Gessnerpullus
Il pulcino di Conrad Gessner



DE GALLO GALLINACEO, ET IIS OMNIBUS
quae ad Gallinaceum genus in genere pertinent, quorum aliqua interdum
sub gallinae nomine apud authores proferuntur.
Historia animalium III - MDLV

Il gallo e tutte quelle cose
che riguardano comunemente il genere dei gallinacei, alcune delle quali

vengono talora riferite dagli autori sotto il titolo di gallina.
Historia animalium III - 1555

L'asterisco indica che la voce è presente nel lessico

Gallinae, ut Theophrastus refert, ovo {a}edito, religione quadam [416] excutiunt se, et circumactae purificant, aut festuca aliqua sese et ova lustrant, pericarphismum Plutarchus vocavit[1], Caelius. Gallina post coitum se excutit, eo scilicet quod per libidinem incitatur in ea vapor, faciens extensionem, in ea sicut et in homine pandiculatio[2] fit quando languet desiderio coitus, et tum confricando se aliquoties festucam ore apprehendit tamquam nidum componens. In nido etiam sedens saepe rostro convertit paleas, ut et aliae aves, Albert. ¶ Gallinae etiam ex phasianis concipiunt, ut copiose scribetur in B.

Le galline, come scrive Teofrasto*, dopo aver deposto l’uovo, per una sorta di ritualità si scuotono e si purificano girando in cerchio, oppure danno una ripulita a se stesse e alla uova con una festuca, e Plutarco* l'ha chiamato perikarphismós - il coprirsi di paglia, Lodovico Ricchieri*. Dopo essersi accoppiata la gallina si scuote, ovviamente perché attraverso la libidine viene sollecitato in lei il calore vitale che fa estendere le membra, e in lei come anche nell'essere umano si verifica uno stiramento delle membra come durante uno sbadiglio quando muore dal desiderio di fare sesso, e allora strofinandosi alcune volte prende con la bocca una festuca come se stesse facendo un nido. Anche quando sta accovacciata nel nido spesso col becco rigira la paglia, come fanno anche gli altri uccelli, Alberto*. ¶ Le galline vengono fecondate anche dai fagiani*, come scriverò in abbondanza nel paragrafo B.

 

¶ Gallinae avesque reliquae, sicut Cicero ait[3], et quietum requirunt ad pariendum locum, et cubilia sibi nidosque construunt, eosque quam possunt mollissime substernunt. Fabas si comedant gallinae, intercipitur eis generatio ovorum, Avicenna et Crescentiensis. Gallinas aiunt ex assiduo fabarum esu sterilescere, Didymus. Si frequenter edant cortices fabarum, steriles fiunt: quae etiam arboribus novellis ad radices appositae eas exiccant, Clemens 3. Stromat. Quo tempore arbores florent, gallinas potissimum pinguescere audio, floribus vescentes: sed tum ova earum etiam praecipue cito corrumpi et putrescere.

¶ Le galline e tutti gli altri uccelli, come dice Cicerone*, vanno alla ricerca di un posto tranquillo per deporre le uova, nonché si costruiscono delle tane e dei nidi, e questi li ricoprono nel modo più soffice possibile. Se le galline mangiano le fave*, in esse si arresta la produzione delle uova, Avicenna* e Pier de' Crescenzi*. Dicono che le galline diventano sterili per un continuo nutrirsi di fave, Didimo - un geoponico*. Se mangiano spesso la buccia delle fave diventano sterili: inoltre se le si mette vicino alle radici delle piantine le fanno seccare, Clemente Alessandrino* Stromata 3. Sento dire che quando gli alberi fioriscono le galline ingrassano moltissimo in quanto mangiano i fiori: ma allora anche le loro uova si corrompono e imputridiscono molto in fretta.

 

DE OVIS: ET PRIMUM DE IPSORUM FORMATIONE, PARTIBUS,
natura, sexu, deinde de geminis, et subventaneis, aliisque corruptis aut monstrosis.
Item de incubatione eorum, et pulli generatione exclusioneque.

LE UOVA: E INNANZITUTTO SULLA LORO FORMAZIONE, LE LORO PARTI,
la loro costituzione, quindi quelle gemellari e ventose, e le altre guaste o mostruose.
Inoltre sulla loro incubazione, la generazione del pulcino e la sua nascita.

 

Quae de ovis eorumque natura deinceps afferemus, pleraque omnia non ad gallinas modo sed genus avium universum pertinent, et ad quadrupedes quoque Oviparas aliqua ex parte: sed quoniam ea omnia in gallina magis conspicua sunt, familiari prae caeteris nobis alite, ad eius potissimum historiam referre libuit. Dicentur etiam nonnulla de avium generatione ex ovis, in communi avium historia; sed paucissima aut nihil fortassis, quod hic quoque annotatum a nobis non sit.

La maggior parte di tutte le cose che riferirò di seguito sulle uova e sulla loro costituzione non riguarda solo le galline ma tutta quanta la classe degli Uccelli come sotto qualche aspetto anche i quadrupedi ovipari: ma poiché tutte queste cose sono più appariscenti nella gallina, uccello a noi familiare rispetto agli altri, ho scelto di riferirle soprattutto nella loro descrizione. Nella descrizione collettiva degli uccelli dirò anche alcune cose sulla generazione dalle uova, ma pochissime cose o forse nulla che io non abbia già riferito in questo capitolo.

 

Ovi formatio. Ovum est animal potentia, ex ovificantis productum superfluo, Aggregator[4]. Ovum gallinae consistit a coitu, et perficitur decem diebus magna ex parte, Aristot.[5] A coitu decem diebus ova maturescunt in utero, vexatae autem gallinae et columbae penna evulsa, aliave simili iniuria diutius, (tardius,) Plin.[6] Ovum e semine galli conceptum, ut plurimum undecimo die paritur. citius quidem in iuvenca, et regione calida, et nutrimento calido utente, quam in contrariis. Alius autem est conceptus, quando semen galli in matrice invenit materiam ovi venti, aliqua ex parte aut omnino, propter pellem et testam, completam. huic enim coniungitur, et foecundat totum ovum: et prout materia in matrice magis minusve praeparata fuerit, tardius citiusve eandem perficit, Albertus. Incoepta ova si adhuc parvis desierit coitus, non accrescunt. sed si continuetur, celeri incremento augentur, iustamque magnitudinem implent, Aristot. et Albertus. Huius rei causam inquirit Aristot. de generat. anim. lib. 3. cap. 1. [7]

Formazione dell'uovo. L'uovo è una potenza vivente, prodotto da ciò che è superfluo per chi genera l'uovo, Symphorien Champier*. L'uovo della gallina si forma dal coito, e per lo più giunge a termine in dieci giorni, Aristotele*. Dopo l’accoppiamento le uova giungono a maturazione nell’utero in 10 giorni, ma più lentamente (più tardi) se gli animali vengono tormentati, se viene strappata qualche penna alla gallina e alla colomba, o se vien fatta loro qualche altra violenza simile, Plinio*. Un uovo concepito col seme del gallo per lo più viene partorito all'undicesimo giorno: ma più precocemente nella gallina giovane e in una zona calda e che si nutre di un cibo caldo rispetto a situazioni opposte. In effetti il concepimento è diverso quando il seme del gallo trova nell'apparato genitale del tutto o in parte la materia dell'uovo ripiena di vento a causa delle membrane testacee* o del guscio. Infatti il seme si congiunge al vento e feconda tutto l'uovo: e a seconda che nell'apparato genitale la materia sia più o meno pronta, prima o dopo la porta a compimento, Alberto. Se alle uova appena abbozzate e ancora piccole viene a cessare il coito, non si accrescono, ma se continua, aumentano rapidamente di volume e raggiungono una grandezza appropriata, Aristotele e Alberto. Aristotele ne indaga il motivo in De generatione animalium 3,1.

 

Concipit foemina quae coierit ovum superius ad septum transversum: quod ovum primo minutum et candidum cernitur: mox rubrum cruentumque, deinde increscens luteum et flavum efficitur totum. Iam amplius auctum discernitur, ita ut intus pars lutea sit, foris candida ambiat. Ubi perfectum est, absolvitur atque exit putamine, dum paritur, molli, sed protinus durescente, quibuscunque emergit portionibus, nisi vitio vulvae defecerit, Aristot.[8] Avis hypenemia gerens ova, si coeat nondum mutato ovo ex luteo in album, foecunda ex subventitiis redduntur, item si conceperit ex coitu ova, si eis adhuc luteis existentibus cum alio mare coivit, simile eius quo cum postea coivit, provenit omne genus pullorum, Aristot. in libris de hist. et de genere anim. Gallinae parere a bruma incipiunt. optima foetura ante vernum aequinoctium. post solstitium nata non implent magnitudinem iustam, tantoque minus quanto serius provenere, Plin.[9] Confecta bruma parere fere id genus avium consuevit: atque earum quae sunt foecundissimae, locis tepidioribus, circa Calen. Ian. ova edere incipiunt: frigidis autem regionibus eodem mese post Idus, Columella[10].

La femmina che si è accoppiata concepisce l'uovo nella parte alta dell'addome nelle vicinanze del setto trasverso: e quest'uovo all’inizio appare piccolo e candido: successivamente rosso e colore del sangue, quindi aumentando di volume diventa tutto quanto giallo e dorato. Lo si vede ormai più voluminoso, tanto che il giallo si trova nella parte centrale, il bianco lo circonda alla periferia. Quando è ultimato, viene liberato e mentre viene deposto fuoriesce con il guscio che è molle, ma che rapidamente diventa duro, e se ne esce con tutte le sue parti a meno che sia imperfetto a causa di una malformazione dell’utero, Aristotele. L'uccello che reca uova ventose, se si accoppia quando l'uovo non si è ancora trasformato da giallo in bianco, da ventose diventano feconde, parimenti se concepirà delle uova a causa del coito, se mentre sono ancora gialle si è accoppiata con un altro maschio, tutti i pulcini diventano simili a colui col quale si è accoppiata per ultimo, Aristotele in De historia e De generatione animalium. Le galline cominciano a deporre a partire dal solstizio d'inverno. Le migliori nidiate si hanno prima dell'equinozio di primavera. Quelle che si schiudono dopo il solstizio d'estate non forniscono pulcini con una mole opportuna, e tanto meno quanto più tardi sono nate, Plinio. Per lo più questo genere di uccelli ha preso l'abitudine di deporre quando l’inverno è terminato: e nelle zone più miti i più fecondi di loro cominciano a deporre le uova intorno alle calende di gennaio - 1° gennaio, ma nelle zone fredde nello stesso mese dopo le idi - 13 gennaio, Columella*.

 

In ovo pelliculae ex umbilico tentae sunt: et reliqua quae de puero dicta sunt, sic se habere in ovo volucris reperies ab initio ad finem, Hippocrates in libro de natura pueri[11]. {E :}<Et> rursus, Volucris ex ovi luteo nascitur, hoc modo. Incubante matre ovum calescit, et quod in ovo inest a matre movetur: calescens autem id quod in ovo inest, spiritum habet, et alterum frigidum ab aere per ovum attrahit. Ovum enim adeo rarum est, ut spiritum qui attrahitur sufficientem ei quod intus est transmittat: et augescit volucris in ovo, et coarticulatur modo eodem consimili velut puer. Nascitur autem ex luteo ovi volucris: (hoc dicitur contra omnium sententiam, Graece legitur Γίνεται δὲ ἐκ τοῦ χλωροῦ τοῦ ὠοῦ τὸ ὄρνεον. Τροφήν δὲ καὶ αὔξεσιν ἔχει τὸ λευκόν, τὸ ἐν τῷ ὠῷ. Τοῦτο ἤδη πᾶσιν ἐμφανές ἐγένετο, ὁκόσοι προσέσχον τὸν νοῦν. Et paulo ante, τὸ ὄρνεον γίνεται ἐξ τοῦ ὠοῦ τοῦ χλωροῦ.) alimentum vero et augmentum habet ex albo, quod in ovo est. Ubi autem deficit alimentum pullo ex ovo, non habens id sufficiens unde vivat, fortiter movetur in ovo, uberius alimentum quaerens. et pelliculae circum dirumpuntur, et ubi mater sentit pullum vehementer motum, putamen excalpens ipsum excludit, atque haec fieri solent in viginti diebus<, et manifestum est quod ita se habent.>[12]. Ubi enim excusa est volucris, nullus humor in ovi testis inest, qui sane memorabilis existat, expensus est enim in pullum, Haec ille.

Nell’uovo delle piccole membrane si dipartono dal cordone ombelicale, e le restanti cose, che sono state dette a proposito del bambino, nell’uovo di uccello le troverai essere identiche dall’inizio alla fine, Ippocrate*. E ancora: Un uccello nasce nel giallo dell'uovo in questo modo. Quando la madre sta covando l’uovo si riscalda, e ciò che si trova dentro all’uovo viene mosso dalla madre: mentre ciò che si trova nell’uovo si riscalda, esso ha una respirazione, e attraverso l’uovo attrae l’altra aria fredda dall’atmosfera. Infatti l’uovo è talmente poroso da trasmettere l’aria che viene attratta in quantità sufficiente a ciò che si trova all’interno: e l’uccello si accresce dentro all’uovo, e muove le articolazioni in modo uguale e del tutto simile a come fa un bambino. Inoltre l’uccello nasce dal giallo dell’uovo: (ciò viene detto contro il parere di tutti, e in greco si legge: Gínetai dè ek toû chløroû toû øoû tò órneon. Trophën dè kaì aúxesin échei tò leukón, tò en tôi øôi. Toûto ëdë pâsin emphanés egéneto, hokósoi proséschon tòn noûn. E poco prima: tò órneon gínetai ex toû øoû toû chløroû.) ma riceve l’alimento e l’accrescimento dal bianco che si trova nell’uovo. Quando però al pulcino viene a mancare l’alimento che proviene dall’uovo, non avendolo in quantità sufficiente per vivere, forse si muove dentro all’uovo cercando alimento più abbondante, e le membrane che si trovano all’intorno si rompono, e quando la madre percepisce che il pulcino si muove con veemenza, lo fa uscire dando delle beccate al guscio, e abitualmente tutto ciò accade nel giro di venti giorni, ed è risaputo che le cose stanno così. Quando infatti l’uccello è uscito, all’interno dei gusci d’uovo non si trova liquido degno di nota, infatti è stato impiegato per il pulcino, Ippocrate.

 

Aristoteles de generatione anim. lib. 3. cap. 2.[13] pullum ait non ex luteo, sed ex albumine generari: et non albumen, (ut Alcmaeon Crotoniates et alii plerique putarint, colore affinitate decepti,) sed luteum pulli in ovo veluti lac et nutrimentum esse. Candidum membranae subiectum in ovo principium est, ({Ὡῖ} <Ὧ> διαδίδοται ἀρχὴ ὑπὸ τὸν ὑμένα λευκὸν)[14] in hoc enim semen continetur, et non in eo qui neottos, id est pullus vocatur. sic autem vulgo vocant luteum, quod superfluitas est seminis, decepti sunt enim qui huius opinionis authores fuerunt, [417] Suidas in Νεοττόν.

Aristotele in De generatione animalium 3,2 dice che il pulcino si genera non dal tuorlo ma dall'albume: e non è l'albume (come Alcmeone di Crotone* e gran parte degli altri hanno pensato, ingannati dalla somiglianza del colore) ma il tuorlo a rappresentare il latte e il nutrimento del pulcino nell'uovo. Il bianco che nell'uovo si trova al di sotto delle membrane testacee è il principio generatore, (Hô diadídotai archë hupò tòn huména leukòn - Qui si trova distribuito il principio al di sotto delle membrane testacee bianche), infatti in esso è contenuto il seme, e non in quello che viene detto neottós, cioè pulcino. Infatti chiamano correntemente così il giallo, dove c'è sovrabbondanza di seme, infatti si sono ingannati coloro che hanno ideato questa teoria, il lessico Suida* alla voce Neottón - pulcino, tuorlo dell'uovo, all'accusativo.

 

Et genus omne avium mediis e partibus ovi, | Ni sciret fieri, quis nasci posse putaret? Ovidius 15. Metam.[15] Ova inter animal et non animal veluti ambigere videntur, Caelius. Ova e quibus mares nascentur, gallina gerit in parte ventris dextra: e quibus foeminae, in sinistra, Physiologus. Quonam modo ova in utero increscant, et quomodo adhaereant, explicat Aristoteles lib. 3. cap. 2. de gener. anim.[16] Gallinis porro tertia die ac nocte postquam coepere incubare, indicium praestare incipiunt, (Vide etiam infra ubi de incubatione seorsim agetur.) At maiorum avium generi plus praetereat temporis, necesse est. minori autem minus sufficit. Effertur per id tempus luteus humor ad cacumen, qua principium ovi est: atque ovum detegitur ea parte, et cor quasi punctum sanguineum in candido liquore consistit: quod punctum salit iam, et movetur, ut animal. Tendunt ex eo meatus venales sanguigeri duo tortuosi ad tunicam ambientem utranque, dum augetur. Membrana etiam fibris distincta sanguineis, iam {album liquorem}[17] <luteum> per id tempus {circundat} <circumdat>[18], a meatibus illis venarum oriens. Paulo autem post, et corpus iam pulli discernitur, exiguum admodum primum et candidum, conspicuum capite et maxime oculis inflatis, quibus ita permanet diu. sero enim decrescunt oculi, et se ad ratam contrahunt proportionem. Pars autem inferior corporis, nullo membro a superiore distingui, inter initia cernitur. Meatuum, quos ex corde tendere diximus, alter ad ambiendum album liquorem fertur, alter ad luteum velut umbilicus. Origo itaque pulli in albumine est, cibus per umbilicum ex luteo petitur.

E tutta quanta la popolazione degli uccelli nasce dalla parte centrale di un uovo, | chi lo penserebbe, se non sapesse che avviene così? Ovidio* Metamorfosi XV. Le uova sembrano quasi trovarsi a metà strada tra un essere vivente e non vivente, Lodovico Ricchieri*. Le uova da cui nasceranno dei maschi la gallina le porta nella parte destra dell'addome: a sinistra quelle da cui nasceranno le femmine, Physiologus*. Fino a che punto le uova si accrescono nell'utero e in che modo vi rimangono attaccate lo spiega Aristotele* nel III libro capitolo 2 del De generatione animalium. Dunque nelle galline - le uova* - cominciano a mostrare un indizio al terzo giorno e alla terza notte dopo che hanno cominciato a covare (vedi anche sotto, quando si tratterà in particolare dell'incubazione). Ma per le specie di uccelli di maggiori dimensioni è necessario che trascorra una maggiore quantità di tempo. Ma a un uccello più piccolo è sufficiente di meno. Durante questo intervallo di tempo il liquido giallo si sposta verso il polo acuto dove si trova il principio dell’uovo: e l’uovo viene scoperto in quell’area, e il cuore si presenta nel liquido candido come una chiazzetta di sangue: e questa chiazza già si solleva e si muove, come un essere vivente. Da esso si dipartono due condotti venosi tortuosi pieni di sangue che, mentre aumenta di dimensioni, si dirigono verso ambedue le membrane avvolgenti. Anche una membrana costellata di fibre sanguigne in questo momento già circonda il tuorlo, originandosi da quei condotti venosi. Ma poco dopo si riesce già a vedere il corpo del pulcino, dapprima molto piccolo e bianco, con la testa grande, e con gli occhi molto sporgenti coi quali rimane a lungo così. Infatti gli occhi si rimpiccioliscono tardivamente e si riducono alla giusta dimensione. All’inizio non si riesce a distinguere la parte inferiore del corpo da quella superiore tramite alcuna parte anatomica. Dei condotti che abbiamo detto dipartirsi dal cuore uno si dirige a circondare l’albume, l’altro si porta al tuorlo come un cordone ombelicale. Pertanto l’origine del pulcino si trova nell’albume, il nutrimento viene fornito dal tuorlo attraverso il cordone ombelicale.

 

Die iam decimo pullus totus perspicuus est, et membra omnia patent. Caput grandius toto corpore est. oculi capite grandiores haerent. quippe qui fabis maiores per id tempus emineant nigri, nondum cum pupilla. quibus si cutem detrahas, nihil solidi videris, sed humorem candidum rigidumque admodum refulgentem ad lucem, nec quicquam aliud. ita oculi et caput. Iam vero et viscera eo tempore patent: et alvi intestinorumque natura perspicua est. Venae etiam illae a corde proficiscentes, iam sese iuxta umbilicum constituunt. Ab ipso autem umbilico vena oritur duplex. Altera tendens ad membranam ambientem vitellum, qui eo tempore humet, et largior, quam secundum naturam est: altera permeans ad membranam ambientem eam, qua pullus operitur, et eam quae vitellum, humoremque interiectum continet[19]. dum enim pullus paulatim increscit, vitellus seorsum in duas partes secatur. quarum altera locum tenet superiorem, altera inferiorem, et medius humor candidus continetur. nec partem inferiorem a vitello liquor deserit albus, qualis ante habebatur. Decimo die albumen exiguum iam, et lentum: crassum, pallidulum novissime inest. Sunt enim quaeque locata hoc ordine. prima, postremaque ad testam ovi membrana posita est, non testae ipsius nativa, sed altera illi subiecta. liquor in ea candidus est. deinde pullus continetur obvolutus membrana, ne in humore maneat. mox pullo vitellus subiacet, in quem alteram ex venis prorepere dictum est, cum altera albumen ambiens petat. Cuncta autem ambit membrana cum humore, specie saniei. Tum vero membrana alia circa ipsum foetum, ut dictum est, ducitur, arcens humorem. sub qua vitellus alia obvolutus membrana. in quem umbilicus a corde, ac vena maiore oriens pertinet: atque ita efficitur, ne foetus alterutro humore attingatur.

Ormai al decimo giorno il pulcino è tutto quanto visibile e sono visibili tutte le parti del corpo. Il capo è più grande di tutto il resto del corpo. Gli occhi continuano a essere più grandi del resto della testa. Più grandi rispetto alle fave, in questo periodo sono prominenti e di colore nero, non ancora forniti di pupilla. Se ne asporti il rivestimento, non scorgerai nulla di solido, bensì un liquido bianchissimo e consistente assai risplendente alla luce, e null’altro. Così sono gli occhi e la testa. Ma in quel periodo sono già visibili anche i visceri, e la conformazione dello stomaco e delle anse intestinali è riconoscibile. Anche quelle vene che si diramano dal cuore ormai si dispongono vicino al cordone ombelicale. E dallo stesso cordone ombelicale si originano due vene. Una delle due si dirige alla membrana - allantoide - che avvolge il tuorlo che in questo momento è idratato ed è più grande di quanto lo sia naturalmente: l'altra che si dirige verso quella membrana avvolgente dalla quale è coperto il pulcino - amnios, e che avvolge quella che contiene il tuorlo e il liquido frapposto. Infatti, mentre il pulcino va gradualmente accrescendosi, il tuorlo si suddivide distintamente in due parti. Una delle quali occupa lo spazio superiore, l’altra quello inferiore, e in mezzo è contenuto un liquido bianchissimo. E l’albume non viene a mancare nella parte inferiore rispetto al tuorlo, così come era in precedenza. Al decimo giorno l’albume è ormai scarso e appiccicoso: denso, e infine tendente all’opaco. Ogni cosa si trova disposta in questo ordine. Addossate al guscio dell’uovo si trovano una prima e una seconda membrana che non è quella appartenente al guscio, ma l’altra che è sottostante alla prima. In essa si trova del liquido bianchissimo. Quindi è contenuto il pulcino avvolto da una membrana affinché non rimanga nel fluido. Quindi al disotto del pulcino si trova il tuorlo verso il quale si è detto dirigersi una delle due vene, mentre l’altra si dirige verso l’albume circostante. Tutte queste cose le avvolge una membrana con un liquido dall’aspetto viscoso. Quindi, come si è detto, c’è una seconda membrana disposta intorno allo stesso feto che lo protegge dal liquido. Al di sotto di questa avvolto dall’altra membrana si trova il tuorlo. Verso il quale si dirige il cordone ombelicale che nasce dal cuore e dalla vena maggiore: e ne consegue che il feto non viene toccato da nessuno dei due fluidi.

 

Vicesimo die iam pullus si quis putamine secto solicitet, movet intus sese, pipitque aliquantulum: et iam ab eodem die plumescit, quoties ultra vicesimum exclusio protelatur. ita positus est, ut caput super crus dextrum admotum ilibus, alam super caput positam habeat, quinetiam membrana, quae pro secundis habetur, post ultimam testae membranam, ad quam alter umbilicus pertendit, evidens per id tempus est, pullusque in eadem iam totus locatur. et altera quoque membrana, quae et ipsa vicem secundarum praestat, vitellumque ambit, ad quem alter umbilicus procedit, latius patet. Oritur umbilicus uterque a corde, et vena maiore, ut dictum est. Fit autem per id tempus, ut umbilicus alter, qui in secundas exteriores fertur, compresso iam animante absolvatur: alter, qui adit vitellum, ad pulli tenue intestinum annectatur. Iam et pullum ipsum multum humoris lutei subit: atque in eius alvo fecis aliquid subsidit luteum. excrementum etiam album eodem tempore pullus emittit, et in alvo quiddam album consistit. Demum vitellus paulatim absumitur totus membrorum haustu, ita ut si pullo decimo die post excluso rescindas alvum, nonnihil adhuc vitelli comperias.

Al ventesimo giorno ormai il pulcino, se uno lo sollecita dopo aver rotto il guscio, si muove all'interno e pigola un pochino: e già a partire da tale giorno inizia a ricoprirsi di piumino tutte le volte che la schiusa si protrae al di là del ventesimo giorno. È posizionato in modo tale da avere la testa sopra la zampa destra che è accostata al fianco, l’ala che è disposta sopra alla testa, e in questa fase è ben visibile anche la membrana, considerata come placenta, che si trova dopo la membrana più interna del guscio, alla quale si dirige uno dei due cordoni ombelicali, e il pulcino si trova ormai tutto quanto al suo interno. E anche l’altra membrana, anch’essa con funzioni di placenta e che circonda il tuorlo, verso il quale si dirige l’altro cordone ombelicale, è più ampiamente visibile. Ambedue i cordoni prendono origine dal cuore e dalla vena maggiore, come si è detto. A questo punto accade che quel cordone ombelicale che si porta alla placenta più esterna si stacca dall’essere vivente che ormai sta nello stretto: l’altro, che va verso il tuorlo, rimane attaccato all’intestino tenue del pulcino. Ora parecchio tuorlo penetra nel pulcino stesso: e nel suo intestino rimane un qualche residuo giallo. Nello stesso periodo il pulcino emette anche una secrezione bianca e nell’intestino è presente un qualcosa di bianco. Infine tutto il tuorlo viene gradualmente consumato in quanto viene utilizzato dalle varie parti del corpo, tant’è che se tu tagliassi l’intestino dieci giorni dopo che il pulcino è nato, troveresti ancora qualche traccia di tuorlo.

