione dal bianco. (traduzione di Diego Lanza)
[28] Historia animalium VI,2, 560a 28-29: Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono due, una in basso e una in alto. (traduzione di Mario Vegetti) - Il testo greco ha κάτωθεν e ἄνωθεν. In questo punto Aristotele non è chiaro. Gli avverbi basso e alto vanno riferiti a un uovo tenuto in mano con la punta verso l'alto, oppure appoggiato sulla parte ottusa dopo avergli magari dato un colpetto alla Cristoforo Colombo. In questo modo una calaza, la più grande, si trova in alto, la più piccola in basso. Il che viene a smentire la successiva contorta interpretazione di Agostino Nifo che si riabilita solo alla fine quando afferma: Est pars superior cacumen. Inferior vero pars rotunda huic opposita est. - Il sostantivo femminile χάλαζα significa grandine; per analogia morfologica significa anche nodulo, piccola cisti, orzaiolo. Il sostantivo neutro χαλάζιον è diminutivo di χάλαζα e significa piccola cisti. Infatti il calazio umano è una neoformazione cistica di carattere benigno che si localizza nello spessore di una palpebra e che si forma in conseguenza dell'ipertrofia e degenerazione epiteliale delle ghiandole di Meibomio. Meibomius, in tedesco Heinrich Meibom, fu un medico ed erudito tedesco (Lubecca 1638 - Helmstedt 1700). Filologo e umanista, è noto soprattutto per la scoperta delle ghiandole sebacee situate nelle palpebre, tra il tarso palpebrale e la congiuntiva, e che da lui hanno preso il nome.
[29] Agostino Nifo Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pagina 159. La traduzione viene fatta in base ai nostri dati biologici e non secondo il testo di Nifo citato correttamente da Gessner. Le calaze si dipartono da ciascun polo della cellula uovo e sono dirette secondo l’asse maggiore del guscio. Si tratta di strutture cordoniformi avvolte su se stesse. Verso il polo ottuso si dirige una sola calaza, mentre dall'altro lato ne esistono due tra loro intimamente ritorte. La calaza di maggiori dimensioni è quella del polo acuto. A mio avviso Agostino Nifo ha messo in atto una gran confusione, visto oltretutto che controsole è senz'altro più agevole osservare la calaza più grande, quella del polo acuto, dove il percorso luminoso è molto meno contrastato rispetto a quanto accade nel polo ottuso, dove il materiale che i raggi luminosi debbono attraversare è molto più abbondante. - Agostino Nifo è colui che abbiamo già incontrato a pagina 380* e che sempre in Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pagina 157 enuncia una bufala enorme: Adrianae graece ἀδριανικαὶ, fortasse ab Adriano Imperatore observatae:[...].
[30] Il sostantivo greco maschile ὑμήν ὑμένος significa pellicola, membrana.
[31] Naturalis historia X, 167: Ova aceto macerata in tantum emolliuntur, ut per anulos transeant.
[32] Naturalis historia XXIX,46: Membrana putamini detracta sive crudo sive cocto labrorum fissuris medetur, putaminis cinis in vino potus sanguinis eruptionibus. Comburi sine membrana oportet. Sic fit et dentifricium. Idem cinis et mulierum menses cum murra inlitus sistit. Firmitas putaminum tanta est, ut recta nec vi nec pondere ullo frangantur nec nisi paululum inflexa rotunditate.
[33] Historia animalium VI,2 560a: Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no, anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene condensato e disseccato più dalla bollitura che dal fuoco vivo. Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. (traduzione di Mario Vegetti)
[34] De generatione animalium III,2, 753a 35-753b 14: Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente (la causa è stata spiegata prima), mentre sottoposto al calore diventa solido, perciò soggetto alla cozione della riproduzione animale si ispessisce. Da esso prende consistenza l’animale, mentre il giallo diventa alimento e da esso provengono i mezzi per l’accrescimento delle parti che si continuano a formare. Per questo il bianco e il giallo sono tenuti distinti da membrane, in quanto hanno diversa natura. (traduzione di Diego Lanza)
[35] Historia animalium VI,2, 560a: A proposito del giallo e del bianco, avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili in un recipiente, se li si fa cuocere lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo, e il bianco lo avvolge tutto intorno. (traduzione di Mario Vegetti)
[36] Naturalis historia XXIX,51: Et, ne quid desit ovorum gratiae, candidum ex iis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta; vis vero tanta est, ut lignum perfusum ovo non ardeat ac ne vestis quidem contacta aduratur.
[37] Historia animalium VI,2, 559a 28-30: τὰ δὲ στρογγύλα καὶ περιφέρειαν ἔχοντα κατὰ τὸ ὀξὺ ἄρρενα. (Roberto Ricciardi, 2005) Lo stesso testo viene riportato anche da Giulio Cesare Scaligero* nella sua traduzione e commento alla Historia animalium (1619). - Anche Lanza e Vegetti hanno optato per la seguente versione del testo aristotelico, un testo che, stando ad Aldrovandi (pag. 224*), denoterebbe un'errata trascrizione: "Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l'estremità circolare, danno maschi.". I due studiosi affermano pure che secondo le vedute più recenti la Naturalis historia di Plinio dipende da una epitome ellenistica, cioè da un compendio della Historia animalium. In questo caso potrebbe sorgere il dubbio che l'equivoco dipenda da un errore dell'epitome e che Alberto vi abbia posto rimedio. Infatti Plinio la pensava in modo antitetico ad Aristotele: "Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem." (Naturalis historia X,145). Columella concordava con Plinio: "Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam rotundissima." (De re rustica, VIII,5,11). Più tardi Avicenna dissentì sia da Plinio che da Columella, e lo stesso fece Alberto tanto da affermare: "Hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione." Insomma, è questione di mettersi d'accordo su come la pensasse effettivamente Aristotele, anche se alla fin dei conti sembra un problema di lana caprina. Aldrovandi vuole seguire una certa versione del testo aristotelico, successivamente andata corrotta, e così Aristotele, Plinio e Columella, nonché Orazio, si trovano a dar ragione non solo ad Aldrovandi, ma anche alle donne di campagna che hanno pratica di chiocce e di uova da incubare.
[38] Sermones - o Satirae - II,4,12-14: Longa quibus facies ovis erit, illa memento,|ut suci melioris et ut magis alba rotundis,|ponere: namque marem cohibent callosa vitellum.
