Teodoro Pascal

Le razze della Gallina domestica

trascrizione di Fernando Civardi - 2010

Gli accenti rispettano la grafia del XXI secolo

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Generalità

 

GENERALITÀ

CAPITOLO I

1) Le razze del pollo domestico allevate a scopo di sport

Lo sport della pollicoltura ha raggiunto le più eccelse cime dei suoi ideali: molti sono i suoi cultori e moltissimi i suoi detrattori, quindi cercherò di mettere in chiaro sia i vantaggi che gli svantaggi dovuti allo sport della pollicoltura.

Si deve alla sportmania la doviziosa abbondanza di razze di cui è dotata la pollicoltura, nonché le frequenti mostre che si succedono per vieppiù mettere in evidenza le stesse razze.

Le mostre sollecitano l’amor proprio degli avicultori che, per quelle occasioni, espongono i migliori soggetti del loro allevamento e, vendendoli, li diffondono fra gli allevatori. Sin qui gli effetti delle mostre sono molto lusinghieri, poiché in tal modo viene inculcata la passione della pollicultura negli acquirenti; ma d’altra parte la pedanteria del codice, appunto nelle occasioni delle mostre, si rivela spesso sotto forma funesta per l’incremento della pollicoltura, e che sia proprio così, basti citare quanto segue:

Le tre razze classiche francesi sono d’indiscussa utilità economica, ma la pedanteria del codice le volle trasformare in razze nobilitate da salienti e tipiche caratteristiche, e così al tipo primitivo, al tipo locale, cioè al tipo francese delle razze Houdan, Crèvecoeur e la Flèche, venne sostituito il tipo inglese: certamente si ebbe una seconda edizione riveduta e corretta dagli Inglesi, ma nel contempo vennero evidentemente sacrificati i più utili requisiti, e così successe per altre numerose razze: tutto ciò devesi appunto alla sportmania e propriamente alle mostre di pollicultura, ove, preso un indirizzo, si persevera a non abbandonarlo anche se risulta fatale, economicamente parlando. Così, per esempio, cito la nostra padovana a ciuffo: l’ampiezza del ciuffo: l’ampiezza del ciuffo, la massima ampiezza di questo ornamento richiede il codice, quindi gli allevatori selezionano in questo senso i loro prodotti e portano alle mostre dei generali addirittura. Non sembrerà vero, eppure l’ampiezza del ciuffo ha influito a rendere questa razza oltremodo delicata: le aperture delle cavità nasali nelle razze a ciuffo sono quasi il doppio di grandezza di quelle delle razze senza ciuffo, e contemporaneamente manca la pellicola cornea che nelle razze senza ciuffo covre le narici.

È noto che la respirazione si compie attraverso le narici, ma nei polli affetti da catarro nasale, l’efflusso del naso, indurendosi nelle pareti dei fori nasali, finisce per ostruirli, ed allora l’animale respirerà male ed aprirà il becco per facilitare la respirazione: l’allevatore avrà così il modo di capire che l’animale può essere affetto da pipita, coriza contagiosa, catarro bronchiale, ecc.. e potrà evitare l’aggravarsi del male; ma nei polli a ciuffo, l’ostruzione delle cavità nasali non si verifica molto facilmente, stante l’ampiezza delle narici e ne consegue che il pollo, anche ammalato, non ne darà contezza. Negli organi respiratori dei polli ciuffuti, stante l’anormalità delle aperture nasali, le sostanze sospese nell’aria vengono mal trattenute, e perciò introdotte in eccesso ai polmoni. Per correlazione di sviluppo, la protuberanza ossea ove risiede il ciuffo, quanto più grande sarà, tanto più ampie narici richiederà, quindi emerge come conseguenza che il ciuffo straordinariamente sviluppato per continua selezione artificiale, ha finito per darci animali soggetti a mille malanni. A misura che la selezione svilupperà l’ampiezza del ciuffo, le vie nasali diventeranno sempre più anormali; ma coll’ampiezza del ciuffo si altera anche l’organo della vista, e possiamo conseguentemente dedurre che la povera padovana è innocente vittima dello sport; questi poveri animali mi destano un senso di pietà, e penso che le diverse società protettrici d’animali non farebbero male ad occuparsi anche di loro: talvolta si vedono soggetti il cui ciuffo è tanto enorme, che alcune penne toccano ed offendono l’occhio, ed in tal caso gli allevatori sogliono tagliarle, per evitare che l’animale abbia a restare nel buio pesto.

Che dire della Cocincinese? Questa razza non è più come quella che venne importata dalla regina Vittoria d’Inghilterra, poiché il tipo è mano mano diventato sempre più goffo; i tarsi, allora piuttosto lunghi e poco o nulla calzati, sono attualmente raccorciati e bene impiumati, finalmente gli individui di questa razza sono diventati estremamente pesanti nei loro movimenti di tartarughe; la conseguenza di queste esagerazioni, sempre più incoraggiate alle nostre e perciò volute dalla pedanteria del codice, è che un gallo cocincinese è spesso fuori uso nel secondo anno di età, infine la vecchiaia precoce e le malattie, causate dalle insufficienze del moto, sono divenute prerogative della razza in parola.

Fortunatamente però, lo sport ha anche redente alcune razze, e cito, ad esempio, la gallina comune italiana: la nostra gallina nazionale, che lasciammo sempre nel più desolante abbandono, venne importata dagli Americani nella loro patria ed ivi fatta segno alle più assidue cure d’allevamento, tanto da comparire poi come razza di sport alle mostre, sotto il pomposo nome inglese di Leghorn (Livorno). Epperò gli Americani hanno saputo conservare in questo tipo nobilizzate tutte le prerogative del pollo italiano.

Quanto ho detto, ha messo evidentemente in luce che, come del resto in tutte le manifestazioni dello scibile, anche nello sport avino, le esagerazioni ci fanno allontanare dall’obbiettivo che ci eravamo prefisso: allora, invece di migliorare uno stato di cose, lo peggioriamo. Non esageriamo, e tutto andrà per la retta via: esempio ne sia il pollo italiano selezionato prima dagli Americani e poi dai Tedeschi.

2) Mostre di pollicoltura

Sono ordinariamente i comizi agrari e le società zootecniche che promuovono le mostre d’{avicoltora}<avicoltura> in Italia, ma all’estero, in Germania specialmente, l’iniziativa parte quasi esclusivamente dalle numerose società d’avicoltura. Non ha guari, a Milano, si ebbe a registrare una luminosa eccezione alla regola, e così potemmo vedere una mostra iniziata dal Corriere della Sera.

Nel 1903 poi, ad iniziativa del solerte marchese Trevisani, la Società Nazionale d’Avicoltura bandì una grandiosa Mostra Internazionale a Roma, che fu semplicemente un trionfo clamoroso; mai ebbesi a verificare in Italia un concorso di tale importanza.

In quello stesso anno anche la colombofila fiorentina, duce valoroso il cav. Giachetti, ebbe a registrare un successo legittimo con una riuscita mostra. È da augurarsi che l’esempio riesca fecondo.

Il Comitato esecutivo, costituitosi per l’occasione della mostra, redige il regolamento ed il programma; riporto all’uopo l’uno e l’altro, come suole costumare la Società Zootecnica di Torino alla mostra annuale di pollicoltura che bandisce nel Giardino della Cittadella.

CATEGORIA PRIMA – Galli e Galline

SEZIONE I – Razze Italiane

CLASSE 1. Italiana varietà nera.
              2.                      coucou.
              3.                      dorata.
              4.                      pernice.
              5.                      bianca.
              6.                     diverse.
              7. Padovana comune, varietà diverse.
              8. Padovana ricciuta, varietà diverse.
              9. Altre razze non menzionate-
             10. Padovana, varietà nera.
             11.                           fulva.
             12.                           dorata.
             13.                           camosciata.
             14.                           argentata.
             15.                           bianca.
             16.                   altre varietà.
             17. Polverara, varietà nera.
             18.                            bianca.
             19.                  altre varietà.
             20. Gigante padovana, varietà nera.
             21.                                     bianca.
             22. Maggi.
             23. Siciliana, varietà diverse.
             24. Valdarno,               
             25. Cinque dita,           
5 Medaglie argento dorato, 5 argento e 6 bronzo.

SEZIONE II – Razze estere

CLASSE 26. Houdan.
              27. Crèvecoeur.
              28. La Flèche.
              29. Barbezieux.
                      Le Mans.
                      Courtes pattes.
                      Bresse.
              30. Mantes.
              31. Coucou di Malines.
     
        32. Campine.
              33. Amburgo.
                      Hambourg crayonné.
              34. Combattenti inglesi.
                                         di Bruges.
                                         indiani.
              35. Malesi.
              36. Cocincina.
              37. Brahma.
     
        38. Langshan.
              39. Orpington.
              40. Dorking.
     
        41. Grigio di Scozia.
     
        42. Plymouth Rock.
              43. Olandese a ciuffo.
     
        44. Breda.
              45. Spagnola.
              46. Minorca.
              47. Andalusa.
              48.   Wyandotte.
              49.   Phoenix.
              50.   Yokohama.
              50bis Altre razze non menzionate.
3 Medaglie argento dorato, 3 argento e 4 bronzo.

SEZIONE III – Razze Nane

CLASSE     51.   Sebright.
                 52.   Barbuta d’Anversa.
                 53.   Bantam di Pechino.
                 54.   Nagasaky.
                 55.   Mora e Seta.
                 56.   Combattenti.
                 57.   Altre razze non menzionate.
1 Medaglia argento dorato, 1 argento e 1 bronzo.

CATEGORIA SECONDA

SEZIONE I – Tacchini

CLASSE    58.   Tacchini, varietà nera.
                 59.                 altre varietà.
                 60.                 d’America.
1 Medaglia argento dorato, 1 argento ed 1 bronzo.

SEZIONE II – Faraone

CLASSE    61.   Faraone, varietà grigia.
                 62.                          lilà.
                 63                           bianca.
1 Medaglia argento dorato, 1 argento ed 1 bronzo.

SEZIONE III – Pavoni

CLASSE   64.   Pavoni diverse varietà.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

SEZIONE IV – Fagiani, Colins, ecc.

CLASSE     65.   Fagiani, razze diverse.
                 66.   Colins di California.
                 67.   Pernici.
                 68.   Altra selvaggina.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

CATEGORIA TERZA – Palmipedi

SEZIONE I – Oche

CLASSE    69.   Oche Padovane grigie.
                 70.   Oche Piacentine bianche.
                 71.            Tolosane.
                 72.            d’Embden.
                 73.           altre razze.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

SEZIONE II – Anitre

CLASSE    74.   Anitre di Rouen.
                 75.            d’Aylesbury.
                 76.            di Pekino.
                 77.            del Labrador.
                 78.            di Barberia.
                 79.            altre razze-
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

CATEGORIA QUARTA – Colombi

Razze Italiane

SEZIONE UNICA – Colombi

CLASSE   80.   Colombi, razza di lusso.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

CLASSE   81.   Colombi, razza da carne.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

CLASSE   82.   Colombi messaggieri.
1 Medaglia argento dorato, 1 argento, 1 bronzo.

CATEGORIA QUINTA – Conigli

SEZIONE UNICA – Conigli

CLASSE    83.   Conigli da pelliccia.
               84.              da carne.
1 Medaglia argento ed 1 bronzo.

CATEGORIA SESTA

SEZIONE UNICA – Macchine ed Attrezzi

CLASSE    85.   Incubatrici e madri artificiali.
               86.   Altri attrezzi.

CATEGORIA SETTIMA

SEZIONE UNICA – Opere d’Avicoltura

CLASSE    87.   Trattati.
               88.   Giornali.
               89.   Altri scritti relativi all’Avicoltura.

Per queste due ultime Categorie sono istituiti appositi diplomi.
Sono ancora accordate le seguenti ricompense:
Diploma di Medaglia d’oro e lire 200 al più bel complesso della Mostra.
Diploma di Medaglia d’oro e lire 150 al più bel complesso della Sezione prima.
Diploma di Medaglia d’oro e lire 100 al più bel complesso della Sezione seconda.