 

Umbilico vero absolvitur pullus, nec quicquam praeterea haurit. totus enim humor, qui in medio continebatur, absumptus iam est. Tempore autem supradicto pullus dormit quidem, sed non perpetuo, quippe qui excitetur interdum, et movens sese respiciat, atque pipiat. Cor enim eius cum umbilico, ut spirantis reflat et palpitat. Sed avium ortus ad hunc modum ex ovo agitur, Haec omnia Aristot, de hist. anim. 6. 3.[20] Quae etiam Albertus in suis de animalibus libris paraphrasi [paraphrase] reddidit, quam in praesentia relinquo.

Il pulcino si stacca dal cordone ombelicale e non riceve più nulla. Infatti tutto il liquido che era contenuto nell’uovo è già stato assorbito. Nel suddetto periodo il pulcino sì che dorme, ma non in continuazione, dal momento che ogni tanto si sveglia e muovendosi dà un’occhiata intorno e si mette a pigolare. E il suo cuore insieme al cordone ombelicale si solleva come in un soggetto che respira, e palpita. Orbene la nascita degli uccelli dall'uovo si svolge in questo modo. Tutte queste cose le scrive Aristotele nella Historia animalium VI,3. Cose che Alberto* ha parafrasato nei suoi libri sugli animali e che per ora tralascio.

 

Omnibus ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta salit, palpitatque. Ipsum animal ex albo liquore ovi corporatur. Cibus eius in luteo est. Omnibus intus caput maius toto corpore: oculi compressi capite maiores. In crescente pullo, candor in medium vertitur, luteum circumfunditur. Vicesimo die, si moveatur ovum, iam viventis intra putamen vox auditur. Ab eodem tempore plumescit, ita positus: ut caput supra dextrum pedem habeat, dexteram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur, contra quam reliqua animalia, Plin.[21]

Al centro del tuorlo di ogni uovo si trova come una piccola goccia di sangue che si crede sia il cuore degli uccelli, in quanto si ritiene che questo venga generato per primo in qualunque organismo: nell’uovo sicuramente quella goccia si solleva e palpita. L’animale stesso prende corpo dal liquido bianco dell’uovo. Il suo alimento si trova nel tuorlo. All’interno dell’uovo tutti i pulcini hanno la testa che è più grande dell’intero corpo: gli occhi chiusi sono più grandi della testa. Man mano che il pulcino cresce il bianco passa al centro e il giallo si dispone all’intorno. Al ventesimo giorno, se l’uovo viene scosso, già si sente dentro al guscio la voce dell’essere vivente. A partire dallo stesso momento comincia a mettere il piumino, ed è disposto in modo tale da avere la testa sopra alla zampa destra e l’ala destra sopra alla testa. Il tuorlo diminuisce gradualmente. Tutti gli uccelli nascono di podice, al contrario di tutti gli altri animali, Plinio*.

 

Principio (inquit Aristot. de generat. anim. 3. 2.[22]) corde constituto, et vena maiore ab eo distincta, umbilici duo de vena eadem pertendunt, alter ad membranam, quae luteum continet: alter ad membranam cui secundarum species est, qua animal obvolutum continetur: quae circa testae membranam est.

All'inizio (dice Aristotele in De generatione animalium 3,2) quando il cuore si è formato e la vena maggiore se ne è differenziata, da questa stessa vena si dipartono due cordoni ombelicali, uno dei quali si dirige verso la membrana che contiene il tuorlo: l’altro verso quella membrana che ha l’aspetto di una placenta - allantoide - dentro la quale è contenuto l’animale ricoperto: la quale si trova nei pressi della membrana del guscio.

 

Altero igitur umbilico cibum ex [418] luteo assumit: quod quidem calescens humidius redditur, cibum enim humidum esse oportet, qualis plantae suppeditatur. Vivunt autem principio et quae in ovis, et quae in animalibus gignuntur vita plantae, adhaerendo enim capiunt primum et alimentum et incrementum. Alter umbilicus ad secundas tendit, (ut alimentum ex eo hauriat.) ita enim pullum avis uti luteo existimandum, ut foetus vivipari sua parente utitur, etc. Membrana vero exteriore novissima sanguinolenta hic perinde, ut ille utero, utitur, etc. Crescentibus umbilicus primum considet, qui secundis adiungitur. hac enim pullum excludi convenit. reliquum lutei, et umbilicus ad luteum pertinens, post collabitur. cibum enim habeat statim oportet, quod exclusum est, nec enim a parente nutritur, et seipsum statim capere cibum non potest, quapropter luteum subit cum umbilico, et caro adnascitur.[23]

Pertanto assume il cibo dal tuorlo con il primo cordone ombelicale: infatti il tuorlo riscaldandosi diventa più liquido, infatti il cibo conviene che sia liquido, come quello che viene dato a una pianta. Infatti all’inizio sia quegli esseri che si generano nelle uova che quelli che si generano negli animali, vivono come vive una pianta, infatti rimanendo aderenti ricevono sia il primo accrescimento che il primo alimento. L’altro cordone ombelicale si dirige verso la placenta - allantoide - (per trarne l'alimento), infatti bisogna pensare che il pulcino di un uccello si serve del tuorlo, così come il feto dei vivipari si serve della propria madre etc. Infatti il primo si serve di una membrana esterna contenente sangue formatasi di recente così come il secondo si serve dell'utero etc. Man mano che i soggetti crescono dapprima si chiude il cordone ombelicale che è connesso alla placenta: è opportuno così che a questo punto il pulcino nasca. Il residuo del tuorlo e il cordone che è connesso al tuorlo scompaiono dopo. Infatti bisogna che abbia subito a disposizione del cibo non appena è uscito dall’uovo, infatti non viene nutrito dalla madre e non è subito in grado di assumere cibo da solo, motivo per cui il tuorlo penetra insieme al cordone ombelicale, e la carne lo circonda.

 

¶ Ova quaedam si aperias diffluunt, vitello praesertim, quod signum est vetustatis, quod si vitellus ovo aperto integer manserit, ac medio eius gutta rubicunda et veluti sanguinea apparuerit (ex qua corda pullorum initio constitui solent) signum est ova esse ad cibum adhuc laudabilia, Tragus. Ego aliquoties in ovis evacuatis semen (das hünle) observavi, et in semine venulam crispam albissimam, quam umbilici loco esse puto, vitello insertam.

¶ Alcune uova, se le apri, si spandono, soprattutto a carico del tuorlo, il che è segno di vecchiezza, in quanto se dopo aver aperto l'uovo il tuorlo rimane integro e al suo centro appare una goccia rossastra e quasi color sangue (dalla quale è solito originarsi il cuore dei pulcini) è un segno che le uova sono ancora adatte come cibo, Hieronymus Bock*. Talora ho osservato il seme (das hünle) nelle uova dopo che erano state svuotate, e nel seme una piccola vena arricciata estremamente bianca che ritengo essere l'equivalente del cordone ombelicale e inserita sul tuorlo.

 

¶ Partes ovi. Ovum ipsum in se suum habet discrimen, quippe quod parte sui acutum, parte latius sit, parte latiore exit cum gignitur, Aristot.[24] Quod ovi pars acutior principium sit, ut quae utero adhaeserit: quodque durior sit parte obtusa, et posterior exeat: et quod ova quasi in pedes conversa, animalia vero in caput prodeant, Aristoteles docet libro tertio de generatione anim. cap. 2.[25] Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine, Plin.[26] Ovum aeque omnium volucrum duro putamine constat: si modo non depravetur, sed lege consummetur naturae. Gallinae enim nonnulla pariunt mollia vitio. Et bicolor quoque ovum avium intus est, luteum interius, album exterius. Semen genitale volucrum omnium album, ut caeterorum animalium est, Aristot. Semen maris perficit ovum usque ad exitum, quod inde patet: Si frangatur ovum perfectum, invenitur semen galli in ovo, triplici differentia distinctum, colore enim albius est, utpote purioris substantiae, et substantia densius{:} quam reliquum albumen, quo firmius retineat calorem formantem ne facile exhalet. quod ad situm, pertingit per albumen totum usque ad vitellum, cui versus partem acutiorem ovi infigitur, nam pulli substantia ex albumine est, nutritur autem e vitello, Albertus. Albedo ovi apud Arabes intelligitur pars albuminis ovi viscosa crassa. Pars vero eiusdem albuminis quae est subtilis, apud eos appellatur alzenbach ovi seu alrachich ovi, And. Bellunensis.

Parti dell'uovo. L'uovo stesso presenta in sé una sua differenza, in quanto da una parte è appuntito, dall'altra è più largo, quando viene deposto esce con la parte più larga, Aristotele*. Dal momento che la parte più aguzza dell'uovo rappresenta il principio essendo quella che è rimasta aderente all'utero: e dal momento che esce per ultima essendo più dura dalla parte ottusa: e come mai le uova, come se si girassero dalla parte dei piedi, mentre gli animali escono con la testa, Aristotele ce lo insegna nel libro III, capitolo 2 di De generatione animalium. Nella uova il bottoncino si trova dalla parte della punta, come una goccia che sporge all'interno del guscio, Plinio*. L'uovo di tutti gli uccelli è costituito da un guscio uniformemente duro: a meno che non si alteri, ma venga condotto a termine attraverso un processo naturale. Infatti le galline ne depongono alcune con il difetto di essere molli. E l'uovo degli uccelli all'interno presenta pure due colori, giallo nella parte centrale, bianco alla periferia. Il seme fecondante di tutti gli uccelli è bianco come quello di tutti gli altri animali, Aristotele. Il seme del maschio porta a compimento l'uovo fino alla sua deposizione, il che si manifesta da quanto segue: Se un uovo ormai ultimato viene rotto, nell'uovo si rinviene il seme del gallo che è contraddistinto da tre cose diverse, infatti è di colore più bianco in quanto composto da una sostanza più pura, e ha una consistenza più densa del restante albume, in modo da poter trattenere in modo più saldo il calore che ne deriva affinché non se ne vada via con facilità. Per quanto riguarda la sua localizzazione, si estende attraverso tutto l'albume fino al tuorlo, al quale va a inserirsi dal lato della parte acuta dell'uovo, infatti ciò da cui è costituito il pulcino proviene dall'albume mentre viene nutrito dal tuorlo, Alberto*. Per gli Arabi il bianco dell'uovo consiste in quella parte dell'albume dell'uovo che è viscosa e densa. Invece quella parte dello stesso albume che è tenue, essi la chiamano alzenbach dell'uovo o alrachich dell'uovo, Andrea Alpago*.

 

Nostri genituram quae in albumine crassiuscula apparet, nec facile dissolvi potest, avem appellant, den vogel: quod pullus ex ea nascatur. Ova albificat semen, Galenus in Anatome vivorum. In animalibus calidioribus candidum et luteum in ovo distincta sunt: et semper eis (avibus calidioribus et siccioribus) plus candidi syncerique [sincerique] est, quam lutei et terreni. Minus vero calidis et humidioribus contra, plus lutei, idque humidius est, ut in palustribus avibus, Aristot. de gener. anim. 3. 1.[27] Albertus in palustrium ovis duplo plus lutei quam candidi haberi scribit. Grandines dictae, quae initio vitelli adhaerent, nil ad generationem conferunt. quanquam aliqui ita non existimant. has duas esse certum est, alteram parti superiori iunctam, alteram inferiori. Χάλαζαν in ovo Aristot.[28] dixit, pro ea quam mulieres vocant gallaturam, id est, genituram. hae duae sunt: altera maior, quae parti inferiori iungitur, et ad Solem obtegente manu apparet intra putamen. quae vero parti superiori haeret non cernitur, nisi fracto putamine, et inspecta parte lutei infera. est pars superior cacumen. inferior vero pars rotunda huic opposita est, Niphus[29]. Kiranides ovi pelliculam hymena[30] nominat. Ovi tunicae tres sunt. una vitellum continet: secunda albumen, quae est tanquam pia mater: tertia testae adhaeret tanquam dura meninx, Albertus. Et rursus, Prima tunica intra testam ovi substantiam a testa defendit. sub hac alia mollior continet albumen, quae in pulli generatione secundarum loco est, et pullum complectitur. inter has tunicas est humor crudus qui excernitur dum formatur pullus. Vitellus sub albumine tunica propria ambitur, versus partes naturales pulli situs, a spiritualibus eius remotus.

I nostri chiamano uccello, den vogel, il liquido seminale che nell'albume ha un aspetto piuttosto denso e che non può essere dissolto con facilità: lo chiamano così in quanto ne nascerebbe il pulcino. Il seme rende bianche le uova, Galeno* in Administrationes anatomicae. Negli animali di natura più calda il bianco e il giallo nell'uovo sono separati: e sempre loro (gli uccelli di natura più calda e asciutta) hanno maggior quantità di sostanza bianca e pura di quella gialla e terrosa. Invece in quelli di natura meno calda e più umida, c'è una maggior quantità di giallo, e questo è più umido, come negli uccelli palustri, Aristotele De generatione animalium III, 1. Alberto scrive che nelle uova degli uccelli palustri si trova il doppio di giallo rispetto al bianco. Quelle formazioni che sono dette chicchi di grandine e che aderiscono alla parte esterna del tuorlo, non servono a nulla per la generazione. Anche se alcuni non la pensano così. È certo che i chicchi di grandine sono due, uno che si unisce al polo acuto, l'altro a quello ottuso. Aristotele ha parlato di chálaza* - grandine - nell'uovo per quella formazione che le donne chiamano gallatura, cioè, liquido seminale. Esse sono due: una più grande che si congiunge con il polo acuto e che è visibile all'interno del guscio guardando contro sole facendosi schermo con una mano. Invece quella che aderisce al polo ottuso non è visibile se non dopo aver rotto il guscio e aver ispezionato la parte inferiore del tuorlo. Il polo acuto costituisce la parte superiore. Invece la parte rotonda si trova dalla parte opposta, Agostino Nifo*. Kiranide* chiama imene la membrana dell'uovo. Le tuniche dell'uovo sono tre. Una contiene il tuorlo: la seconda l'albume, che è come la pia madre: la terza aderisce al guscio come la dura meninge - la dura madre, Alberto. E ancora: La prima tunica che si trova all'interno del guscio difende la sostanza dell'uovo dal guscio. Al disotto di questa ce n'è una più molle che contiene l'albume, la quale durante lo sviluppo del pulcino assolve al compito di sede della placenta e che avvolge il pulcino. Tra queste tuniche si forma un fluido non digerito che viene secreto mentre il pulcino va formandosi. Il tuorlo, che si trova sotto all'albume, è circondato da una tunica propria - membrana vitellina, è situato verso le parti vitali del pulcino e si trova distante dalle sue parti respiratorie.

 

¶ Ovi et partium eius natura. Ova integra in aqua dulci merguntur, corrupta innatant, ut dicetur pluribus infra in tractatione de ovis corruptis. Tostum ovum dissilit facile, non dissilit aqua concoctum: ignea siquidem vi, quodam ferrumine copulatur quod inest, humectum ampliusque calefactum exustumque, plures parit spiritus: qui loca nacti perangusta, exitum molientes testam praerumpunt, demumque evaporant. Praeterea flammae vis tunicam circumsiliens putaminosam, amburendo diffringit: quod et fictilibus evenire dum torrentur, evidens est. Quamobrem perfundi prius frigida solent ova. calida siquidem aqua mollicie [mollitie] statim humorem effundit, et raritatem relaxat, Caelius. Vide Aphrodisiensem problem. 1.102. ¶ Ova aceto macerata in tantum emolliuntur, ut per annulos transeant, Plinius[31]. Acetum mollit ovi corticem, ut in angustum urceum (phialam vitream angusti colli), immitti possit, me hoc experto. sed nigrior paulo evadit, aqua vero durescit, Cardanus. Dissolvuntur aceto forti praesertim destillato, vel succo limonum, margaritae, testae ovorum, Sylvius.

Natura dell'uovo e delle sue parti. Le uova vengono immerse intere in acqua dolce, quelle guaste galleggiano, come si dirà più estesamente più avanti nella trattazione delle uova guaste. L'uovo abbrustolito si rompe facilmente, non si rompe quello cotto in acqua: dal momento che a causa dell’energia del fuoco ciò che si trova dentro viene unito insieme come da una colla, umido e ancor più riscaldato e bruciato genera numerosi vapori: i quali essendosi venuti a trovare in un luogo molto ristretto, cercando una via d’uscita, rompono il guscio, e alla fine evaporano. Inoltre l’energia della fiamma assalendo da ogni parte la tunica del guscio la spezza bruciandola tutt’intorno: e si può osservare che ciò accade anche ai vasi di terracotta quando vengono torrefatti. Motivo per cui abitualmente le uova vengono per prima cosa immerse in acqua fredda. Infatti l’acqua calda con la sua minor densità fa subito fuoriuscire l’umidità e fa dilatare le porosità, Lodovico Ricchieri*. Vedi Alessandro di Afrodisia* Physikà Problëmata I, 102. ¶ Le uova macerate in aceto diventano tanto molli che passano attraverso un anello, Plinio. L'aceto fa rammollire il guscio dell'uovo, tanto da poter essere immesso in una brocca stretta (in una coppa di vetro dal collo stretto), io ho avuto esperienza di ciò. Ma diventa un po' più scuro, mentre con l'acqua si indurisce, Gerolamo Cardano*. Le perle e i gusci d'uovo si dissolvono in aceto forte, specialmente se distillato, oppure in succo di limone, Jacques Dubois*.

 

¶ Firmitas ovorum putaminibus tanta est, ut recta nec vi, nec pondere ullo frangantur, nec nisi paululum inflexa rotunditate, Plinius[32]. hoc vero ita se habere quotidianis et vulgaribus experimentis constat. Cur ovum pressum utroque extremo ambabus manibus frangi nequeat: pressum latere facile frangitur? Quoniam per angulos tantummodo suos manibus renititur opprimentibus. est enim angulus quod quaque in structura validius constet. adde quod pressum per extrema, parte minima [419] sentit. pressum per latera parte ampla conflictatur ut facile possit destrui, Aphrodisiensis problematum. 2. 45.

¶ I gusci d'uovo possiedono tanta solidità che per il lungo non vengono infranti da qualsivoglia forza o peso, ma soltanto se la parte ricurva è stata lievemente inclinata, Plinio. In realtà dagli esperimenti quotidiani e alla portata di tutti risulta che le cose stanno così. Perché un uovo premuto ad ambedue le estremità e con ambedue le mani non può essere rotto: premuto di lato si rompe facilmente? Perché grazie solamente alle sue estremità oppone resistenza alle mani che lo schiacciano. Infatti è l'estremità il motivo per cui in qualsiasi struttura risiede la forza maggiore. Aggiungi il fatto che, compresso alle estremità, ne risente in minima parte. Compresso sui fianchi corre gravemente il rischio di poter essere facilmente distrutto, Alessandro di Afrodisia Physikà Problëmata II, 45.

 

Cur vertigo surgenti potius accidat quam sedenti? An quoniam quiescenti humor universus unum in membrum se colligit: ex quo cruda etiam ova nequeunt circunverti, sed protinus decidunt. Moventi autem humor se aeque expandit, etc. Aristot. in problemat. 6. 4. Si ovum filo circumligatum super igne aut candela accensa teneas, filum non comburetur, nisi forte post multum temporis, exudat enim humor, qui lineum filum humectat. idem linteo aridis vini fecibus circumvoluto accidit. Naturam vitellus ovi, et albumen habent contrariam, non tantum colore, verumetiam virtute. Vitellus enim spissatur frigore, (idem Niphus asserit:) albumen non, sed amplius humet. contra albumen spissatur igne, vitellus non, sed mollis persistit, nisi peruratur. magisque in aqua fervente, quam ad ignem cogitur, atque induratur. Membrana haec inter se discernuntur, Aristot.[33] Sic et Albertus, Vitellus ovi cum assatur, nisi comburatur, non durescit, sed mollitur potius sicut cera. Et quoniam mollescit dum calescit, corrumpitur facile collecto superfluo humore temporis vel loci, si aliquandiu immoretur. Albumen vero non facile congelatur frigore: sed humidius efficitur potius, et cum assatur durius: et in generatione pulli densatur in substantiam membrorum.

Perché la vertigine insorge in chi si alza anziché in chi se ne sta seduto? Forse perché a chi se ne sta fermo tutto quanto l'umore si raccoglie in una sola parte del corpo: ecco perché anche le uova crude non possono rigirarsi, ma di colpo cadono giù. Invece in chi si muove l'umore si distribuisce uniformemente etc., Aristotele* in Problemata VI, 4. Se tu tenessi sopra al fuoco o a una candela un uovo che è stato avvolto con del filo, il filo non brucerà, se non magari dopo parecchio tempo, infatti l'umore traspira e va a umettare il filo di lino. La stessa cosa accade per un telo di lino che è stato avvolta intorno alle fecce asciutte. Il vitello dell'uovo e l'albume hanno una composizione che è opposta, non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Infatti il tuorlo diventa denso col freddo (Agostino Nifo* riporta le stesse parole), l'albume no, ma diventa più umido. Invece l'albume col fuoco di addensa, il tuorlo no, ma rimane molle, salvo venga scottato. E si addensa e si indurisce maggiormente in acqua bollente che direttamente sul fuoco. Queste due strutture sono tra loro separate da una membrana, Aristotele. Così si esprime anche Alberto*: Il vitello dell'uovo quando viene arrostito, se non viene bruciato, non si indurisce, anzi diventa molliccio come cera. E siccome mentre si scalda diventa molle, facilmente si altera nel raccogliere la sovrabbondanza di umidità del clima e del luogo se se ne sta fermo per un certo tempo. Ma l'albume non viene facilmente congelato dal freddo: anzi, diventa più umido, e quando viene fritto diventa più duro: e durante lo sviluppo del pulcino si addensa nella sostanza che ne costituisce le parti del corpo.

 

Et rursus eadem Aristoteles de generatione anim. 3. 2.[34] his verbis: Naturam candidum et luteum contrariam habent. luteum nanque gelu duratur et coit, calore contra humescit. quapropter cum vel in terra, vel per incubitum concoquitur, humescit, atque ita pro cibo animalibus nascentibus est. Nec vero cum ignitur assaturque quoniam naturae terrenae est, ut cera. ideoque cum plus iusto calescunt, nisi ex recremento humido sint, saniescunt reddunturque urina. at candidum gelu non concrescit, sed magis humescit. ignitum solidescit. quamobrem cum ad generationem animalium concoquitur, crassescit. ex hoc enim consistit animal. ¶ Si quis rupto putamine ova plura in patinam conijcit excreta, et coquit igne molli et continente, vitelli omnes in medium coeunt: albumina autem circundant [circumdant], et se in oras constituunt, Aristot.[35] ¶ Candidum ex ovis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta, vis vero tanta est (ovi candido, Hermol.) ut lignum perfusum ovo non ardeat, ac ne vestis quidem contacta aduratur, Plin.[36] Galenus in opere de simplicibus medic. ovorum albumen magis terrenum oleo esse scribit, et similem ei esse secundum humorem oculi. Albumen mixtum est e substantia aerea, terrea et aquea simul, sicut oleum: sed magis terrestre est quam oleum dulce, quare aegre concoquitur, Ant. Gazius.

E Aristotele in De generatione animalium III, 2 dice ancora le stesse cose con queste parole: Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. Infatti il giallo si rassoda al freddo e si rapprende, invece col calore si liquefa. Perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, e in questo modo diventa alimento per gli animali in via di formazione. Ma sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa, come la cera. Pertanto quando si riscaldano più del dovuto, a meno che siano costituiti da materiale umido di scarto, diventano viscosi e vengono resi non gallati. Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente. Sottoposto al calore diventa solido. Perciò si ispessisce quando viene sottoposto alla cozione della riproduzione degli animali. Infatti da esso prende origine l’animale. ¶ Se dopo aver rotto il guscio si cuociono a fuoco basso e continuo parecchie uova adagiate separatamente in una padella, tutti i tuorli si radunano verso il centro: infatti gli albumi si mettono all’intorno e si dispongono alla periferia. ¶ Il bianco ottenuto dalle uova mescolato alla calce viva fa aderire i frammenti di vetro, in verità tanta è la forza presente (nel bianco d’uovo, Ermolao Barbaro*) che un pezzo di legno cosparso di uovo non brucia, e neppure un abito che ne sia stato macchiato riesce a incendiarsi, Plinio*. Galeno* in De simplicium medicamentorum temperamentis et facultatibus scrive che l'albume dell'uovo è più terroso dell'olio, e che il liquido oculare si trova al secondo posto per somiglianza. L'albume è una mistura di aria, terra e acqua tutte insieme, come l'olio: ma è più terroso dell'olio dolce, motivo per cui lo si digerisce a fatica, Antonio Gazio*.

 

¶ Sexus ovorum. Quae oblonga sunt ova, et fastigio cacuminata, foeminam {a}edunt. quae autem rotundiora et parte sui acutiore obtusa, orbiculum habent, marem gignunt, Aristoteles[37]. eandem sententiam Albertus approbat: reprehendit vero translationem sui temporis tanquam contrariam iis verbis quae nunc recitavimus. Nostri quidem codices Graeci et Gazae translatio eam sententiam habent, quam nunc retuli, et Albertus comprobat. Avicenna scribit ex orbiculari ovo brevique progigni marem: ex oblongis acutisve foeminam. ipsum hoc comprobat experimentum et suffragatur ratio. siquidem virtutis perfectio in masculinis ovis ambit aequaliter, et continet extrema. at in foemininis, a centro longius abit materia in quo est vitalis calor. hoc vero plane imperfectionis argumentum est, Albertus ut citat Caelius. In ovis tam difficile saporum et sexus discrimen est, ut nihil gulae proceribus aeque incertum sit, Marcellus {Vergilius} <Virgilius>. qui cum Columellae et Aristotelis de sexu ovorum discernendo sententias contrarias recitasset: Est sane (inquit) in natura gravis author Aristoteles: Columella tamen villaticam pastionem ex quotidiana observatione et experientia docebat. nec nostrum est inter tam graves scriptores tantas componere lites. Video Plinium quoque cum Columella et Flacco sensisse. Quae oblonga sint (inquit) ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Foeminam {a}edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Longa quibus facies ovis erit, illa memento, | Ut succi melioris, et ut magis alba rotundis | Ponere nanque [namque] marem cohibent callosa vitellum, Horatius lib. 2. Serm.[38] Cum quis volet quam plurimos mares excludere, longissima quaeque et acutissima ova subiiciet. et rursum cum foeminas, quam rotundissima, Columella[39]. Ex ovis, praesertim in plenilunio natis, si plenilunii tempore subijciantur incubanda, et ita observetur temporis ratio ut in plenilunio etiam pulli excludantur, omnibus foeminas non mares nasci, quidam apud nos arbitrantur.