[39]
De re rustica,
VIII,5,11: Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima
quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam
rotundissima.
[40] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)
[41] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)
[42] Filippo Capponi in Ornithologia latina (1979) riporta il seguente testo greco tratto dalla Historia animalium VI,3 562a e sgg.: Tà mèn oûn álla gónima, (plën óti tò meízon tò d’élatton ghínetai tøn didýmøn), tò dè teleutaîon teratødes.
[43] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)
[44] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)
[45] Pagina 475 del De subtilitate libri XXI - liber xii De Hominis natura et temperamento (Lugduni, apud Stephanum Michaelem, 1580): "... nam alae & crura ex luteo fiunt. Indicio est, quod pulli qui ex ovo cuius lutea duo sunt absque sepiente membrana, capite uno sed quatuor alis et totidem pedibus nascuntur, arbitranturque prodigium, quale olim Mediolani contigit."
[46] De generatione animalium IV,4 770a 6-23: Ma in generale si deve piuttosto pensare che la causa stia nella materia e negli embrioni quando si costituiscono. Perciò siffatte anomalie si producono assai raramente negli unipari, e più nei multipari e soprattutto negli uccelli, e tra gli uccelli nei polli. Questi non sono solo multipari perché depongono spesso uova, come il genere dei colombi, ma perché portano contemporaneamente molti prodotti del concepimento, e si accoppiano in ogni stagione. Perciò producono molti gemelli: i prodotti del concepimento grazie alla reciproca vicinanza si formano insieme, come molti frutti fanno talvolta. In tutti quelli che hanno i tuorli definiti dalla membrana nascono due piccoli separati senza alcuna superfetazione, mentre in quelli che hanno i tuorli contigui e senza alcuna interruzione i piccoli nascono anomali con un corpo e una testa, ma quattro gambe e quattro ali, perché le parti superiori dell’animale si formano prima e dal bianco, essendo controllato il loro alimento proveniente dal tuorlo, mentre la parte inferiore si forma dopo e l’alimento è unico e indistinto. (traduzione di Diego Lanza)
[47] Teodoro Gaza* - e stavolta anche Aldrovandi a pagina 220* - hanno indiscretusque.
[48] Gessner doveva trovarsi
in un momento di strana disattenzione: infatti non si trattava
affatto di una gallina che aveva le uova sotto il setto trasverso
come le hanno le femmine, bensì di un gallo!!! Penso che
riusciremo a salvare sia Gessner che Aristotele dall'accusa di essere dei
superficiali, quindi dei naturalisti da strapazzo. Questa gallina
proviene da Teodoro Gaza (Aristotelis libri de animalibus, 1498) e
questa gallina non viene corretta da Gessner con un logico gallus,
nonostante abbia corretto un intraducibile suscepto di Gaza con un
corretto sub septo. Non
si può escludere che Gaza avesse come fonte lo stesso testo greco usato
da Giulio Cesare Scaligero per il suo Aristotelis historia de
animalibus (1619). Infatti anche Scaligero ha gallina, e il suo
testo greco è inequivocabile per gallina, detta alektorís:
Τοιαῦτα
καὶ ἐν
ἀλεκτορίδι
διαιρουμένῃ
ὑπὸ τὸ
ὑπόζωμα,
οὗπερ αἱ
θήλειαι
ἔχουσι τὰ ὠὰ.
§ Mario Vegetti così traduce questo passo di
Aristotele: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un
certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo
sarà più tardi il vitello), anche in un gallo sezionato sotto il
diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono
interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in
conto di mostruosità. (1971)
- D'Arcy Wentworth Thompson traduce così: Cases
have occurred where substances resembling the egg at a critical point of
its growth - that is, when it is yellow all over, as the yolk is
subsequently - have been found in the cock when cut open, underneath his
midriff, just where the hen has her eggs; and these are entirely yellow in
appearance and of the same size as ordinary eggs. Such phenomena are
regarded as unnatural and portentous. (1910) § Si può presumere che sia Vegetti che D'Arcy Thompson
si siano basati sulla versione greca del classicista e naturalista tedesco
Johann Gottlob Schneider (1750-1822) che nel 1811 pubblicava a Lipsia la
sua revisione dell'Historia animalium di Aristotele. Qui non
troviamo la gallina, bensì il gallo (alektryøn al maschile - al
femminile sarebbe la gallina), che al dativo suona alektryóni
accompagnato dal maschile diairouménøi: Τοιαῦτα
καὶ ἐν
ἀλεκτρυόνι
διαιρουμένῳ
ὑπὸ τὸ
ὑπόζωμα,
οὗπερ αἱ
θήλεια<ι> ἔχουσι τὰ
ὠὰ. - Anche i tipografi tedeschi commettevano errori:
θήλεια invece di
θήλειαι. § Peccato non poter
resuscitare Aristotele! A mio avviso è nel giusto Schneider, in quanto mi
sembra una ridondanza superflua - molto cara agli antichi - parlare di un
gallina sezionata sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova. È
scontato che una gallina è una femmina!
[49] Historia animalium VI,2 559b 16-20: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello [Neottòs, che significa propriamente «pulcino», vale qui, secondo Schneider, III, 407, seguito da tutti i tradd., «vitello», cioè tuorlo]), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità. (traduzione e nota di Mario Vegetti) - Augures è un'aggiunta di Teodoro Gaza che è la fonte di Gessner. Infatti il testo greco di Giulio Cesare Scaligero corrisponde a quello di Mario Vegetti (Vengono tenute in conto di mostruosità) ed è il seguente: ὃ ἐν τέρατος λόγῳ τιθέασιν. Scaligero lo traduce così: [...] quae in prodigii loco deputare consuevere.
[50] Trilekitha è parola non attestata. Comunque λέκιθος è il rosso dell’uovo in Ippocrate (Mul. II 205) e in Aristotele, per esempio in Historia animalium VI,3 562a 29. Lo stesso dicasi per dilecitha.
[51] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - Anche se Gessner non lo dice, la trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. - I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite*, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro.
[52] Historia animalium VI,2 559a: L’uovo di tutti gli uccelli ha sempre un guscio duro — se risulta da una fecondazione e non è guasto, perché certe galline depongono uova molli — ed è bicolore, risultando bianco alla periferia, giallo all’interno.