ART.  1.-  Coloro che desiderano prender parte alla Mostra debbono far pervenire le loro schede d’iscrizione col relativo importo, di cui all’articolo seguente, alla sede della Società Zootecnica, via Carlo Alberto, n. 40, in Torino, non più tardi del 15 aprile 1894, in cui saranno irremissibilmente chiuse le iscrizioni.

ART.  2. – Il diritto d’iscrizione è fissato in lire una per coppia; in lire una per ogni oggetto esposto inferiore ad un metro quadrato; lire tre per ogni oggetto da un metro quadrato a tre metri quadrati; lire cinque ogni dieci metri quadrati.

ART.  3. – Non si terrà conto delle schede non accompagnate dal relativo ammontare. Non saranno restituite le somme pagate per animali inscritti e non presentati.

ART.  4. – Gli animali esposti devono essere di assoluta proprietà dell’Espositore.

ART.  5. – Saranno esclusi dal Concorso gli animali ammalati o quelli su cui venissero constatate tracce di frodi, come estirpazione di penne caratteristiche di difetti, e così saranno esclusi gli animali erroneamente classificati.

ART.  6.- Gli animali saranno esposti per coppie.

ART.  7. - Le spedizioni degli animali potranno essere fatte franche di porto alla Società Zootecnica, la quale s’incarica del rinvio mediante assegno per rimborso spese degli animali ed oggetti esposti, quando il proprietario non abbia apposito rappresentante a Torino.

ART.  8. – Onde prevenire qualsiasi errore o disguido, ogni cesta o gabbia dovrà portare chiaramente scritto il nome e l’indirizzo dell’Espositore, la razza, la varietà e La classe (se sono animali) a cui i soggetti sono inscritti, per il rimanente basterà il nome e l’indirizzo dell’Espositore.

ART.  9 – Se animali inscritti in varie categorie venissero racchiusi nelle stesse ceste o gabbie, il Comitato non si ritiene responsabile degli errori di classificazione.

ART.  10 – È fatta facoltà ai signori Espositori di fissare il prezzo di vendita degli animali e degli oggetti esposti, i quali verranno indicati nel Catalogo dell’Esposizione. Questi prezzi serviranno di base per la vendita e non potranno essere aumentati. Nel caso che diversi acquisitori si presentino per l’acquisto dello stesso gruppo, esso verrà posto all’asta l’ultimo giorno della Mostra e aggiudicato al maggior offerente.

ART.  11. – La Società percepisce il dieci per cento sulla vendita.

ART.  12. – Le vendite devono essere segnalate alla Commissione di vigilanza appositamente incaricata, e chiunque cercasse di celare una vendita realmente effettuata sarà passibile di multa non minore di lire dieci per capo o per oggetto venduto, e gli animali ed oggetti esposti serviranno di garanzia.

ART.  13. - Le gabbie o ceste che servirono per l’invio dei lotti venduti, diventano di proprietà dell’acquisitore. In caso di mancanza di queste la Commissione provvederà, a spese del venditore, il necessario per la spedizione.

ART.  14. – Prima di ritirare gli animali dal locale della Esposizione, l’Espositore dimostrerà di aver soddisfatto allo svincolo del dazio comunale.

ART.  15. – La Società non assume responsabilità per gli accidenti di qualunque natura possano arrivare agli animali ed oggetti esposti. Essa prenderà poi tutte le volute precauzioni per la necessaria sorveglianza e per evitare possibili inconvenienti.

ART.  16. – Il nutrimento consistente in grani e verdure sarà corrisposto gratuitamente dalla Società nella misura del necessario; gli Espositori potranno valersi del loro personale per la distribuzione del vitto o provvedervi direttamente a proprie spese senza compenso.

ART.  17. – È severamente interdetto di aprire gabbie senza la presenza e l’autorizzazione di un rappresentante della Commissione, né per conseguenza è lecito toccare ed esportare dalle gabbie uova od animali.

ART.  18. – Gli animali dovranno arrivare nel locale della Esposizione non più tardi delle 6 pom. del giorno avanti la Mostra.

ART.  19. – Le operazioni della Giuria avranno principio nel mattino seguente. L’elenco della premiazione dovrà essere presentato possibilmente nel giorno stesso, onde poter pubblicare l’elenco delle premiazioni per l’apertura della Mostra che avrà luogo il 26 aprile.

ART.  20. – A parità di merito sarà data la precedenza agli animali più giovani, e così sarà data preferenza agli animali presentati da allevatori privati su quelli esposti da allevatori notoriamente negozianti. Il verdetto della Giuria è inappellabile e l’Espositore non potrà rifiutare il premio assegnatogli. Nel caso però di manifesto errore materiale, il Comitato esecutivo si riserva ogni diritto di giudizio.

ART.  21. – Nessun Espositore potrà far parte della Giuria.

ART.  22. – Qualunque divergenza non preveduta dal regolamento sarà risolta dal Comitato esecutivo in modo inappellabile.

ART.  23. – Le schede d’iscrizione si distribuiscono presso la sede della Società, via Carlo Alberto, 40, e saranno spedite ai concorrenti, previa loro richiesta.

ART.  24. – La Società farà tutte le pratiche presso le Amministrazioni ferroviarie per ottenere le maggiori facilitazioni sulle tariffe di trasporto, sia per gli Espositori e Giurati, che per gli oggetti o animali destinati alla Mostra.

Sopra ogni gabbia l’Espositore sarà tenuto a sovrapporre un apposito cartellino in cui sia indicata la razza dell’animale esposto.

NB – Le vendite degli animali esposti si faranno esclusivamente l’ultimo giorno della Mostra.

Enunciato sommariamente come si fanno le mostre da noi, trovo opportuno di paragonarle con quelle dell’estero.

Nei più dei casi i paragoni sono odiosi, ma talvolta servono d’ammaestramento, ed è perciò che mi lusingo di non riuscire odioso a chi mi legge.

La mostra di Roma del 1888 richiedeva che gli animali fossero stati esposti in numero di:
            1 gallo e 4 galline almeno per la razza italiana comune;
            1 gallo e 3 galline almeno per le razze Polverara e Padovana;
            1 gallo e 2 galline almeno per le razze estere.

A Torino nel 91, 92 e 94 prevalse invece la più sana idea di esporre i capi per coppie, mentre il Comitato esecutivo della Mostra romana dimenticò finanche che all’estero si ammettono capi isolati[1], senza di che non avrebbe commesso l’errore di pretendere 2 e più galline per ogni gallo. Nelle nostre mostre di quadrupedi si considera ogni singolo capo e lo si premia separatamente; perché non si vuol fare altrettanto colle specie avine? Un bue, una vacca, un cavallo, sono tutti animali che valgono più d’un pollo, d’un fagiano, ecc.; ma spesse volte la sportmania centuplica il valore di questi ultimi, per lo meno così ne è in Inghilterra, ove, alla mostra annuale che si suol tenere al palazzo di cristallo a Londra, si pagano somme favolose per l’acquisto dei migliori capi. Così alla mostra del 91 (Riv. Avic. n. 68) si notarono i seguenti principali acquisti:

Un gallo Dorking  L. 1875
Una gallina  L.75
Un piccione viaggiatore L.1250
Un gallo combattente L.525
Una gallina Dorking  L.500
Un gallo Minorca  L.440
Un galletto Dorking  L.395
                          L.395
Le sovracitate cifre servono eloquentemente a dimostrare che un misero galletto, un miserissimo colombo, hanno per gli amatori inglesi l’identico valore d’un buon cavallo, d’una magnifica vacca, ecc.

Nelle nostre mostre ad ogni espositore viene assegnato un posto per i suoi volatili; molti non vorrebbero adottato questo sistema e bramerebbero invece che il posto ai volatili venisse assegnato per classe, senza punto tener conto dell’espositore.

Mi piace in proposito di accennare alla vertenza interessantissima svoltasi su questo argomento nelle colonne della Guida del Pollicoltore di Villafranca Padovana e della Rivista degli Avicultori di Milano fra le direzioni di questi due cessati organi avini ed il noto ed appassionato colombicultore, conte Enrico Sanvitale da Piacenza.
Così la lettera del conte Sanvitale alla Rivista degli Avicultori:

Cremona, 12 luglio 1892.
Egregio signor direttore,
Le scrivo per pregarla a volere inserire una mia osservazione riguardante un articolo uscito nel giornale l’Allevatore del 1° luglio, sottoscritto A. G.: alcune considerazioni melanconiche sulla mostra di Torino.
Si propone di dividere, nelle future esposizioni, per razze, non per espositori, gli animali da cortile e colombaia che verranno messi in mostra. Trovo in tale proposito un grave inconveniente per l’espositore, che in questo caso avrà i suoi animali collocati a grandi distanze, perciò grave incomodo per la relativa sorveglianza e cura.
Colle razze divise l’espositore figura pochissimo, avendo i suoi animali sparsi, e perciò l’effetto del complesso delle razze e varietà esposte, non fa comparire il merito degli animali stessi, epperciò l’espositore non può essere contento.
Come decidere del premio (sempre meschinissimo) al miglior gruppo di animali, se non vicini ed uniti? Il premio del gruppo migliore di varie razze presentate da un dato espositore pel maggior lustro della mostra, sarà difficile giudicarlo coscienziosamente, per la confusione di tanti gruppi parziali di diversi proprietari, e di diverse razze.
I Giurati avranno il vantaggio, di poter meglio giudicare di ogni singola razza, essendo l’una vicina all’altra; ma questo vantaggio è troppo tenue, paragonato al disagio degli espositori, ed a tanti inconvenienti che porterebbe questa regola irrazionale.
I Giurati, prendendo nota e votando per ciascun gruppo parziale di ciascun espositore, non possono egualmente giudicare coscienziosamente, se questi gruppi sono divisi od uniti?
Una volta che si prende nota e si vota, parmi sia perfettamente uguale pel risultamento totale del giurì.
Chi ha fatto questa proposta di dividere gli animali per razze, non per proprietari, credo che non abbia mai fatto mostra dei suoi volatili da cortile, perché se avesse esposto, non avrebbe scritto quanto ha scritto.

Enrico Sanvitale

Le difficoltà esposte in questa lettera dal Sanvitale sono infondate, e badate che non sono soltanto io che le riprovo, ma molti avicultori di gran lunga più esperti di me.

Fra i tanti cito il battagliero Mazzon che ad una lettera del Sanvitale, non dissimile da quella inserita nella Rivista degli Avicultori, rispose con argomenti stringenti e categorici; vale quindi la pena di ripetere quanto allora si scrisse in proposito.

Così una lettera del conte Sanvitale inserita nella Guida del Pollicultore con relative note ad asterisco della direzione di questo giornale.

Cremona, 4 luglio 1892.
Gent.mo signor Mazzon,
Le scrivo in proposito di un articolo che trovo sull’Allevatore di Milano, che propone nelle esposizioni future di dividere per razze l’esposizione colombi e galline.
Io trovo questa cosa inconveniente e dannosa agli espositori stessi[2], inutile, anzi impedisce che il giurato si possa fare una idea del complesso degli animali esposti da ciascun espositore[3], e non sarà facile dare alla miglior mostra complessiva il premio a ciò destinato[4].
Inoltre come deve fare un espositore a correre, e per lui, la persona o le persone addette, qua e là per l’esposizione a curare e sorvegliare i suoi animali?[5]

Conte Enrico Sanvitale

A Roma, nel 1903, la mostra bandita dalla Società Italiana d’Avicultura eliminò tutti gli inconvenienti di cui si è fatto cenno coll’ammettere, non solo capi isolati, ma anche classificando questi stessi per razze e non per espositore.

3) Sistemi razionali di premiazione alle mostre di pollicultura

Le commissioni giudicanti alle mostre dovrebbero attenersi sempre a sistemi razionali di premiazione, così eviterebbero le lagnanze, spesse volte giustificate, degli espositori.