Sesso delle uova. Le uova oblunghe e appuntite all'apice generano una femmina. Invece quelle che sono piuttosto arrotondate e ottuse in corrispondenza del polo acuto, e che hanno un aspetto circolare, generano un maschio, Aristotele. Alberto si trova d'accordo con quest'affermazione: infatti critica la traduzione a lui contemporanea come antitetica a queste parole che ho appena riferito. In realtà i nostri codici greci e la traduzione di Teodoro Gaza* contengono quell'affermazione che ho appena riportato e con la quale Alberto si trova d'accordo. Avicenna* scrive che da un uovo tondeggiante e corto si genera un maschio: da quelle allungate e aguzze una femmina. L'esperienza comprova proprio questo e lo suffraga il ragionamento. Infatti nelle uova maschili la perfezione della forza avvolge in modo uniforme e contiene le parti più profonde. Mentre in quelle femminili la materia si allontana molto di più dal centro, in cui si trova il calore vitale. Ciò infatti è chiaramente una riprova di imperfezione, Alberto, come cita Lodovico Ricchieri*. Nelle uova è così difficile discernere i sapori e il sesso che per i maestri della gola nulla è parimenti incerto, Marcellus Virgilius alias Marcello Virgilio Adriani*. Il quale, dopo aver esposto i pareri contrari di Columella* e di Aristotele nel distinguere il sesso delle uova, così aggiunge: A dire il vero Aristotele è un'autorevole fonte per ciò che riguarda la natura: tuttavia Columella insegnava l'allevamento in fattoria basandosi sull'osservazione quotidiana e sull'esperienza. Ma non spetta a me comporre le divergenze enormi che esistono tra così autorevoli scrittori. Vedo che anche Plinio si è trovato d'accordo con Columella e Orazio*. E continua dicendo: Orazio ritiene che le uova allungate sono di sapore più gradevole. Quelle che vengono partorite più tondeggianti generano una femmina, le altre un maschio. Ricordati di mettere in tavola quelle uova che hanno l’aspetto allungato, in quanto hanno un sapore migliore, e sono più ricche in albume di quelle rotonde, e infatti il guscio contiene un tuorlo maschio, Orazio II libro dei Sermones. Se qualcuno vorrà far nascere moltissimi maschi, dovrà mettere a cova tutte quelle uova che sono molto allungate e appuntite. E invece se vorrà delle femmine, le più arrotondate possibili, Columella. Alcuni dei nostri ritengono che dalle uova, soprattutto da quelle deposte durante il plenilunio, se messe a covare durante il plenilunio, e facendo attenzione a calcolare il tempo in modo tale che anche i pulcini nascano durante il plenilunio, da tutte quante nascono femmine e non maschi.

 

de ovis monstrosis, ut geminis
et mollibus, etc. de irritis

vel sterilibus, ut subventaneis. de corruptis, ut urinis, etc.

le uova mostruose, come le gemellari e quelle dal guscio molle, etc.
Quelle non buone o sterili, come quelle piene di vento. Quelle guaste, come quelle piene di vento, etc.

 

Ova gemina binis constant vitellis. qui ne invicem confundantur, facit in nonnullis praetenue quoddam septum albuminis medium. aliis vitelli contactu mutuo sine ullo discrimine iunguntur. Sunt in genere gallinarum, quae pariant gemina omnia, in quibus animadversum est, quod de vitello exposui. quaedam enim duodeviginti peperit gemina, exclusitque, praeterquam, si qua essent (ut fit) irrita. Caeteris itaque foetus prodiit, sed ita gemini excluduntur, ut alter sit maior, alter minor: et tandem in monstrum degeneret, qui minor novissime provenit, Aristot.[40] Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt, et geminos interdum excludunt, ut Cor. Celsus au<c>tor est: alterum maiorem, alioquin negant omnino geminos excludi, Plin.[41] Vetus quoque Aristotelis interpres (inquit Vvottonus) ad eundem sensum vertit ex Arabico ita: Et in quolibet inveniuntur gemelli, et unus gemellorum parvus est, et alter magnus: et multoties est parvus monstruosus.

Le uova gemellari sono costituite da due tuorli. I quali, per non fondersi tra loro, in alcune uova creano come un sottilissimo diaframma di albume interposto. In altre i tuorli sono uniti per mutuo contatto senza alcuna separazione. Tra le galline ce ne sono di quelle che depongono tutte uova gemellari, nelle quali si è riscontrato ciò che ho detto a proposito del tuorlo. Una ne aveva deposte diciotto gemellari e le aveva fatte schiudere, eccetto quelle che (come accade) erano sterili. Dalle altre uscì un pulcino, ma i gemelli che ne nascono sono tali per cui uno è più grande, l’altro più piccolo: e infine quello più piccolo, che è nato per ultimo, degenera in un mostro, Aristotele. Alcune galline depongono tutte uova gemellari, e talora ne fanno nascere dei gemelli, come riferisce Cornelio Celso*: uno dei due pulcini è più grande, d'altro canto affermano che assolutamente non si schiudono dei gemelli, Plinio. Edward Wotton* dice: Anche un antico traduttore di Aristotele traduce dall’arabo con lo stesso significato in questo modo: E in qualunque uovo si incontrino dei gemelli, uno dei gemelli è piccolo e l’altro è grande: e spesso quello piccolo è mostruoso.

 

Graeca vero Aristotelis exemplaria [420] (nisi mendam subesse iudicemus) ita habent[42]: Τὰ μὲν οὖν ἄλλα γόνιμα, πλὴν ὅσα τὸ μὲν μεῖζον τὸ δὲ ἔλαττον γίνεται τῶν διδύμων, τὸ δὲ τελευταῖον τερατώδες, hoc est, ut ego arbitror: E caeteris itaque gemina foecunda sunt, nisi quibus hoc contingit, ut alter maior fuerit, alter minor. in iis enim tandem in monstrum degenerat qui minor novissime provenit. Utra autem sententia fuerit verior, indicabit experientia. Videtur certe Plinius vel ex professo cum Aristotele hac in re minime convenire, quando Celsum authorem non Aristotelem citet[43]. In quibusdam exemplaribus Plinianis habetur (uti recte annotavit Claymundus) non alioqui, sed aliqui negant omnino geminos excludi, Haec ille. Quaerendum an legendum in Aristotelis verbis non πλὴν ὅσα, sed πλὴν ὅτι: et γίνεται praesens loco praeteriti ἐγένετο accipiendum sit, ut non simpliciter hic de ovis geminis scribat Aristoteles, sed de illius tantum gallinae geminis, quorum historiam hoc in loco recitat hoc sensu[44], Ex ovis octodecim gallinae cuiusdam omnibus geminis, pauca quaedam irrita fuerunt: caetera vero omnia (rite) foecunda: nisi quod e geminis pullus alter semper minor fuit, et ultimus (alter scilicet minor de ovo postremo excluso vel parto) monstruosus. In ovis quibusdam gemelli sunt, sed alter geminorum comprimit alium: et aliquando ruptis telis (tunicis) bicorporeus generatur, Albert.

Ma l’originale greco di Aristotele* (a meno di credere che vi si nasconda un errore) riporta così: Tà mèn oûn álla gónima, plën hósa tò mèn meîzon tò dè élatton ghìnetai tøn didýmøn, tò dè teleutaîon teratødes: cioè, come io ritengo: Pertanto rispetto alle altre le gemellari sono feconde, senonché ad alcune accade che un gemello sia più grande, l’altro più piccolo. Insomma, di essi degenera dunque in un mostro quello più piccolo che è nato per ultimo. Quale delle due affermazioni sia la più rispondente al vero lo dirà l'esperienza. E risulta senza dubbio evidente che a questo proposito Plinio* apertamente non concorda con Aristotele, dal momento che cita come fonte autorevole Celso*, non Aristotele. In alcune copie dei testi pliniani viene riportato (come correttamente ha osservato Claymundus*) non alioqui - del resto, ma aliqui - alcuni - negant omnino geminos excludi - affermano che assolutamente non nascono gemelli, queste le parole di Edward Wotton*. Bisogna chiedersi se nelle parole di Aristotele bisogna leggere non plën hósa - eccetto quanto, bensì plën hóti - eccetto che: e se bisogna intendere il presente ghínetai - nasce - invece del passato eghéneto - nacque, dato che Aristotele in questo brano non scriverebbe semplicemente riguardo alle uova gemellari, ma delle uova gemellari solo di quella gallina, delle quali cita la storia nel passo che segue in questo modo: Delle diciotto uova tutte gemellari di una gallina, solo poche furono sterili: senza dubbio tutte le altre furono feconde (come di regola): se non che da quelle gemellari uno dei due pulcini nacque sempre più piccolo, e l’ultimo (cioè quello più piccolo dei due, nato dall’uovo schiuso o deposto per ultimo) era mostruoso. In alcune uova si trovano dei gemelli, ma uno dei gemelli comprime l’altro: e talora dopo aver rotto le membrane testacee (gli involucri) nasce dotato di due corpi, Alberto*.

 

Calor fovens gallinae semen illud in fistulas (sic habet codex impressus) paulatim ovi candidum vertit, tum vero et lutei aliquid. nam alae et crura ex luteo fiunt. indicio est, quod pulli, qui ex ovo cuius lutea duo sunt absque sepiente membrana quatuor alis et totidem pedibus nascuntur, arbitranturque prodigium quale olim Mediolani contigit, Cardanus[45]. Atqui nos alibi de anate scripsimus, et rursus de columba, quae tetrapodes tantum, non etiam tetrapteri fuerunt. Monstra (inquit Aristot. de generat. anim. 4. 4.[46]) saepius gignuntur in iis, quorum partus numerosus est, et praecipue in avium genere, earumque potissimum in gallinis, iis enim partus numerosus, non modo quod saepe pariant ut columbae, verum etiam quod multos simul conceptus intra se continent, et temporibus omnibus coeunt. hinc gemina etiam pariunt plura. cohaerent enim conceptus, quoniam in propinquo alter alteri est, quomodo interdum fructus arborum complures, quod si vitella distinguuntur membrana, gemini pulli discreti sine ulla supervacua parte generantur. sed si vitella continuantur, nec ulla interiecta membrana disterminantur, pulli ex iis monstrifici prodeunt, corpore et capite uno, cruribus quaternis, alis totidem, quoniam superiora ex albumine generentur, et prius: vitellum enim cibo iis est. pars autem inferior postea instituitur, quanquam cibus idem <in>discretusque[47] suppeditatur. in ovis quibusdam gemelli sunt. sed alter geminorum comprimit alium: et aliquando ruptis telis (involucris) bicorporeus generatur, Albert. Iam quale certo tempore est ovum in gallina, tale aliquando prodiit luteum totum, qualis postea pullus est. {Gallina}[48] <Gallo> etiam {discissa} <discisso> talia sub septo, quo loco foeminis ova adhaerent, inventa sunt, colore luteo tota magnitudine ovi perfecti: quod pro ostento augures capiunt, Aristot.[49] Audio et trilecitha[50], id est triplicis vitelli ova interdum reperiri: frequentius vero dilecitha, eaque in medio testae plerunque cavitatem habere. Magis nutriunt et subtiliora sunt ova quae duos vitellos habent, Elluchasem.

Il calore della gallina che riscalda quel seme trasforma gradualmente in formazioni tubulari (così riporta il codice stampato) il bianco dell'uovo, ma anche una parte del giallo. Infatti le ali e le gambe si formano dal giallo. Ne è una riprova il fatto che da un uovo con due tuorli senza una membrana separatrice nascono dei pulcini con quattro ali e altrettante zampe, e vengono ritenuti come un fatto prodigioso, come quello che un tempo accadde a Milano, Gerolamo Cardano*. Orbene, in un passo ho scritto a proposito dell'anatra, e poi della colomba, che nacquero con solo quattro zampe, non con anche quattro ali. Aristotele in De generatione animalium IV, 4 dice: I mostri si generano più spesso in quegli animali la cui prole è numerosa, e soprattutto negli uccelli, e assai frequentemente nelle galline, infatti la loro deposizione è numerosa, non solo in quanto depongono spesso come le colombe, ma anche perché hanno dentro di loro contemporaneamente molti prodotti del concepimento e si accoppiano in tutte le stagioni. Per cui depongono anche numerose uova gemellari. Infatti i prodotti del concepimento aderiscono tra loro in quanto uno è situato in vicinanza dell’altro, come talora succede quando i frutti degli alberi sono molto numerosi, ma se i tuorli sono separati da una membrana, vengono generati dei pulcini gemelli separati senza alcuna parte eccedente. Se invece i tuorli sono uniti insieme e non sono delimitati da alcuna membrana interposta, da essi nascono dei pulcini mostruosi con un corpo e una testa, con quattro zampe e altrettante ali, in quanto le parti superiori si formano dall’albume, e prima: infatti per essi il tuorlo è alimento. Mentre la parte inferiore si forma successivamente nonostante venga fornito un alimento uguale e identico. In alcune uova si trovano dei gemelli. Ma uno dei gemelli comprime l'altro: e talora dopo la rottura delle membrane (degli involucri) ne nasce un soggetto con due corpi, Alberto. Come in un determinato momento si presenta l’uovo nella gallina, così talora - l’uovo - si è mostrato tutto quanto sotto forma di tuorlo, che successivamente sarà un pulcino. Anche dopo aver sezionato un gallo tali uova delle dimensioni di un uovo ultimato di colore giallo sono state trovate sotto al setto trasverso laddove nelle femmine le uova sono adese: il che gli auguri lo prendono come fatto portentoso, Aristotele. Sento dire che si trovano anche delle uova trilecitha - trilékitha, cioè con tre tuorli: ma più spesso con due tuorli, e che al centro del guscio presentano di solito una cavità. Le uova che hanno due tuorli nutrono di più e sono più delicate, Elluchasem Elimithar*.

 

¶ Fiunt et tota lutea quae vocant schista[51], cum triduo incubata tolluntur, Plin. ¶ Ego me aliquando ovum videre memini cuius testa ab altera parte extrema in angustum veluti collum instar cucurbitae se colligebat.

¶ Diventano pure tutte gialle quelle che chiamano schista - divise - quando vengono rimosse dopo essere state covate per tre giorni, Plinio. ¶ Mi ricordo di aver visto talora un uovo il cui guscio a una delle due estremità si restringeva in un collo stretto come se fosse quello di una zucca*.

 

¶ Gallinae nonnulla pariunt ova mollia vitio, Aristot.[52] Albertus ova sine testa exteriore inter subventanea numerat, ut infra recitabimus. Qui ixiam[53] biberunt, sumptis remediis vomentes, tales fere humores reddunt, qualia sunt ova gallinarum altilium, quae sine putamine reddunt propter ictum aut aliam vim quampiam, διὰ τινα πληγὴν ἤ περίστασιν, Scholiastes Nicandri. Et rursus, Ova sine putamine parit (ῥίπτει, eijcit) gallina, ἤ ἀπὸ πληγῆς ἤ ἐκ πλήθους ἐναποκειμένου αὐτῇ. hoc est, vel propter ictum aliquem, vel propter multitudinem (ovorum nimirum se invicem comprimentium) in ea. Poetae quidem versus hi sunt, Ἄλλοτε μὲν πληγῆσι νέον θρομβήϊα γαστρὸς | Μαρναμένη (scilicet gallina) δύσπεπτον ὑπεκγόνον ἔκχεε γαίῃ.[54]

¶ Le galline depongono alcune uova che sono molli a causa di un difetto, Aristotele. Alberto annovera fra le uova sterili quelle senza il guscio esterno, come dirò appresso. Coloro che hanno bevuto il vischio*, quando vomitano dopo aver assunto i rimedi, emettono dei liquidi che sono tali e quali le uova di galline d'allevamento che le depongono senza guscio* a causa di un colpo o di un qualche altro motivo violento, dià tina plëgën ë perístasin, il commentatore di Nicandro*. E ancora: La gallina depone (ríptei, scaglia) uova senza guscio, ë apò plëgês ë ek plëthous enapokeiménou autêi, cioè, o a causa di qualche botta, oppure a causa del grande numero (ovviamente di uova, che si schiacciano tra loro) presenti in essa. Ma i versi del poeta sono i seguenti: Állote mèn plëgêsi néon thrombëïa gastròs | Marnaménë dýspepton hypékgonon ékchee gaíëi. - Lottando (vale a dire la gallina) con il corpo contuso a causa di numerosi colpi, versa a terra il seme informe e crudo senza guscio.

 

¶ Pariunt autem ova nonnulla infoecunda, vel ex iis ipsis, quae conceperint coitu. nullus enim provenit foetus, quamvis incubitu foveantur. quod maxime in columbis notatum est. Sterilitas ovis accidit, vel quia subventanea sunt, de quibus infra dicetur: vel aliis ex causis. corrumpuntur enim fere quatuor modis. Primo, albumine corrupto, ex quo partes pulli formari debuerant. Secundo, propter corruptionem vitelli, unde alimentum suppeditandum erat. itaque formatur pullus imperfecte, et partes quaedam in ipso non absolutae inveniuntur et non coniunctae, sicut in abortu animalis vivipari ante perfectionem lineamentorum foetus. Albumine autem corrupto nihil omnino per incubationem formatur, sed ovum totum turbatur et corrumpitur, sicut corrumpitur humor (sanies) in apostemate, quamobrem perquam foetida redduntur talia ova. (Haec esse conijcio quae Aristoteles et alii urina vocant, de quibus infra copiosius scribetur. nostri putrida ova, sule eyer. quanquam Aristoteles urina non albumine, sed vitello corrupto fieri ait). Tertio contingit ovum corrumpi, membranarum et fibrarum quae per albumen tendunt, vitio. nam corrupta tunica quae continet vitellum, humor vitellinus effluit, et confunditur cum albumine. itaque impeditur ovi foecunditas. Corruptis autem fibris, corrumpuntur venae et nervi pulli, et chordae: et impeditur nutritio, et compago ligamentis destructis dissolvitur, et laesis nervis sensus admittitur. Quarto, per vetustatem, exhalante spiritu in quo est virtus formativa: unde vitellus pondere suo penetrat albumen, et ad testam fertur in eam partem cui incumbit ovum. His quatuor modis ova infoecunda fieri contingit. In secundo quidem modo aliquando accidit, quod humoribus corruptis partes igneae combustae feruntur ad testam ovi, eamque aspergunt: unde ovum in tenebris [421] lucet quemadmodum quercus putrefacta.

¶ Sta parlando Alberto: Infatti depongono alcune uova sterili, o da sole, o uova che hanno concepito in seguito al coito. Infatti non si forma alcun feto nonostante vengano riscaldate con la cova. Cosa che si è sopratutto osservata nei colombi. Alle uova accade di essere sterili o perché sono piene di vento, di cui si parlerà oltre, o per altri motivi. Infatti si guastano più o meno secondo quattro modalità. In primo luogo a causa dell'albume che si è alterato, dal quale avrebbero dovuto formarsi le parti del pulcino. In secondo luogo a causa di un’alterazione del tuorlo, da dove doveva essere fornito l’alimento. E così infatti il pulcino si sviluppa in modo imperfetto, e in esso si rinvengono alcune parti incompiute e non unite tra loro, come nell’aborto di un animale viviparo prima del perfezionamento dei lineamenti del feto. Ma, essendosi alterato l’albume, durante tutta l’incubazione non si forma assolutamente nulla, ma l’uovo diventa tutto quanto marcio e fetido, come il liquido (il pus) che si altera in un ascesso, motivo per cui tali uova diventano estremamente fetide. (Penso che siano queste le uova che Aristotele e altri chiamano piene di vento, di cui si scriverà più abbondantemente più avanti. I nostri chiamano sule eyer le uova putride. Nonostante Aristotele dica che le uova piene di vento si formano non dall'albume ma dal tuorlo che si è alterato). In terzo luogo accade che l’uovo si altera per colpa delle membrane e delle fibre che si estendono attraverso l’albume. Infatti, una volta che la tunica che contiene il tuorlo si è alterata, il liquido vitellino defluisce e si mescola con l’albume. Di conseguenza la fecondità dell’uovo viene ostacolata. Ma una volta che le fibre si sono alterate, si alterano anche le vene e i nervi del pulcino, nonché le fibre: la sua nutrizione viene resa impossibile, e una volta che si sono distrutti i legamenti l’unione tra le varie parti si dissolve e quando i nervi sono stati lesi viene persa la sensibilità. In quarto luogo, a causa dell’invecchiamento, in quanto fuoriesce l’aria in cui risiede la proprietà formativa: per cui il tuorlo a causa del suo stesso peso entra nell’albume e si porta verso il guscio, in quella parte in cui l’uovo si incurva. Pertanto accade che le uova diventano infeconde secondo queste quattro modalità. Nella seconda modalità talora accade che a causa di un'alterazione dei liquidi le parti calde andando incontro a combustione si spostano verso il guscio e lo cospargono: per cui al buio l'uovo emana luce come accade per una quercia putrefatta - per bioluminescenza*.

 

Et huiusmodi ovum sibi visum in regione Corascena testatur Avicenna. Sunt et alii forte plures corruptionis ovorum modi, qui sub iam dictis facile comprehendi possunt, Haec omnia Albert.

E Avicenna* attesta che un uovo siffatto - che emette luce per bioluminescenza* - è stato da lui osservato nella regione del Corasan*. Forse esistono parecchi altri modi di alterazione delle uova che possono facilmente essere catalogati nelle modalità appena descritte. Tutte queste cose le ha scritte Alberto*.

 

¶ Subventanea. Ovorum quae subventanea vel zephyria nominant Galenus meminit lib. 2. de semine, (Ova facientes, inquit, sine mare aves et pisces sunt siccae temperaturae.) et lib. 14. de usu partium, ubi causam adfert cur nihil tale gressilia[55] faciant. In Lusitania ad Oceanum monte Tagro, quaedam e vento certo tempore concipiunt equae: ut hic gallinae quoque solent, quarum ova hypenemia[56] appellant, Varro[57]. Sunt qui hypenemia, hoc est subventaneos illos partus, zephyria nominent: eo quod verno tempore concipiunt aves flatus illos foecundos ex favonio recipere videantur. sed idem faciunt etiam si digito in genitale palpetur, τῇ χειρί πως ψηλαφώμεναι, Aristot.[58] Novimus altiles gallinas sine maris opera, mulierum manibus tantum confotas, ova peperisse; Oppianus in Ixeut. Ova subventitia (etsi partes videantur habere omnes) principio carent, quod a maris semine affertur. quapropter animata non sunt, etc. Aristot. de generat. anim. 2. 3.[59] Et {eiusdem} <tertii> libri capite primo[60], Perdices foeminae (inquit) tum quae coierint, tum quae nondum coierint, quarum usus est in aucupiis, cum olfaciunt marem, vocemque eius audiunt, alterae implentur, alterae statim pariunt, nam ut in homine et quadrupede fit, quorum corpora accensa libidine turgent ad coitum. alia enim cum primum viderunt, alia cum leviter tetigerunt, semen emittunt. sic et perdices sua natura libidinosae, levi egent motu cum turgent, citoque secernunt, (semen emittunt,) ut in iis quae non coierunt, subventanea consistant: in iis quae coierint, ova brevi augeantur et perficiantur. Et rursus in eodem capite: Subventanei conceptus in iis fiunt avibus quae non volaces sunt {ut} <nec>[61] uncae, sed multiparae, quoniam excremento ipsae abundant. uncis in alas et pennas id vertitur, corpusque exiguum siccum et calidum habetur. decessus autem menstruorum et genitura, excrementum sunt.

Uova piene di vento. Galeno* ha fatto menzione delle uova che chiamano piene di vento o zefirine* nel II libro del De semine (dice: Le uova che gli uccelli e i pesci fanno senza i maschi sono di costituzione secca.) e nel libro XIV del De usu partium corporis humani dove adduce il motivo per cui gli animali che vanno a piedi non producono nulla del genere. In Lusitania sul monte Tagro* nei pressi dell’oceano in un determinato periodo certe cavalle concepiscono per effetto del vento: come qui - in Italia - sono solite fare anche le galline, le cui uova le chiamano piene di vento, Varrone*. Vi sono alcuni che chiamano zefirine le uova hypenemia, cioè quei prodotti del parto pieni di vento, in quanto sembra che in primavera essi ricevano i soffi fecondanti da Favonio*. Ma fanno la stessa cosa se con un dito si palpa in sede genitale, i cheirí pøs psëlaphømenai, Aristotele*. Sono venuto a sapere che le galline d'allevamento hanno deposto uova senza intervento del maschio, ma dopo essere state solamente riscaldate dalle mani delle donne, Oppiano* in Ixeutica. Le uova piene di vento (anche se sembrano possedere tutte le parti) mancano del principio generatore che viene arrecato dal maschio. Per cui sono prive di vita, etc. Aristotele De generatione animalium II, 3. E nello stesso libro, primo capitolo, dice: Le pernici* femmine, sia quelle che si sono accoppiate, sia quelle che ancora non si sono accoppiate, e che vengono impiegate durante l'uccellagione, quando annusano il maschio e odono la sua voce, le seconde vengono fecondate, le prime partoriscono immediatamente, infatti accade come negli esseri umani e nei quadrupedi, i cui corpi, una volta che la libidine si è innescata, si gonfiano per il coito. Infatti i primi emettono il seme non appena hanno dato uno sguardo, i secondi dopo aver dato una toccata leggera. Così anche le pernici che sono per loro natura libidinose, necessitano di un piccolo stimolo quando sono eccitate, e rapidamente depongono (emettono il seme) tant'è che in quelle che non si sono accoppiate le uova sono piene di vento: in quelle che si sono accoppiate, le uova aumentano di volume in breve tempo e giungono a compimento. E ancora nello stesso capitolo: Il concepimento di uova ventose avviene in quegli uccelli che non sono dei volatori né dei predatori dalle unghie ricurve, ma che fanno molte uova, in quanto essi hanno del residuo in abbondanza. Negli uccelli dalle unghie ricurve esso viene trasformato in ali e penne, e si ottiene un corpo piccolo, asciutto e caldo. Infatti la fuoriuscita di materiale mestruale e lo sperma rappresentano una secrezione.