[53] In Scholia in Nicandri Alexipharmaca 279b (M. Geymonat, Milano 1974) ixía significherebbe cardo, mentre in Teofrasto* significa vischio. Dal momento che nei tempi antichi il vischio veniva usato come antidoto per svariati veleni - alexiphármakon significa appunto contravveleno - si opta per il latinizzato ixia = vischio.
[54] L'edizione delle opere di Nicandro è una grande bagarre. Per esempio il codice Parisiensis riporta δαμναμένη, δύσποτμον, γαίη; il Gottingensis riporta ὑπέκγονον, altri codici hanno μαρναμένη e δύσπεπτον (come Gessner) e ὑπὲκ γόνον. Però è assai verosimile che Gessner avesse a disposizione la stessa versione greca tradotta poi da Jean de Gorris (1505-1577), in quanto i due versi sono uno di seguito all'altro invece di essere separati da un altro verso. Così suonano nella traduzione latina di Gorris: Et pugnans crebris contuso corpore plagis | Abijcit, informe et crudum sine tegmine semen. (Parigi, 1557)
[55]
Gressilia
= pedestria animalia = πεζά
ζῷα =
animali che procedono a piedi. Nel suo Lexicon
graecolatinum (1537) Gessner dà la seguente definizione di πεζός:
pedes, pedibus iter faciens, pedestris. Quindi non
vi compare assolutamente gressilis. Forse nel Medioevo era un
termine discretamente in voga. Eccone degli esempi. Alberto Magno (De
animalibus liber VI tractatus 3 caput I) usa l'aggettivo gressibilis:
De generatione gressibilium. Due citazioni tratte dal Du Cange: Engelberto
di Admont (1250-1331) De longaevitate caput VII, gressibilis = qui
graditur - Medicina Salernitana (1622, pag. 179) gressilis = quadrupes qui
graditur (si ad genus gressilium conferatur). - Non
sappiamo da quale traduzione di Galeno Gessner abbia tratto l'arcaismo gressilia,
chiaramente derivato da gressio = passo, andatura, a sua volta
derivato dal verbo gradior che significa camminare. Sta di fatto
che Nicolaus
Rheginus (1528) traduceva πεζά
ζῷα di
Galeno con pedestria
animalia. Ma sta pure di fatto che la ricostruzione di questa sequenza
- al fine di interpretare correttamente il gessneriano gressilia -
è stata resa possibile dai soldi dei cittadini Francesi, i quali pagano sì
le tasse come gli Italiani, ma una parte di questo denaro va chiaramente a
profitto della cultura, e in questo caso della cultura globalizzata, in
quanto nel giro di poche ore, senza muovermi di casa e senza inquinare
l'atmosfera per spostarmi in auto per chissà quale destinazione, grazie a
Gallica e a BIUM (Bibliothèque interuniversitaire de Médecine,
Paris) ho avuto tra le mani i testi di cui ora vi faccio partecipi. In
Italia le cose stanno in tutt'altra maniera!
Claudii
Galeni pergameni, secundum Hippocratem medicorum facile principis opus de
usu partium corporis humani, Nicolao Regio Calabro interprete,
Parisiis, ex officina Simonis Colinaei, 1528 - Liber XIV, pagina 412: Est
autem hoc & in gallinis manifestum. Concipiunt enim hae ova, (quae
vocantur ὑπηνέμια,
hoc
est subventanea) absque masculi communicatione. Quibus ovis quod quidem
deest aliquid ad perfectionem, ostenditur ex eo, quod non potest ex ipsis
animal generari. Quod tamen formam universam habent etiam haec, qualem
& alia ova, evidenter apparet. Sola enim quae a masculo inditur
caliditas, deest eis ad perfectionem. Sed hoc quidem in pedestribus
animalibus impossibile est existere.
Galeni de Usu partium libri XVII. Ad codicum fidem recensuit Georgius Helmreich... Vol. II - Lipsiae: in aedibus B. G. Teubneri, 1909 - ΠΕΡΙ ΧΡΕΙΑΣ ΜΟΡΙΩΝ XIV,7 - pagina 303, 167,10: ἔστι δὲ δὴ τοῦτο κἀπὶ τῶν ἀλεκτορίδων εὔδηλον. κυΐσκονται γὰρ αὗται τὰ ὑπηνέμια καλούμενα τῶν ᾠῶν· ἄνευ τῆς πρὸς τοὺς ἄρρενας ὁμιλίας, οἷς ὅτι μὲν ἐνδεῖ τι πρὸς τὸ τέλον, ἐκ τοῦ μὴ δύνασθαι ζῷον ἐξ αὐτῶν γεννηθῆναι δηλοῦται. τὴν δ’οὖν ἰδέαν ὅτι σύμπασαν ἔχει καὶ ταῦθ', οἵανπερ καὶ τὰ λοιπὰ τῶν ᾠῶν, ἐναργῶς φαίνεται· μόνη γὰρ ἡ παρὰ τοῦ ἄρσενος αὐτοῖς ἐνδεῖ θερμότης εἰς τελειότητα. ἀλλὰ τοῦτό γε τοῖς πεζοῖς ζῴοις ἀδύνατον ὑπάρξαι.
[56] L'aggettivo greco ὑπηνέμιος è composto da ὑπό = sotto e ἄνεμος = vento.
[57] Secondo l’edizione del De re rustica della UTET, la frase completa di Varrone contenuta in II,1 è la seguente: In fetura res incredibilis est in Hispania, sed est vera, quod in Lusitania ad oceanum in ea regione, ubi est oppidum Olisipo, monte Tagro quaedam e vento concipiunt certo tempore equae, ut hic gallinae quoque solent, quarum ova hypenemia appellant.