Dal giurato delle esposizioni si richiedono due principali requisiti, e cioè il colpo d’occhio ed il talento analitico: il colpo d’occhio è forse il migliore, il primo requisito, ma non va disgiunto dal secondo.

Coi metodi di premiazioni invalsi sin’oggi, un giurato, poco o nulla edotto nell’analisi delle singole razze, se la cava alla meglio, purché possieda il colpo d’occhio: un tale giudice, è vero, deve essere un artista – l’estetica, il complesso delle forme dell’animale, l’impressionano subitamente e subitamente lo mettono in grado di giudicare l’animale sottoposto al suo esame; epperò talvolta, con siffatto procedere, egli potrà anche prendere dei granchi a secco. E noto che in noialtri italiani, se è egregiamente sviluppato il senso artistico, non lo è invece, in proporzione, il talento analitico, e perciò non recherà meraviglia a nessuno che alle nostre future mostre avine facilmente saranno spesso preponderanti i giudici superficiali.

Per evitare siffatto inconveniente vi sono sistemi razionali di premiazione che obbligano la giuria ad analizzare dettagliatamente i volatili sottoposti al suo esame. Citerò tre metodi da seguirsi dai giurati nell’aggiudicazione dei premi, che già dettai a suo tempo per la Rivista degli Avicultori di Milano; epperò, prima di entrare in merito, mi sia lecito di premettere alcune considerazioni.

Mediante l’applicazione dei tre metodi di cui ora terrò parola, i giurati dovranno essere familiari col codice di avicultura, senza di che riuscirà loro impossibile di pronunziare il verdetto sul conto d’ogni singolo espositore. Finalmente, il tavolo della giuria sarà fornito, non soltanto di rinfreschi, ma bensì anche di qualche opera di vaglia concernente la monografia delle razze avine, acciocché, in caso di divergenza nel senso della giuria, si possa subitamente ricorrere all’arbitraggio d’un trattato illuminato.

Un buon codice tascabile delle razze dei polli, colombi, ecc. che avesse lo scopo di facilitare il compito dei giurati, richiederebbe una spesa non indifferente. Che vi siano opere di siffatto genere, non è da mettersi in dubbio, ma nessuna di queste è tascabile e tanto meno trattata in forma riassuntiva. La pubblicazione d’un siffatto lavoro riuscirebbe utile anche agli avicultori, e segnerebbe veramente un grande avvenimento nella letteratura avina. Il Ministero d’agricoltura potrebbe certamente promuovere la pubblicazione d’un simile libro, incoraggiando all’uopo chi ne volesse assumere il compito, ma al Ministero vi è altro a pensare, vi sono i caciocavalli e le ricotte, vi è il parmigiano, il gorgonzola ed altro ben di Dio che danno da torcere il filo: l’esalazione del pollaio non può essere fiutata da narici impregnate dal puzzo del formaggio.

Recentemente ha visto la luce in Germania un magnifico lavoro del genere corrispondente in tutto e per tutto agli ideali che ho manifestati. Trattasi d’un volume tascabile contenente ben 90 tavole colorate con testo riflettente soltanto le caratteristiche delle forme e del {piumeggio} <piumaggio> (Taschenbuch der Rassegeflügelzucht von R. Kramer, Würtzburg). È un libro utilissimo per i giurati.

Non sono solamente le grandi riforme sociali e politiche quelle che dovrebbero attirare l’attenzione degli uomini di Stato, poiché talvolta le modeste idee, siano pure quelle riflettenti dei miseri polli, possono elevarsi a grande concezione. L’Inghilterra, la Francia, la Germania, il Belgio, ecc., ci forniscono l’esempio di uomini che siedono in alto nella gerarchia dello Stato, magistrati eminenti, scienziati illustri e grandi industriali che si occupano con rara abnegazione del pollaio e della colombaia, illustrando meritamente il loro nome e buscandosi titoli onorifici e meritate ricompense dallo Stato; a questi paladini del più attraente ramo delle industrie agricole sia gloria ed onor.

Eccomi ora a parlare dei tre sistemi razionali di premiazione: alluderò in primo luogo al sistema del dottor Heck, che coincide anche con quello ideato ed attuato a Vienna all’esposizione internazionale di volatili dal barone Villasecca. Il dottor Heck rispetta la suddivisione per classi che vige nelle esposizioni ed assegna a ogni classe 3 premi, purché nella rispettiva classe vi siano 3 gruppi o coppie che la rappresentino. Se ve ne saranno invece soltanto due, allora il miglior lotto otterrà il primo premio, l’altro il secondo, mentre che un solo gruppo rappresentante della classe otterrà il primo premio. I gruppi o lotti di una classe, che per merito verranno dopo i tre premiati, otterranno dalla giuria, in iscritto, un certificato ove verranno inserite le caratteristiche del gruppo, e ciò sarà tanto di guadagnato per l’espositore, poiché egli potrà aver presentato splendidi soggetti, ad onta che vi furono altri tre gruppi, i premiati, superiori ai suoi; coll’antico sistema di premiazione, questi soggetti non venivano affatto considerati dalla giuria e conseguentemente neanche dal pubblico.

Il barone Villasecca, pur volendo la stessa cosa del dottore Heck, propone che oltre i tre premi di classe vi siano anche diplomi o menzioni onorevoli di 1°, 2° e 3° merito. Animali senza valore, difettosissimi insomma, non vengono considerati, mentre che, secondo il dottor Heck, vengono inscritti nella 4a qualità.

Le quattro qualità che quest’ultimo impone alla giuria di applicare a tutti i gruppi non premiati d’una classe, si riassumono come segue:
1a qualità. – Caratteristiche della razza ottime; difetti di bellezza (Schönheitsfehlern) insignificantissimi.
2a qualità. – Caratteristiche della razza soddisfacenti; difetti di bellezza insignificanti.
3a.qualità. – Caratteristiche della razza alquanto soddisfacenti, ma pur tuttavia non al punto di essere sicuri sulla purezza della razza.
4a.qualità. – Caratteristiche della razza da mettersi evidentemente in dubbio.

Io vorrei essere fautore del metodo di Heck, imperocché il sistema Villasecca offre troppa generosità nelle premiazioni. D’altronde il dottor Heck, colla distribuzione dei certificati da lui ideati, contenta la massa degli espositori che portarono roba di pregio e mette sull’attenti gli audaci che abbondano sempre alle esposizioni. Costoro, con un certificato di 4a classe, non avranno certamente il coraggio di esporre nello avvenire roba da chiodi – eppure, quanti chiodi si premiano talvolta alle esposizioni. Quello che veramente non piace troppo, nel sistema Heck, si è il premio che spetta a tutti i costi ad unici rappresentanti di una classe; egli è per ciò che vorrei proporre di compilare innanzitutto i certificati di 1°, 2°, 3° e 4° merito, senza tener conto dei premi che spettano ai tre migliori gruppi. Allora, per i certificati di 1° merito si sceglierebbero i 3 migliori gruppi degni di premio. Supponiamo, per es., che nella classe dei Fenice vi sia un solo gruppo.

Quest’ultimo gruppo, col nostro modo di giudicare, quantunque senza concorrenti, potrà non essere premiato, purché risulterà di qualità scadente: col metodo Heck lo si sarebbe invece egualmente premiato col 1° premio. Eppure questo modo di vedere ha il suo prò, imperocché premiando un solo gruppo scadente, unico rappresentante della classe annunziata, col primo premio, si viene ad incoraggiare ordinariamente la propagazione d’una razza rara; dunque non si bada al merito, ma si premia la rarità! Nell’esempio sovracitato d’un solo gruppo di razza Fenice, se questo fosse scadente, il 1° premio egualmente attribuitogli sarebbe rivolto a premiare, ad incoraggiare una rarità. Ma, ripeto, non vorrei essere di questo avviso, e preferirei di essere assolutista in siffatta materia: i premi si danno a chi li merita.

Ai due sistemi Heck e Villasecca vi è da contrapporre il sistema Hayn che certamente è più razionale di questi, inquantoché in esso si riscontra il miglior mezzo per poter analizzare scrupolosamente il valore dei volatili esposti. Il signor Hayn raccolse, da una conferenza udita nel gennaio 1882 a Tierschauen nella Svizzera, le norme d’un nuovo sistema di premiazione: lo stesso rifugge evidentemente da tutti i difetti inerenti ai diversi metodi usati sin’oggi sul continente e, se vogliamo, non è una novità nel vero senso della parola, imperocché il criterio ivi predominante, la punteggiatura, è dovuto agli Inglesi. Purtuttavia i criteri secondari del nuovo sistema di premiazione, che mi propongo di mettere in evidenza, si basano su norme analitiche più semplici di quelle vigenti in Inghilterra: si può dunque parlare impunemente, nel nostro caso, di sistema nuovo di premiazione.

Fo caldo appello ai miei egregi colleghi in avicultura di volere accettare il metodo di premiazione, oggetto di queste linee che seguono: trattasi di facilitare il compito dei giurati alle esposizioni e di rendere la premiazione un po’ più razionale che per lo passato.

Per giudicare i meriti d’un volatile, secondo il metodo Hayn, entrano in considerazione 15 requisiti, e cioè:
Requisiti della cresta o del ciuffo;
             della testa;
              degli orecchioni;
              dei bargigli o della barba;
              del collo;
              del petto;
              del dorso;
              delle ali;
              dei tarsi e dei piedi;
              delle dita;
              della coda;
              della statura;
              del portamento;
              dell’età;
              del mantello.

In altri termini, per esprimermi con maggiore precisione, dirò: per giudicare i meriti di un volatile la giuria dovrà estenderne il corrispondente passaporto.
Il signor Hayn propone che ad ogni requisito si apponga la relativa punteggiatura di merito, e fissa il massimo dei punti a sei e ad uno il minimo. Ora il massimo grado di perfezione d’un animale verrebbe espresso dal prodotto risultante dal numero dei requisiti (15) che entrano in considerazione e dalla massima punteggiatura (6) di ogni requisito, e di tal modo avremmo l’equazione

15 x 6 = 90

nella quale il prodotto 90 indica l’animale di tutta perfezione.

Epperò l’autore propone di dare la punteggiatura complessiva alla coppia che si espone – in tal caso una coppia che raggiunge il massimo grado di perfezione verrà punteggiata a norma della seguente equazione:

90 x 2 = 180

Partendo dunque da 90 come massimo punto di merito d’un solo individuo, da 180, come massimo punto di merito d’una coppia, potremo stabilire la seguente scala di merito:

In apposito registro verranno, dalla Commissione giudicante, trascritti i risultati della punteggiatura. Le pagine di questo registro verranno stampate come nel seguente schema, mentre che le caselle per la punteggiatura si empiranno dalla Commissione giudicante come segue nel qui appresso schema d’esempio:

Nel caso però che il regolamento della mostra richieda un gallo e 2 galline per gabbia, allora lo schema sovr’accennato verrà modificato nel senso che, invece di stampare accanto al numero d’ordine l’indicazione: gallo – gallina, si stamperà gallo – 1a gallina – 2a gallina.

Egli è evidente che potrà capitare un gruppo numeroso da sottoporre all’esame della giuria: in tal caso è consigliabile di scegliere le due migliori galline per la punteggiatura – le galline non esaminate verranno poi considerate nei premi speciali destinati a quei tali espositori che col numero dei capi avranno contribuito al decoro, all’importanza della mostra.

Comincia da noi a prendere terreno la malsana idea che tutto sia accettabile in fatto d’innovazioni, purché si cerchi di far tesoro soltanto di ciò che è italianamente italiano. Sì, apprezziamo ciò che scaturisce dall’ingegno italiano, ma ricordiamoci pure che i grandi popoli divennero tali facendo tesoro dei buoni esempi di altre nazioni. Occupiamoci perciò con amore, con passione dello splendido metodo di premiazione sovracitato e curiamone l’attuazione alle nostre mostre: certamente sarà un lavoro maggiore per la Commissione giudicante, ma d’altronde chi giudica il lavoro di tanti provetti allevatori non ha diritto di farlo dormendo e sbadigliando.