 

Et paulo post[62], Fiunt subventanea ova, quoniam materia seminalis in foemina est, nec menstruorum decessio fit avibus ut viviparis sanguine praeditis. Volacibus subventanea non gignuntur, scilicet eadem causa, qua neque multa ab iis ipsis generantur. Uncunguibus enim parum excrementi inest, et marem desiderant ad excrementi commotionem. Gignuntur subventanea ova numero quam quae foecunda sunt, sed minora, ob unam eandemque causam. quod enim imperfecta sunt, minus augentur: quod minus augentur, plura numero existunt. minus etiam suavia sunt, quoniam minus concocta, concoctum enim in quovis genere dulcius est. Sed avium aut piscium ova non perfici ad generationem sine mare, satis exploratum habemus. Et rursus, Avium etiam subventanea ova colorem duplicem obtinent, habent enim ex quo utrunque sit, et unde principium, et unde cibus, sed haec imperfecta sunt et maris indiga. fiunt enim foecunda, si quo tempore ineuntur a mare. Subventanea ova sine coitu gignuntur. et falsum est quod quidam dicunt ea reliquias esse praegressi coitus. satis enim conspectum est in novella tum gallina tum ansere, gigni sine coitu[63], Aristot.

E poco più avanti: Le uova piene di vento si formano in quanto nella femmina è presente la materia seminale, e il flusso mestruale non si verifica negli uccelli, come invece accade nei vivipari forniti di sangue. <...> Le uova piene di vento non vengono prodotte dagli uccelli volatori evidentemente per lo stesso motivo per cui da parte loro non ne vengono prodotte parecchie. Infatti in quelli dalle unghie ricurve si trova poca secrezione e hanno bisogno del maschio per eccitare la secrezione. Le uova ventose vengono generate in un numero uguale a quelle feconde, ma sono più piccole, per un unico e identico motivo. Dal momento che sono imperfette, si accrescono di meno: dal momento che si accrescono di meno, sono in numero maggiore. Sono anche meno squisite in quanto sono meno concotte, infatti in qualunque genere di cose ciò che è concotto è più gradevole. Ma abbiamo analizzato a sufficienza il fatto che le uova degli uccelli e dei pesci non giungono a compimento dal punto di vista riproduttivo senza l'intervento del maschio. E ancora: anche le uova ventose degli uccelli hanno due colori, infatti posseggono ciò che ha dato luogo ad ambedue, sia ciò da cui proviene il principio generatore, sia il cibo, ma esse sono imperfette e bisognose del maschio. Infatti diventano feconde se a un certo punto vengono fecondate dal maschio. Senza coito si generano delle uova ventose. Ed è falso ciò che alcuni dicono, che cioè esse sono dei residui di un coito pregresso. Infatti si è potuto osservare quanto basta sia nella gallina che nell'oca giovani che esse vengono prodotte senza il coito, Aristotele.

 

Et rursus[64], Non audiendi sunt qui ova hypenemia dicta a vento, quasi subventanea dixeris, reliquias esse partus, quem coitus fecerit, arbitrantur. Iam enim aliquas gallinarum et anserum iuvencas, expertes adhuc coitus parere hypenemia visum saepius est. Sunt haec sterilia et minora, ac minus iucundi saporis, et magis humida (ut Plinius quoque scribit[65]) quam ea quae foecunda gignuntur, sed plura numero. humor eorum crassescere incubatione avis non potest: sed tam candida, quam lutea pars similis sibi perseverat. Pariunt genus id ovi plures aves, ut gallinae, perdices, columbae, pavones, anseres, (ut Plinius quoque transtulit) et quae ab ansere, et vulpe composito nomine chenalopeces[66], id est, vulpanseres dictae sunt. Ova huiusmodi omnia sunt infoecunda, nec aliud quam ovum, nisi quo alio modo maris opera contingat, Idem. Et alibi[67], Redditur certe ovum subventaneum illud foecundum: et quod iam conceptum per coitum est, transit in genus diversum, si prius coeat, quae vel subventaneum, vel semine maris diversi conceptum fert, quam ovum ipsum a lutea in candidam ambientem partem proficiat. Ita enim fit, ut subventanea ova foecunda reddantur: et quae inchoata a mare priore sunt, specie posterioris proveniant. At si iam candidum acceperunt humorem, fieri non potest, ut vel subventanea in foecunda mutentur, vel quae per coitum concepta gestantur, transeant in genus maris, qui secundus coierit. Graece legitur subventanea ova foecunda futura, si gallina ineatur, πρὶν μεταβαλεῖν (τὸ ὠόν) ἐξ τοῦ ὠχροῦ εἰς τὸ λευκόν:

E ancora: Non bisogna ascoltare coloro che ritengono che le uova ventose cosiddette dal vento, come se si dicesse piene di vento, sono dei residui del parto che è avvenuto in conseguenza del coito. Infatti si è potuto osservare piuttosto spesso che alcune galline e oche giovani che non si sono ancora accoppiate depongono uova ventose. Esse sono sterili e più piccole e di sapore meno gradevole, e più acquose (come scrive anche Plinio*) di quelle feconde, ma in numero maggiore. Il loro contenuto liquido non può ispessirsi attraverso l'incubazione da parte dell'uccello: tant'è che sia la componente bianca che quella gialla rimangono immodificate. Parecchi uccelli depongono questo tipo di uovo, come le galline, le pernici, le colombe, i pavoni, le oche, e quelle che sono dette chenalopeces (come anche Plinio ha tradotto), cioè volpoche*, attraverso la fusione dei vocaboli oca e volpe. Tutte siffatte uova sono infeconde, e non sono altro che uova, a meno che per intervento del maschio non accada diversamente, sempre Aristotele. E in un latro passo: Senza dubbio quell'uovo ventoso viene reso fecondo: e quello che è già concepito attraverso il coito passa a un altro genere se quella che porta dentro di sé un uovo ventoso, oppure concepito attraverso il seme di un maschio di specie diversa, si accoppia prima che l'uovo stesso si sposti dalla parte gialla a quella bianca che sta attorno. Così infatti accade che le uova ventose diventano feconde: e quelle che sono fecondate dal maschio precedente si trasformano nella seconda specie di uccello. Ma se hanno già ricevuto il liquido bianco, non può verificarsi che da ventose si trasformino in feconde, oppure quelle che vengono portate essendo state concepite attraverso il coito, passino alla specie del maschio che ha montato per ultimo. In greco si legge che le uova ventose diventeranno feconde se la gallina viene montata prima di trasformare (l'uovo) da giallo a bianco - prìn metabaleîn (tò øón) ex toû øchroû eis tò leukón.

 

Niphus vertit, priusquam candidum obtegat luteum. prius enim ova lutea tantum apparent in utero: postea etiam albumen in eis discretum. Ubi autem scribitur ova ex semine maris qui prius coierit concepta, degenerare si alius inierit postea, et posterioris speciem referre: Albertus non recte habet, alterari ea ad sterilitatem ovorum venti. Avis quae ovum coitu conceptum gerit, si cum alio mare coierit, simile eius quo cum postea coivit, excludet omne genus pullorum, quapropter nonnulli ex iis, qui ut gallinae generosae procreentur operam dant, ita mutatis admissariis faciunt, tanquam semen maris sua facultate materiam contentam in foemina qualitate tantum quadam afficiat, non etiam misceatur constitutionemque subeat, Aristot. de generat. anim. 1. 20.[68] Irrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua foeminae inter se libidinis imaginatione concipiunt, aut pulvere, Plinius[69]: qui haec ex authore aliquo Graeco mutuatus videri potest. Graeci quidem ἁφήν tum pulverem vocant, tum tactum sive contrectationem. concipiunt autem gallinae huiusmodi ova etiam manu contrectatae, ψηλαφώμεναι, ut Aristoteles scribit[70]. Contra afferri potest, ἁφήν non simpliciter pulverem, sed illum quo palaestritae post unctionem inspergebantur significare, ut Budaeus annotavit: et cum pulveratrices [422] sint gallinae, et pulveratio quoque contrectatio quaedam et affricatio sit, hoc quoque modo sterilia huiusmodi ova ab eis concipi posse.

Agostino Nifo* traduce: prima che il bianco ricopra il giallo. Infatti dapprima in utero - nell'ovaio - le uova sono solo di colore giallo: successivamente in esse si vede anche il bianco. Infatti vi sta scritto che le uova concepite attraverso il seme del maschio che ha montato per primo degenerano se un altro maschio monta successivamente, e che somigliano alla seconda specie: Alberto non è d'accordo che si alterano tanto da diventare sterili come le uova ventose: L'uccello che reca un uovo concepito attraverso il coito, se si accoppierà con un altro maschio, darà luogo a tutta una progenie di pulcini simile a quello con cui si è successivamente accoppiato, e che pertanto alcuni tra quelli che si danno da fare affinché nascano galline di razza, si adoperano affinché, con il cambio dei maschi da monta, il seme del maschio con il suo potere svolga un'azione sulla materia contenuta nella femmina solamente riguardo un certo tipo di qualità, ma non che vi si misceli pure e prenda il posto della sua composizione, Aristotele De generatione animalium I, 20. Le uova sterili che abbiamo chiamato hypenemia le concepiscono a causa di una mutua e reciproca fantasia libidinosa, o attraverso la polvere, Plinio: può sembrare che ha dedotto queste cose da un qualche autore greco. Infatti i Greci chiamano haphën sia la polvere, sia il tatto o palpazione. Infatti le galline concepiscono siffatte uova anche quando vengono palpate con la mano, psëlaphømenai, come scrive Aristotele. Tuttavia si può obiettare che haphën non significa semplicemente polvere, ma soprattutto quella di cui si cospargevano i lottatori dopo essersi unti, come Guillaume Budé* ha annotato: ed essendo le galline delle razzolatrici nella polvere ed essendo anche il riempirsi di polvere un qualche tipo di toccamento e di sfregamento, è verosimile che anche in questo modo da esse possano venir concepite siffatte uova sterili.

 

¶ De eisdem subventaneis ovis quae apud Albertum observavi adiiciam. Ova venti (inquit) in avibus concipiuntur ex vento maxime. rara enim corpora habent, et aerea, et locum {aui} <ani>, per quem concipiunt, vento expositum. itaque vento ad libidinem moventur, sicut etiam mulieres austro matricem aperientes delectantur, unde menstruus sanguis attrahitur. Fit autem hoc frequenter in avibus propter volatum et continuum caudae motum, propter quem etiam attrahitur semen ad matrices earum. Foeminae enim avium testiculos[71] habent super caudam, et exteriori parte corporis: mares vero interius, ubi aliis animalibus sunt renes. Et rursus, Zephyria ova concipiunt autumno, flante austrino vento[72], hic enim aperit corpora avium, et humectat, et foecundat. Autumno autem abundat in eis sicca ventositas. Aliae vero ova venti concipiunt vere, receptione venti austrini. item ad tactum manus supra anum, et per confricationem.

¶ Aggiungerò ciò che ho trovato in Alberto* sempre a proposito delle uova ventose. Dice: Le uova ventose negli uccelli vengono concepite soprattutto per opera del vento. Infatti hanno dei corpi leggeri e pieni d’aria, e la posizione dell’ano, attraverso il quale concepiscono, è esposta al vento. Per cui vengono spinti alla libidine dal vento, come anche le donne ricevono diletto nell’aprire l’apparato genitale ad Austro*, da dove viene costretto ad uscire il sangue mestruale. Ciò si verifica spesso negli uccelli a causa del volo e del continuo movimento della coda, grazie al quale il seme viene pure attratto al loro apparato genitale. Infatti le femmine degli uccelli hanno i testicoli - le ovaie - sopra la coda e all'esterno del corpo: invece i maschi li hanno dentro, dove negli altri animali si trovano i reni. E ancora: In autunno concepiscono le uova zefirine, quando spira il vento Austro, che infatti apre i corpi degli uccelli, e li inumidisce, e li feconda. In essi infatti in autunno abbonda una secca ventosità. Ma altri uccelli concepiscono uova ventose in primavera, ricevendo il vento Austro. Parimenti al contatto della mano al di sopra dell'ano, e attraverso lo sfregamento.

 

Et alibi[73], Ova venti dicuntur, eo quod calor (incubantis avis) resolvere quidem ipsa potest in ventum: sed non formare in pullum. haec tamen ova coagulabilia sunt hepsesi et optesi[74], sed non formabilia, proprio formante destituta. ita enim se habent ut seminis foeminae permixtio cum sanguine menstruo, (sine semini viri,) unde nihil generari potest. Si ova subventanea gallinae subijcias incubanda, nec albugo nec vitellus immutabuntur: sed utrunque colorem suum servabit. unde apparet errasse Galenum cum dixit, semen foeminae quoque coagulare in generatione et formare: etsi minus id efficiat quam semen maris. Inveniuntur quaedam ova venti absque albumine (absque vitello, forte) qualia fiunt quando in materia coitus abundant gallinae ex aliquo cibo singulariter materiam coitus operante. tunc enim absque vitello testa albumini circunducitur: et figura ovi datur et producitur. Vidi ego ovum prorsus sphaericum, duabus testis intectum, una intra alteram, cum albumine aquoso tenui inter utranque absque vitello, et altero etiam albumine intra interiorem testam[75]. quod vero vitellum solum haberet subventaneum ovum visum nullum adhuc est. hic enim pro alimento duntaxat est, membrana discretus ab albumine, quod est sperma foeminae vi matricis et testium[76] attractum ad ovi substantiam. Inveniuntur praeterea quaedam ova venti, quae non habent testam exteriorem, sed membranam tantum quae testae subiici solet. quod fit, quoniam talia ova humida sunt et aquosa: et non habent calorem satis validum: praesertim si cibo humido sperma augente alantur gallinae, Hucusque Albertus.

E in un altro punto: Vengono dette uova del vento in quanto il calore (dell'uccello che cova) è in grado di dissolverle in vento: ma non di trasformarle in pulcino. Tuttavia queste uova possono diventare dure se bollite e arrostite, ma non possono prendere una forma, essendo sprovviste del principio formatore. Infatti sono costituite come la commistione del seme della femmina con il sangue mestruale (senza il seme del maschio), per cui nulla può essere generato. Se metterai da covare a una gallina delle uova ventose, né l'albume né il tuorlo si modificheranno: ma ambedue conserveranno il loro colore: per cui è evidente che Galeno* si è sbagliato quando disse che anche il seme della femmina si coagula durante la generazione e che plasma il feto: anche se fa ciò in misura minore rispetto al seme del maschio. Si trovano alcune uova ventose senza albume (forse senza tuorlo) come lo diventano quando le galline hanno in abbondanza materiale derivante dal coito grazie a qualche cibo che produce materiale del coito in modo speciale. Allora infatti in assenza di tuorlo il guscio si distribuisce attorno all'albume: e si realizza e si produce la forma di un uovo. Io ho visto un uovo completamente sferico ricoperto da due gusci, uno dentro all'altro - uovo matreshka*, con dell'albume acquoso poco denso che si trovava tra i due gusci e senza tuorlo, e con anche un secondo albume dentro al guscio più interno. Finora non si è visto alcun uovo ventoso che abbia solo il tuorlo. Infatti questo serve solo da alimento, separato da una membrana dall'albume che è il seme della femmina attirato dalla forza dell'utero e dei testicoli - dell'ovaio - verso la sostanza che compone l'uovo. Inoltre si trovano alcune uova ventose che non hanno il guscio esterno*, ma solamente quella membrana che abitualmente sta al di sotto del guscio. Ciò accade perché siffatte uova sono umide e acquose: e non posseggono un calore abbastanza intenso: soprattutto se le galline vengono nutrite con cibo umido che fa aumentare il seme, sin qui Alberto.

 

¶ Auctor est in Hexaemero Magnus Basilius, subventanea ova in caeteris irrita esse ac nova, (vana,[77]) nec illis fovendo quicquam excuti: at vultures subventanea fere citra coitum progignere fertilitate insignia. Intelligi vero subventanea seu hypenemia debent, citra coitum concepta libidinis imaginatione, quae ratio molam in foeminis quoque producere creditur, vitae ineptam. quod agens principium ex maris seminio non affuerit, Caelius. Ovum venti est ovum super quod non cecidit tempore coitus ros et virtus de semine maris; et vulgo dicitur ovum venti, quod sterile sit et infoecundum, Bellunensis. Gallinae novellae, quas a Martio mense Germani denominant, pariunt nonnunquam ova subventanea, Eberus et Peucerus. Πλήθουσι γὰρ τοι καὶ ἀνέμων διέξοδοι | θήλειαν ὄρνιν, πλήν ὅταν παρῇ τόκος, Plutarchus Sympos. 8.[78]

¶ San Basilio il Grande* scrive nelle sue Omelie sui sei giorni della creazione che negli altri uccelli le uova ventose sono sterili e insolite (vuote), e che scaldandole non ne può scaturire alcunché: ma che invece gli avvoltoi depongono delle uova ventose estremamente fertili assolutamente senza il coito. In verità bisogna intendere come ventose o hypenemia quelle uova concepite senza il coito a causa di fantasie libidinose, e si crede che questa sia la causa che anche nelle donne produce la mola uterina* - mola materna*, che non è vitale. In quanto non vi è pervenuto il principio attivo che deriva dal seme del maschio, Lodovico Ricchieri*. L'uovo ventoso è l'uovo sul quale al momento del coito non è caduta la rugiada e il potere derivante dal seme del maschio, e comunemente viene detto uovo del vento in quanto è sterile e infecondo, Andrea Alpago*. Le galline novelle, cui i Tedeschi danno il nome dal mese di marzo, talora depongono uova ventose, Paul Eber* e Caspar Peucer*. Plëthousi gàr toi kaì anémøn diéxodoi | thëleian órnin, plën ótan parêi tókos - Infatti riempiono anche di venti l'uccello femmina [la gallina], eccetto quando si avvicina l'ora del parto, Plutarco*, libro VIII di Symposiakà o Questioni conviviali.

 

Ova quae canicularia et urina (κυνόσουρα καὶ οὔρινα) a nonnullis vocantur, aestate magis consistunt, Aristot.[79] interprete Gaza. forte autem ab eo dicta fuerint cynosura, quod aestate et sub Cane magis urina fiunt. alioqui {sydus} <sidus> etiam cynosura[80] vocatur, nempe ursa minor. Depravantur ova (inquit Aristot. de generatione anim. 3.2.[81]) et fiunt quae urina appellantur, tempore potius calido, idque ratione. Ut enim vina temporibus calidis coacescunt, faece subversa. hoc enim causae est ut depraventur. sic ova pereunt vitello corrupto. id enim in utrisque terrena portio est. quamobrem et vinum obturbatur faece permista, et ovum vitello diffuso. Multiparis igitur hoc accidit merito, cum non facile omnibus calor conveniens reddi possit, sed aliis deficiat, aliis superet, et quasi putrefaciendo obturbet. Uncunguibus etiam quamvis parum foecundis, nihilominus tamen idem evenit. saepe enim vel alterum ex duobus urinum fit, sed tertium semper fere. Cum enim calida sua natura sint, faciunt, ut quasi ferveat supra modum humor ovorum. Cum autem plus iusto calescunt, nisi ex recremento humido sint, saniescunt, reddunturque urina. Columbas inquit idem de hist. 6. 4.[82] ut plurimum bina tantum ova parere. et si quando tria pepererint, binos tantum pullos perfici, ovum tertium urinum relinqui.

Le uova che da alcuni vengono dette canicolari e non fecondate (kynósoura kaì oúrina) compaiono maggiormente in estate, Aristotele* tradotto da Gaza*. Infatti forse sono state da lui chiamate cynosura in quanto in estate e durante la canicola* - agosto - diventano maggiormente sterili. D'altra parte anche una costellazione viene chiamata Cinosura, e precisamente l'Orsa Minore*. Le uova si alterano (dice Aristotele in De generatione animalium III,2) e quelle dette non fecondate si formano preferibilmente quando la stagione è calda, e ciò avviene per un motivo. Come infatti durante le stagioni calde i vini si inacidiscono per il rimescolamento della feccia. Questo infatti rappresenta il motivo per cui si corrompono. Così le uova vanno a male per il tuorlo che si è alterato. Infatti in entrambi i casi esso rappresenta - essi rappresentano - l’elemento terroso. Motivo per cui si intorbidisce sia il vino per la feccia che viene rimescolata, sia l’uovo per il tuorlo che si è sparso. È logico pertanto che ciò si verifichi negli uccelli multipari dal momento che il giusto calore non può essere facilmente offerto a tutte le uova, ma ad alcune è insufficiente, per altre è eccessivo, e le intorbidisce come se le facesse andare in putrefazione. Nondimeno tuttavia ciò accade anche agli uccelli dalle unghie ricurve - rapaci - anche se sono poco fecondi. Spesso infatti o uno dei due diventa sterile, ma il terzo quasi sempre. Infatti essendo - questi animali - caldi per loro natura, fanno sì che la parte liquida delle uova si scaldi in modo eccessivo. Infatti quando si scaldano più del dovuto, se non sono di costituzione umida, si deteriorano e diventano sterili. Sempre lui in Historia animalium VI,4 dice che le colombe per lo più depongono solamente due uova. E se talora ne hanno deposte tre, solamente due pulcini giungono a termine, il terzo uovo rimane sterile.

 

Urina fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere, Plinius[83]. Ova generationi inepta οὔρια quasi fluctuosa dici legimus. nam οὔρον dicunt ventum[84], quo argumento etiamnum ab Homero mulos dici οὐρῆας coniectant periti, et recenset Eustathius: διὰ τὸ ἄγονον, id est ob insitam non gignendi proprietatem, quod eorum semen sit ἀνεμαῖον id est spiritosum, et proinde foecunditatis nescium[85], Caelius. Unde fit ut τὰ ἀφανισθέντα ὠά καὶ ἐξουρίσαντα[86], hoc est corrupta et urina ova, fluitent? Integra certe καὶ ἀπαθῆ, confestim sidere, manifestum est. Ac ratio quidem erui illinc potest, quod aquescant ac spiritus contabescentia concipiant plurimum. Qua ratione colligitur et illud, cur in aqua pereuntes, primo quidem ima petere: mox ubi computrescere coeperint, emergere ac fluitare soleant, etc. Idem. Ab exhausto ovo facile plenum discernes, si ea in aquam demiseris. hoc siquidem descendet et delabetur, illud vero natabit in superficie, Leontinus. Ovum recens positum in aqua salsa supernatat, in dulci vero submergitur, ut Aponensis in problematis scribit. Aquam marinae similiter salsam reddituri, tandiu salem inijciunt, donec ovum non subsidat.

Se l'incubazione viene abbandonata diventano sterili quelle - uova - che altri hanno chiamato cynosura, Plinio*. Leggiamo che le uova non idonee alla procreazione vengono dette oúria come se fossero agitate da flutti. Infatti chiamano oúron un vento - il vento favorevole, ragion per cui gli esperti suppongono che anche da Omero* i muli vengono detti ourêas, ed Eustazio* commenta con dià tò ágonon, cioè a causa di un’insita caratteristica a non generare, in quanto il loro seme sarebbe anemaîon, cioè ventoso, e pertanto incapace di essere fecondo, Lodovico Ricchieri. Qual è il motivo per cui tà aphanisthénta øá kaì exourísanta -  le uova che si sono guastate e piene di vento, cioè, le uova corrotte e sterili stanno a galla? Invece è evidente che quelle intatte e che non hanno subìto danni - kaì apathê - vanno subito a fondo. Il motivo può essere ricavato dal fatto che diventano liquide come l’acqua e mentre si decompongono assorbono moltissima aria. Per tale motivo si può dedurre anche perché quando stanno macerando in acqua, dapprima vanno a fondo: non appena hanno cominciato a imputridire hanno l’abitudine di risalire e di galleggiare, etc., sempre Lodovico Ricchieri. Potrai facilmente distinguere un uovo pieno da uno disidratato se li metterai in acqua. Il primo infatti scenderà e andrà a fondo, l'altro nuoterà in superficie, Leontinus - un geoponico*. Un uovo deposto da poco messo in acqua salata sta a galla, mentre in acqua dolce va sotto, come scrive Pietro d’Abano* in Expositio problematum Aristotelis. Coloro che stanno per trasformare dell'acqua che diventi salata come quella di mare, aggiungono sale fin tanto che l'uovo non sta a galla.

 

De ovis [423] quorum albumen corruptum est, sicut humor in apostemate, unde et infoecunda et omnino foetida redduntur, Alberti verba recitavi supra[87]. Videntur autem eadem urina Aristotelis esse: quanquam is urinorum non albumen sed vitellum corruptum esse scribit. ¶ Si incubante gallina tonuit, ova pereunt, Aristot.[88] Si incubatu tonuerit, ova pereunt: et accipitris audita voce vitiantur. remedium contra tonitrum, clavus ferreus sub stramine ovorum positus, aut terra ex aratro, Plinius[89]. Tonitrua incubationis tempore ova concutiunt, unde illa corrumpuntur, et praecipue si iam in eis formati sunt pulli. sed aliarum avium ovis magis haec nocent, aliarum minus: corvorum maxime. itaque videntur corvi partu suo et incubitu tempus tonitrui praevenire, et pullos Martio educare, Albert. Tonitruis vitiantur ova, pullique semiformes interimuntur antequam toti partibus suis consummentur, Columella[90].

In precedenza ho riferito le parole di Alberto* a proposito delle uova il cui albume è alterato come il liquido in un ascesso, per cui diventano infeconde ed estremamente fetide. Sembra che corrispondano a quelle piene di vento di Aristotele*: anche se lui scrive che non è l'albume bensì il tuorlo a essere alterato in quelle piene di vento. ¶ Se ha tuonato mentre la gallina sta covando, le uova si rovinano, Aristotele. Se tuonerà durante l'incubazione, le uova si rovinano: e se hanno udito la voce del falco* vanno a male. Un rimedio contro il tuono è rappresentato da un chiodo di ferro posto sotto la lettiera delle uova, oppure della terra presa dall'aratro, Plinio*. I tuoni scuotono le uova nel periodo dell'incubazione, per cui vanno a male, e specialmente se in esse si sono già formati i pulcini. Ma queste cose nuocciono di più alle uova di alcuni uccelli, di meno a quelle di altri. Soprattutto a quelle dei corvi. Per cui sembra che i corvi prevengano il periodo dei tuoni attraverso la deposizione e la cova, e che allevino i pulcini in marzo, Alberto. Le uova vengono alterate dai tuoni, i pulcini in via di formazione vengono uccisi prima che si siano completati in tutte le loro parti, Columella*.

 

¶ Incubatio et exclusio. De incubatione nonnihil superius scriptum est, et scribetur in E. copiose. Gallinae cum incubant, non cum peperint, furiunt, ratione inediae, Aristot. in Problem. 10.37. Ovis triduo incubatis puncti magnitudine apparent viscera, Aristot. Et rursus, Ova gallinarum tertia die ac nocte postquam coepere incubari, indicium praestare incipiunt. maiori quidem avium generi plus temporis praetereat necesse est, minori minus sufficit.[91] Schista[92] ova Plinius appellat tota lutea, quae triduo incubata tolluntur. Causa nominis, ut arbitror, quia dividantur, et discedat vitellus a candido, Hermolaus. In ovo primum apparet caput pulli, Galenus in Anatome vivorum. sed de formatione pulli in ovo plura superius scripta sunt.