[58] Historia animalium VI,2 559b 5-9: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. (traduzione di Mario Vegetti) - De generatione animalium III,1 749a 34-749b 7: Negli uccelli si formano anche prodotti spontanei, che sono chiamati da alcuni «ventosi» e «di zefiro». Essi si hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. (traduzione di Diego Lanza)
[59] De generatione animalium II,3 737a: Per questo in tutti gli animali che hanno uova sterili, l’uovo che si forma ha le parti di entrambi, ma gli manca il principio, e quindi non si anima, perché l’anima è portata dal seme maschile. Tutte le volte dunque che il residuo femminile si appropria di siffatto principio diventa prodotto del concepimento. (traduzione di Diego Lanza)
[60] Qui Gessner si dedica a una miscela di due passi non troppo vicini tra loro - dei quali il secondo è posto davanti al primo - tratti non dal libro II, bensì dal libro III di De generatione animalium. La traduzione di Teodoro Gaza* rappresenta la fonte di Gessner. Ebbene, in Gaza i brani ora citati da Gessner si trovano appunto nel libro III, capitolo 1. Ecco i due brani, dei quali il primo è posposto. III,1 749b: Essi si hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. Dal momento che anche la natura delle piume e quella del seme provengono da un’eccedenza, la natura non può contribuire cospicuamente a entrambi. Per questa stessa causa gli uccelli con unghie ricurve non si montano frequentemente, né sono prolifici, mentre lo sono quelli pesanti e, di quanti volano, quelli che hanno un corpo massiccio, come il colombo e gli altri siffatti. - III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. Inoltre le pernici femmine, condotte alla caccia, avendo odorato il maschio e avendo udito la sua voce, quelle non ancora montate si impregnano, quelle montate depongono immediatamente le uova. La causa di questo fenomeno è la stessa di quella che agisce sugli uomini e sui quadrupedi: quando il corpo si trova inturgidito in vista del coito o per qualche cosa che si vede o per un piccolo toccamento emette lo sperma. Ora siffatto tipo di uccelli è per natura propenso al coito e ricco di sperma. Tanto che occorre solo un piccolo impulso quando si trovano in stato di turgore e immediatamente si produce in essi il processo escretivo. Di conseguenza in quelli non montati si formano uova sterili, in quelli montati le uova crescono e giungono rapidamente a compimento. Tra gli animali che sono esternamente ovipari gli uccelli emettono le uova compiute, i pesci incompiute, e che conseguono il loro accrescimento esternamente, come anche si è già detto. Ne è causa il fatto che il genere dei pesci è prolifico; è quindi impossibile che molte uova conseguano internamente la loro compiutezza, per questo sono deposte esternamente. L’emissione è rapida perché l’utero dei pesci esternamente ovipari si trova in corrispondenza dei genitali. (traduzione di Diego Lanza)
[61] Non dispongo del testo greco, ma emendare ut con nec oltre che dal buon senso (infatti pernici e fasianidi non sono predatori dalle unghie ricurve) è dettato anche dalla traduzione di Diego Lanza, e, se non bastasse, da quella di Arthur Platt (1910): Some embryos are formed in birds spontaneously, which are called wind-eggs and 'zephyria' by some; these occur in birds which are not given to flight nor rapine but which produce many young, for these birds have much residual matter, whereas in the birds of prey all such secretion is diverted to the wings and wing-feathers, while the body is small and dry and hot. - La bagarre si intensifica se prendiamo il testo di Teodoro Gaza: ...quae non volaces sunt: aut uncae sed multipar<a>e: quoniam excremento ipsae [...].
[62] De generatione animalium III,1 750a 3-7; b 3-21 (passim): Le uova sterili si formano, si è anche già detto, perché nella femmina è presente la materia seminale, ma negli uccelli non si produce la secrezione mestruale come nei sanguigni vivipari.[...] Gli uccelli che volano non hanno uova sterili per la stessa causa per la quale non sono neppure multipari: il residuo degli uccelli dalle unghie ricurve è scarso ed essi necessitano del maschio che ecciti l’escrezione del residuo. Le uova sterili si producono più abbondantemente di quelle feconde e sono più piccole di dimensione per una sola e identica causa: poiché sono incompiute sono di dimensione più piccola, e poiché sono di dimensione più piccola sono in maggior numero. Sono anche meno dolci perché sono meno cotte, e in tutte le cose ciò che è cotto è più dolce. Si è dunque osservato a sufficienza che né le uova degli uccelli né quelle dei pesci giungono a compimento agli effetti della riproduzione senza i maschi, ma sul formarsi anche nei pesci di prodotti senza i maschi non si è ugualmente certi; si è visto che questo accade soprattutto per i pesci di fiume: alcuni infatti risultano avere uova direttamente, come si è scritto di loro nelle Ricerche. (traduzione di Diego Lanza)
[63] De generatione animalium III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. (traduzione di Diego Lanza)
[64] Historia animalium VI,2 559b: Coloro che affermano che le uova sterili sono residui delle uova precedentemente prodotte in seguito a copulazione, non dicono il vero: vi sono ormai sufficienti osservazioni relative a giovani galline e oche che hanno deposto uova sterili senza essersi mai accoppiate. La uova sterili sono più piccole, meno gradevoli e più liquide di quelle fecondate, ma vengono prodotte in maggior quantità. Anche se le si pone sotto la femmina, il liquido non si condensa affatto, e sia il giallo sia il bianco rimangono immutati. Molti uccelli depongono uova sterili, ad esempio la gallina, la pernice, la colomba, il pavone, l’oca, il germano reale. (traduzione di Mario Vegetti) - De generatione animalium III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. (traduzione di Diego Lanza)
[65] Naturalis historia X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.
[66] Filippo Capponi in Ornithologia Latina (1979) giustamente propende a identificare il chenalopex con la volpoca (Tadorna tadorna) anziché - come comunemente si crede - con l'oca egiziana (Alopochen aegyptiacus, in passato detto anche Chenalopex aegyptiacus).
[67] Historia animalium VI,2 560a: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. Le uova sterili diventano feconde, e quelle che già risultano da una copulazione mutano dall’uno all’altro genere, se prima che il giallo si sia trasformato in bianco, la femmina che porta le uova sterili oppure quelle concepite per fecondazione riceve il coito di un altro uccello: allora le uova sterili diventano feconde, e quelle feconde preesistenti assumono il genere dell’uccello che ha effettuato il coito per ultimo. Se però la trasformazione nel bianco ha già avuto luogo, non avviene alcun mutamento: né le uova sterili diventano feconde, né quelle concepite per fecondazione assumono il genere del maschio che ha montato per ultimo. E se la copulazione è interrotta quando le uova sono piccole, quelle che già esistono non si accrescono più; ma se la copulazione riprende, le loro dimensioni aumentano rapidamente. (traduzione di Mario Vegetti)
[68] De generatione animalium I,20 729a: Col che è anche chiaro che il liquido seminale non proviene da tutto il corpo: né potrebbero secernersi dalla stessa parte già separati, né, affluiti insieme nell’utero, lì separarsi; ma accade ciò che peraltro è logico: poiché il maschio apporta la forma e il principio del mutamento, e la femmina il corpo e la materia, come nella cagliatura del latte il corpo è dato dal latte, mentre il succo di fico o il siero sono l’elemento che possiede il principio costitutivo, così è anche di ciò che, provenendo dal maschio, si suddivide nella femmina. (traduzione di Diego Lanza)
[69] Naturalis historia X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.