Finalmente farò osservare che questo sistema di premiazione è attuabile anche per le mostre equine, bovine, ecc., e forse anche per i famosi concorsi di bellezza che, non ha guari, felicitarono la decrepita Europa . . . . ciò sarebbe il colmo della great attraction per i giurati.

Ed ora voglio accennare sommariamente al sistema inglese per la premiazione. Lo stesso è basato anche sulla punteggiatura, ma, come ho detto, il criterio di procedimento è ben diverso da quello proposto dal signor Hayn.

Gli inglesi assegnano all’animale perfetto 100 punti di merito, ma talvolta anche di meno o di più; da questi punti di merito sottraggono i punti di demerito che vengono classificati, a norma della razza, in apposito codice.

Razza Langshan
Punti di merito
                                    Ricchezza del piumaggio . . . .. . .  . . . . . . . . . . . 20
                                    Simmetria delle forme . . . . . . .. . .  . . . . . . . . . . 15
                                    Volume e statura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . .15
                                    Condizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . . .10
                                    Testa e cresta . . . . . . . . . . . . . . . .  . . . . . .  . . . .10
                                    Tarsi e piedi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10
                                    Pelle fina e carne bianca . . . . . . . . . . . .  . . . . . . 10
                                    Finezza delle ossa . . . . . . . . . .  . . . . . . . . . . . . . 10
                                                                                                         -------
                                                                                                          100

Punti di demerito
                                    Petto poco largo e poco alto . . . . . . . . . . . . . . . 15
                                    Sterno deformato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15
                                    Riflessi porporini . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . . . . .15
                                    Eccesso di lanuggine alle tibie . . . . . . . . . . . . . . .15
                                    Tarsi e dita troppo piumati . . . . . . . . . . . . . . . . .15
                                    Cresta difettosa . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . . . . . . 10
                                    Tibie troppo corte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10
                                    Dita ritorte . . . . . . . . . . . . . . .  . . . . . . . . .  . . . . . 5
                                                                                                      ---------
                                                                                                          100

Però attualmente prevale l’uso di assegnare soltanto i punti di merito, così l’animale perfetto sarà quello che più si avvicinerà al massimo della punteggiatura. Vige talvolta anche l’uso di considerare soltanto i punti di demerito: in questo caso l’animale perfetto sarà quello che la scala di punti assai bassa.

Chiuderò questo argomento dichiarando che, qualsiasi modo di premiazione si voglia adottare, qualsiasi programma di esposizione si voglia porre in esecuzione, occorrerà sempre tener conto dei tre capisaldi seguenti:

Esporre, cioè dare facoltà di poter esporre capi isolati che avrebbero anche diritto ai migliori premi, qualora ne fossero meritevoli.

Nelle mostre far sparire i bazar a quarant’otto, far sparire l’illusione di una fiera: ciò si otterrebbe collocando gli animali esposti per razze e non per espositore.

Trattare la sezione: scritti riguardanti l’avicoltura, con maggior riguardo di quanto si è fatto sinora, anzi dare il posto d’onore a questa sezione. Il mezzo il più efficace per fare satelliti in una impresa qualsiasi dello scibile è la réclame, e questa si fa appunto collo scritto e anche colla parola.

Col primo modo si ricorre ai trattati d’avicoltura, ai giornali d’avicoltura, ecc., col secondo modo si ricorre alle conferenze.

Le conferenze danno risultati meno efficaci dei giornali: questi sono letti periodicamente dagli appassionati: le conferenze non si possono improvvisare ogni settimana in una data località, mentre il giornale si fa appunto vivo ogni settimana e di più in tutte le località.

CAPITOLO II

4) Le razze del pollo domestico allevate a scopo d’industria

Ho ampiamente dimostrato che lo sport è utile allo sviluppo dell’industria avina, e contemporaneamente ho anche rilevato gli inconvenienti che risultano dalle esagerazioni dello stesso, ora metterò in evidenza i benefici che si possono trarre dall’industria del pollame.

Non posso passare sotto silenzio una chiacchierata di C. A. Gonin[6] che ha per titolo: Condizioni per rendere proficuo l’allevamento del pollame. In quelle righe si rivela lo spirito eminentemente pratico dell’autore, che arriva a far ricredere gli increduli ed i detrattori dell’avicultura razionale e che nel contempo sparge una benefica doccia fredda sul capo riscaldato dei ciarlatani e degli illusi in avicultura[7].

Le idee espresse dal mio carissimo amico collimano interamente colle mie, quindi le trascrivo tutte per esteso:

“Molti pollicultori hanno ventilato la quistione se l’allevamento domestico del pollame sia un’industria proficua. . Quantunque si tratti di un argomento molto combattuto, e di un quesito che si presenta sotto diversi aspetti secondo le varie condizioni locali, cercheremo di dire qualche cosa in proposito.

“L’allevamento domestico dei polli può offrire un vero profitto in certe mani, mentre in altre mani può riuscire dannoso. Condotto da persona pratica e intelligente, se non produce gli immensi benefizi che taluno si riprometteva, si ottengono vantaggi che contribuiscono al benessere e all’agiatezza di una famiglia.

Invece, tenendo il pollame senza cura e lasciandolo in balia di se stesso, l’allevamento non può risolversi che in una perdita di tempo e di denaro.

“Il ciarlatanismo che aveva invaso anche questa produzione, ha fatto dappertutto molte vittime. Tutti quei pollicultori che confidavano in chi prometteva dell’industria del pollame un miraggio di guadagni favolosi, sono rimasti delusi. E da quell’epoca di sogni febbrili, l’allevamento dei polli divenne una mania insensata, e non si pensò che a produrre in quantità esorbitante. Senza pensare al mezzo di smaltire tanti prodotti eccedenti i bisogni del consumo, si fecero spese enormi per costruire innumerevoli covatoi, che dovevano funzionare come tante officine a vapore[8], locali per l’allevamento, apparecchi per l’ingrassamento dei polli. Una volta impiantati, i nuovi stabilimenti di pollicultura non ebbero che una gran fretta di produrre. Ma ben presto si ebbero a verificare molte perdite, dovute all’inesperienza di chi tentava una fiorente speculazione.

“Costoro si accorsero un po’ tardi di avere commesso un errore, e di doverne subire le esiziali conseguenze. Infatti la necessità di provvedere al sostentamento di tutto il pollame li trascinò a stipulare dei contratti a condizioni onerose. Così sopraccarichi di allievi, un giorno gli allevatori si videro costretti a disfarsene. Ma il quesito non era di facile soluzione. Furono pubblicati innumerevoli avvisi nelle quarte pagine dei giornali. Tutti pretendevano di possedere le razze più scelte. Non pervennero che pochissime domande. Allora per collocare la gran parte di pollame invenduto, si ricorse all’estero. Però le ingenti spese di imballaggio, trasporto, dazio, ecc., non furono neanche coverte dal tenue guadagno. In tal modo, senza considerare che la colpa era imputabile all’imprudenza e incapacità degli speculatori, la pollicultura fu condannata come un’industria insensata e ridicola.

“Ora che abbiamo esaminata la quistione dal più brutto punto di vista, possiamo considerarla sotto un altro aspetto, vale a dire dal punto di vista di una pratica più razionale e illuminata. La pollicoltura non può ritenersi un’industria assolutamente proficua, poiché se l’allevamento viene fatto senza criteri giusti e in misura non proporzionata al consumo, si risolverà sempre a danno dello speculatore; mentre, regolato entro certi limiti, esso sarà una fonte di guadagni sicuri.

“All’infuori di queste condizioni, l’allevamento non sarà proficuo che al contadino[9], all’ortolano, al possidente, al trattore; insomma, a quelli soli che dagli scarti dei magazzini o dagli avanzi della cucina possono trarre il nutrimento dei loro polli. In ogni altro caso, i profitti sono così meschini da non compensare le spese e le fatiche: a meno che non si faccia l’allevamento inteso a rendere un congruo profitto a chi se ne occupa. Nel primo caso non si tien conto delle spese, mentre chi tenta una speculazione deve calcolare tutto e cercare ogni sorta d’economia.

“Non bisogna tendere al solo obbiettivo di far nascere e crescere il pollame, ma è necessario adoperarsi per smaltire convenientemente i prodotti. Come collocare questi prodotti con vantaggio?

“L’opera più essenziale è compiuta con l’alimentazione e l’ingrassamento degli allievi. E allora, ben nutriti e paffuti, si mandano al mercato, dove la loro vista tenterà i compratori e alletterà i buongustai. Per poco che la popolazione sia benestante e che il pollame offra buoni requisiti, i consumatori non mancheranno di fare acquisti e assicurerete alla vostra industria un esito fortunato. Quando vi sarete assicurata una buona clientela potete esercitare l’allevamento in più vaste proporzioni e, mediante assidue cure e un’intelligente selezione, sarete in grado di aumentare i prodotti e migliorare le qualità del pollame.

“Nelle città è molto più economico tenere l’allevamento in locali posti al difuori della cinta daziaria, ma non molto lungi dall’abitato, perché i clienti possano procurarsi facilmente e comodamente, in ogni ora, le uova fresche e i polli dalla carne tenera e saporita. La pollicultura esercitata anche in piccolo, nelle famiglie, nelle case di campagna e da chi tien negozio di commestibili o albergo, produce gli stessi incontestabili benfizi.

“Così si può concludere che l’allevamento riesce utile e proficuo dappertutto, ma all’unica condizione di misurare il numero dei prodotti alla stregua del consumo o di speciali risorse inerenti alla cassa. Violando questa legge di proporzione, la pollicultura si risolverà sempre in inutile e oneroso perditempo”.

Allevare la polleria, ma trovarvi il tornaconto: ecco il desiderio di tutti gli avicultori. Nella mente dell’uomo intraprendente s’insinua subito e senza troppe reticenze la speculazione su vasta scala, ma se questo concetto prevale assolutamente per quasi tutte le industrie, non così può sostenersi per l’industria del pollame. Certamente non voglio con ciò lanciare audacemente il biasimo alla produzione in grande della polleria, ma intendo semplicemente di porre in evidenza che il piccolo allevamento è, relativamente, più rimuneratore del grande.

Innanzitutto fa d’uopo osservare che nell’allevamento su vasta scala hanno preponderanza le probabilità d’invasioni epidemiche; difatti, non ostante le grandi cure osservate nella pulizia del pollaio, l’agglomerazione di molti volatili sui posatoi attira con facilità i germi micidiali delle svariate infezioni e perciò non sarebbe affatto nuovo il caso di perdere, nello spazio di pochi giorni, tutti i capi. Nel piccolo allevamento le probabilità di infezione sono invece ridotte ai minimi termini e riesce subito, stante l’esiguità del numero dei capi, di discernere i malati dai sani ed allontanarli da questi per scongiurare la diffusione del male. Finalmente nel grande allevamento, a causa del gran numero di capi, le galline sterili possono sfuggire all’attenzione dell’allevatore, quindi egli avrà delle bocche inutili nel pollaio.

Nel mentre che in Europa i grandi allevamenti non si hanno potuto far strada, gli Stati Uniti d’America ci porgono gli esempi più salienti della convenienza della cultura intensiva del pollame. Epperò quelle vaste aziende, situate tutte nei pressi dei grandi centri, rifuggono dal sistema dell’agglomerazione, dividendo all’uopo le diverse migliaia di capi di pollame in molti piccoli lotti separati, e di tal modo è chiaro che si pone riparo parzialmente agli inconvenienti sovracitati e che sono dovuti all’agglomerazione.

Finalmente vuolsi considerare, che allevando pochi capi di pollame, gli avanzi di tavola, i ritagli di carne ed altro concorrono potentemente alla diminuzione delle spese di vittazione, e che questi avanzi forniranno contemporaneamente un ottimo ed eccellente cibo sostanzioso ed economico. Da qui risulta la convenienza che i trattori hanno di allevare sempre il pollame nel quantitativo adeguato alla quantità della loro produzione in avanzi di tavola; trovansi in simili condizioni anche le famiglie nelle campagne e nelle città e specialmente le famiglie dei coltivatori di terreni che, in mancanza di avanzi di tavola, hanno i rifiuti dei prodotti del suolo da mettere a disposizione dei loro volatili. In condizioni non meno fortunate di questi ultimi trovansi diversi stabilimenti industriali, come i molini a cereali, i macelli, le filande da seta[10], ecc.