Incubazione e schiusa. A proposito dell'incubazione si è scritto qualcosa in precedenza e se ne scriverà abbondantemente nel paragrafo E. Le galline quando covano, non dopo aver deposto un uovo, sono furiose a causa del digiuno, Aristotele in Problemata 10,37. Nelle uova incubate da tre giorni si rendono evidenti i visceri che hanno la grandezza di un punto, Aristotele. E ancora: Le uova delle galline cominciano a mostrare un segno dopo il terzo giorno e la terza notte da quando hanno cominciato a essere incubate. Negli uccelli di dimensioni maggiori è necessario che trascorra un periodo di tempo maggiore, in quelli più piccoli è sufficiente un tempo più breve. Plinio denomina uova schista - divise - quelle tutte gialle che vengono rimosse al terzo giorno d’incubazione. Mi pare che il motivo di questo nome stia nel fatto che si dividono e si separa il vitello dal bianco, Ermolao Barbaro*. Nell'uovo appare per prima la testa del pulcino. Galeno* in Administrationes anatomicae Libri I-IX. Ma sulla formazione del pulcino nell'uovo è stato scritto parecchio in precedenza.

 

¶ Excludunt celerius incubantes aestate, quam hyeme. ideo aestate gallinae duodevigesimo (undevigesimo, Plinius) die foetum excludunt: hyeme aliquando vigesimoquinto. Discrimen tamen et avium est, quod aliae magis aliis fungi officio incubandi possunt, Aristot.[93] Aestate locis calidis decimonono die exeunt ova, hyeme vicesimonono, Albertus. Caput pulli ad acumen ovi convertitur[94], et totum corpus ad residuum: et pullus nascitur supra pedes, sicut et caeteri pulli avium, Idem. Et rursus, Exit autem in partu prius pars latior, quae extrorsum in ave vertitur: posterius acuta, quae diaphragma respicit. quare etiam durior est eadem et ex calore nonnihil corrugata in ovis gallinarum. Exeunt ova a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente, quibuscunque emergunt portionibus, Plinius[95].

¶ Schiudono più in fretta se le covano in estate anziché in inverno. Pertanto in estate le galline fanno schiudere il feto al 18° giorno (19°, Plinio): in inverno talora al 25°. Del resto esiste anche una differenza tra gli uccelli, in quanto alcuni possono assolvere al compito di covare meglio di altri, Aristotele. In estate nelle località calde le uova schiudono al 19° giorno, in inverno al 29°, Alberto. La testa del pulcino si dirige verso la parte acuminata - no! verso la parte ottusa - dell'uovo e tutto il resto del corpo verso lo spazio rimanente: e il pulcino nasce appoggiandosi sui piedi, come anche gli altri pulcini degli uccelli, sempre Alberto. E ancora: Durante la deposizione fuoriesce per prima la parte più larga dell'uovo, che all'interno dell'uccello si gira verso l'esterno: per ultima esce la parte acuminata, che è diretta verso il diaframma. Motivo per cui è anche la parte più dura e nelle uova delle galline è abbastanza corrugata a causa del calore. Le uova mentre vengono deposte escono presentando la loro porzione più arrotondata, col guscio molle, ma che rapidamente si indurisce con qualunque parte fuoriescano, Plinio.

 

D.

D

 

Gallinae cum mares vicerint, cucur<r>iunt, et exemplo marium tentant superventu coire. crista etiam caudaque erigitur, ita, ne facile praeterea sit, an foeminae sint cognoscere. nonnunquam etiam calcaria parva iis enascuntur, Aristot.[96] ¶ Villaribus gallinis et religio inest. inhorrescunt {a}edito ovo, excutiuntque sese, et circumactu purificant, et festuca aliqua sese et ova lustrant, Plin.[97] De hoc gallinarum pericarphismo, plura leges in C. Ὡς δ’ὄρνις ἀπτῇσι {νεοοσοῖσι} <νεοσσοῖσι> προφέρῃσι | Μάστακ’, ἐπεί< >κε λάβῃσι. κακῶς δ’ἄρα οἱ πέλει αὐτῇ, Achilles Iliad. ι.[98] suos quos pro Graecis subierat labores et pericula prae nimia in eos benevolentia, conferens matricis avis (gallinae nimirum per excellentiam) in pullos affectui, quos illa dum pascit, et cibos subinde collectos ore porrigit, se suamque famem negligit. Citat haec verba Plutarchus in libro de amore parentum erga prolem[99]. Ubi haec etiam eius verba leguntur, {ὅτι} <ὥσπερ> ἡ Ὁμηρικὴ ὄρνις τῷ ἑαυτῆς τρέφει λιμῷ τὰ ἔγγονα καὶ τὴν τροφὴν τῆς γαστρὸς ἁπτομένην, ἀποκρατεῖ καὶ πιέζει τῷ στόματι, μὴ λάθῃ καταπιοῦσα. Gyb. Longolius sic transtulit, Homerica avis sua fame parvulos natos pascit: et nutrimentum quod ventri suo destinaverat, ore retinet, ne eo in ventrem delapso in oblivionem ipsa adducatur. Sed lector {consyderabit} <considerabit>, an sic potius reddi debeant verba posteriora: Ventris sui alimentum ore tenens, abstinet tamen, et ne forte nolens etiam deglutiat, mordicus premit.

Le galline, allorché hanno avuto la meglio sui maschi, fanno chicchirichì e sull'esempio dei maschi tentano di accoppiarsi montando. Si drizza anche la cresta così come la coda, cosicché poi non è facile riconoscere se siano femmine. Talvolta spuntano loro anche dei piccoli speroni, Aristotele. ¶ Nelle galline di fattoria esiste pure una ritualità. Arruffano le piume dopo aver deposto l'uovo e si scrollano e si purificano andando in tondo, e purificano se stesse e le uova con una festuca, Plinio. Su questo perikarphismós - il coprirsi di paglia - leggerai parecchie cose nel paragrafo C. Ηøs d’órnis aptêisi veossoîsi prophérëisi | Mástak’, epeíke lábëisi. kakôs d’ára oi pélei autêi - Come infatti la gallina offre ai pulcini implumi | il cibo dopo averlo procurato, per lei stessa rappresenta un danno, Achille* in Iliade canto IX. Le sue fatiche e i pericoli cui era andato incontro a favore dei Greci a causa di un eccessivo amore nei loro confronti, riferendosi all'affetto dell'uccello madre (che ovviamente è rappresentato per eccellenza dalla gallina) nei confronti dei pulcini, che mentre li fa pascolare e porge con la bocca i cibi appena raccolti trascura se stessa e la sua fame. Plutarco* cita queste parole nel libro L'amore dei genitori verso la prole. Nel quale si leggono anche queste sue parole: høsper hë Homërikë órnis tøi heautês tréphei limøi tà éggona kaì tën trophën tês gastròs haptoménën, apokrateî kaì piézei tôi stómati, më láthëi katapioûsa. - come l'uccello omerico nutre i suoi piccoli a prezzo della propria fame e impedisce al nutrimento di raggiungere il suo stomaco, lo stringe nel suo becco per la paura di inghiottirlo a sua insaputa. Gisbert Longolius* ha tradotto nel modo seguente: L’uccello omerico nutre i suoi piccoli nati con la sua fame, e il nutrimento che aveva destinato al suo ventre lo trattiene con la bocca, affinché scivolato nel ventre non venga indotto lui stesso a dimenticarsene. Ma il lettore valuterà se le ultime parole non debbano piuttosto suonare in questo modo: Trattenendo con la bocca l'alimento destinato al suo ventre, tuttavia se ne astiene e lo ghermisce in modo ostinato affinché magari involontariamente non lo deglutisca.

 

Et paulo post[100] in eodem libro: Quid vero gallinae, (inquit Plutarchus,) quas observari nostris oculis quotidie domi conspicamur, quanta cura et sedulitate pullos custodiunt et gubernant: aliis alas, quas subeant, remittunt: aliis dorsum, ut scandant, reclinant. neque ulla pars corporis est, qua non fovere illos, si possent, cupiant: neque id sine gaudio et alacritate, quod et vocis sono testari videntur. Canes et angues (κυνέας καὶ δρακοντίας, forte κίρκους καὶ δράκοντας) cum de se agitur, sibique solis metuunt, fugiunt tum quidem. si vero pullorum agmini ab his periculum verentur, vindicare illud ab iniuria nituntur, et supra quam vires patiuntur saepe dimicant.

E poco più avanti nello stesso libro Plutarco dice: Ma cosa dobbiamo dire della gallina, che a casa nostra ci troviamo ad osservare tutti i giorni coi nostri occhi con quanta cura e sollecitudine custodiscono e guidano i pulcini: per alcuni abbassano le ali sotto le quali possano andare: per altri piegano all’indietro il dorso affinché possano montarci sopra. E non esiste nessuna parte del corpo con cui non desiderino proteggerli se possibile: e ciò lo fanno non senza gioia ed entusiasmo, e sembra che ne diano testimonianza anche con il suono della voce. Quando si tratta di loro e hanno paura solo per se stesse, solo allora evitano i cani e i serpenti (kynéas - i cani - kaì drakontías - e i serpentelli, forse kírkous - i falchi - kaì drákontas - e i draghi, i serpenti). Ma se temono che da essi possa derivare un pericolo per la frotta dei pulcini, ce la mettono tutta per vendicarla dell’affronto, e spesso lottano al di là di quanto le forze lo permettono.

 

Gallinae avesque reliquae, sicut Cicero ait[101], et quietum requirunt ad pariendum locum, et cubilia sibi nidosque construunt, eosque quam possunt mollissime substernunt, ut quam facillime ova serventur. ex ovis pullos cum excluserunt, ita tuentur, ut et pennis foveant, ne frigore laedantur: et si est calor a Sole, se opponant. Cum autem pulli pennulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, Gillius. Super omnia est anatum ovis subditis atque exclusis, admiratio primo non plane agnoscentis foetum: mox incertos incubitus solicite convocantis: postremo lamenta circa piscinae stagna, mergentibus se pullis natura duce, Plin.[102] Exeuntes pullos gallina sub alas congregat, defenditque eos a milvo et aliis periculis, Albert. Gallina supra modum diligit foetum suae speciei, adeo ut prae voce nimis acuta qua suum in pullos amorem testatur, aegrescat. Ova quidem quae incubat, unde sint non curat, circa alienum etiam partum solicita. Idem. Gallina ardet studio et amore pullorum: primum enim ut circum avem rapacem supra tectum gyros agere cognoscit, statim vehementer vociferatur, et cervicem iactans, atque in gyrum contorquens, caput in altum tollit, ac omnibus plumis inhorrescit, tum explicatis alis timidos pullos, et sub alato tegmine pipientes protegit, avemque procacem retrocedere cogit: Deinde eos ex [424] latibulo plumeo prodeuntes studiose pascit, Gillius[103].

Come dice Cicerone*, le galline e gli altri uccelli vanno anche alla ricerca di un luogo tranquillo per deporre le uova, e si costruiscono dei giacigli e dei nidi, e li ricoprono nel modo più soffice possibile, affinché le uova si preservino nel modo più facile possibile: in modo che i pulcini quando sono usciti dalle uova vengano protetti in modo tale scaldarli anche con le penne per non essere lesi dal freddo: e se fa caldo, in modo da frapporsi al sole. Infatti quando i pulcini possono servirsi delle loro piccole piume, allora le madri li accompagnano nei loro voli, Pierre Gilles*. Al di sopra di ogni altra cosa è il fatto straordinario di quando le uova di anatra sono state messe a covare e a schiudere sotto una gallina, la quale dapprima non riconosce affatto il pulcino: quindi lo starci coricata sopra in modo incerto e chiamandolo affannosamente: infine i suoi lamenti intorno allo specchio d'acqua in cui i pulcini stanno nuotando sotto la guida della natura, Plinio. La gallina raccoglie sotto le ali i pulcini che stanno uscendo dall'uovo e li difende dal nibbio* e dagli altri pericoli, Alberto. La gallina ama in modo esagerato il feto della sua specie, al punto di ammalarsi a causa della voce estremamente acuta con cui attesta il suo amore nei confronti dei pulcini. Infatti non si cura da dove provengono le uova che sta incubando, essendo premurosa anche nei confronti del parto di altre femmine, ancora Alberto. La gallina arde di cura e amore per i pulcini: innanzitutto è ben conscia di come compiere dei volteggi attorno a un uccello rapace che sta al di sopra del suo rifugio, quindi si mette subito a gridare in modo assordante e allungando il collo e contorcendosi tutta alza la testa e si arruffa con tutte le piume, quindi, dispiegate le ali, protegge sotto la protezione alata i timidi pulcini che stanno pigolando, e costringe l'uccello insolente a retrocedere: quindi li fa pascolare con cura mentre stanno uscendo da sotto il nascondiglio di piume, Pierre Gilles.

 

Nostri milvum aut accipitris genus a gallinarum praeda vocant den huenerdieb, id est gallinarum furem. Rubetarium esse credo accipitrem illum (inquit Turnerus) quem Angli hen harroer nominant. Porro ille apud nostros a dilaniandis gallinis nomen habet. palumbarium magnitudine superat, et coloris est cinerei. Humi sedentes aves in agris, et gallinas in oppidis et pagis repente adoritur. Praeda frustratus, tacitus discedit, nec unquam secundum facit insultum. hic per humum omnium (accipitrum) volat maxime. Urticarum genera quaedam mortifera pullis, gallina rostro nititur evellere: in quo conatu tantum aliquando laborat, ut rumpatur interius, Albertus.

I nostri chiamano den huenerdieb il nibbio* o il genere degli uccelli rapaci, cioè ladro di galline. Credo che lo sparviero dei roveti sia quello sparviero* (dice William Turner*) che gli Inglesi chiamano hen harroer*. Infatti presso di noi riceve il nome dal fatto che dilania le galline. Supera in dimensioni l’accipiter palumbarius* - sparviero dei colombi selvatici - ed è di color cenere. L’Albanella reale - Circus cyaneus, hen harroer - assale all’improvviso gli uccelli che nei campi vivono a terra, nelle città e nei villaggi le galline. Se viene delusa dalla preda si allontana in silenzio e non sferra mai un secondo attacco. Fra tutti (i rapaci) è quella che vola maggiormente a bassa quota. La gallina si dà da fare per sradicare col becco alcune specie di ortiche* micidiali per i pulcini: talora si impegna talmente in questo sforzo da andare incontro a lacerazioni interne, Alberto*.

¶ Quae nam animalia gallinis infesta sint, dictum est paulo ante, et supra etiam in Gallo D. diceturque amplius infra in E. Gallinam ferunt eo die quo ovum peperit, a serpente laedi non posse: et tum carnem quoque eius a serpente morsis remedio esse, Albert. Qui serpentium canisve dente aliquando laesi fuerint, eorum superventus gallinarum incubitus, pecorum foetus abortu vitiant, Plin.[104]

¶ Infatti quali siano gli animali pericolosi per le galline lo si è detto poc'anzi e anche precedentemente nel paragrafo D del capitolo relativo al gallo e se ne parlerà ancor più in abbondanza qui sotto nel paragrafo E. Dicono che la gallina non può essere lesa dal serpente nel giorno in cui ha deposto un uovo: e che pertanto anche la sua carne rappresenta un rimedio per coloro che sono stati morsicati da un serpente, Alberto. A causa dell’arrivo improvviso di coloro che per caso sono stati feriti dal dente dei serpenti o di un cane, essi fanno andare a male le covate delle galline e i feti del bestiame provocandone l’aborto, Plinio*.

E.

E

Electio. Mercari porro nisi foecundissimas aves non expedit. eae sint rubicundae vel fuscae plumae nigrisque pennis, ac si fieri poterit, omnes huius, et ab hoc proximi coloris eligantur: sin aliter, evitentur albae, quae fere cum sint molles, ac minus vivaces, tum ne foecundae quidem facile reperiuntur, atque sunt conspicuae. propter quod insigne candoris ab accipitribus et aquilis saepius abripiuntur. sint ergo matrices probi coloris, robusti corporis, quadratae, pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis auribus: et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus ungulis, generosissimaeque creduntur, quae quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria. nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque foecunda, etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit, Columella[105]. Sint praecipue nigrae aut flavi coloris, Palladius[106]. Gallinarum generositas spectatur, crista erecta, interdum et gemina, pennis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus[107], aliquando et super quatuor digitos transverso uno, Plin.[108] Qui villaticas gallinas parat, eligat foecundas, plerunque rubicunda pluma, nigris pennis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta ampla[109], hae enim ad partiones sunt aptiores, Varro[110].

Scelta. Inoltre non conviene comperare volatili se non fecondissimi. Questi volatili debbono avere piume rosse o nerastre e le penne nere, e se sarà possibile vengano scelti tutti di questo colore o di un colore molto simile. Se non è possibile fare altrimenti, si evitino i soggetti bianchi, i quali non solo sono per lo più deboli e meno longevi, ma neppure è facile trovarli che siano prolifici, e inoltre sono ben visibili. A causa della caratteristica del candore più spesso vengono rapiti dai falchi* e dalle aquile*. Le riproduttrici siano dunque di colore adeguato, di corporatura robusta, tarchiate, posseggano un petto largo, la testa grande, la piccola cresta dritta e rosso splendente, gli orecchioni bianchi: e sotto questo aspetto li abbiano quanto più grandi possibile, e non debbono avere le dita pari, e sono ritenute molto fertili quelle con cinque dita, ma non debbono avere speroni che sporgano di traverso sulle zampe. Infatti, quella che porta questo segno di mascolinità, restia all’accoppiamento, è sdegnosa nell’accettare il maschio, ed è raramente feconda e poi quando cova rompe le uova con gli speroni della zampa, Columella*. Debbono essere prevalentemente nere o fulve, Palladio*. La buona razza delle galline si riconosce dalla cresta eretta, talvolta anche doppia, dalle piume nere, dalla faccia rossa, dalle dita di differente lunghezza, e talvolta anche dalla presenza di un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro, Plinio. Chi si procura galline da cortile, scelga quelle prolifiche, che per lo più hanno piume rossicce, penne nere, dita dispari, testa grande, una cresta dritta e ampia, queste infatti sono più adatte alla riproduzione, Varrone*.

Gallinas educaturus eligat foecundissimas: quas nimirum ex usu rerum et experientia dignoscet: im<m>o vero ex pluribus aliis indiciis. In universum enim quae colore flavescunt, et sortiuntur digitos impares, quaeque magna possident capita (τὰς ὄψεις μεγάλας, oculos magnos, Cornarius[111]) cristamque erigunt: nec non nigriores et corpulentiores. Eae omnes gallinae facile mares ferent: multo erunt praestantiores ad partum, ova maxima {a}edent: ac breviter, generosos excludent pullos, Florentinus[112]. {Mox} <Mos> quoque sicut in caeteris pecoribus eligenda quaeque optima, et deteriora vendenda: servetur etiam in hoc genere, ut per autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt. Item quae aut parum foecundae, aut parum bonae nutrices sunt, et praecipue quae ova vel sua, vel aliena consumunt. Nec minus, quae velut mares cantare, atque etiam calcare coeperunt. Item serotini pulli, qui ab solstitio nati capere iustum incrementum non poterunt. In masculis autem non eadem ratio servabitur, sed tandiu custodiemus generosos, quandiu foeminam implere potuerint. Nam rarior est in his avibus mariti bonitas, Columella[113].

Chi dovrà allevare delle galline scelga le più feconde: senza dubbio sarà in grado di riconoscerle in base alla pratica e all’esperienza: anzi, in base a numerosi altri indizi. Infatti generalmente lo sono quelle che sono di colore fulvo, e che ricevono in sorte le dita dispari, e quelle che hanno la testa grande (tàs ópseis megálas, gli occhi grandi, in base alla traduzione di Janus Cornarius*) e che tengono la cresta dritta: nonché quelle che sono di colore più scuro e che sono più corpulente. Tutte queste galline sopporteranno facilmente i maschi: saranno di gran lunga superiori riguardo alla deposizione, faranno delle uova molto grandi: e in breve volgere di tempo daranno alla luce dei pulcini di buona qualità, Florentino*. Come negli altri tipi di bestiame anche in questo tipo si osservi l’abitudine di scegliere i capi migliori e conservarli e vendere i peggiori, affinché tutti gli anni in autunno, quando cessa il guadagno che ne deriva, diminuisca anche il numero. Elimineremo infatti le galline vecchie, cioè quelle che hanno superato i tre anni. Parimenti quelle che sono poco feconde o chiocce poco buone, e specialmente quelle che divorano le uova proprie o altrui. Ugualmente quelle che hanno cominciato a cantare e così pure a montare come i galli. Lo stesso si dica dei pollastri tardivi che, nati a partire dal solstizio d’estate, non hanno potuto raggiungere una giusta crescita. Per i maschi non si seguiranno gli stessi criteri, ma terremo quelli di buona razza fino a quando saranno in grado di fecondare le femmine. Infatti in questi volatili una buona qualità del marito è piuttosto rara, Columella.

¶ Gallinarium. Aedicula ista cuius parietibus corbes (quos Varro gallinarum cubilia appellat[114]) affixos vides, in iisque gallinas incubantes, officina cohortalis ob id appellatur, quod non aliter ac in officinis nostris cuncta parantur, quae in usum humanum veniunt, ita istic ova et pulli, quae in cibum. Iste qui in gallinarum scandit, et ova manibus versat, gallinarius curator vel custos recte dicetur, Gyb. Longolius in dialogo de avibus[115].

Il pollaio. Questa piccola costruzione alle cui pareti vedi attaccate delle ceste (che Varrone chiama nidi delle galline), dentro le quali le galline stanno covando, viene detta laboratorio del cortile in quanto non diversamente da quanto accade nei nostri laboratori si prepara tutto ciò che serve agli esseri umani, e così qui vengono preparati uova e polli che servono come cibo. Costui che sale sul pollaio e rigira le uova con le mani, giustamente verrà chiamato responsabile o custode del pollaio, Gisbert Longolius* nel Dialogus de avibus.

¶ Non sunt plures quam quinquaginta in uno aviario nutriendae. labefactantur siquidem in angusto arctatae. porro numeri gallinarum pars sexta sint gallinacei galli, Florentinus. Parandi matrices modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam dispendant: dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiosorum animalium diripiantur, Columella[116]. Si ducentas alere velis, locus septus attribuendus, in quo duae caveae coniunctae magnae constituendae, quae spectent ad exorientem versus, utraeque in longitudinem circiter decem pedes, latitudine dimidio minores (latitudine paulo minus, Crescenti.) et altitudine paulo humiliores. Utriusque fenestrae latitudine tripedali, et co(uno)pede altiores, e viminibus factae raris, ita ut lumen praebeant multum, neque per eas quicquam ire intro possit quod nocere solet gallinis. Inter duas ostium sit, qua gallinarius curator earum ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete exculpta sint cubilia earum. Ante sit (ut dixi) vestibulum septum, in quo diurno tempore esse possint, atque in pulvere volutari. Praeterea sit cella grandis, in qua curator habitet, ita ut in parietibus circum omnia posita sint cubilia gallinarum, aut exculpta, aut affixa firmiter. Motus enim cum incubant nocet, Varro. Gallinaria constitui debent parte villae, quae hybernum spectat orientem: iuncta sint ea furno, vel culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae extruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orienti sit obversa. In ea deinde fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae cellae, quae ipsa tribus minima esse debet in altitudine, et quoquoversus pedes septem: in ea singuli dextro, [425] laevoque pariete aditus ad utranque cellam faciendi sunt, iuncti parieti, qui est intrantibus adversus.[117]

¶ In un pollaio non bisogna allevarne più di cinquanta. Infatti essendo pigiate allo stretto si indeboliscono. Inoltre i galli debbono rappresentare la sesta parte del numero delle galline, Florentino. La quantità di galline che bisogna procurarsi è di 200 capi, che debbono tenere impegnata la gestione di un solo custode: tuttavia quando se ne vanno in giro si utilizzi una vecchietta attenta oppure un ragazzino affinché non vengano sottratte dalle insidie degli uomini o degli animali che stanno in agguato, Columella. Se vuoi allevare 200 soggetti bisogna assegnare un luogo recintato in cui vanno costruiti due grandi locali contigui che debbono essere rivolti a oriente, ambedue della lunghezza di circa 10 piedi, più piccoli in larghezza della metà (Pier de' Crescenzi* dice di larghezza un poco minore), e poco più bassi in altezza. Le finestre di ciascun locale debbono avere la larghezza di 3 piedi, e debbono essere più alte di un piede, fatte di vimini a trama larga, in modo da fornire molta luce senza che attraverso di loro possa entrare qualcosa che abitualmente nuoce alle galline. Fra i due ambienti ci sia un’apertura attraverso cui possa passare l’addetto al pollaio che si prende cura di esse. Dentro ai locali debbono trovarsi numerose pertiche che li attraversano in modo tale che possano sorreggere tutte le galline. Di fronte alle singole pertiche debbono trovarsi i loro nidi che sono stati scavati nella parete. Sul davanti ci deve essere (come ho detto) uno spazio recintato in cui possano stare durante il giorno e rotolarsi nella polvere. Inoltre vi deve essere un locale ampio in cui possa stare l’addetto, in modo che tutt’intorno sulle pareti si trovino tutti i nidi delle galline, o scavati, o saldamente fissati. Infatti quando covano il movimento è nocivo, Varrone. I pollai devono essere costruiti nella parte della fattoria che guarda l’oriente invernale: debbono essere congiunti al forno o alla cucina, in modo che il fumo giunga al pollame, che è molto salutare per questa specie di volatili. La costruzione del pollaio, cioè dell'ornithøn, deve essere complessivamente di tre ambienti contigui, con tutta quanta la fronte, come ho detto, rivolta verso oriente. Quindi su tale fronte si dia un solo e piccolo ingresso alla cella mediana, la quale deve essere la più piccola in altezza delle tre e misurare sette piedi in qualsivoglia direzione: in essa, su ogni singola parete destra e sinistra si devono far gli ingressi ad ambedue gli altri ambienti, contigui alla parete che si trova di fronte a coloro che entrano, Columella.



[1] Symposia (Quaestiones conviviales), VII 2,1 sgg. (= pag. 700D sgg.): “E se noi spesso siamo in difficoltà per le domande degli amici, è in particolare perché Teofrasto <f. 175 Wimmer> indietreggiare davanti a questa domanda sulle opere dove aveva riunito e studiato un numero di fenomeni..., per esempio il comportamento delle galline che, quando depongono le uova, si circondano di pagliuzze...”