[70] Historia animalium VI,2, 560a 5-9: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. (traduzione di Mario Vegetti)
[71] Testiculus è diminutivo di testis. In latino il testicolo è detto testis, nel senso di testimone. Questo singolare accostamento presente anche nel francese témoin - les deux témoins (Dictionnaire étymologique du Français di Jacqueline Picoche, 1992) - deriva dal diffuso animismo che spiega i nomi di molte parti del corpo: i testicoli sarebbero i testimoni dell’atto sessuale, della virilità. In questo caso Alberto potrebbe essere tacciato di maschilismo bell'e buono oppure di un femminismo esasperato. Ma se assumiamo che anche questo suo strano ovaio esposto all'aria è testimone dell'atto sessuale della femmina, allora Alberto viene scagionato.
[72] Alberto doveva avere ben chiaro solamente da dove spirò il vento che rese gravida la Madonna. Infatti Zefiro in greco suona Zéphyros, a quanto pare derivato da zóphos = zona delle tenebre, occidente. Invece per tutti noi Austro o Noto spira indiscutibilmente da sud. Se non bastasse, Zefiro di norma è primaverile, non autunnale. Vatti a fidare dei santi! Ma siamo nel favoloso, per cui queste accozzaglie impreziosiscono ancor più il mito.
[73]
De animalibus VI, tract. 1,
cap. 2 §12 (vol. I pag. 445 Stadler): Dicuntur ova venti, eo quod calor
ipsa resolvere quidem potest in ventum, sed non formare in pullum: haec
tamen ova coagulabilia sunt <h>epsesi et optesi, sed non formabilia
proprio formante destituta, quae est sicut permixtio spermatis feminae cum
sanguine menstruo in ceteris animalibus, ex qua materia nihil omnino
generatur.
[74]
Il verbo ἕψω
significa far cuocere o far bollire. Il verbo ὀπτάω
significa arrostire. - Aristotele Historia animalium VI,2 560a-b:
Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il
colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato
dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a
liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no,
anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene
condensato e disseccato più dalla bollitura [ἑψόμενον]
che dal fuoco
vivo. Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da
una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non
contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono
due, una in basso e una in alto. A proposito del giallo e del bianco,
avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili
in un recipiente, se li si fa cuocere [ἕψῃ]
lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo,
e il bianco lo avvolge tutto intorno. (traduzione di Mario Vegetti) -
Premesso che Alberto si serviva del testo di Aristotele tradotto
dall'arabo in latino da Michele Scoto* (ca. 1215), visto che nel testo
greco di Aristotele non compaiono forme come ἑψήσῃ
e ὀπτήσῃ,
ma compare solo ἕψῃ
(congiuntivo presente), secondo Roberto Ricciardi si
può ipotizzare quanto segue:
1) che esistesse nel codice di Aristotele utilizzato dal traduttore arabo
la variante ἑψήσῃ
(congiuntivo aoristo)
2) che questa forma fosse glossata nell'interlinea o sul margine con
ὀπτήσῃ
('cuoccia' glossato con 'arrostisca')
3) che il traduttore arabo abbia inserito anche la glossa nel testo, ma
non abbia tradotto i due termini e li abbia semplicemente traslitterati
4) che Michele Scoto abbia sì tradotto il testo arabo in latino, ma, come
in altri casi, non comprendendo il senso delle traslitterazioni arabe,
abbia traslitterato a sua volta il testo arabo in caratteri latini -
omettendo la h di epsesi, diversamente da Gessner - senza
però comprendere il significato delle due parole come di origine greca.
[75] Alberto De animalibus I,81: Ego tamen iam vidi ovum gallinae, quod habuit duas testas, unam intra aliam, et in medio duarum testarum habuit albuginem, et intra interiorem etiam non fuit nisi albugo, et fuit ovum parvum, totum rotundum ad modum sperae. Sed hoc erat unum de naturae peccatis et monstris.
[76] E dagli coi testicoli! Inoltre Alberto, forse per verecondia, non aveva mai visto che la gallina non solo ha l'ovaio là dove i galli hanno i testicoli, ma che di ovaio prospero ce n'è uno solo.
[77] Probabilmente Gessner pensa che qualcuno abbia scritto nova invece di vana e ne propone l'emendamento.
[78] Symposiakà o Quaestiones conviviales VIII,3 718a. - Si tratta di due versi di Sofocle*, frammento 433N. - Gessner leggeva πλήθουσι καὶ ἀνέμων, le edizioni moderne hanno λήθουσι di Gomperz e Diogene Laerzio* Vitae IV,35.
[79] L'aggettivo οὔρινον riferito all'uovo viene dato come equivalente al più corretto οὔριον derivato da οὖρος che significa vento propizio o favorevole. Anche Giulio Cesare Scaligero* (Aristotelis historia de animalibus, Tolosa, 1619) riporta la lezione οὔρινα. - Alcuni traducono οὔρια con sierose e l’aggettivo è frequente per designare le uova chiare. Confronta anche Hist. an. VI,3 562a 30: 4, 562b 11; De gen. an. III,2 753a 22. (Roberto Ricciardi) - Aristotele Historia animalium VI,2 560a: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. - kynósoura (letteralmente «urina di cane» o «coda di cane») e oúria («sterili», forse anche «sierose»), sono sinonimi, probabilmente dialettali, del termine hypënémia che designa normalmente in Aristotele le uova sterili. Un’altra variante di questo termine (che vale letteralmente «subventanea») è lo «zefirine» citato qui di séguito: anch’esso si riferisce alla credenza popolare sulla fecondazione degli uccelli mediante i soffi vitali dei venti caldi (Plinio, X, 80, chiarisce infatti: «Quidam et vento putant ea generari: qua de causa etiam Zephyria appellantur»). cfr. de Gen. An., nota III, 3. (traduzione e nota di Mario Vegetti)
[80] Il sostantivo femminile Κυνόσουρα in italiano suona Cinosura e identifica la costellazione dell'Orsa Minore. È assai probabile che con questo vocabolo - che significa coda di cane - i Greci volessero indicare il timone del Piccolo Carro che per lunghezza è molto più paragonabile alla coda di un cane che a quella di un orso, la cui coda è molto corta, salvo trattarsi di un orso fantastico come spesso accade in questo campo e come chiaramente dimostra l'iconografia della costellazione. - Cinosura è pure un promontorio dell'isola di Salamina che ha tutte le fattezze di una coda di cane e presso il quale (come ci racconta Erodoto* nel libro VIII delle Storie) il 20 settembre del 480 aC si svolse la famosa battaglia navale tra Greci e Persiani: 378 navi greche con 70.000 uomini contro 800 navi persiane con 150.000 guerrieri. I Greci ci rimisero solo 40 navi e sconfissero il nemico che perse 50.000 uomini e 200 navi. Non sono in grado di fornire il numero delle vittime greche.