Tutte le circostanze sovr’accennate sono i fattori essenziali che rendono problematico l’allevamento industriale del pollame su vasta scala in Europa, e se le stesse circostanze non concorrono egualmente in America a rendere inattuabili le grandi aziende, gli è che quelle ricche contrade trovansi in condizioni agrarie affatto diverse delle nostre. Ma al di fuori delle sovra accennate circostanze, ve ne sono altre che ci dimostrano, colla evidenza dei fatti, l’inattuabilità dei grandi stabilimenti di pollicultura in Europa. Su questo argomento, sia in pro che contro, si sono consumati fiumi d’inchiostro; taluni veggono la possibilità dell’attuazione della grande industria avina e danno le norme d’indirizzo nei loro scritti o nelle loro circolari, mentre altri propugnano per la produzione frastagliata. Ho avuto sempre l’inclinazione ad associarmi a questi ultimi, in primo luogo perché tutte le proposte formulate dai primi per l’impianto di vaste aziende di avicultura (*) da noi non ebbero mai a realizzarsi, e poi perché le stesse anche in Francia, il primo paese d’Europa per l’entità della produzione avina, non poterono mai venire attuate.

* Nota a piè pagina

La pollicoltura considerata come industria, è questo il titolo d’un importantissimo articolo che pubblicò il giornale Il Coltivatore, di Casalmonferrato.

Non abbiamo in Italia, all’infuori di due o tre case che s’occupano seriamente d’avicultura, alcuno che pratichi l’allevamento degli animali da cortile a scopo industriale, fornendo, al consumo, qualità superiori e ricercate. L’allevamento, da noi, è ristretto alla sola produzione proveniente dalla campagna, fatto senza direzione di sorta, senza criterio, e quindi poco conforme alle esigenze delle piazze, anzi, il più delle volte, in contrarietà assoluta alla ricerca del commercio.

Si è tenuto qua e là qualche prova per tale industria, ma i risultati furono sempre disastrosi, non avendo alcuno pensato alla necessità di fare un impianto razionale e mettervi alla testa persona adatta, o, per lo meno istruirsi praticamente prima d’accingersi ad una impresa di tanta importanza.

D’ordinario, ed io conosco alcuno di questi signori, si provvedono d’un trattato purchessia e con quello alla mano vogliono far andare uno stabilimento di tal genere, credendo di poter prevedere e provvedere ai mille e uno accidenti che sono inerenti agli allevamenti in generale.

I trattati sono ottimi, non c’è che dire; ma la pratica è necessaria al loro complemento, e senza questa, bisogna convincersene, anche i migliori non servono che a condurre a grandi disillusioni.

Chi vuole dedicarsi a tale industria, deve cominciare modestamente col poco, oppure, disponendo di capitali e potendo provvedersi dalla persona tecnica, fondare addirittura una casa d’allevamento su basi piuttosto larghe.

L’avicoltura, come ogni altra industria, ha necessità di specializzare, ed è appunto per questo che in questo mio scritto io non tocco altri rami all’infuori del prodotto e dell’allevamento.

Il progetto è ugualmente un po’ largo, ma ognuno può adattarlo a sé.

Questo impianto è maggiormente consigliabile laddove i terreni sono poco produttivi o, per la necessità delle loro produzioni, permettono usufruire del suolo laddove esistono frutteti, oliveti ed altri impianti del genere, nessun’altra industria può essere praticata con maggiore interesse senza intralciare menomamente l’andamento delle colture.

È raccomandabile l’impianto su fondi che possano produrre il necessario al mantenimento dei capi che si allevano, onde non dar adito all’amico agente delle tasse di prendere in una certa considerazione l’industria, ritenendola non agraria.

Io ho calcolato su 15 ettari di terreno, giacché puossi in gran parte certamente sopperire ai bisogni, essendo che, in media, non si avrebbero oltre 20.000 capi a intrattenere, a causa della rotazione che si deve dare agli allevamenti. Questo premesso vediamo di intenderci un poco colle cifre.

Il vero totale non è 83.550 bensì 82.550 (Fernando Civardi).

L. 69.135 dalle quali preleveremo le 50.000 necessarie al Mantenimento degli animali nell’annata seguente e che saranno per buona parte risparmiate, facendo uso dei primi prodotti del terreno.

Il resto ne verrebbe a rappresentare un utile quindi di L. 19.135, e cioè qualche cosa più del 16% sul capitale impiegato.

È certo che malgrado il bellissimo utile, l’impresa troverà sempre l’ostacolo del primo impianto, necessitando un capitale rispettabile; ma non ho detto né di piantarsi su basi così lunghe né mettersi da soli. Si può, ad esempio, costituire una società per azioni.

Dal Coltivatore di Casalmonferrato.

Fine della nota a piè pagina

In Francia, come in Italia, gli allevamenti del pollame si praticano tutti su piccola scala nelle diverse aziende di campagna, e qui, più che da noi, si è compreso che la specializzazione, come in tutte le industrie, è quella che dà i migliori risultati. Così il migliore pollame da tavola si trova in Francia, ove sonvi industrianti che si dedicano esclusivamente alla speciale occupazione d’ingrassare il pollame. All’uopo incettano nei poderi e presso i privati grande quantità di giovani allievi, li ingrassano in poco tempo e poi li vendono al doppio del prezzo d’acquisto.

Vi è una specializzazione nella pollicultura che merita di essere notata, e che, bene applicata, permette la coltura intensiva del pollame nei grandi centri; alludo alla produzione delle uova di giornata. A Roma, specialmente, città di grande consumo, un impianto razionale a pollai frazionati e mobili (50 polli per pollaio), stante il prezzo elevato che si paga per le vere uova di giornata (L. 0,80 l’uovo in media), l’esito non sarebbe dubbio.

Ho compilato, in merito a quanto ora ho detto, un conto preventivo di siffatta industria per 3000 galline, eccolo:

Conto preventivo di un pollaio razionale
per la produzione di uova di giornata ottenute da 3000 fetatrici

CAPITOLO III

5) Scelta delle razze da adottarsi nell’allevamento

La specializzazione, cioè la dedizione ad una o due razze, idea propugnata da tutti i trattatisti ed allevatori, è certamente la più pratica, la più razionale, ma anche qui ci si affaccia la solita questione: quale è la migliore delle razze, quale è quella razza che dà carne e uova abbondanti, insomma quale è la fenice delle razze?

In tutti i casi bisognerà distinguere se all’allevatore occorrono soggetti da fattoria o da rinchiuso, i primi rappresenteranno ad ogni modo tipi meno linfatici dei secondi, ma questi ultimi offriranno anche immensi vantaggi sui primi, e cioè, adattamento in un ambiente ristretto, senza scapito della produzione di uova e carne. I più caratteristici rappresentanti di queste due classi di animali da cortile sono la gallina comune per le razze da fattoria e la Langshan per le razze da rinchiuso. È degna di nota la resistenza di quest’ultima in un ambiente relativamente ristretto; niente degenerazione degli allievi, purché si osservino tutti i dettami dell’igiene; sottoponiamo invece la gallina comune a questo regime di vita ed in breve tempo si verificherà la sterilità e la degenerazione dei nostri campioni.

Bisogna dunque, in considerazione di quanto ho esposto, adattarsi alla razza che meglio si confà all’ambiente di cui si dispone. Lo spirito di campanilismo, soverchiamente esagerato in certi allevatori, consiglia loro di apprezzare solamente ciò che appartiene al loro paese; ma cari campanilisti, se si trova del buono altrove bisogna che lo si apprezzi egualmente, anzi fa mestieri di appropriarsi di questo buono, perfezionarlo se possibile, adattandolo all’ambiente in cui è stato trasportato per poi renderlo vanto del proprio paese. Gli inglesi, maestri in questo metodo di miglioramento, conoscitori esperti in materia di zootecnica, hanno saputo rendere la Houdan , la Crèvecoeur ed altre razze, tipi superiori nelle forme a quelli del paese d’origine, cosicché abbiamo, oltre la Houdan francese, anche la Houdan inglese e lo stesso dicasi della Crèvecoeur e di altre razze diverse.

Dunque, ritorniamo a bomba; quale è la migliore delle razze da masseria? Consultate tutti i trattatisti del mondo e direte con me: non mi ci raccapezzo, chi la vuol cotta chi la vuol cruda[11].

Esistono razze di galline che, essendo troppo figlie dell’arte, tradiscono, assieme a qualità speciali acquisite da un allevamento troppo artificiale, i caratteri tipici dei progenitori e di più anche i caratteri della degenerazione. Simili soggetti daranno allievi delicatissimi che mangeranno svogliati e che esigeranno perciò un mangiare sceltissimo ed eccessivo. Dunque un allevamento troppo precoce, per cui un’alterazione degli organi digestivi dei giovani allievi; la conseguenza sarà un forte contingente alla mortalità. Quante e quante razze si trovino in queste condizioni, lo sanno tutti gli allevatori, per cui nella scelta delle razze da adottare bisognerà tener conto che non abbiano a verificarsi i sovracitati inconvenienti; solo in queste condizioni, l’appassionato allevatore troverà compenso alle sue fatiche. Si scelgano adunque le razze di rusticità incontrastata e fra queste si adotti il tipo che meglio si adatta all’ambiente in cui si vive.

La Dorking, la Crèvecoeur, ecc., sono, per esempio, stupende ed utilissime razze, ma purtroppo richiedono un allevamento speciale, senza di che non danno che prodotti scadenti, infelici. In queste razze si verifica l’assenza della rusticità e la necessità di scelta nutrizione per ottenere la produzione abbondante di carne e uova. Un suolo arido e privo di praterie è il loro mortale nemico; il Langshan si adatta invece benissimo in queste condizioni anormali, e lo stesso dicasi di altre ed altre razze.

Concludendo dirò: sta nel criterio dell’allevatore la scelta delle razze che egli deve adottare; l’allevatore inesperto potrà prendere dei granchi a secco, ma l’esperienza lo inizierà nella felice scelta. Di più tengo a dichiarare che se ho citato la Langshan come tipo ideale delle razze da rinchiuso, non ho con ciò voluto condannare le altre numerose razze, anzi ripeto a sazietà: allevate le razze da rinchiuso che più vi piacciono, ma sappiate scegliere quelle tali che si potranno adattare nel vostro clima, nel vostro ambiente. Così, per esempio, a nessuno verrà il ticchio di allevare su vasta scala, nelle provincie meridionali, polli Dorking, Crèvecoeur, ecc. La degenerazione la più rapida si manifesterà negli allievi ed in 3 o 4 anni le vostre razze saranno irriconoscibili. Dunque esperienza, tatto e buon gusto; con questi requisiti si sarà in grado di poter scegliere le razze opportune.

Il Voitellier, uno dei primi allevatori francesi moderni, nel suo buon libro: «l’incubation artificielle et la basse-cour» dice quanto segue a pag. 183: «ogni paese, ogni contrada possiede la sua gallina comune, la quale non è altro che la razza pura locale, abbandonata a se stessa, senza selezione. Essa è rustica e produce bene, poiché la stessa è originaria dal medesimo suolo e possiede un temperamento in rapporto col clima dove essa è allevata.»

«Nel Calvados si riscontra generalmente una eccellente gallina nera, la quale non è altro che la gallina di Crèvecoeur allo stato comune; nella Seine-et-Oise, la gallina di fattoria ha tutti i caratteri della razza Houdan. Nella Charente, si trovano dei Barbezieux. Tutte le fattorie della Sarthe posseggono, allo stato più o meno perfetto, la gallina nera che costituisce la fortuna della Flèche. Dappertutto infine, le campagne sono popolate d’una gallina comune derivata dalla razza pura alla quale il paese ha dato il suo nome.»