[2] Pandiculatio non è attestato, ma pandiculor significa distendersi, allungarsi, stirarsi, nello sbadigliare.

[3] De natura deorum II,129: Quid dicam, quantus amor bestiarum sit in educandis custodiendisque is, quae procreaverunt, usque ad eum finem, dum possint se ipsa defendere. Etsi pisces, ut aiunt, ova cum genuerunt, relinquunt, facile enim illa aqua et sustinentur et fetum fundunt; testudines autem et crocodilos dicunt, cum in terra partum ediderint, obruere ova, deinde discedere: ita et nascuntur et educantur ipsa per sese. Iam gallinae avesque reliquae et quietum requirunt ad pariendum locum et cubilia sibi nidosque construunt eosque quam possunt mollissume substernunt, ut quam facillume ova serventur; e quibus pullos cum excuderunt, ita tuentur, ut et pinnis foveant, ne frigore laedantur, et, si est calor a sole, se opponant; cum autem pulli pinnulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, reliqua cura liberantur.

[4] Potrebbe trattarsi del medico francese Symphorien Champier nato nel 1471 o 1472 e morto nel 1539 o 1540, quindi contemporaneo di Gessner, galenista convinto, che si autodefinì aggregator, raccoglitore. Tra i suoi numerosi scritti si può proprio annoverare il Practica nova in medicina. Aggregatoris lugdunensis domini Simphoriani Champerii de omnibus morborum generibus: ex traditionibus grecorum, latinorum, arabum, penorum ac recentium auctorum: aurei libri quinque. Item ejusdem aggregatoris liber "De omnibus generibus febrium" (Venetiis: per heredum Octaviani Scoti ac sociorum, 1515).

[5] Historia animalium VI,2 560b: Lo sviluppo dell’uovo dopo la copulazione, e poi lo sviluppo del giovane uccello dall’uovo concotto[5], non hanno luogo in periodi di tempo uguali per tutti gli uccelli, bensì differiscono secondo le dimensioni dei genitori. L’uovo della gallina si forma e giunge a termine per lo più in dieci giorni dopo l’accoppiamento; l’uovo della colomba in un tempo leggermente minore. (traduzione di Mario Vegetti)

[6] Naturalis historia X, 147: Columbae deciens anno pariunt, quaedam et undeciens, in Aegypto vero etiam brumali mense. Hirundines et merulae et palumbi et turtures bis anno pariunt, ceterae aves fere semel. Turdi, in cacuminibus arborum luto nidificantes paene contextim, in secessu generant. A coitu X diebus ova maturescunt in utero, vexatis autem gallinae et columbae pinna evulsa aliave simili iniuria diutius. - Filippo Capponi Ornithologia Latina (1979) pag. 250: Plinio vorrebbe assicurarci che nei dieci giorni dall'accoppiamento, le uova maturano nell'interno del corpo, ma più a lungo, se la Gallina è tormentata, sradicandole qualche piuma o procurandole altro danno simile: Ci pare che Plinio non abbia compreso Aristotele. Questi assicura che l’uovo della Gallina si forma e raggiunge il suo sviluppo generalmente nei dieci giorni che seguono l’accoppiamento, ma non dice affatto che la Gallina maturi più a lungo l’uovo se viene tormentata; anzi, trattando della sola colomba osserva che, se la femmina è disturbata in qualche modo, o se si va intorno al nido, o se le si sradica una piuma, o se essa ha altra ragione di ricevere un male o di spaventarsi, trattiene l'uovo che sta per deporre e non lo depone affatto. La nota aristotelica circa la formazione dell'uovo è imprecisa e non può essere accettata scientificamente, in quanto la formazione richiede lungo tempo. Ma la nostra attenzione deve rivolgersi a scoprire il valore di in utero di Plinio. Se il naturalista latino si è informato alla nota aristotelica e ha attribuito alla Gallina il comportamento della colomba, che trattiene le uova, dovremmo pensare che uterus non può significare ovario, che è la traduzione del De Saint-Denis, ma, piuttosto, la "camera del guscio", dove l’uovo resta, per qualche tempo, prima di essere deposto, e si riveste dell'involucro calcareo. Ma, dati i limiti scientifici di Plinio, non possiamo credere che egli usi una precisa terminologia scientifica, per cui è molto probabile che con il nome uterus abbia voluto significare l’apparato riproduttore o, più genericamente, l’interno del corpo.

[7] De generatione animalium III,1 750b-751a: In generale, almeno tra gli uccelli, neppure le uova che si formano per mezzo della copula sono per lo più atte a conseguire un accrescimento, se l’uccello non subisce continuamente il coito. La causa di ciò è che, come per le donne la frequentazione dei maschi provoca la secrezione delle regole femminili (l’utero riscaldato infatti attira l’umidità e [751a] l’imboccatura dei condotti si apre), così accade anche per gli uccelli in cui il residuo mestruale avanza a poco a poco. Esso non è secreto esternamente perché è scarso e perché l’utero è posto in alto, in corrispondenza del diaframma. Tuttavia si raccoglie proprio nell’utero. E questo, che scorre per l’utero, a far crescere l’uovo, come gli embrioni dei vivipari si accrescono per mezzo del cordone ombelicale, poiché quando gli uccelli hanno subito una volta il coito, tutti quasi sempre continuano ad avere uova, ma molto piccole. Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. Inoltre le pernici femmine, condotte alla caccia, avendo odorato il maschio e avendo udito la sua voce, quelle non ancora montate si impregnano, quelle montate depongono immediatamente le uova. La causa di questo fenomeno è la stessa di quella che agisce sugli uomini e sui quadrupedi: quando il corpo si trova inturgidito in vista del coito o per qualche cosa che si vede o per un piccolo toccamento emette lo sperma. Ora siffatto tipo di uccelli è per natura propenso al coito e ricco di sperma. Tanto che occorre solo un piccolo impulso quando si trovano in stato di turgore e immediatamente si produce in essi il processo escretivo. Di conseguenza in quelli non montati si formano uova sterili, in quelli montati le uova crescono e giungono rapidamente a compimento. (traduzione di Diego Lanza)

[8] De generatione animalium III,2 752a: Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. (traduzione di Diego Lanza)

[9] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Plus vicena quina incubanda subici vetant. Parere a bruma incipiunt. Optima fetura ante vernum aequinoctium. Post solstitium nata non implent magnitudinem iustam tantoque minus, quanto serius provenere.

[10] De re rustica VIII,5,1: Confecta bruma parere fere id genus avium consuevit. Atque earum quae sunt fecundissimae locis tepidioribus circa Kalendas Ianuarias ova edere incipiunt, frigidis autem regionibus eodem mense post Idus. - Ai tempi di Columella il calendario giuliano, voluto da Giulio Cesare nel 46 aC, era in uso ormai da circa un secolo, per cui le idi di gennaio cadevano al 13 anziché al 15 dello stesso mese.

[11] De natura pueri 29-30.

[12] Gessner trae la traduzione parola per parola da quella di Janus Cornarius del 1546, ma omette questa frase dopo la virgola.

[13] De generatione animalium III,2, 752b 15-28: La nascita dall’uovo si ha per gli uccelli perché la femmina cova l’uovo e contribuisce a operare la cozione. L’animale si forma da una parte dell’uovo e ricava i mezzi del proprio accrescimento e compimento dalla restante parte, perché la natura dispone insieme nell’uovo sia la materia dell’animale, sia l’alimento sufficiente alla sua crescita. Dal momento che l’uccello non può portare a compimento la prole dentro di sé, produce nell’uovo anche l’alimento. Mentre per gli animali partoriti vivi l’alimento si produce in un’altra parte (il latte nelle mammelle), per gli uccelli la natura lo produce nelle uova. È tuttavia l’opposto di ciò che ritengono gli uomini e afferma Alcmeone di Crotone: il latte non è costituito dal bianco, ma dal giallo, ed è questo l’alimento dei pulcini. Essi invece ritengono che sia il bianco per la rassomiglianza del colore. (traduzione di Diego Lanza)

[14] L'editio princeps del lessico Suida curata da Calcondila * (1499) riporta che sarebbe la forma dorica equivalente a ὧδε che significa così oppure qui. Ὡῖ di Gessner non esiste nei lessici, e se egli con questo termine avesse voluto dire dentro all'uovo - in ovo - avrebbe potuto scrivere ὠῷ come ha fatto poche righe prima citando il testo di Ippocrate. Le edizioni critiche del lessico Suida propongono diverse soluzioni per di Calcondila, ma non vale certo la pena addurle e adottarle. - Il testo latino Candidum membranae subiectum in ovo principium est deve ovviamente tradursi così come Gessner l'ha fornito: Il bianco che nell'uovo si trova al di sotto delle membrane testacee è il principio generatore. Questa traduzione non corrisponde a quanto fornito da Calcondila: Qui si trova distribuito il principio al di sotto della membrane testacee bianche.

[15] Metamorphoses XV 385-390: Iunonis volucrem, quae cauda sidera portat, | armigerumque Iovis Cythereiadasque columbas | et genus omne avium mediis e partibus ovi, | ni sciret fieri, quis nasci posse putaret? | Sunt qui, cum clauso putrefacta est spina sepulcro, | mutari credant humanas angue medullas.

[16] De generatione animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. (traduzione di Diego Lanza) - On the generation of animals book III chapter 2 (753b 18-754a 17): For the present investigation it is sufficient to understand this much clearly, that, when the heart has been first formed and the great blood-vessel has been marked off from it, two umbilical cords run from the vessel, the one to the membrane which encloses the yolk, the other to the membrane resembling a chorion which surrounds the whole embryo; this latter runs round on the inside of the membrane of the shell. Through the one of these the embryo receives the nutriment from the yolk, and the yolk becomes larger, for it becomes more liquid by heating. This is because the nourishment, being of a material character in its first form, must become liquid before it can be absorbed, just as it is with plants, and at first this embryo, whether in an egg or in the mother's uterus, lives the life of a plant, for it receives its first growth and nourishment by being attached to something else. The second umbilical cord runs to the surrounding chorion. For we must understand that, in the case of animals developed in eggs, the chick has the same relation to the yolk as the embryo of the vivipara has to the mother so long as it is within the mother (for since the nourishment of the embryo of the ovipara is not completed within the mother, the embryo takes part of it away from her). So also the relation of the chick to the outermost membrane, the sanguineous one, is like that of the mammalian embryo to the uterus. At the same time the egg-shell surrounds both the yolk and the membrane analogous to the uterus, just as if it should be put round both the embryo itself and the whole of the mother, in the vivipara. This is so because the embryo must be in the uterus and attached to the mother. Now in the vivipara the uterus is within the mother, but in the ovipara it is the other way about, as if one should say that the mother was in the uterus, for that which comes from the mother, the nutriment, is the yolk. The reason is that the process of nourishment is not completed within the mother. As the creature grows the umbilicus running the chorion collapses first, because it is here that the young is to come out; what is left of the yolk, and the umbilical cord running to the yolk, collapse later. For the young must have nourishment as soon as it is hatched; it is not nursed by the mother and cannot immediately procure its nourishment for itself; therefore the yolk enters within it along with its umbilicus and the flesh grows round it. This then is the manner in which animals produced from perfect eggs are hatched in all those, whether birds or quadrupeds, which lay the egg with a hard shell. (translated by Arthur Platt - 1910)

[17] Aristotle says yolk. (Lind, 1963) - Infatti Aristotele dice “il giallo”. L'errore è tratto dalla traduzione di Teodoro Gaza* del 1498.

[18] La traduzione di Teodoro Gaza da cui Gessner trae il testo ha circumdat.

[19] Qui Gessner decurta il testo di Aristotele e fa scomparire un vaso sanguigno, quello diretto al sacco del tuorlo. Ecco infatti come si esprime Aristotele in Historia animalium VI,3: Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste. (traduzione di Mario Vegetti) - Ma il colpevole dell'amputazione del testo è Teodoro Gaza alla cui traduzione (1498) corrisponde perfettamente il testo di Gessner.

[20] Historia animalium VI,3, 561a 6-562a 21: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno. In questo periodo il giallo viene risalendo verso l’estremità appuntita, là dove si trova il principio dell’uovo e dove esso si schiude, e nel bianco appare il cuore, delle dimensioni di una chiazza sanguigna. Questo punto palpita e si muove come se fosse animato, e da esso si dipartono due condotti venosi pieni di sangue e avvolti a spirale, che si estendono, con l’accrescersi dell’embrione, verso entrambe le tuniche che lo avvolgono. E una membrana provvista di fibre sanguigne racchiude ormai in questa fase il giallo, a partire dai condotti venosi. Poco tempo dopo incomincia a differenziarsi anche il corpo, all’inizio piccolissimo e bianco. Si distingue chiaramente la testa, e in essa gli occhi che sono molto prominenti; questo stato perdura a lungo, perché essi diventano piccoli e si contraggono molto tardi. Nella zona inferiore del corpo non si distingue all’inizio chiaramente alcuna parte, se la si confronta con quella superiore. Dei condotti che si dipartono dal cuore, l’uno porta alla membrana periferica, l’altro verso il giallo, come se fosse un cordone ombelicale. Il pulcino deriva dunque il suo principio dal bianco, l’alimento dal giallo attraverso il cordone ombelicale. Giunto al decimo giorno il pulcino è ormai tutto quanto visibile in ogni sua parte. Esso ha ancora la testa più grande del resto del corpo, e gli occhi più grandi della testa; e tuttora privi della vista. In questo periodo gli occhi sono prominenti, più grandi di una fava e neri; se si asporta la pelle, vi si trova all’interno un liquido bianco e freddo, assai risplendente in piena luce, ma nulla di solido. Tale è dunque la situazione degli occhi e della testa. In questa fase anche i visceri sono ormai evidenti, sia la regione dello stomaco sia l’insieme degli intestini, e le vene che si vedono diramarsi dal cuore giungono ormai all’altezza dell’ombelico. Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste. Via via che il pulcino cresce, poco per volta una parte del giallo si sposta in alto, un’altra in basso, e in mezzo resta il fluido bianco; il bianco dell’uovo si trova sotto la parte inferiore del giallo, come lo era fin dall’inizio. Al decimo giorno il bianco si porta all’estremità, ed è ormai scarso, viscoso, denso e giallastro. Ogni parte si trova così disposta nel modo seguente: in primo luogo, all’estrema periferia presso il guscio c’è la membrana dell’uovo, non quella del guscio ma quella al di sotto di essa. In questa è contenuto un fluido bianco, poi il pulcino, e attorno a esso una membrana che lo isola, affinché non sia immerso nel fluido; sotto il pulcino è sito il giallo, a cui porta una delle vene menzionate, mentre l’altra va al bianco circostante. Il tutto è poi avvolto da una membrana che contiene un liquido sieroso. Poi c’è un’altra membrana, che già racchiude lo stesso embrione, come s’è detto, isolandolo dal fluido. Sotto di esso si trova il giallo avvolto in una diversa membrana (quella a cui porta il cordone ombelicale che si diparte dal cuore e dalla grande vena), in modo che l’embrione non sia immerso in nessuno dei due fluidi. Verso il ventesimo giorno, il pulcino ormai pigola muovendosi all’interno, se lo si tocca dopo aver spezzato il guscio, ed è già coperto di peluria, quando, dopo i venti giorni, ha luogo lo schiudimento dell’uovo. La testa è ripiegata sopra la gamba destra all’altezza del fianco, e l’ala è posta sopra la testa. In questa fase è ben visibile la membrana simile al corion, cioè quella che viene dopo la membrana più esterna del guscio e a cui porta uno dei [562a] cordoni ombelicali (e il pulcino si trova allora avvolto tutt’intero in essa), come pure l’altra membrana, anch’essa simile al corion, che sta attorno al giallo e a cui va il secondo cordone; entrambi i cordoni erano connessi al cuore e alla grande vena. A questo punto il cordone ombelicale che raggiunge il corion esterno cade e si stacca dall’animale, mentre quello che porta al giallo è attaccato all’intestino tenue del pulcino: all’interno di questo si trova ormai molto giallo, che si deposita nel suo stomaco. In questa fase il pulcino emette inoltre residuo in direzione del corion esterno, e ne ha nello stomaco: il residuo emesso all’esterno è bianco, e pure all’interno v’è qualcosa di bianco. Da ultimo il giallo, che è andato sempre diminuendo, finisce per essere del tutto consumato e assorbito nel pulcino, tanto che, se si seziona il pulcino dopo ben dieci giorni dall’uscita dall’uovo, si trova ancora un poco di giallo rimasto attaccato all’intestino; però è separato dal cordone ombelicale e non ve n’è più nel tratto intermedio, perché è stato interamente consumato. Nel periodo di cui s’è detto prima, il pulcino dorme, ma se viene scosso si sveglia, guarda e pigola; e il cuore pulsa insieme con il cordone ombelicale come se respirasse. Lo sviluppo degli uccelli a partire dall’uovo presenta dunque questi caratteri. (traduzione di Mario Vegetti) - History of animals book VI chapter 3 (VI,3, 561a 6-562a 21): Generation from the egg proceeds in an identical manner with all birds, but the full periods from conception to birth differ, as has been said. With the common hen after three days and three nights there is the first indication of the embryo; with larger birds the interval being longer, with smaller birds shorter. Meanwhile the yolk comes into being, rising towards the sharp end, where the primal element of the egg is situated, and where the egg gets hatched; and the heart appears, like a speck of blood, in the white of the egg. This point beats and moves as though endowed with life, and from it two vein-ducts with blood in them trend in a convoluted course (as the egg substance goes on growing, towards each of the two circumjacent integuments); and a membrane carrying bloody fibres now envelops the yolk, leading off from the vein-ducts. A little afterwards the body is differentiated, at first very small and white. The head is clearly distinguished, and in it the eyes, swollen out to a great extent. This condition of the eyes lat on for a good while, as it is only by degrees that they diminish in size and collapse. At the outset the under portion of the body appears insignificant in comparison with the upper portion. Of the two ducts that lead from the heart, the one proceeds towards the circumjacent integument, and the other, like a navel-string, towards the yolk. The life-element of the chick is in the white of the egg, and the nutriment comes through the navel-string out of the yolk. When the egg is now ten days old the chick and all its parts are distinctly visible. The head is still larger than the rest of its body, and the eyes larger than the head, but still devoid of vision. The eyes, if removed about this time, are found to be larger than beans, and black; if the cuticle be peeled off them there is a white and cold liquid inside, quite glittering in the sunlight, but there is no hard substance whatsoever. Such is the condition of the head and eyes. At this time also the larger internal organs are visible, as also the stomach and the arrangement of the viscera; and veins that seem to proceed from the heart are now close to the navel. From the navel there stretch a pair of veins; one towards the membrane that envelops the yolk (and, by the way, the yolk is now liquid, or more so than is normal), and the other towards that membrane which envelops collectively the membrane wherein the chick lies, the membrane of the yolk, and the intervening liquid. (For, as the chick grows, little by little one part of the yolk goes upward, and another part downward, and the white liquid is between them; and the white of the egg is underneath the lower part of the yolk, as it was at the outset.) On the tenth day the white is at the extreme outer surface, reduced in amount, glutinous, firm in substance, and sallow in colour. The disposition of the several constituent parts is as follows. First and outermost comes the membrane of the egg, not that of the shell, but underneath it. Inside this membrane is a white liquid; then comes the chick, and a membrane round about it, separating it off so as to keep the chick free from the liquid; next after the chick comes the yolk, into which one of the two veins was described as leading, the other one leading into the enveloping white substance. (A membrane with a liquid resembling serum envelops the entire structure. Then comes another membrane right round the embryo, as has been described, separating it off against the liquid. Underneath this comes the yolk, enveloped in another membrane (into which yolk proceeds the navel-string that leads from the heart and the big vein), so as to keep the embryo free of both liquids.) About the twentieth day, if you open the egg and touch the chick, it moves inside and chirps; and it is already coming to be covered with down, when, after the twentieth day is ast, the chick begins to break the shell. The head is situated over the right leg close to the flank, and the wing is placed over the head; and about this time is plain to be seen the membrane resembling an after-birth that comes next after the outermost membrane of the shell, into which membrane the one of the navel-strings was described as leading (and, by the way, the chick in its entirety is now within it), and so also is the other membrane resembling an after-birth, namely that surrounding the yolk, into which the second navel-string was described as leading; and both of them were described as being connected with the heart and the big vein. At this conjuncture the navel-string that leads to the outer afterbirth collapses and becomes detached from the chick, and the membrane that leads into the yolk is fastened on to the thin gut of the creature, and by this time a considerable amount of the yolk is inside the chick and a yellow sediment is in its stomach. About this time it discharges residuum in the direction of the outer after-birth, and has residuum inside its stomach; and the outer residuum is white (and there comes a white substance inside). By and by the yolk, diminishing gradually in size, at length becomes entirely used up and comprehended within the chick (so that, ten days after hatching, if you cut open the chick, a small remnant of the yolk is still left in connexion with the gut), but it is detached from the navel, and there is nothing in the interval between, but it has been used up entirely. During the period above referred to the chick sleeps, wakes up, makes a move and looks up and Chirps; and the heart and the navel together palpitate as though the creature were respiring. So much as to generation from the egg in the case of birds. (translated by D'Arcy Wentworth Thompson - 1910)

[21] Naturalis historia X: [148] Omnibus ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta ea salit palpitatque. Ipsum animal ex albo liquore ovi corporatur. Cibus eius in luteo est. Omnibus intus caput maius toto corpore, oculi conpressi capite maiores. Increscente pullo candor in medium vertitur, luteum circumfunditur. [149] Vicensimo die si moveatur ovum, iam viventis intra putamen vox auditur. Ab eodem tempore plumescit, ita positus, ut caput supra dextrum pedem habeat, dextram vero alam supra caput. Vitellus paulatim deficit. Aves omnes in pedes nascuntur, contra quam reliqua animalia. - Non ho mai visto nascere un uccello che non sia un pulcino di gallina, ma posso assicurare che il pulcino becca il guscio e ne fuoriesce con la testa e non con le zampe. Quando con l'approssimarsi della notte faccio l'ostetrico per evitare un aborto notturno, al pulcino lascio sempre il guscio che avvolge la metà inferiore del corpo per evitare, oltretutto, mortali emorragie. L'affermazione di Plinio che tutti gli uccelli nascono di podice di mi sembra alquanto strampalata. Sì, può accadere che un pulcino di gallina nasca di podice. L'ho osservato il 27 aprile 2007. Ma la causa è molto semplice: se quella parte del guscio che si trova all'estremità cefalica del pulcino vi rimane adesa per colpa delle membrane testacee che vi si sono incollate, allora il pulcino, se non vuole morire soffocato, si mette a scalciare e allontana la parte podalica del guscio in modo da potersi muovere, sganciarsi dal casco e respirare liberamente.

[22] De generatione animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. (traduzione di Diego Lanza)

[23] Aristotele De generatione animalium III,2 753b 18-754a 17: Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento. L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero. Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre. Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne. Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. (traduzione di Diego Lanza)

[24] Historia animalium VI,2 559a: L’uovo presenta una differenza, perché da una parte è appuntito, dall’altra più largo, ed esce presentandosi con la parte larga. Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l’estremità circolare, danno maschi. - Questa opinione, scarsamente fondata, fu rîfiutata da Plinio, X,74 ma condivisa da Avicenna e da Alberto Magno (che scrive: «hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione»): cfr. AW ad loc. (traduzione e nota di Mario Vegetti)

[25] De generatione animalium III,2 752a-752b. Nelle uova è distinto il principio del maschio col quale l’uovo aderisce all’utero; l’uovo a due colori diventa dunque asimmetrico e non completamente arrotondato, ma più appuntito da una parte perché il bianco in cui sta il principio deve essere differenziato. Perciò da questa parte l’uovo è più duro che in basso, perché deve avvolgere e proteggere il principio. Per questa ragione la punta dell’uovo esce per ultima: esce per ultima la parte che aderisce, l’uovo aderisce con la parte dove sta il principio e il principio sta nella parte appuntita. Lo stesso è nei semi delle piante, perché il principio del seme è attaccato in alcuni casi al ramo, in altri al guscio, in altri ancora al pericarpo. Questo è chiaro nel caso dei legumi: è attaccato dove è saldata la doppia valva delle fave e di altri semi siffatti, e lì è il principio del seme. Sull’accrescimento delle uova ci si può chiedere in che modo esso avviene dall’utero. Se infatti gli animali si procurano l’alimento per mezzo del cordone ombelicale, le uova per mezzo di che cosa se lo procurano, dal momento che esse non conseguono l’accrescimento da sé stesse, come le larve? Se vi è qualcosa che permette l’adesione, in che cosa si trasforma, una volta compiuto l’uovo? Non esce insieme con l’uovo, come il cordone ombelicale insieme con l’animale, perché quando l’uovo è compiuto si forma tutt’attorno il guscio. Orbene, quanto è stato detto è correttamente fatto oggetto di una ricerca. Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. [752b] Una parte di questa membrana dapprima assomiglia, nella parte appuntita, a un cordone ombelicale e sporge quando l’uovo è ancora piccolo a guisa di una canna di zampogna. Ciò risulta chiaramente nell’espulsione delle uova piccole: se l’uccello o per essersi bagnato o perché raffreddato per qualche altra ragione espelle il prodotto del concepimento, questo risulta ancora sanguinolento e attraversato da una piccola appendice simile a un cordone ombelicale. Questa, quando l’uovo si ingrandisce, si tende maggiormente e si rimpicciolisce, finché al termine, quando l’uovo è compiuto, costituisce la parte appuntita dell’uovo. Sotto di questo c’è la membrana interna che separa da questo il bianco e il giallo. Compiutosi però l’uovo si libera tutto intero e logicamente il cordone ombelicale non appare più, perché è la punta della stessa estremità dell’uovo. L’uscita delle uova avviene al contrario di quella degli animali partoriti vivi: per questi avviene per la testa e il principio, mentre l’uscita dell’uovo è come fosse per i piedi. Ma la causa di questo fatto è ciò che si è detto, che cioè esso aderisce per il principio. (traduzione di Diego Lanza)

[26] Naturalis historia X,145: Avium ova ex calore fragilia, serpentium ex frigore lenta, piscium ex liquore mollia. Aquatilium rotunda, reliqua fere fastigio cacuminata. Exeunt a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente quibuscumque emergunt portionibus. Quae oblonga sint ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine.