[81] De generatione animalium III,2 753a-753b: Nelle uova gli animali giungono più velocemente a compimento nella stagione soleggiata, perché il tempo concorre in quanto anche la cozione è prerogativa del calore. Sia la terra concorre alla cozione grazie al suo calore, sia l’animale che cova fa la stessa cosa: trasmette il calore che ha in sé. Ma logicamente è durante la stagione calda che le uova si corrompono e si formano le cosiddette sterili [οὔρια]: come anche i vini nella stagione calda si inacidiscono per il rimescolamento della feccia (perché è questa la causa del corrompimento), così anche nelle uova avviene per il tuorlo. Essi rappresentano in entrambi i casi l’elemento terroso, perciò il vino è intorbidito per il rimescolamento della feccia, le uova che si corrompono per quello del tuorlo. È logico che questo accada agli uccelli multipari, perché non è facile conferire a tutte le uova un riscaldamento conveniente, ma in alcune ce n’è difetto, in altre eccesso, e esse sono intorbidite come se andassero in putrefazione. Nondimeno questo accade anche agli uccelli con unghie ricurve che depongono poche uova. Spesso infatti anche quando sono due uno diventa sterile, e pressoché sempre quando sono tre. Essendo infatti questi animali caldi per natura producono un effetto come di bollore nel fluido delle uova. Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. [753b] Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. - Sieroso: la traduzione di Scoto presuppone un testo diverso: «et propter hoc fit molle quando calefit: cum ergo acciderit ei humiditas ex superfluitate humiditatum corrumpetur». Peck tuttavia, seguendo Platt, preferisce espungere tutto eàn ëi më ex ygroù perittømatos mentre Lulofs più giustamente considera testo guasto soltanto eàn ëi më. (traduzione e nota di Diego Lanza) - Alcuni traducono οὔρια con sierose e l’aggettivo è frequente per designare le uova chiare. Confronta anche Hist. an. VI,3 562a 30: 4, 562b 11; De gen. an. III,2 753a 22. (Roberto Ricciardi)
[82] Historia animalium VI,4 562b: Tutti i colombiformi, quali il colombaccio e la tortora, depongono per lo più due uova, al massimo tre. La colomba, come s’è detto, depone le uova in ogni stagione, mentre la tortora e il colombaccio lo fanno in primavera, e non più di due volte (le depongono una seconda volta quando la prima covata è stata distrutta: molte femmine distruggono in effetti le proprie uova). I colombiformi depongono comunque talvolta, come s’è detto, anche tre uova, ma non ne vengono mai più di due pulcini, talora anche uno soltanto: l’uovo residuo è sempre sterile.
[83] Naturalis historia X, 166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.
[84] Confronta per esempio Omero Odissea V 628; X 17; Iliade I 479; II 420, etc.
[85] Confronta Eustazio ad Il. I 50: οὐρῆας μὲν πρῶτον ἐπῴχετο - in alternativa ad altre spiegazioni Eustazio (p. 42, 10 sg.) propone: παρὰ τὸν οὖρον, ὃ δηλοῖ τὸν ἄνεμον τοῦτο δὲ διὰ τὸ ἄγονον τῶν τοιούτων ζώῳν καὶ τὸ τοῦ σπερματικοῦ πνεύματος ἄκαρπον καὶ ὥσπερ ἀνεμιαῖον. Διὸ καὶ τὰ ἐν τοῖ ὠοῖς ἄκαρπα διὰ τὴν τοιαύτην αἰτίαν οὔρια ἡ κοινὴ λέγει συνήθεια.
[86] Il verbo ἐξουρίζω in senso attivo significa emettere con l'urina, in senso passivo significa essere emesso con l'urina. Traduciamo pertanto con 'piene di urina', o con un equivalente 'piene di vento', cioè, sterili. Ἐξουρίσαντα è glossato da Lodovico Ricchieri con il latino urina (da οὔριος = che ha il vento favorevole, in quanto οὖρος è il vento favorevole, oppure da οὔρειος / οὔριος = per l'urina, in quanto οὖρον è l'orina) e in Plinio urina designa le uova ventose: Columbae proprio ritu osculantur ante coitum. Pariunt fere bina ova, ita natura moderante, ut aliis crebrior sit fetus, aliis numerosior. Palumbis et turtur plurimum terna nec plus quam bis vere pariunt, atque ita, si prior fetus corruptus est et ut, quamvis III pepererint, numquam plus II educant. Tertium inritum est; urinum vocant. Palumbis incubat femina post meridiana in matutinum, cetero mas. (Naturalis historia X,158)
[87] A pagina 420*: Albumine autem corrupto nihil omnino per incubationem formatur, sed ovum totum turbatur et corrumpitur, sicut corrumpitur humor (sanies) in apostemate, quamobrem perquam foetida redduntur talia ova. (Haec esse conijcio quae Aristoteles et alii urina vocant, de quibus infra copiosius scribetur. nostri putrida ova, sule eyer. quanquam Aristoteles urina non albumine, sed vitello corrupto fieri ait).
[88] Historia animalium VI,2 560a: Del resto gli uccelli differiscono tra loro anche per la maggiore o minore attitudine alla cova. Se tuona durante la cova, le uova si rovinano. (traduzione di Mario Vegetti)
[89] Naturalis historia X,152: Si incubitu tonuit, ova pereunt; et accipitris audita voce vitiantur. Remedium contra tonitrus clavus ferreus sub stramine ovorum positus aut terra ex aratro.