Io sarei d’avviso di modificare quest’ultima frase del Voitellier come segue: Dappertutto infine, le campagne sono popolate d’una gallina comune dalla quale è derivata la razza pura alla quale il paese ha dato il suo nome. E difatti non vi pare più plausibile che le razze tipiche d’un paese siano sorte dal materiale che abbonda nelle fattorie allo stato comune? Questo materiale affine di altre contrade ha dovuto dare alla Francia le celebrate razze ciuffute e cornute del tipo Crèvecoeur, Houdan, Flèche, Barbezieux, ecc. Ciò dimostra che i nostri fratelli in latinità hanno saputo utilizzare i tesori avini delle loro contrade, trasformando le singole varietà del loro pollo comune in eccellenti razze nazionali e di fama mondiale.

La nostra Italia è pure, come la Francia, ricca di varietà del pollo comune italiano, e se fossimo stati meno negligenti avremmo potuto anche noi derivare dalle stesse razze speciali, accentuandone colla selezione e, laddove occorreva, con incroci razionali, i requisiti particolari di ogni varietà. Epperò, negli ultimi tempi, col lento progredire dell’avicultura nazionale in Italia, cominciano a far capolino tentativi in questo genere, e se non si è ancora raggiunta la vetta delle nostre aspirazioni, possiamo per lo meno rallegrarci che siamo incamminati per la via del progresso. Così si parla ora dei polli di Valdarno e di altre numerose varietà derivate dal pollo comune italiano. Ritornerò su questo soggetto quando avrò a parlare della gallina italiana.

TAVOLA COMPARATIVA
delle varie razze di galline dal punto di vista della fetazione,
della rusticità, della qualità, della carne, ecc.




6) Classificazione delle razze

Elencare, raggruppare le diverse razze derivate dal pollo domestico in classi e sottoclassi, partendo da un concetto scientifico, è opera vana.

Una classificazione scientifica esigerebbe innanzi tutto l’analisi anatomica delle singole razze, ma questa ci condurrebbe a risultati tali da farci considerare, p. es., un pollo padovano a ciuffo come specie diversa dalle galline comuni. Difatti il semplice confronto del cranio della padovana con quello delle galline comuni ci dovrebbe portare a siffatta conclusione: il cranio della prima è caratterizzato da una grande protuberanza ossea all’occipite ove risiede il ciuffo, protuberanza che manca affatto nella seconda.

Ma è proprio da considerarsi perciò la gallina padovana come specie distinta? I caratteri dello scheletro hanno poi sempre tale importanza da condurci a vedere dallo studio di essi distinzioni specifiche?

Scartata l’analisi anatomica, come non sempre decisiva, dobbiamo ricorrere per conseguenza a quella morfologica.

Anche con siffatto procedere dovremmo trovare, p. es., distinzione specifica fra un pollo malese e la gallina comune, invece la generalità degli studiosi in materia vi trova semplicemente la distinzione di razza.

La classificazione basata sulle distinzioni anatomiche e morfologiche (classificazione naturale) non è possibile, ma dato e concesso il contrario, gli avicultori non se ne potrebbero accontentare, poiché dalla stessa risulterebbe una quantità limitatissima di razze che dovrebbero poi dagli avicultori venir suddivise in numerosissime sottorazze; invece di semplificare si complicherebbe la classificazione.

Data l’impossibilità della classificazione naturale tanto pel zoologo che per l’avicultore, non ci resta altro che abbandonarci, mani e piedi legati, nelle braccia della classificazione artificiale, quella cioè che parte da caratteri distinti, e qui non c’è dubbio, il nostro compito è molto facilitato, abbenché sia sempre di difficile soluzione.

Darwin, pel primo, ha tentato di ricorrere ad una classificazione naturale, dividendo le razze galline in normali ed anormali: a queste ultime appartengono quelle razze che differiscono in diversi punti da tutti i gallinacci selvaggi. Una siffatta classificazione venne rigettata come imperfetta ed inattuabile dallo stesso autore.

Vista l’impossibilità d’una classificazione naturale, Darwin escogitò la seguente classificazione artificiale:
            1a razza  -- Pugnace o combattente;
             2a         -- Malese;
             3a         -- Cocincinese o del Shangai;
             4a         -- Dorking;
             5a        -- Spagnuola, con una sottorazza;
             6a        -- Amburgo, con due sottorazze;
             7a        -- Polacca o crestata, con sette sottorazze;
             8a        -- Bantams;
             9a        -- Anura;
            10a        -- Galline saltellanti od arrampicanti;
            11a        --             ricciute o cafre;
            12a        --             sericee;
            13a        --             negre.

La classificazione darwiniana, ampliata e modificata a norma delle esigenze moderne, sarebbe forse accettabile dagli avicultori, e non si può dubitare che contribuirebbe a semplificare, a rendere chiari i cataloghi che si compilano per le mostre: occorrerebbe all’uopo che una riunione di sagaci avicultori avesse ad occuparsene.

Quasi nessun autore segue la classificazione artificiale del Darwin, tutti preferiscono la comoda classificazione regionale. Il Baldamus, ad esempio, pur seguendo la classificazione regionale, trova il modo di raggruppare le diverse razze a norma dei caratteri fisici, così divide le razze galline in tre categorie; la prima categoria comprende le razze considerate per regioni e che si scindono in tre gruppi:
1° gruppo    --   razze senza ciuffo;
             --    razze con ciuffo;
             --    razze barbute.

La seconda consta di razze non classificate e la terza dei Bantams: fra le razze non classificate si annoverano le galline saltellanti, le lanate, le sericee, le galline comuni, ecc.

Questa classificazione, abbenché abbia un’impronta originale, non mi pare adottabile alle esigenze d’un catalogo razionale. Altri tentativi di classificazione vennero ventilati, anch’io mi proposi di dettarne uno che in certo modo avrebbe potuto accontentare gli avicultori, ma tutto andò a monte per assoluta mancanza di praticità in quei tentativi.

Io vorrei che si concretasse in proposito qualche cosa di pratico, ampliando, come già ho detto, e modificando il piano darwiniano, l’unico e solo possibile a percorrersi senza inciampare in incoerenze; in tale attesa restiamo dove siamo e contentiamoci della classificazione puramente e semplicemente regionale che comprende tre gruppi solamente:
1° gruppo -- Razze europee (italiane, spagnuole, francesi, tedesche, fiamminghe, austro-ungariche, russe ed inglesi);
2° gruppo – Razze asiatiche;
          -- Razze americane.

7) Origine del pollo domestico

L’epoca a cui rimonta la domesticazione del pollo è assolutamente ignota, ma quello che è forse certo si è che la stessa risale ad epoca preistorica; però è accertato da Darwin che 1400 anni avanti Gesù Cristo il pollo domestico era esteso in Asia e che la sua importazione in Europa data dal VI secolo prima della venuta di Cristo[12]. Furono i Greci che per i primi allevarono il pollo domestico e quindi i Romani: il fanatismo religioso di quei popoli civilizzatori elevò il pollo, nei primordi della sua introduzione, alla dignità di oracolo, ma visto e considerato che valeva meglio un pollo arrosto anziché un pollo oracolo, quella brava gente pensò bene di allevare polli per l’economia domestica. Coll’abolizione dei polli-oracolo, i sacerdoti romani subirono una brutta perdita, imperocché mancando siffatto obolo che la buona fede dei credenti loro offriva per sacrificare ai compiacenti Dei, vennero anche a mancare i polli che più volentieri venivano sacrificati alle laute mense sacerdotali: così i gabbati Dei finivano di far da mezzani a quei sacri stomaci. Il pollo oracolo ebbe allora importanza capitale durante le battaglie: narra un autore che i sacerdoti romani, temendo i pericoli, tenevano oracolo ai condottieri dell’esercito ed insegnavano loro il modo di consultarli al cominciar della pugna. Fra le tante norme la più graziosa era quella di badare allorquando i polli inghiottivano il pastone per la loro nutrizione: se lasciavano cadere, nell’avidità di divorare il cibo, qualche briciola dal becco, allora era destinato un esito favorevole della pugna, nel caso contrario tutto era perduto. Questa corbellatura, degna soltanto dell’ipocrisia di quei preti, veniva eseguita come meglio conveniva, poiché si lasciavano i polli a stecchetto o, se occorreva, si empivano i loro gozzi di molto cibo; egli è evidente che un pollo affamato si getterà con avidità sul pastone dandovi dentro delle continue beccate ed è pure evidente che di tal modo cadrà del cibo dal becco.

Gli antichi autori, fra i quali il dotto agronomo Columella, ci parlano di polli selvaggi che somigliano al pollo domestico: questi polli selvaggi si osservavano in grande quantità in un’isola del mare ligure chiamata perciò Gallinaria. I polli selvaggi si riscontravano allora, al dire degli antichi agronomi, anche sul continente e specialmente nelle foreste celtiche.

Mariot-Didieux, compilatore d’un eccellente trattato di pollicoltura che, a suo tempo, fece furore, si volle illudere dandosi a credere e vendendo ai suoi lettori una frottola.

Secondo quell’insigne autore l’origine dei nostri polli si potrebbe derivare dalle antiche foreste celtiche, tanto più che quelle contrade, a cui i conquistatori romani imposero il nome di Gallia, abbondavano anche di polli domestici. Non è da mettersi in dubbio che gli antichi galli emersero nell’arte della pollicoltura, ma non perciò si può impunemente asserire che i loro polli domestici traessero origine dalla specie confinata nei loro boschi. Quello che è certo si è che gli antichi agronomi hanno descritto tutti l’esistenza di un pollo selvaggio, che spesso formava il cibo prediletto alle ricche mense romane, ma nessuno ci ha lasciato dati tali da poterne derivare le forme e il colore del mantello.

Gli scienziati non sanno dirci nulla di positivo sull’origine del pollo domestico, la loro scienza arriva solamente a discernere che il nostro pollo domestico trae la sua origine dall’uovo, purtuttavia un superficiale esame zoologico ci porta alla considerazione che il nostro pollo domestico va classificato, per i suoi caratteri fisici, come segue:
                                    Classe: uccello;
                                    Ordine:
gallinaceo;
                                    Famiglia: fagianidi;
                                    Genere: Gallo (gallus)
                                    Specie: gallo domestico.

Ora, visto e considerato, che nel genere gallus si riscontrano solamente quattro specie allo stato libero, così si potrebbe credere che queste specie siano i capostipiti dei nostri polli domestici, ma nulla di positivo viene ad illuminare il buio completo, nulla di veramente concreto giunge a diradar le tenebre che avvolgono l’origine dell’addomesticamento del nostro pollo, ciò resterà sempre un enigma. Epperò Darwin, nelle sue ricerche sull’origine delle specie domestiche, viene a conclusioni mirabili, a conclusioni che hanno scisso il mondo scientifico in due campi diametralmente opposti, ma va notato che il campo dei darwinisti conta ferventi e sommi apostoli. Secondo Darwin, il pollo domestico non può trarre la sua origine da una forma primitiva spentasi coll’andar del tempo, ed a ciò dimostrare concorre il fatto che le specie selvaggie del genere gallus si sono conservate costantemente attraverso i secoli nell’Asia.

Il La Perre de Roo confuta nel suo aureo libro, Monographie des races de poules, il concetto darwiniano nei termini seguenti: “Non vi è nessun esempio di galli dei nostri poderi che sia ritornato allo stato selvaggio”. Mentre che più oltre così continua: “Le ipotesi che fanno discendere l’uomo dalla scimmia, il cane dal lupo, il colombo domestico dal torraiuolo, e finalmente il pollo domestico dal gallo Bankiva, sono tutte moderne. Gli antichi autori latini, Columella, Varrone, Palladio, ecc., che hanno scritto sugli animali da cortile, duemila anni fa, essendo ancora molto più vicini di noi all’epoca della domesticazione del pollo, non erano meno di noi nel caso di delucidare la questione che ci occupa. Ora, questi autori parlano, nelle loro opere, dei galli selvaggi come uccelli rari che non si riproducevano in cattività, e di cui si utilizzava solamente la carne, senza che in quei illustri dotti fosse mai sorto il dubbio che quelle specie selvaggie fossero la sorgente primitiva dei nostri volatili domestici di cui possedevano diverse varietà”.