[27] De generatione animalium III,1 751b: Negli animali di natura più calda dunque la parte dalla quale ha origine il principio e quella da cui si trae l’alimento sono distinte e separate: l’una è il bianco, l’altra è il giallo, ed è sempre più abbondante la parte bianca e pura di quella gialla e terrosa. Invece negli animali meno caldi e più umidi il giallo è più abbondante e più fluido. Ciò accade anche negli uccelli palustri: essi sono effettivamente più umidi e più freddi per natura degli uccelli terrestri, così che anche le loro uova contengono in abbondanza il cosiddetto tuorlo che è meno giallo per la minore separazione dal bianco. (traduzione di Diego Lanza)

[28] Historia animalium VI,2, 560a 28-29: Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono due, una in basso e una in alto. (traduzione di Mario Vegetti) - Il testo greco ha κάτωθεν e ἄνωθεν. In questo punto Aristotele non è chiaro. Gli avverbi basso e alto vanno riferiti a un uovo tenuto in mano con la punta verso l'alto, oppure appoggiato sulla parte ottusa dopo avergli magari dato un colpetto alla Cristoforo Colombo. In questo modo una calaza, la più grande, si trova in alto, la più piccola in basso. Il che viene a smentire la successiva contorta interpretazione di Agostino Nifo che si riabilita solo alla fine quando afferma: Est pars superior cacumen. Inferior vero pars rotunda huic opposita est. - Il sostantivo femminile χάλαζα significa grandine; per analogia morfologica significa anche nodulo, piccola cisti, orzaiolo. Il sostantivo neutro χαλάζιον è diminutivo di χάλαζα e significa piccola cisti. Infatti il calazio umano è una neoformazione cistica di carattere benigno che si localizza nello spessore di una palpebra e che si forma in conseguenza dell'ipertrofia e degenerazione epiteliale delle ghiandole di Meibomio. Meibomius, in tedesco Heinrich Meibom, fu un medico ed erudito tedesco (Lubecca 1638 - Helmstedt 1700). Filologo e umanista, è noto soprattutto per la scoperta delle ghiandole sebacee situate nelle palpebre, tra il tarso palpebrale e la congiuntiva, e che da lui hanno preso il nome.

[29] Agostino Nifo Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pagina 159. La traduzione viene fatta in base ai nostri dati biologici e non secondo il testo di Nifo citato correttamente da Gessner. Le calaze si dipartono da ciascun polo della cellula uovo e sono dirette secondo l’asse maggiore del guscio. Si tratta di strutture cordoniformi avvolte su se stesse. Verso il polo ottuso si dirige una sola calaza, mentre dall'altro lato ne esistono due tra loro intimamente ritorte. La calaza di maggiori dimensioni è quella del polo acuto. A mio avviso Agostino Nifo ha messo in atto una gran confusione, visto oltretutto che controsole è senz'altro più agevole osservare la calaza più grande, quella del polo acuto, dove il percorso luminoso è molto meno contrastato rispetto a quanto accade nel polo ottuso, dove il materiale che i raggi luminosi debbono attraversare è molto più abbondante. - Agostino Nifo è colui che abbiamo già incontrato a pagina 380* e che sempre in Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pagina 157 enuncia una bufala enorme: Adrianae graece ἀδριανικαὶ, fortasse ab Adriano Imperatore observatae:[...].

[30] Il sostantivo greco maschile ὑμήν ὑμένος significa pellicola, membrana.

[31] Naturalis historia X, 167: Ova aceto macerata in tantum emolliuntur, ut per anulos transeant.

[32] Naturalis historia XXIX,46: Membrana putamini detracta sive crudo sive cocto labrorum fissuris medetur, putaminis cinis in vino potus sanguinis eruptionibus. Comburi sine membrana oportet. Sic fit et dentifricium. Idem cinis et mulierum menses cum murra inlitus sistit. Firmitas putaminum tanta est, ut recta nec vi nec pondere ullo frangantur nec nisi paululum inflexa rotunditate.

[33] Historia animalium VI,2 560a: Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no, anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene condensato e disseccato più dalla bollitura che dal fuoco vivo. Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. (traduzione di Mario Vegetti)

[34] De generatione animalium III,2, 753a 35-753b 14: Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente (la causa è stata spiegata prima), mentre sottoposto al calore diventa solido, perciò soggetto alla cozione della riproduzione animale si ispessisce. Da esso prende consistenza l’animale, mentre il giallo diventa alimento e da esso provengono i mezzi per l’accrescimento delle parti che si continuano a formare. Per questo il bianco e il giallo sono tenuti distinti da membrane, in quanto hanno diversa natura. (traduzione di Diego Lanza)

[35] Historia animalium VI,2, 560a: A proposito del giallo e del bianco, avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili in un recipiente, se li si fa cuocere lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo, e il bianco lo avvolge tutto intorno. (traduzione di Mario Vegetti)

[36] Naturalis historia XXIX,51: Et, ne quid desit ovorum gratiae, candidum ex iis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta; vis vero tanta est, ut lignum perfusum ovo non ardeat ac ne vestis quidem contacta aduratur.

[37] Historia animalium VI,2, 559a 28-30: τὰ δὲ στρογγύλα καὶ περιφέρειαν ἔχοντα κατὰ τὸ ὀξὺ ἄρρενα. (Roberto Ricciardi, 2005) Lo stesso testo viene riportato anche da Giulio Cesare Scaligero* nella sua traduzione e commento alla Historia animalium (1619). - Anche Lanza e Vegetti hanno optato per la seguente versione del testo aristotelico, un testo che, stando ad Aldrovandi (pag. 224*), denoterebbe un'errata trascrizione: "Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l'estremità circolare, danno maschi.". I due studiosi affermano pure che secondo le vedute più recenti la Naturalis historia di Plinio dipende da una epitome ellenistica, cioè da un compendio della Historia animalium. In questo caso potrebbe sorgere il dubbio che l'equivoco dipenda da un errore dell'epitome e che Alberto vi abbia posto rimedio. Infatti Plinio la pensava in modo antitetico ad Aristotele: "Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem." (Naturalis historia X,145). Columella concordava con Plinio: "Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam rotundissima." (De re rustica, VIII,5,11). Più tardi Avicenna dissentì sia da Plinio che da Columella, e lo stesso fece Alberto tanto da affermare: "Hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione." Insomma, è questione di mettersi d'accordo su come la pensasse effettivamente Aristotele, anche se alla fin dei conti sembra un problema di lana caprina. Aldrovandi vuole seguire una certa versione del testo aristotelico, successivamente andata corrotta, e così Aristotele, Plinio e Columella, nonché Orazio, si trovano a dar ragione non solo ad Aldrovandi, ma anche alle donne di campagna che hanno pratica di chiocce e di uova da incubare.

[38] Sermones - o Satirae - II,4,12-14: Longa quibus facies ovis erit, illa memento,|ut suci melioris et ut magis alba rotundis,|ponere: namque marem cohibent callosa vitellum.

[39] De re rustica, VIII,5,11: Cum deinde quis volet quam plurimos mares excludi, longissima quaeque et acutissima ova subiicet: et rursus cum feminas, quam rotundissima.

[40] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)

[41] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)

[42] Filippo Capponi in Ornithologia latina (1979) riporta il seguente testo greco tratto dalla Historia animalium VI,3 562a e sgg.: Tà mèn oûn álla gónima, (plën óti tò meízon tò d’élatton ghínetai tøn didýmøn), tò dè teleutaîon teratødes.

[43] Naturalis historia X,150: Quaedam gallinae omnia gemina ova pariunt et geminos interdum excludunt, ut Cornelius Celsus auctor est, alterum maiorem; aliqui negant omnino geminos excludi. Qui Plinio probabilmente accenna a un passo di Celso che non ci è stato tramandato. - Cornelius Celsus, De Medicina, is referred to, but he says nothing of this sort. (Lind, 1963)

[44] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)

[45] Pagina 475 del De subtilitate libri XXI - liber xii De Hominis natura et temperamento (Lugduni, apud Stephanum Michaelem, 1580): "... nam alae & crura ex luteo fiunt. Indicio est, quod pulli qui ex ovo cuius lutea duo sunt absque sepiente membrana, capite uno sed quatuor alis et totidem pedibus nascuntur, arbitranturque prodigium, quale olim Mediolani contigit."

[46] De generatione animalium IV,4 770a 6-23: Ma in generale si deve piuttosto pensare che la causa stia nella materia e negli embrioni quando si costituiscono. Perciò siffatte anomalie si producono assai raramente negli unipari, e più nei multipari e soprattutto negli uccelli, e tra gli uccelli nei polli. Questi non sono solo multipari perché depongono spesso uova, come il genere dei colombi, ma perché portano contemporaneamente molti prodotti del concepimento, e si accoppiano in ogni stagione. Perciò producono molti gemelli: i prodotti del concepimento grazie alla reciproca vicinanza si formano insieme, come molti frutti fanno talvolta. In tutti quelli che hanno i tuorli definiti dalla membrana nascono due piccoli separati senza alcuna superfetazione, mentre in quelli che hanno i tuorli contigui e senza alcuna interruzione i piccoli nascono anomali con un corpo e una testa, ma quattro gambe e quattro ali, perché le parti superiori dell’animale si formano prima e dal bianco, essendo controllato il loro alimento proveniente dal tuorlo, mentre la parte inferiore si forma dopo e l’alimento è unico e indistinto. (traduzione di Diego Lanza)

[47] Teodoro Gaza* - e stavolta anche Aldrovandi a pagina 220* - hanno indiscretusque.

[48] Gessner doveva trovarsi in un momento di strana disattenzione: infatti non si trattava affatto di una gallina che aveva le uova sotto il setto trasverso come le hanno le femmine, bensì di un gallo!!! Penso che riusciremo a salvare sia Gessner che Aristotele dall'accusa di essere dei superficiali, quindi dei naturalisti da strapazzo. Questa gallina proviene da Teodoro Gaza (Aristotelis libri de animalibus, 1498) e questa gallina non viene corretta da Gessner con un logico gallus, nonostante abbia corretto un intraducibile suscepto di Gaza con un corretto sub septo. Non si può escludere che Gaza avesse come fonte lo stesso testo greco usato da Giulio Cesare Scaligero per il suo Aristotelis historia de animalibus (1619). Infatti anche Scaligero ha gallina, e il suo testo greco è inequivocabile per gallina, detta alektorís: Τοιαῦτα καὶ ἐν ἀλεκτορίδι διαιρουμένῃ ὑπὸ τὸ ὑπόζωμα, οὗπερ αἱ θήλειαι ἔχουσι τὰ ὠὰ. § Mario Vegetti così traduce questo passo di Aristotele: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità. (1971) - D'Arcy Wentworth Thompson traduce così: Cases have occurred where substances resembling the egg at a critical point of its growth - that is, when it is yellow all over, as the yolk is subsequently - have been found in the cock when cut open, underneath his midriff, just where the hen has her eggs; and these are entirely yellow in appearance and of the same size as ordinary eggs. Such phenomena are regarded as unnatural and portentous. (1910) § Si può presumere che sia Vegetti che D'Arcy Thompson si siano basati sulla versione greca del classicista e naturalista tedesco Johann Gottlob Schneider (1750-1822) che nel 1811 pubblicava a Lipsia la sua revisione dell'Historia animalium di Aristotele. Qui non troviamo la gallina, bensì il gallo (alektryøn al maschile - al femminile sarebbe la gallina), che al dativo suona alektryóni accompagnato dal maschile diairouménøi: Τοιαῦτα καὶ ἐν ἀλεκτρυόνι διαιρουμένῳ ὑπὸ τὸ ὑπόζωμα, οὗπερ αἱ θήλεια<ι> ἔχουσι τὰ ὠὰ. - Anche i tipografi tedeschi commettevano errori:  θήλεια invece di  θήλειαι. § Peccato non poter resuscitare Aristotele! A mio avviso è nel giusto Schneider, in quanto mi sembra una ridondanza superflua - molto cara agli antichi - parlare di un gallina sezionata sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova. È scontato che una gallina è una femmina!

[49] Historia animalium VI,2 559b 16-20: È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello [Neottòs, che significa propriamente «pulcino», vale qui, secondo Schneider, III, 407, seguito da tutti i tradd., «vitello», cioè tuorlo]), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità. (traduzione e nota di Mario Vegetti) - Augures è un'aggiunta di Teodoro Gaza che è la fonte di Gessner. Infatti il testo greco di Giulio Cesare Scaligero corrisponde a quello di Mario Vegetti (Vengono tenute in conto di mostruosità) ed è il seguente: ὃ ἐν τέρατος λόγῳ τιθέασιν. Scaligero lo traduce così: [...] quae in prodigii loco deputare consuevere.

[50] Trilekitha è parola non attestata. Comunque λέκιθος è il rosso dell’uovo in Ippocrate (Mul. II 205) e in Aristotele, per esempio in Historia animalium VI,3 562a 29. Lo stesso dicasi per dilecitha.

[51] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - Anche se Gessner non lo dice, la trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. - I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite*, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro.

[52] Historia animalium VI,2 559a: L’uovo di tutti gli uccelli ha sempre un guscio duro — se risulta da una fecondazione e non è guasto, perché certe galline depongono uova molli — ed è bicolore, risultando bianco alla periferia, giallo all’interno.

[53] In Scholia in Nicandri Alexipharmaca 279b (M. Geymonat, Milano 1974) ixía significherebbe cardo, mentre in Teofrasto* significa vischio. Dal momento che nei tempi antichi il vischio veniva usato come antidoto per svariati veleni - alexiphármakon significa appunto contravveleno - si opta per il latinizzato ixia = vischio.

[54] L'edizione delle opere di Nicandro è una grande bagarre. Per esempio il codice Parisiensis riporta δαμναμένη, δύσποτμον, γαίη; il Gottingensis riporta ὑπέκγονον, altri codici hanno μαρναμένη e δύσπεπτον (come Gessner) e ὑπὲκ γόνον. Però è assai verosimile che Gessner avesse a disposizione la stessa versione greca tradotta poi da Jean de Gorris (1505-1577), in quanto i due versi sono uno di seguito all'altro invece di essere separati da un altro verso. Così suonano nella traduzione latina di Gorris: Et pugnans crebris contuso corpore plagis | Abijcit, informe et crudum sine tegmine semen. (Parigi, 1557)

[55] Gressilia = pedestria animalia = πεζά ζῷα = animali che procedono a piedi. Nel suo Lexicon graecolatinum (1537) Gessner dà la seguente definizione di πεζός: pedes, pedibus iter faciens, pedestris. Quindi non vi compare assolutamente gressilis. Forse nel Medioevo era un termine discretamente in voga. Eccone degli esempi. Alberto Magno (De animalibus liber VI tractatus 3 caput I) usa l'aggettivo gressibilis: De generatione gressibilium. Due citazioni tratte dal Du Cange: Engelberto di Admont (1250-1331) De longaevitate caput VII, gressibilis = qui graditur - Medicina Salernitana (1622, pag. 179) gressilis = quadrupes qui graditur (si ad genus gressilium conferatur). - Non sappiamo da quale traduzione di Galeno Gessner abbia tratto l'arcaismo gressilia, chiaramente derivato da gressio = passo, andatura, a sua volta derivato dal verbo gradior che significa camminare. Sta di fatto che Nicolaus Rheginus (1528) traduceva πεζά ζῷα di Galeno con pedestria animalia. Ma sta pure di fatto che la ricostruzione di questa sequenza - al fine di interpretare correttamente il gessneriano gressilia - è stata resa possibile dai soldi dei cittadini Francesi, i quali pagano sì le tasse come gli Italiani, ma una parte di questo denaro va chiaramente a profitto della cultura, e in questo caso della cultura globalizzata, in quanto nel giro di poche ore, senza muovermi di casa e senza inquinare l'atmosfera per spostarmi in auto per chissà quale destinazione, grazie a Gallica e a BIUM (Bibliothèque interuniversitaire de Médecine, Paris) ho avuto tra le mani i testi di cui ora vi faccio partecipi. In Italia le cose stanno in tutt'altra maniera!

Claudii Galeni pergameni, secundum Hippocratem medicorum facile principis opus de usu partium corporis humani, Nicolao Regio Calabro interprete, Parisiis, ex officina Simonis Colinaei, 1528 - Liber XIV, pagina 412: Est autem hoc & in gallinis manifestum. Concipiunt enim hae ova, (quae vocantur ὑπηνέμια, hoc est subventanea) absque masculi communicatione. Quibus ovis quod quidem deest aliquid ad perfectionem, ostenditur ex eo, quod non potest ex ipsis animal generari. Quod tamen formam universam habent etiam haec, qualem & alia ova, evidenter apparet. Sola enim quae a masculo inditur caliditas, deest eis ad perfectionem. Sed hoc quidem in pedestribus animalibus impossibile est existere.

Galeni de Usu partium libri XVII. Ad codicum fidem recensuit Georgius Helmreich... Vol. II - Lipsiae: in aedibus B. G. Teubneri, 1909 - ΠΕΡΙ ΧΡΕΙΑΣ ΜΟΡΙΩΝ XIV,7 - pagina 303, 167,10: ἔστι δὲ δὴ τοῦτο κἀπὶ τῶν ἀλεκτορίδων εὔδηλον. κυΐσκονται γὰρ αὗται τὰ ὑπηνέμια καλούμενα τῶν ᾠῶν· ἄνευ τῆς πρὸς τοὺς ἄρρενας ὁμιλίας, οἷς ὅτι μὲν ἐνδεῖ τι πρὸς τὸ τέλον, ἐκ τοῦ μὴ δύνασθαι ζῷον ἐξ αὐτῶν γεννηθῆναι δηλοῦται. τὴν δ’οὖν ἰδέαν ὅτι σύμπασαν ἔχει καὶ ταῦθ', οἵανπερ καὶ τὰ λοιπὰ τῶν ᾠῶν, ἐναργῶς φαίνεται· μόνη γὰρ ἡ παρὰ τοῦ ἄρσενος αὐτοῖς ἐνδεῖ θερμότης εἰς τελειότητα. ἀλλὰ τοῦτό γε τοῖς πεζοῖς ζῴοις ἀδύνατον ὑπάρξαι.

[56] L'aggettivo greco ὑπηνέμιος è composto da ὑπό = sotto e ἄνεμος = vento.

[57] Secondo l’edizione del De re rustica della UTET, la frase completa di Varrone contenuta in II,1 è la seguente: In fetura res incredibilis est in Hispania, sed est vera, quod in Lusitania ad oceanum in ea regione, ubi est oppidum Olisipo, monte Tagro quaedam e vento concipiunt certo tempore equae, ut hic gallinae quoque solent, quarum ova hypenemia appellant.

[58] Historia animalium VI,2 559b 5-9: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. (traduzione di Mario Vegetti) - De generatione animalium III,1 749a 34-749b 7: Negli uccelli si formano anche prodotti spontanei, che sono chiamati da alcuni «ventosi» e «di zefiro». Essi si hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. (traduzione di Diego Lanza)

[59] De generatione animalium II,3 737a: Per questo in tutti gli animali che hanno uova sterili, l’uovo che si forma ha le parti di entrambi, ma gli manca il principio, e quindi non si anima, perché l’anima è portata dal seme maschile. Tutte le volte dunque che il residuo femminile si appropria di siffatto principio diventa prodotto del concepimento. (traduzione di Diego Lanza)

[60] Qui Gessner si dedica a una miscela di due passi non troppo vicini tra loro - dei quali il secondo è posto davanti al primo - tratti non dal libro II, bensì dal libro III di De generatione animalium. La traduzione di Teodoro Gaza* rappresenta la fonte di Gessner. Ebbene, in Gaza i brani ora citati da Gessner si trovano appunto nel libro III, capitolo 1. Ecco i due brani, dei quali il primo è posposto. III,1 749b: Essi si hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. Dal momento che anche la natura delle piume e quella del seme provengono da un’eccedenza, la natura non può contribuire cospicuamente a entrambi. Per questa stessa causa gli uccelli con unghie ricurve non si montano frequentemente, né sono prolifici, mentre lo sono quelli pesanti e, di quanti volano, quelli che hanno un corpo massiccio, come il colombo e gli altri siffatti. - III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. Inoltre le pernici femmine, condotte alla caccia, avendo odorato il maschio e avendo udito la sua voce, quelle non ancora montate si impregnano, quelle montate depongono immediatamente le uova. La causa di questo fenomeno è la stessa di quella che agisce sugli uomini e sui quadrupedi: quando il corpo si trova inturgidito in vista del coito o per qualche cosa che si vede o per un piccolo toccamento emette lo sperma. Ora siffatto tipo di uccelli è per natura propenso al coito e ricco di sperma. Tanto che occorre solo un piccolo impulso quando si trovano in stato di turgore e immediatamente si produce in essi il processo escretivo. Di conseguenza in quelli non montati si formano uova sterili, in quelli montati le uova crescono e giungono rapidamente a compimento. Tra gli animali che sono esternamente ovipari gli uccelli emettono le uova compiute, i pesci incompiute, e che conseguono il loro accrescimento esternamente, come anche si è già detto. Ne è causa il fatto che il genere dei pesci è prolifico; è quindi impossibile che molte uova conseguano internamente la loro compiutezza, per questo sono deposte esternamente. L’emissione è rapida perché l’utero dei pesci esternamente ovipari si trova in corrispondenza dei genitali. (traduzione di Diego Lanza)

[61] Non dispongo del testo greco, ma emendare ut con nec oltre che dal buon senso (infatti pernici e fasianidi non sono predatori dalle unghie ricurve) è dettato anche dalla traduzione di Diego Lanza, e, se non bastasse, da quella di Arthur Platt (1910): Some embryos are formed in birds spontaneously, which are called wind-eggs and 'zephyria' by some; these occur in birds which are not given to flight nor rapine but which produce many young, for these birds have much residual matter, whereas in the birds of prey all such secretion is diverted to the wings and wing-feathers, while the body is small and dry and hot. - La bagarre si intensifica se prendiamo il testo di Teodoro Gaza: ...quae non volaces sunt: aut uncae sed multipar<a>e: quoniam excremento ipsae [...].

[62] De generatione animalium III,1 750a 3-7; b 3-21 (passim): Le uova sterili si formano, si è anche già detto, perché nella femmina è presente la materia seminale, ma negli uccelli non si produce la secrezione mestruale come nei sanguigni vivipari.[...] Gli uccelli che volano non hanno uova sterili per la stessa causa per la quale non sono neppure multipari: il residuo degli uccelli dalle unghie ricurve è scarso ed essi necessitano del maschio che ecciti l’escrezione del residuo. Le uova sterili si producono più abbondantemente di quelle feconde e sono più piccole di dimensione per una sola e identica causa: poiché sono incompiute sono di dimensione più piccola, e poiché sono di dimensione più piccola sono in maggior numero. Sono anche meno dolci perché sono meno cotte, e in tutte le cose ciò che è cotto è più dolce. Si è dunque osservato a sufficienza che né le uova degli uccelli né quelle dei pesci giungono a compimento agli effetti della riproduzione senza i maschi, ma sul formarsi anche nei pesci di prodotti senza i maschi non si è ugualmente certi; si è visto che questo accade soprattutto per i pesci di fiume: alcuni infatti risultano avere uova direttamente, come si è scritto di loro nelle Ricerche. (traduzione di Diego Lanza)

[63] De generatione animalium III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. (traduzione di Diego Lanza)

[64] Historia animalium VI,2 559b: Coloro che affermano che le uova sterili sono residui delle uova precedentemente prodotte in seguito a copulazione, non dicono il vero: vi sono ormai sufficienti osservazioni relative a giovani galline e oche che hanno deposto uova sterili senza essersi mai accoppiate. La uova sterili sono più piccole, meno gradevoli e più liquide di quelle fecondate, ma vengono prodotte in maggior quantità. Anche se le si pone sotto la femmina, il liquido non si condensa affatto, e sia il giallo sia il bianco rimangono immutati. Molti uccelli depongono uova sterili, ad esempio la gallina, la pernice, la colomba, il pavone, l’oca, il germano reale. (traduzione di Mario Vegetti) - De generatione animalium III,1 751a: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. (traduzione di Diego Lanza)

[65] Naturalis historia X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.

[66] Filippo Capponi in Ornithologia Latina (1979) giustamente propende a identificare il chenalopex con la volpoca (Tadorna tadorna) anziché - come comunemente si crede - con l'oca egiziana (Alopochen aegyptiacus, in passato detto anche Chenalopex aegyptiacus).

[67] Historia animalium VI,2 560a: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. Le uova sterili diventano feconde, e quelle che già risultano da una copulazione mutano dall’uno all’altro genere, se prima che il giallo si sia trasformato in bianco, la femmina che porta le uova sterili oppure quelle concepite per fecondazione riceve il coito di un altro uccello: allora le uova sterili diventano feconde, e quelle feconde preesistenti assumono il genere dell’uccello che ha effettuato il coito per ultimo. Se però la trasformazione nel bianco ha già avuto luogo, non avviene alcun mutamento: né le uova sterili diventano feconde, né quelle concepite per fecondazione assumono il genere del maschio che ha montato per ultimo. E se la copulazione è interrotta quando le uova sono piccole, quelle che già esistono non si accrescono più; ma se la copulazione riprende, le loro dimensioni aumentano rapidamente. (traduzione di Mario Vegetti)

[68] De generatione animalium I,20 729a: Col che è anche chiaro che il liquido seminale non proviene da tutto il corpo: né potrebbero secernersi dalla stessa parte già separati, né, affluiti insieme nell’utero, lì separarsi; ma accade ciò che peraltro è logico: poiché il maschio apporta la forma e il principio del mutamento, e la femmina il corpo e la materia, come nella cagliatura del latte il corpo è dato dal latte, mentre il succo di fico o il siero sono l’elemento che possiede il principio costitutivo, così è anche di ciò che, provenendo dal maschio, si suddivide nella femmina. (traduzione di Diego Lanza)

[69] Naturalis historia X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.

[70] Historia animalium VI,2, 560a 5-9: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. (traduzione di Mario Vegetti)

[71] Testiculus è diminutivo di testis. In latino il testicolo è detto testis, nel senso di testimone. Questo singolare accostamento presente anche nel francese témoin - les deux témoins (Dictionnaire étymologique du Français di Jacqueline Picoche, 1992) - deriva dal diffuso animismo che spiega i nomi di molte parti del corpo: i testicoli sarebbero i testimoni dell’atto sessuale, della virilità. In questo caso Alberto potrebbe essere tacciato di maschilismo bell'e buono oppure di un femminismo esasperato. Ma se assumiamo che anche questo suo strano ovaio esposto all'aria è testimone dell'atto sessuale della femmina, allora Alberto viene scagionato.

[72] Alberto doveva avere ben chiaro solamente da dove spirò il vento che rese gravida la Madonna. Infatti Zefiro in greco suona Zéphyros, a quanto pare derivato da zóphos = zona delle tenebre, occidente. Invece per tutti noi Austro o Noto spira indiscutibilmente da sud. Se non bastasse, Zefiro di norma è primaverile, non autunnale. Vatti a fidare dei santi! Ma siamo nel favoloso, per cui queste accozzaglie impreziosiscono ancor più il mito.