[90] De re rustica VIII,5,12: Plurimi etiam infra cubilium stramenta graminis aliquid et ramulos lauri nec minus alii capita cum clavis ferreis subiciunt. Quae cuncta remedio creduntur esse adversus tonitrua, quibus vitiantur ova pullique semiformes interimuntur, antequam toti partibus suis consummentur.
[91] Historia animalium VI,3 561a: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno. (traduzione di Mario Vegetti)
[92] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - La trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. - I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite*, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista citate da Aldrovandi in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro. Anche Conrad Gessner riporta le uova schista come notizia dovuta a Plinio pag. 420: Fiunt et tota lutea quae vocant schista, cum triduo incubata tolluntur, Plin. - Viene da pensare che a pagina 420* anche Gessner abbia fatto affidamento sulla castigatio di Ermolao Barbaro.
[93] Historia animalium VI,2 559b-560a: Le uova covate d’estate si schiudono più rapidamente che in inverno: infatti d’estate le galline le fanno schiudere [560a] in diciotto giorni, mentre d’inverno ne occorrono loro talvolta anche venticinque. Del resto gli uccelli differiscono tra loro anche per la maggiore o minore attitudine alla cova. Se tuona durante la cova, le uova si rovinano. (traduzione di Mario Vegetti)
[94] Questo è un grave errore di Alberto. La testa del pulcino è diretta verso la parte ottusa dell'uovo, dove c'è la camera d'aria. Vedi il lessico alla voce Embrione di pollo*.
[95] Naturalis historia X,145: Avium ova ex calore fragilia, serpentium ex frigore lenta, piscium ex liquore mollia. Aquatilium rotunda, reliqua fere fastigio cacuminata. Exeunt a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente quibuscumque emergunt portionibus. Quae oblonga sint ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine.
[96] La notizia sul comportamento delle galline quando hanno sconfitto un maschio proviene da Aristotele Historia animalium IX 631b 8.
[97] Naturalis historia X,116: Villaribus gallinis et religio inest. Inhorrescunt edito ovo excutiuntque sese et circumactae purificant aut festuca aliqua sese et ova lustrant. - Aristotele Historia animalium VI,2, 560b 7-11: In generale, le femmine degli uccelli si consumano e si ammalano se non covano. Dopo l’accoppiamento esse arruffano le piume e si scuotono, e spesso gettano festuche tutto attorno (la stessa cosa fanno talvolta anche dopo la posa), mentre le colombe trascinano al suolo la coda e le oche si tuffano in acqua. (traduzione di Mario Vegetti)
[98] Iliade IX,323-24: Come ai pulcini il cibo portare un aligero suole, | quand’ei l’abbia trovato, che nulla per lui ne rimane. (traduzione di Ettore Romagnoli)
[99] In Italia, di Plutarco, è edito da D’Auria L’amore fraterno e l’amore per i figli (a cura di A. Postiglione). Aldrovandi dà come fonte il De amore parent. erga liberos che corrisponde a Moralia 494D = cap. 2 p. 494D. Plutarco non ha ὅτι ma ὥσπερ.
[100] Moralia cap. 2, 494E-F-495A. Il testo greco è più semplice; si tratta piuttosto di una parafrasi. (Roberto Ricciardi)
[101] De natura deorum II 129-130: Iam gallinae avesque reliquae et quietum requirunt ad pariendum locum et cubilia sibi nidosque construunt eosque quam possunt mollissume substernunt, ut quam facillume ova serventur; e quibus pullos cum excuderunt, ita tuentur, ut et pinnis foveant, ne frigore laedantur, et, si est calor a sole, se opponant; cum autem pulli pinnulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, reliqua cura liberantur. [130] Accedit etiam ad nonnullorum animantium et earum rerum, quas terra gignit, conservationem et salutem hominum etiam sollertia et diligentia. Nam multae et pecudes et stirpes sunt, quae sine procuratione hominum salvae esse non possunt.
[102] Naturalia historia X,155: Traditur quaedam ars gallinarii cuiusdam dicentis, quod ex quaque esset. Narrantur et mortua gallina mariti earum visi succedentes in vicem et reliqua fetae more facientes abstinentesque se cantu. Super omnia est anatum ovis subditis atque exclusis admiratio prima non plane agnoscentis fetum, mox incerti singultus sollicite convocantis, postremo lamenta circa piscinae stagna mergentibus se pullis natura dulce. - Initile correggere le varie versioni di Plinio che ci sono state tramandate.
[103] Il brano di Pierre Gilles è tratto da liber XIV caput XXXIII - De Gallina - di Ex Aeliani historia per Petrum Gyllium latini facti: itemque ex Porphyrio, Heliodoro, Oppiano, tum eodem Gyllio luculentis accessionibus aucti libri XVI, de vi et natura animalium (Lugduni, apud Seb. Gryphium, 1533).
[104] Naturalis historia XXVIII,31-32: [31] Signum eius familiae est, si modo adhuc durat, vernis temporibus odoris virus. atque eorum sudor quoque medebatur, non modo saliva. Nam in insula Nili Tentyri nascentes tanto sunt crocodilis terrori, ut vocem quoque eorum fugiant. Horum omnium generum insita repugnantia interventum quoque mederi constat, sicuti adgravari vulnera introitu eorum, qui umquam fuerint serpentium canisve dente laesi. [32] Iidem gallinarum incubitus, pecorum fetus abortu vitiant; tantum remanet virus ex accepto semel malo, ut venefici fiant venena passi. Remedio est ablui primus manus eorum aquaque illa eos, quibus medearis, inspergi. rursus a scorpione aliquando percussi numquam postea a crabronibus, vespis apibusve feriuntur.
[105] De re rustica VIII,2,7-8: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur. Mercari porro nisi fecundissimas aves non expedit. Eae sint rubicundae vel infuscae plumae nigrisque pinnis, ac si fieri poterit, omnes huius et ab hoc proximi coloris eligantur. Sin aliter, vitentur albae, quae fere cum sint molles ac minus vivaces, tum ne fecundae quidem facile reperiuntur, atque etiam conspicuae propter insigne candoris ab accipitribus et aquilis saepius abripiuntur. [8] Sint ergo matrices robii coloris, quadratae, pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis auribus, et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus unguibus: generosissimaeque creduntur quae quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria. Nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque fecunda etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit.