Un altro insigne scrittore in materia di pollicultura, il Baldamus, si associa invece con simpatia al concetto darwiniano esaltandolo con chiara erudizione nel suo dotto trattato di pollicoltura: Illustriert Handbuch der Federviehzucht.

Finalmente il compianto prof. Paolo Bonizzi, altro scrittore distinto in materia avicola, è anche lui coerente alle dottrine darwiniane.

L’avicultore illuminato troverà nelle opere del Darwin ciò che gli occorre per percorrere razionalmente lo studio dell’avicoltura, e, senza ricorrere alle innumerevoli e lunghe opere del grande scienziato, potrà, nel commendevole lavoro La teoria dell’evoluzione di G. Canestrini, trovare quanto gli necessita per farsi un chiaro e superficiale concetto delle dottrine del Darwin. Il Canestrini, di cui la scienza piange l’immatura perdita, colla sua opera ha dettato uno dei più meritevoli lavori sorti nel campo dei seguaci del Darwin: non vi sono parole sufficienti per raccomandarlo agli studiosi d’avicoltura come corredo necessario alla loro coltura scientifica.
Le quattro specie del genere gallus sono le seguenti:
Gallus ferrugineus, Bankiva, ossia:
   gallo Bankiva o gallo Kasintu o Kansmutu dei Malesi;
Gallus Sonneratii, ossia:
   gallo di Sonnerat o gallo Katokoli degli indiani;
Gallus varius, forcutus, furcatus, ossia:
   gallo Gangegar dei Malesi;
  
gallo Ayam-Alas;
  
gallo di Giava;
Gallus Lafayetti, Stanleyi, ossia:
   gallo di Lafayette;
   gallo di Stanley;
   gallo delle giungle.

Vi sarebbero altri rappresentanti delle specie selvaggie, ma gli stessi vengano considerati dai moderni ornitologi come ibridi risultati dall’unione delle precedenti specie col pollo domestico.

Questi ibridi, che d’altronde si riscontrano allo stato selvaggio, sono oggetto della domesticazione e conosciute come vere razze in avicoltura, così abbiamo:
Gallus Aeneus, Temmincki, ossia gallo bronzato, risultante dal gallus furcatus e dal pollo domestico;
Gallus ecaudatus, ossia gallo senza coda o Wallikihi, che vive allo stato libero nell’isola di Ceylan e che contemporaneamente lo si riscontra allo stato domestico sotto la denominazione di razza scodata o anura;
Gallus giganteus, che Temminck vorrebbe considerare come il capo stipite della razza malese; Baldamus confuta questa credenza
Gallus morio, ossia negro a pelle nera;
Gallus lanatus, ossia gallo lanato;
Gallus crispus, ossia gallo riccio.        
4 – 5 – 6 Tutti questi tipi vivono allo stato selvaggio ed allo stato domestico.

Darwin sostiene con argomentazioni convincenti che bisogna attribuire al gallus ferrugineus l’onore di aver dato origine ai nostri polli domestici. In primo luogo perché il gallus ferrugineus o Bankiva è la più estesa delle razze selvatiche, e quindi perché è la più somigliante al pollo domestico ed in particolar modo alla razza combattente, colla quale dà talvolta anche dei prodotti d’incrocio. Il canto del gallo Bankiva non è molto dissimile da quello del gallo combattente: a questa osservazione dal Darwin, il Baldamus risponde che la voce del gallo Bankiva puossi assomigliare a quella della razza Bantam, e lo stesso autore asserisce che il Bankiva dà anche dei prodotti d’incrocio con i Bantam comuni ed i Bantam di Burma; gli allievi sono poi suscettibili di riprodurre con altri Bantam.

Le variazioni d’una specie allo stato selvaggio sono proporzionate alla sua estensione geografica, ora, essendo la specie Bankiva la più estesa dei suoi congeneri, ne risulta che essa ha subito molte variazioni; questo fatto, comune al pollo domestico, ci induce maggiormente a stabilire una certa analogia di quest’ultimo col pollo Bankiva; si voglia finalmente notare che molte razze, nella muta annuale del piumaggio, tradiscono una certa tendenza alla livrea della sovracitata specie selvaggia.

Il gallo Bankiva è molto esteso nelle diverse zone dell’India, così lo vediamo estendersi al sud sino all’isola di Giava, rendersi raro nell’India Centrale e comune nelle colline del nord e nella catena dell’Imalaia, nella zona dell’est, la Cina compresa. Anche nella penisola malese, nelle isole della Sonda, nell’Assam, ecc., i naturalisti e i cacciatori segnalano spesso la presenza di questa specie selvaggia. Questa specie varia però molto allo stato selvaggio: così abbiamo, secondo diversi ornitologi, tre varietà distinte, mentre che secondo la Perre de Roo, un ufficiale inglese, un signor Dickens che ha frequentato per molto tempo le Indie, ne descrive solamente due e cioè una varietà nana ed una varietà grande. Fra le tre varietà degli ornitologi si annoverano:
            1) La razza bengalese;
            2) La        burmese;
            3) La        malese.

Il complesso del gallo Bankiva ricorda la razza combattente inglese a manto rosso ocra e petto nero; la testa, molto proporzionata al corpo, porta una cresta rossa non molto alta e regolarmente dentellata, i bargigli sono anche rossi e corti, gli orecchioni bianchi, ma talvolta rossi, e l’occhio rosso-ranciato; le penne del petto e del collo ranciato, quelle del dorso bruno-porpora sfumate in bruno-arancio ai due lati, le remiganti nere, i tarsi nudi e di colore ardesia. La coda lunga e colle timoniere nere a riflessi lucenti, è portata orizzontale a guisa dei fagiani: l’andatura non è nemmeno dissimile da questi.

Il gallo Bankiva preferisce le folte foreste per dimora, e quando si allontana dalle medesime in cerca di nutrizione va molto guardingo: egli è perciò che la sua caccia non è molto agevole. Per finire potremo dunque dire che il gallo Bankiva vive in due stati d’esistenza, e cioè allo stato selvaggio ed in quella di perfetta domesticità: in quest’ultimo caso però trasformato nelle numerose razze domestiche.

Il gallo do Sonnerat vive pure nelle Indie, ma la sua distribuzione geografica non è molto estesa, così non lo si rinviene al nord. Pierre Sonnerat, un viaggiatore francese, rinvenne pel primo questa specie a cui diedesi poi il suo nome. Il gallo di Sonnerat ha l’occhio giallo-bruno, il becco ed i tarsi gialli, la cresta alta, rossa e regolarmente dentellata, i bargigli lunghi e rossi, gli orecchioni rossi. Le penne della mantelletta non finiscono come in tutte le altre specie selvaggie e domestiche a punta acuta, ma sono arrotondate. Il fusto di tutte le penne del collo è bianco, la mantelletta è guernita di penne grigio-nerastre; ognuna munita di due macchie gialle; il dorso è coperto di lunghe e sottili penne nero-brunastre con orli e fusti pallidi e con macchie giallo-brunastre, queste ultime anche in numero di due. Le remiganti ed il groppone di colore grigio-nerastro. La femmina è bruno-screziata nelle penne della mantelletta, del dorso, del groppone e delle remiganti, mentre che il fusto d'ogni penna è più pallido; le penne del petto e del ventre sono colorite in bruno-nerastro con centro bianco. La statura di questa specie raggiunge quasi quella della razza Amburgo.

Il gallus furcatus ha il becco giallo, ma i tarsi sono grigi, alquanto più piccolo della specie precedente dalla quale differisce essenzialmente nel mantello, che è più vivace, e nella coda, che è divisa in due: ciò contribuisce a dare all'animale un aspetto caratteristico ed a farlo discernere in lontananza: la sua dimora è a Giava.
Il gallo di Stanley ha molta analogia col gallo Bankiva e vive all'isola di Ceylan nelle alte foreste. II gallo di Ceylan ha la cresta gialla e più bassa di quella del Bankiva, i tarsi nudi e di color rosa, le penne del petto sono bruno-dorate. Questa specie venne scoperta nel 1821 e descritta dall'esploratore inglese Layard; nel 1873 il Giardino Zoologico di Londra ebbe la ventura di poter ospitare una coppia di questi polli.

8) Nomenclatura delle parti esterne del pollo

La nomenclatura delle parti esterne del pollo si deve conoscere in tutti i suoi dettagli, altrimenti riuscirebbe indecifrabile la descrizione della livrea e delle forme di ogni singola razza. Gli inglesi, maestri nell’arte della selezione delle razze, hanno adottata una terminologia speciale per indicare le forme esteriori del pollo. Lo schizzo qui unito (Fig. 1), dovuto all’inglese Owen, valente anatomico, serve come guida per illustrare chiaramente la terminologia che segue.

Testa

1. Fronte – (franc. le front, ted. der Stirn).

2. Sincipite o parte anteriore del capo – (franc. le sinciput ou le devant de la tête, ted. der Vorderhaupt <)>.

3. Vertice o cucuzzolo – (franc. vertex ou sommet de la tête, ted. der Scheit).

4. Occipite – (franc. l’occiput, ted. der Hinterhupt).

5. Cresta (franc. la crête, ted. der Kamm).
Cresta semplice -
(franc. crête simple, ted. einfacher Kamm). – È la cresta dentellata che osserviamo nel gallo di razza italiana; può essere diritta, ripiegata (Schlotterkamm dei tedeschi).
Cresta tripla - (franc. crête triple, ted. dreifacher Kamm). – È la cresta formata di tre piccoli cornetti di cui quello di mezzo è ordinariamente il più grande (razze di Polverara, Crèvecoeur, la Flèche, ecc.) o da tre lobi di cresta di cui i due laterali assumono ognuno la forma di una mezza foglia di quercia (razza Houdan).
c) Cresta riccia – (franc. crête frisée, ted. Rosenkamm, quando assume la forma caratteristica della razza di Amburgo e Erbsenkamm quando ha la forma della cresta della razza Brahmapootra). – È la cresta formata da tre fili di piccoli denti fini (razze di Amburgo, Brahma, Wyandotte, ecc.).
d) Cresta a corona -  (franc. crête en couronne, ted. Malayemkamm). È la cresta compatta a forma più o meno rotonda e provvista di piccole punte (razza malese).
e) Cresta di colore rosso-cinabro – è comune in particolar modo negli animali a cresta semplice (razza italiana, spagnola, andalusa, Langshan, Cocincina, ecc.) e nelle razze colla cresta a corona.
f) Cresta di colore rosso-giallastro -  è comune nelle razze a ciuffo (padovana Crèvecoeur, Houdan, ecc.), e nelle razze a cresta riccia.
g) Cresta di colore rosso-violaceo -  è caratteristica della razza mora e seta.
La cresta si estende dalla fronte sino all’ultimo limite del vertice, ma in molti casi si osserva soltanto sulla fronte, ed allora è ordinariamente tripla e talvolta anche rudimentale: il vertice, rimanendo libero sulla cresta, si covre d’un ciuffo alto le cui piume sono simili nella loro struttura a quelle della sella e della mantelletta. Le razze aventi il ciuffo che occupa tutto il vertice sono la Padovana, la Polverara, la Houdan, la Crèvecoeur, la Sultana, ecc. Talvolta riscontrasi il cosidetto mezzo ciuffo che occupa, dal più al meno, la metà posteriore del vertice: in tal caso la cresta si estende dalla fronte sino alla metà anteriore del vertice – appartiene alla categoria delle galline a mezzo ciuffo la razza Mora a seta. Oltre il mezzo ciuffo abbiamo il ciuffetto che occupa una piccola parte del vertice, appena l’estremo limite; il resto del vertice e la fronte comprendono una voluminosa cresta: si riscontra il ciuffetto in particolar modo nei prodotti d’incrocio derivati dall’unione di polli a ciuffo con polli non ciuffati, epperò alcune razze ben fissate, i La Flèche, per es., hanno pur tuttavia un ciuffetto di piume sulla parte posteriore dell’occipite.