[73] De animalibus VI, tract. 1, cap. 2 §12 (vol. I pag. 445 Stadler): Dicuntur ova venti, eo quod calor ipsa resolvere quidem potest in ventum, sed non formare in pullum: haec tamen ova coagulabilia sunt <h>epsesi et optesi, sed non formabilia proprio formante destituta, quae est sicut permixtio spermatis feminae cum sanguine menstruo in ceteris animalibus, ex qua materia nihil omnino generatur.

[74] Il verbo ἕψω significa far cuocere o far bollire. Il verbo ὀπτάω significa arrostire. - Aristotele Historia animalium VI,2 560a-b: Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no, anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene condensato e disseccato più dalla bollitura [ἑψόμενον] che dal fuoco vivo. Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono; sono due, una in basso e una in alto. A proposito del giallo e del bianco, avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili in un recipiente, se li si fa cuocere [ἕψῃ] lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo, e il bianco lo avvolge tutto intorno. (traduzione di Mario Vegetti) - Premesso che Alberto si serviva del testo di Aristotele tradotto dall'arabo in latino da Michele Scoto* (ca. 1215), visto che nel testo greco di Aristotele non compaiono forme come ἑψήσῃ e ὀπτήσῃ, ma compare solo ἕψῃ (congiuntivo presente), secondo Roberto Ricciardi si può ipotizzare quanto segue:
1) che esistesse nel codice di Aristotele utilizzato dal traduttore arabo la variante
ἑψήσῃ (congiuntivo aoristo)
2) che questa forma fosse glossata nell'interlinea o sul margine con
ὀπτήσῃ ('cuoccia' glossato con 'arrostisca')
3) che il traduttore arabo abbia inserito anche la glossa nel testo, ma non abbia tradotto i due termini e li abbia semplicemente traslitterati
4) che Michele Scoto abbia sì tradotto il testo arabo in latino, ma, come in altri casi, non comprendendo il senso delle traslitterazioni arabe, abbia traslitterato a sua volta il testo arabo in caratteri latini - omettendo la h di epsesi, diversamente da Gessner - senza però comprendere il significato delle due parole come di origine greca.

[75] Alberto De animalibus I,81: Ego tamen iam vidi ovum gallinae, quod habuit duas testas, unam intra aliam, et in medio duarum testarum habuit albuginem, et intra interiorem etiam non fuit nisi albugo, et fuit ovum parvum, totum rotundum ad modum sperae. Sed hoc erat unum de naturae peccatis et monstris.

[76] E dagli coi testicoli! Inoltre Alberto, forse per verecondia, non aveva mai visto che la gallina non solo ha l'ovaio là dove i galli hanno i testicoli, ma che di ovaio prospero ce n'è uno solo.

[77] Probabilmente Gessner pensa che qualcuno abbia scritto nova invece di vana e ne propone l'emendamento.

[78] Symposiakà o Quaestiones conviviales VIII,3 718a. - Si tratta di due versi di Sofocle*, frammento 433N. - Gessner leggeva πλήθουσι καὶ ἀνέμων, le edizioni moderne hanno λήθουσι di Gomperz e Diogene Laerzio* Vitae IV,35.

[79] L'aggettivo οὔρινον riferito all'uovo viene dato come equivalente al più corretto οὔριον derivato da οὖρος che significa vento propizio o favorevole. Anche Giulio Cesare Scaligero* (Aristotelis historia de animalibus, Tolosa, 1619) riporta la lezione οὔρινα. - Alcuni traducono οὔρια con sierose e l’aggettivo è frequente per designare le uova chiare. Confronta anche Hist. an. VI,3 562a 30: 4, 562b 11; De gen. an. III,2 753a 22. (Roberto Ricciardi) - Aristotele Historia animalium VI,2 560a: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. - kynósoura (letteralmente «urina di cane» o «coda di cane») e oúria («sterili», forse anche «sierose»), sono sinonimi, probabilmente dialettali, del termine hypënémia che designa normalmente in Aristotele le uova sterili. Un’altra variante di questo termine (che vale letteralmente «subventanea») è lo «zefirine» citato qui di séguito: anch’esso si riferisce alla credenza popolare sulla fecondazione degli uccelli mediante i soffi vitali dei venti caldi (Plinio, X, 80, chiarisce infatti: «Quidam et vento putant ea generari: qua de causa etiam Zephyria appellantur»). cfr. de Gen. An., nota III, 3. (traduzione e nota di Mario Vegetti)

[80] Il sostantivo femminile Κυνόσουρα in italiano suona Cinosura e identifica la costellazione dell'Orsa Minore. È assai probabile che con questo vocabolo - che significa coda di cane - i Greci volessero indicare il timone del Piccolo Carro che per lunghezza è molto più paragonabile alla coda di un cane che a quella di un orso, la cui coda è molto corta, salvo trattarsi di un orso fantastico come spesso accade in questo campo e come chiaramente dimostra l'iconografia della costellazione. - Cinosura è pure un promontorio dell'isola di Salamina che ha tutte le fattezze di una coda di cane e presso il quale (come ci racconta Erodoto* nel libro VIII delle Storie) il 20 settembre del 480 aC si svolse la famosa battaglia navale tra Greci e Persiani: 378 navi greche con 70.000 uomini contro 800 navi persiane con 150.000 guerrieri. I Greci ci rimisero solo 40 navi e sconfissero il nemico che perse 50.000 uomini e 200 navi. Non sono in grado di fornire il numero delle vittime greche.

[81] De generatione animalium III,2 753a-753b: Nelle uova gli animali giungono più velocemente a compimento nella stagione soleggiata, perché il tempo concorre in quanto anche la cozione è prerogativa del calore. Sia la terra concorre alla cozione grazie al suo calore, sia l’animale che cova fa la stessa cosa: trasmette il calore che ha in sé. Ma logicamente è durante la stagione calda che le uova si corrompono e si formano le cosiddette sterili [οὔρια]: come anche i vini nella stagione calda si inacidiscono per il rimescolamento della feccia (perché è questa la causa del corrompimento), così anche nelle uova avviene per il tuorlo. Essi rappresentano in entrambi i casi l’elemento terroso, perciò il vino è intorbidito per il rimescolamento della feccia, le uova che si corrompono per quello del tuorlo. È logico che questo accada agli uccelli multipari, perché non è facile conferire a tutte le uova un riscaldamento conveniente, ma in alcune ce n’è difetto, in altre eccesso, e esse sono intorbidite come se andassero in putrefazione. Nondimeno questo accade anche agli uccelli con unghie ricurve che depongono poche uova. Spesso infatti anche quando sono due uno diventa sterile, e pressoché sempre quando sono tre. Essendo infatti questi animali caldi per natura producono un effetto come di bollore nel fluido delle uova. Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. [753b] Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso. - Sieroso: la traduzione di Scoto presuppone un testo diverso: «et propter hoc fit molle quando calefit: cum ergo acciderit ei humiditas ex superfluitate humiditatum corrumpetur». Peck tuttavia, seguendo Platt, preferisce espungere tutto eàn ëi më ex ygroù perittømatos mentre Lulofs più giustamente considera testo guasto soltanto eàn ëi. (traduzione e nota di Diego Lanza) - Alcuni traducono οὔρια con sierose e l’aggettivo è frequente per designare le uova chiare. Confronta anche Hist. an. VI,3 562a 30: 4, 562b 11; De gen. an. III,2 753a 22. (Roberto Ricciardi)

[82] Historia animalium VI,4 562b: Tutti i colombiformi, quali il colombaccio e la tortora, depongono per lo più due uova, al massimo tre. La colomba, come s’è detto, depone le uova in ogni stagione, mentre la tortora e il colombaccio lo fanno in primavera, e non più di due volte (le depongono una seconda volta quando la prima covata è stata distrutta: molte femmine distruggono in effetti le proprie uova). I colombiformi depongono comunque talvolta, come s’è detto, anche tre uova, ma non ne vengono mai più di due pulcini, talora anche uno soltanto: l’uovo residuo è sempre sterile.

[83] Naturalis historia X, 166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.

[84] Confronta per esempio Omero Odissea V 628; X 17; Iliade I 479; II 420, etc.

[85] Confronta Eustazio ad Il. I 50: οὐρῆας μὲν πρῶτον ἐπῴχετο - in alternativa ad altre spiegazioni Eustazio (p. 42, 10 sg.) propone: παρὰ τὸν οὖρον, δηλοῖ τὸν ἄνεμον τοῦτο δὲ διὰ τὸ ἄγονον τῶν τοιούτων ζώῳν καὶ τὸ τοῦ σπερματικοῦ πνεύματος ἄκαρπον καὶ ὥσπερ ἀνεμιαῖον. Διὸ καὶ τὰ ἐν τοῖ ὠοῖς ἄκαρπα διὰ τὴν τοιαύτην αἰτίαν οὔρια κοινὴ λέγει συνήθεια.

[86] Il verbo ἐξουρίζω in senso attivo significa emettere con l'urina, in senso passivo significa essere emesso con l'urina. Traduciamo pertanto con 'piene di urina', o con un equivalente 'piene di vento', cioè, sterili. Ἐξουρίσαντα è glossato da Lodovico Ricchieri con il latino urina (da οὔριος = che ha il vento favorevole, in quanto οὖρος  è il vento favorevole, oppure da οὔρειος / οὔριος = per l'urina, in quanto οὖρον è l'orina) e in Plinio urina designa le uova ventose: Columbae proprio ritu osculantur ante coitum. Pariunt fere bina ova, ita natura moderante, ut aliis crebrior sit fetus, aliis numerosior. Palumbis et turtur plurimum terna nec plus quam bis vere pariunt, atque ita, si prior fetus corruptus est et ut, quamvis III pepererint, numquam plus II educant. Tertium inritum est; urinum vocant. Palumbis incubat femina post meridiana in matutinum, cetero mas. (Naturalis historia X,158)

[87] A pagina 420*: Albumine autem corrupto nihil omnino per incubationem formatur, sed ovum totum turbatur et corrumpitur, sicut corrumpitur humor (sanies) in apostemate, quamobrem perquam foetida redduntur talia ova. (Haec esse conijcio quae Aristoteles et alii urina vocant, de quibus infra copiosius scribetur. nostri putrida ova, sule eyer. quanquam Aristoteles urina non albumine, sed vitello corrupto fieri ait).

[88] Historia animalium VI,2 560a: Del resto gli uccelli differiscono tra loro anche per la maggiore o minore attitudine alla cova. Se tuona durante la cova, le uova si rovinano. (traduzione di Mario Vegetti)

[89] Naturalis historia X,152: Si incubitu tonuit, ova pereunt; et accipitris audita voce vitiantur. Remedium contra tonitrus clavus ferreus sub stramine ovorum positus aut terra ex aratro.

[90] De re rustica VIII,5,12: Plurimi etiam infra cubilium stramenta graminis aliquid et ramulos lauri nec minus alii capita cum clavis ferreis subiciunt. Quae cuncta remedio creduntur esse adversus tonitrua, quibus vitiantur ova pullique semiformes interimuntur, antequam toti partibus suis consummentur.

[91] Historia animalium VI,3 561a: Nelle galline, dunque, un primo segno compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno. (traduzione di Mario Vegetti)

[92] Siccome incorreremo nel latino sitista di Plinio, premettiamo che l'aggettivo greco σιτιστός riferito agli animali significa ben nutrito, ingrassato; deriva dal verbo σιτίζω che significa nutrire. - La trasformazione di sitista in schista è dovuta a Ermolao Barbaro Castigationes Plinianae: ex libro vigesimonono ex capite iii: fiunt et tota lutea quae vocant sitista: Alii codices habent Sicista. Ipsum legendum fere arbitror Schista: quoniam ab incubatu exempta quasi dividantur et discedat vitellus a candido. Nam & luteum & candidum dicit Aristoteles de animalium generatione tertio, membranis inter sese distingu<u>ntur: & incubante ave concoquenteque animal ex alba parte ovi secernitur, augetur ex reliqua. - I nostri testi riportano abitualmente sitista, come risulta dal seguente brano della Naturalis historia XXIX, 45: Utilia sunt et cervicis doloribus cum anserino adipe, sedis etiam vitiis indurata igni, ut calore quoque prosint, et condylomatis cum rosaceo; item ambustis durata in aqua, mox in pruna putaminibus exustis, tum lutea ex rosaceo inlinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant sitista, cum triduo incubita tolluntur. Stomachum dissolutum confirmant pulli ovorum cum gallae dimidio ita, ne ante II horas alius cibus sumatur. Dant et dysintericis pullos in ipso ovo decoctos admixta vini austeri hemina et pari modo olei polentaeque. - Nella Naturalis historia Plinio usa schistos per indicare un minerale in xxix,124, xxxiii,84 e in xxxvi,144,145 e 147. L’aggettivo schistos,-a,-on significa fissile, cioè che si può fendere, che si può dividere facilmente, derivato dal greco schízø = scindo, divido; viene usato da Plinio in xxx,74, in xxxi,79 e in xxxiii,88 riferito all’allume. Il sostantivo maschile schistos significa limonite*, minerale ferroso che nella varietà pulverulenta, nota con il nome di ocra gialla, viene usata come pigmento colorante (terra di Siena). Ma Plinio usa l’aggettivo schistos per indicare anche una cipolla che, come lo scalogno - Allium ascalonicum -, possiede un bulbo composto da bulbilli aggregati i quali possono essere separati e quindi usati uno a uno per riprodurre la pianta, come accade per l’aglio comune o Allium sativum. Ecco il brano di Plinio in cui parla della cipolla di Ascalona e della cipolla schista in Naturalis historia xix: [101] Alium cepasque inter deos in iureiurando habet Aegyptus. Cepae genera apud Graecos Sarda, Samothracia, Alsidena, setania, schista, Ascalonia, ab oppido Iudaeae nominata. Omnibus etiam odor lacrimosus et praecipue Cypriis, minime Cnidiis. Omnibus corpus totum pingui tunicarum cartilagine. [102] E cunctis setania minima, excepta Tusculana, sed dulcis. Schista autem et Ascalonia condiuntur. Schistam hieme cum coma sua relincunt, vere folia detrahunt, et alia subnascuntur iisdem divisuris, unde et nomen. Hoc exemplo reliquis quoque generibus detrahi iubent, ut in capita crescant potius quam in semen. - Plinio usa schistos anche per indicare un modo di preparare il latte in xxviii,126: Medici speciem unam addidere lactis generibus, quod schiston appellavere. Id fit hoc modo: fictili novo fervet, caprinum maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Cum fervet, ne circumfundatur, praestat dyathus argenteus cum frigida aqua demissus ita, ne quid infundat. Ablatum deinde igni refrigeratione dividitur et discedit serum a lacte. - Insomma: com'era prevedibile, nessuna traccia in Naturalis historia delle uova schista citate da Aldrovandi in quanto furono ideate da Ermolao Barbaro. Anche Conrad Gessner riporta le uova schista come notizia dovuta a Plinio pag. 420: Fiunt et tota lutea quae vocant schista, cum triduo incubata tolluntur, Plin. - Viene da pensare che a pagina 420* anche Gessner abbia fatto affidamento sulla castigatio di Ermolao Barbaro.

[93] Historia animalium VI,2 559b-560a: Le uova covate d’estate si schiudono più rapidamente che in inverno: infatti d’estate le galline le fanno schiudere [560a] in diciotto giorni, mentre d’inverno ne occorrono loro talvolta anche venticinque. Del resto gli uccelli differiscono tra loro anche per la maggiore o minore attitudine alla cova. Se tuona durante la cova, le uova si rovinano. (traduzione di Mario Vegetti)

[94] Questo è un grave errore di Alberto. La testa del pulcino è diretta verso la parte ottusa dell'uovo, dove c'è la camera d'aria. Vedi il lessico alla voce Embrione di pollo*.

[95] Naturalis historia X,145: Avium ova ex calore fragilia, serpentium ex frigore lenta, piscium ex liquore mollia. Aquatilium rotunda, reliqua fere fastigio cacuminata. Exeunt a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente quibuscumque emergunt portionibus. Quae oblonga sint ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine.

[96] La notizia sul comportamento delle galline quando hanno sconfitto un maschio proviene da Aristotele Historia animalium IX 631b 8.

[97] Naturalis historia X,116: Villaribus gallinis et religio inest. Inhorrescunt edito ovo excutiuntque sese et circumactae purificant aut festuca aliqua sese et ova lustrant. - Aristotele Historia animalium VI,2, 560b 7-11: In generale, le femmine degli uccelli si consumano e si ammalano se non covano. Dopo l’accoppiamento esse arruffano le piume e si scuotono, e spesso gettano festuche tutto attorno (la stessa cosa fanno talvolta anche dopo la posa), mentre le colombe trascinano al suolo la coda e le oche si tuffano in acqua. (traduzione di Mario Vegetti)

[98] Iliade IX,323-24: Come ai pulcini il cibo portare un aligero suole, | quand’ei l’abbia trovato, che nulla per lui ne rimane. (traduzione di Ettore Romagnoli)

[99] In Italia, di Plutarco, è edito da D’Auria L’amore fraterno e l’amore per i figli (a cura di A. Postiglione). Aldrovandi dà come fonte il De amore parent. erga liberos che corrisponde a Moralia 494D = cap. 2 p. 494D. Plutarco non ha ὅτι ma ὥσπερ.

[100] Moralia cap. 2, 494E-F-495A. Il testo greco è più semplice; si tratta piuttosto di una parafrasi. (Roberto Ricciardi)

[101] De natura deorum II 129-130: Iam gallinae avesque reliquae et quietum requirunt ad pariendum locum et cubilia sibi nidosque construunt eosque quam possunt mollissume substernunt, ut quam facillume ova serventur; e quibus pullos cum excuderunt, ita tuentur, ut et pinnis foveant, ne frigore laedantur, et, si est calor a sole, se opponant; cum autem pulli pinnulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, reliqua cura liberantur. [130] Accedit etiam ad nonnullorum animantium et earum rerum, quas terra gignit, conservationem et salutem hominum etiam sollertia et diligentia. Nam multae et pecudes et stirpes sunt, quae sine procuratione hominum salvae esse non possunt.

[102] Naturalia historia X,155: Traditur quaedam ars gallinarii cuiusdam dicentis, quod ex quaque esset. Narrantur et mortua gallina mariti earum visi succedentes in vicem et reliqua fetae more facientes abstinentesque se cantu. Super omnia est anatum ovis subditis atque exclusis admiratio prima non plane agnoscentis fetum, mox incerti singultus sollicite convocantis, postremo lamenta circa piscinae stagna mergentibus se pullis natura dulce. - Initile correggere le varie versioni di Plinio che ci sono state tramandate.

[103] Il brano di Pierre Gilles è tratto da liber XIV caput XXXIII - De Gallina - di Ex Aeliani historia per Petrum Gyllium latini facti: itemque ex Porphyrio, Heliodoro, Oppiano, tum eodem Gyllio luculentis accessionibus aucti libri XVI, de vi et natura animalium (Lugduni, apud Seb. Gryphium, 1533).

[104] Naturalis historia XXVIII,31-32: [31] Signum eius familiae est, si modo adhuc durat, vernis temporibus odoris virus. atque eorum sudor quoque medebatur, non modo saliva. Nam in insula Nili Tentyri nascentes tanto sunt crocodilis terrori, ut vocem quoque eorum fugiant. Horum omnium generum insita repugnantia interventum quoque mederi constat, sicuti adgravari vulnera introitu eorum, qui umquam fuerint serpentium canisve dente laesi. [32] Iidem gallinarum incubitus, pecorum fetus abortu vitiant; tantum remanet virus ex accepto semel malo, ut venefici fiant venena passi. Remedio est ablui primus manus eorum aquaque illa eos, quibus medearis, inspergi. rursus a scorpione aliquando percussi numquam postea a crabronibus, vespis apibusve feriuntur.

[105] De re rustica VIII,2,7-8: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur. Mercari porro nisi fecundissimas aves non expedit. Eae sint rubicundae vel infuscae plumae nigrisque pinnis, ac si fieri poterit, omnes huius et ab hoc proximi coloris eligantur. Sin aliter, vitentur albae, quae fere cum sint molles ac minus vivaces, tum ne fecundae quidem facile reperiuntur, atque etiam conspicuae propter insigne candoris ab accipitribus et aquilis saepius abripiuntur. [8] Sint ergo matrices robii coloris, quadratae, pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis auribus, et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus unguibus: generosissimaeque creduntur quae quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria. Nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque fecunda etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit.

[106] Opus agriculturae I,27 De gallinis - Sint praecipue nigrae, aut flavi coloris, albae vitentur.

[107] Plinio, nonostante la sua ampia cultura, purtroppo non è di valido aiuto quando siamo a caccia di particolari. Infatti, per analogia con quanto affermato da Varrone (Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.), dopo le penne nere, ci dovremmo aspettare le piume rossicce. Invece la lezione del testo a noi tramandata - e accettata - parla di ore rubicundo invece che di colore rubicundo, per cui anziché quelle con piume rossicce siamo costretti a ritenere come ottime galline quelle dalla faccia rossa. Plinio fu un grandissimo arraffone e ha fuso le notizie in modo tale che anche il suo digitis imparibus, se non vogliamo incorrere in una stolta ripetitività, siamo costretti a tradurlo con dita di differente lunghezza, visto che appena dopo Plinio afferma che le galline di buona razza sono talora caratterizzate da un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro. Io sono dell’avviso che Plinio abbia raggranellato la notizia delle dita dispari da due fonti diverse e che il suo digitis imparibus corrisponde all’imparibus digitis di Varrone. Non credo che si possa risalire alla fonte da cui Plinio ha tratto la palese e inutile ripetizione costituita da aliquando et super IIII digitos traverso uno. In sintesi: senza tema di smentita, anche digitis imparibus di Plinio corrisponde a dita dispari, quindi alla pentadattilia. - Per la lunga disquisizione storica relativa alla pentadattilia si veda Summa Gallicana*. C.X.a

[108] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia.

[109] Non si emenda ampla che non è separata con una virgola da erecta. I codici in voga nel XX secolo riportano invece amplas riferito a gallinas, per cui le galline odierne, più che avere la cresta grossa, debbono essere corpulente. Forse Varrone era un futurista, relegato nel suo tempo da qualche amanuense che scrisse ampla invece di amplas omettendo anche la virgola. A parte gli scherzi: amplas sembrerebbe più appropriato visto che nella breve frase Varrone non ha ancora accennato alle dimensioni corporee.

[110] Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.

[111] Elio Corti, in base a motivi linguistici che si accordano con i criteri di scelta di un allevatore, traduce tàs ópseis megálas con "quelle che hanno un aspetto grande". Le galline di razza debbono avere sì la testa grande, ma soprattutto non debbono presentarsi mingherline nel resto del corpo, e questo in vista dei ripetuti assalti sessuali quotidiani da parte dei galli. Un concetto, quello della mole massiccia e della sua utilità sessuale, che Florentino subito ribadisce anche per le galline dal piumaggio nero. Per una disquisizione più dettagliata si veda il lessico alla voce Florentino*.

[112] Geoponica sive Cassiani Bassi Scholastici De Re Rustica Eclogae - recensuit Henricus Beckh - Teubner - Stoccarda e Lipsia - 1994 - pagina 411 - libro 14, capitolo 7 - Περὶ ὀρνίθων. Φλωρεντίνου. paragrafi 8-9: 8 Χρὴ δὲ τὸν βουλόμενον ὀρνιθοτροφεῖν, ἐκλέγεσθαι τῶν ἀλεκτορίδων τὰς πολυγονωτάτας· καταλαμβάνεται δὲ τοῦτο ἐξ αὐτῆς τῆς χρείας καὶ τῆς πείρας, οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ἐξ ἑτέρων τινῶν τεκμηρίων. 9 ὡς ἐπίπαν γὰρ αἱ ξανθίζουσαι, καὶ περιττοδάκτυλοι, τὰς ὄψεις μεγάλας ἔχουσαι, τόν τε λόφον ἐπῃρμένον, καὶ αἱ μελανόπτεροι, καὶ τοῖς ὄγκοις μεγάλαι, τούς τε ἄῤῥενας οἴσουσι ῥαδίως, καὶ πρὸς ὠοτοκίας κρείττους εἰσί, καὶ τὰ ὠὰ μεγάλα τίκτουσιν, ἐξ ὧν καὶ τὰ νεογνὰ γίνεται γενναῖα.- 8. Colui che vuole allevare dei polli, deve scegliere le galline più feconde; ciò lo si può dedurre in base alla pratica stessa e all'esperienza, non solo, ma anche da alcuni altri indizi. 9. Infatti lo sono per lo più quelle che biondeggiano, e con un numero di dita superiore alla norma, quelle che hanno un aspetto grande e la cresta dritta, anche quelle con le piume nere, e grandi di mole, e sopporteranno facilmente i maschi, e sono superiori nel deporre uova, e depongono le uova che sono di grandi dimensioni, dalle quali anche i pulcini nascono di buona qualità. (traduzione di Elio Corti - 16 settembre 2006)

[113] Si emenda Mox con Mos dal momento che questo sostantivo sembra più appropriato dell'avverbio. - De re rustica VIII,5,24: Mos quoque, sicut in ceteris pecudibus, eligendi quamque optimam et deteriorem vendendi servetur etiam in hoc genere, ut per autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt, item quae aut parum fecundae aut parum bonae nutrices sunt, praecipue quae ova vel sua vel aliena consumunt, nec minus quae velut mares cantare coeperunt, item serotini pulli, qui a solstitio nati capere iustum incrementum non potuerunt. In masculis non eadem ratio servabitur, sed tamdiu custodiemus generosos quamdiu feminas inplere potuerunt. Nam rarior est in his avibus mariti bonitas.

[114] Rerum rusticarum III,9,7: Inter duas ostium sit, qua gallinarius, curator earum, ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete exclusa sint cubilia earum.

[115] Il Dialogus de avibus et earum nominibus Graecis, Latinis, et Germanicis (1544) si svolge tra Longolius e Panfilo*. In questo caso chi parla è Longolius.

[116] Non si emenda dispendant di Gessner, che oltretutto parrebbe più appropriato di distendant - De re rustica VIII,2,7: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur.

[117] Columella De re rustica VIII,3,1-2: De gallinariis [1] Gallinaria constitui debent parte villae quae hibernum spectat orientem. Iuncta sint ea furno vel culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae exstruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orientem sit obversa. [2] In ea deinde fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae cellae, quae ips<a>, e tribus minima, esse debet in altitudinem et quoque versus pedes septem. In ea singuli dextro laevoque pariete aditus ad utramque cellam faciundi sunt, iuncti parieti qui est intrantibus adversus.