[106] Opus agriculturae I,27 De gallinis - Sint praecipue nigrae, aut flavi coloris, albae vitentur.
[107] Plinio, nonostante la sua ampia cultura, purtroppo non è di valido aiuto quando siamo a caccia di particolari. Infatti, per analogia con quanto affermato da Varrone (Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.), dopo le penne nere, ci dovremmo aspettare le piume rossicce. Invece la lezione del testo a noi tramandata - e accettata - parla di ore rubicundo invece che di colore rubicundo, per cui anziché quelle con piume rossicce siamo costretti a ritenere come ottime galline quelle dalla faccia rossa. Plinio fu un grandissimo arraffone e ha fuso le notizie in modo tale che anche il suo digitis imparibus, se non vogliamo incorrere in una stolta ripetitività, siamo costretti a tradurlo con dita di differente lunghezza, visto che appena dopo Plinio afferma che le galline di buona razza sono talora caratterizzate da un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro. Io sono dell’avviso che Plinio abbia raggranellato la notizia delle dita dispari da due fonti diverse e che il suo digitis imparibus corrisponde all’imparibus digitis di Varrone. Non credo che si possa risalire alla fonte da cui Plinio ha tratto la palese e inutile ripetizione costituita da aliquando et super IIII digitos traverso uno. In sintesi: senza tema di smentita, anche digitis imparibus di Plinio corrisponde a dita dispari, quindi alla pentadattilia. - Per la lunga disquisizione storica relativa alla pentadattilia si veda Summa Gallicana*. C.X.a
[108] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia.
[109] Non si emenda ampla che non è separata con una virgola da erecta. I codici in voga nel XX secolo riportano invece amplas riferito a gallinas, per cui le galline odierne, più che avere la cresta grossa, debbono essere corpulente. Forse Varrone era un futurista, relegato nel suo tempo da qualche amanuense che scrisse ampla invece di amplas omettendo anche la virgola. A parte gli scherzi: amplas sembrerebbe più appropriato visto che nella breve frase Varrone non ha ancora accennato alle dimensioni corporee.
[110] Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.
[111] Elio Corti, in base a motivi linguistici che si accordano con i criteri di scelta di un allevatore, traduce tàs ópseis megálas con "quelle che hanno un aspetto grande". Le galline di razza debbono avere sì la testa grande, ma soprattutto non debbono presentarsi mingherline nel resto del corpo, e questo in vista dei ripetuti assalti sessuali quotidiani da parte dei galli. Un concetto, quello della mole massiccia e della sua utilità sessuale, che Florentino subito ribadisce anche per le galline dal piumaggio nero. Per una disquisizione più dettagliata si veda il lessico alla voce Florentino*.
[112] Geoponica sive Cassiani Bassi Scholastici De Re Rustica Eclogae - recensuit Henricus Beckh - Teubner - Stoccarda e Lipsia - 1994 - pagina 411 - libro 14, capitolo 7 - Περὶ ὀρνίθων. Φλωρεντίνου. paragrafi 8-9: 8 Χρὴ δὲ τὸν βουλόμενον ὀρνιθοτροφεῖν, ἐκλέγεσθαι τῶν ἀλεκτορίδων τὰς πολυγονωτάτας· καταλαμβάνεται δὲ τοῦτο ἐξ αὐτῆς τῆς χρείας καὶ τῆς πείρας, οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ἐξ ἑτέρων τινῶν τεκμηρίων. 9 ὡς ἐπίπαν γὰρ αἱ ξανθίζουσαι, καὶ περιττοδάκτυλοι, τὰς ὄψεις μεγάλας ἔχουσαι, τόν τε λόφον ἐπῃρμένον, καὶ αἱ μελανόπτεροι, καὶ τοῖς ὄγκοις μεγάλαι, τούς τε ἄῤῥενας οἴσουσι ῥαδίως, καὶ πρὸς ὠοτοκίας κρείττους εἰσί, καὶ τὰ ὠὰ μεγάλα τίκτουσιν, ἐξ ὧν καὶ τὰ νεογνὰ γίνεται γενναῖα.- 8. Colui che vuole allevare dei polli, deve scegliere le galline più feconde; ciò lo si può dedurre in base alla pratica stessa e all'esperienza, non solo, ma anche da alcuni altri indizi. 9. Infatti lo sono per lo più quelle che biondeggiano, e con un numero di dita superiore alla norma, quelle che hanno un aspetto grande e la cresta dritta, anche quelle con le piume nere, e grandi di mole, e sopporteranno facilmente i maschi, e sono superiori nel deporre uova, e depongono le uova che sono di grandi dimensioni, dalle quali anche i pulcini nascono di buona qualità. (traduzione di Elio Corti - 16 settembre 2006)
[113] Si emenda Mox con Mos dal momento che questo sostantivo sembra più appropriato dell'avverbio. - De re rustica VIII,5,24: Mos quoque, sicut in ceteris pecudibus, eligendi quamque optimam et deteriorem vendendi servetur etiam in hoc genere, ut per autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt, item quae aut parum fecundae aut parum bonae nutrices sunt, praecipue quae ova vel sua vel aliena consumunt, nec minus quae velut mares cantare coeperunt, item serotini pulli, qui a solstitio nati capere iustum incrementum non potuerunt. In masculis non eadem ratio servabitur, sed tamdiu custodiemus generosos quamdiu feminas inplere potuerunt. Nam rarior est in his avibus mariti bonitas.
[114] Rerum rusticarum III,9,7: Inter duas ostium sit, qua gallinarius, curator earum, ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete exclusa sint cubilia earum.
[115] Il Dialogus de avibus et earum nominibus Graecis, Latinis, et Germanicis (1544) si svolge tra Longolius e Panfilo*. In questo caso chi parla è Longolius.
[116] Non si emenda dispendant di Gessner, che oltretutto parrebbe più appropriato di distendant - De re rustica VIII,2,7: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur.
[117] Columella De re rustica VIII,3,1-2: De gallinariis [1] Gallinaria constitui debent parte villae quae hibernum spectat orientem. Iuncta sint ea furno vel culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae exstruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orientem sit obversa. [2] In ea deinde fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae cellae, quae ips<a>, e tribus minima, esse debet in altitudinem et quoque versus pedes septem. In ea singuli dextro laevoque pariete aditus ad utramque cellam faciundi sunt, iuncti parieti qui est intrantibus adversus.