6. Guancie – (franc. les jounes, ted. die Wangen). -  È la pelle rossa che circonda gli occhi, ma talvolta si verificano anche guancie bianche, come, ad esempio, nella splendida razza spagnola. Al disopra delle guancie sono situati gli occhi colle pupille sempre nere e l’iride gialla, aranciata, rossa, bruma, ecc., le sopracciglia degli occhi sono talvolta nude e talvolta sono piumate.
La regione che circonda la radice del becco chiamasi cavezza (franc. le licon, ted. die Halfter), mentre che s’intende per briglia e freno (franc. la bride, ted. Zügel), la parte situata fra l’occhio e la radice della mandibola superiore del becco.
a) Becco (franc. le bec, ted. der Schnabel), consta della mandibola superiore (Oberkiefer) e della mandibola inferiore (Unterkiefer). alla mandibola superiore distinguiamo il dorso (franc. le dos ou arête, ted. die Firste), che è la parte sollevata, la punta, i bordi e le fosse nasali, mentre che alla mandibola inferiore osserviamo l’estremità, i bordi ed il

7. Mento – (franc. le menton, ted. das Kinn).

8. Bargigli – (franc. les barbillions, ted. die Kinnlappen, die Ohrlappen, die Gloken). Hanno sempre lo stesso colore della cresta e sono più o meno lunghi a norma delle razze, ma talvolta si rinvengono affatto rudimentali ed allora sono accompagnati da una barba di piume che principia dalla regione inferiore delle guancie (basette) e finisce sotto il mento (barba): le razze che hanno questa caratteristica sono la Padovana, la Polverara, la Houdan, la Crèvecoeur, ecc. Talvolta la barba di piume si estende soltanto sotto il mento (barba) ed in tal caso i bargigli non sono quasi mai rudimentali.
b) Orecchio.

9. Orecchioni – (franc. les oreillons, ted. die Ohrlappen). – sono situati al di sotto del condotto uditivo e si riscontrano, a seconda delle razze, di colore rosso-cinabro, rosso-giallastro, bianco-niveo, bianco-crema, bianco-azzurro e azzurro.

Collo

10. Gola – (franc. la gorge, ted. die Kehle).

11. Canna della gola – (ted. die Gurgel).
Parte anteriore del collo – (franc. le devant du cou, ted. der Vorderhals).

12. Nuca – (franc. la naque, ted. das Genick).

13. Cervice – (ted. der Nacken).

14. Parte inferiore del collo – (franc. naissance du cou, ted. der Unterhals).
Parte posteriore del collo (Hinterhals).

15. Mantelletta o penne del collo – (franc. le camail, ted. die Halsfedern, die Nakenfedern, der Behang). Penne lunghe ed a forma di lancette nel gallo, più corte e più larghe nella gallina: queste ultime non finiscono ordinariamente colla punta a lancetta, ma sono bensì arrotondite.

16. Parte superiore del dorso (ted. der Oberrücken).

17. Parte inferiore del dorso o sella – (ted. der Unterrücken, der Sattel).

18. Coderizzo o codrione – (franc. le coccix ou le croupion. ted. der Bierzel).

19. Ano – (franc. l’anus, ted der After, der Steiss).

20. Ventre o pancia – (franc. le ventre, ted. Bauch).

21. Petto.

Penne dell’ala

L’ala si compone del braccio superiore (Oberarm), dell’avambraccio (avant-bras, Vorderarm) e della mano: ciò a similitudine delle braccia umane.

22. Penne omerali o piccole e medie coverture delle ali – sono le penne che covrono il braccio superiore.
Pomo dell’ala – (pomeau de l’aile, Bugfedern), sono piccole piume che cominciano da una piccola appendice situata all’articolazione del braccio e della mano.

23. Grandi coverture delle ali – (franc. Grandes couvertures des ailes ou grandes tectrices, ted. grosse Flügeldeckfedern). – Queste penne sono ordinariamente larghe e dure e formano riunite il tratto nero che traversa l’ala quando è piegata; esse sono propriamente le più grandi penne che covrono le grandi penne dell’ala.

24. Penne maestre secondarie o grandi penne dell’avambraccio o remiganti secondarie – (franc. rémiges secondaires ou grandes pennes de l’avant-bras, ted. Schwingen {zueiter}<zweiter>Ordnung, Armschiwegwn o Schwungfedern zweiter Ordnung) – cominciano dall’orlo inferiore dell’avambraccio e covrono le penne maestre primarie quando l’ala è chiusa, sono, in altri termini, le grandi penne del volo situate all’avambraccio.

25. Penne maestre primarie o grandi penne dell’ala – (franc. rémiges primaires, ted. Schwingen erster Ordnung), - sono le penne del volo situate alla mano ed alle dita dell’ala:  cominciano dalla mano, costituiscono il volo, sono nel numero di dieci e sono nascoste sotto le remiganti secondarie, quando l’ala è chiusa, talvolta pendono un po’ fuori, come si osserva, p. es., nella razza Bantam.

26. Penne del pollice – (ted. Afterschwingen) – fanno parte delle penne maestre primarie situate al pollice della mano dell’ala.

Penne del corpo

27. Penne della sella o lancette – (Sattelfedern dei tedeschi) – sono le penne dei reni, somigliano a quelle della mantelletta.

28. Penne del coderizzo, ossia coverture o covitrici della coda o piccole falciuole – (franc. petites faucilles, ted. kleine Sichelfedern).

29. Grandi lancette o falciuole – (franc. grandes faucilles, ted. grosse Sichelfedern).

30. Timoniere – (franc. rectrices ou grandes caudales, ted. Steuerfedern) – vengono denominate anche grandi penne della coda. Le lunghe penne del collo e della sella, nonché le falciuole della coda sono speciali al gallo, ma la gallina non le possiede, epperò vi sono razze nelle quali anche il gallo è sprovvisto delle sovracitate lunghe penne (razza Bantam). La coda chiamasi a ventaglio quando le timoniere sono molto aperte, a scoiattolo quando è portata tanto oblique in dentro da toccare il collo (razza Bantam giapponese).

Piedi

31. Ginocchi – (franc. les rotules, red. die Knien)

32. Gambe – (franc. les cuisses, ted. die Unterschenkeln).- La gamba è attaccata al femore (Oberschenkel) che non si vede perché è aderente al corpo.

33. Calcagni o talloni – ({frac.} <franc.> les calcaneums ou talons, ted. die Fersen). – Le penne molli che ricovrono le gambe ed i calcagni, molto pronunziate nelle razze asiatiche e poco nelle razze europee, chiamansi penne matte (ted. Flaum). Talvolta il calcagno non si riveste di penne matte, ma {bensì} di penne dure che sporgono in fuori a forma di sperone: gl’inglesi denominano queste penne vulturhocks ed i tedeschi geierferse, ossia tallone d’avoltoio e anche Stulpen, i francesi manchettes. Noi potremmo volgarizzare questo termine nel nostro idioma traducendo: manichino o ginocchiello.

34. Tarsi o zampe – (franc. les tarses ou pattes, ted. die Läufe). – I tarsi dei polli sono di vario colore; così abbiamo tarsi gialli (razza Italiana, Cocincinese, ecc.), grigio-ardesia (Padovana), verde-ardesia (Polverara), rosei, ecc. Abbiamo anche i tersi nudi (schuppige Läufe) ed i tarsi calzati, ossia rivestiti di piume dalla parte esterna (befiederte Läufe).

35. Speroni – (franc. les éperons, ted. die Sporne). – Mancano nella gallina.

36. Pollice.

37. Dito esterno.

38. Dito medio.

39. Dito interno.

Generalità

 

[1] Questo sano concetto prevalse nella grandiosa Mostra di Roma del 1903 e così avemmo la soddisfazione di vedere in lizza capi isolati.

[2] Convenientissima agli espositori e punto dannosa. In questa maniera il bravo allevatore potrà meglio far rilevare il valore dei suoi prodotti su quelli del negligente: niente affatto dannosa, ed anzi utilissima, giacché e giurie e pubblico potranno discernere senza difficoltà il buono dal cattivo, evitando le contestazioni facilissime a succedere dove i campioni d’una stessa varietà si trovano a 100 metri l’uno dall’altro.

[3] La questione della mostra complessiva è una cosa assolutamente secondaria. Quella che si impone è l’aggiudicazione dei singoli capi ed una aggiudicazione seria e rigorosa, anzi minuziosa. Perché si devono mettere in seconda linea i veri allevatori, quelli che arrivano alle esposizioni col frutto del loro lavoro, una varietà sola? Perché questi, meritando tutti i riguardi, dovranno essere posposti ai grandi amatori, od agli industriali, solo per la ragione che questi hanno la preponderanza del numero? È la qualità che deve imporsi.

[4] Un premio di complesso è presto destinato: può essere aggiudicato stando al tavolo, e non può mai essere conferito prima della premiazione parziale.

[5] Ecco il punto debole dei nostri espositori, non parlo dell’autore della lettera che non espone mai, ma della generalità degli espositori. L’idea che essi hanno della esposizione è questa – un bazar a 49 – né più né meno. Ecco la ragione della disposizione per proprietario, la réclame e lo smercio dei propri prodotti; ma allora facciamo delle fiere, non delle esposizioni, andiamo ai mercati e non facciamo più mostre. È molto comodo il piantarsi davanti alle 50 o 100 gabbie col relativo tavolo, carico di scartafacci e magari con la mostra di premi realmente o immaginariamente guadagnati, destare a suon di tromba l’attenzione pubblica, o importunarla magari con una réclame che un comitato che si rispetta non dovrebbe permettere. Così si è fatto a Torino, a Pallanza, a Venezia e dappertutto e sempre a scapito dei piccoli espositori; ma non intendo che i piccoli si creda siano i meno buoni, e appunto Torino ce lo può dire dove era veramente il buono. Leviamoci una buona volta al livello delle altre nazioni: a parte l’interesse particolare di pochi individui, e facciamo delle esposizioni una festa, una vera festa, non un mercato a vantaggio di due o tre solamente. Se a Torino si fossero attenuti al programma come era stato presentato, se il comitato se ne fosse occupato come lo doveva e come da principio dava a sperare, invece di registrare un fiasco avremmo avuto una festa.

[6] C. A. Gonin è il noto A. Germignani dell’Allevatore di Milano.

[7] Per maggiori schiarimenti su questo capitolo consultare il mio trattato: Manuale teorico-pratico d’Avicoltura, Fratelli Battiato, Catania.

[8] Delle vere officine a vapore se ne riscontrano in grande quantità negli Stati Uniti d’America, ove la produzione del pollame è esercitata su vasta scala in grandiosi locali, ma nella nostra vecchia Europa siffatti impianti non si ressero mai, non ostante i molteplici tentativi fatti da intelligenti e colti industriali. In Europa è molto proficua l’industria del pollame su piccola scala: le condizioni favorevoli alla grande industria che allietano gli Stati Uniti non esistono nel nostro continente. (Nota dell’autore).

[9] Nella Rivista degli Avicultori del 1° settembre 1891 scrissi un articolo dal titolo “Polleria Rusticana”, poiché lo stesso calza bene in proposito di quanto scrive il mio carissimo amico, il direttore di questa cessata Rivista, così voglio riportarlo per intiero in queste pagine. Nel secolo di Cavalleria Rusticana non sarà superfluo di parlare anche di Polleria Rusticana. Se due arti, una più sublime dell’altra, la musica e la poesia, poterono insegnare al mondo, che in fatto di cavalleria, l’uomo rustico (pollo da fattoria) sa dar dei punti all’uomo della città (pollo da rinchiuso), perché non dovremmo noi, coltivatori di un’arte, certamente non sublime, ma per lo meno pratica quanto mai, insegnare che il dogma rusticano, in avicultura, trova la più facile emanazione? In quest’arte fa d’uopo distinguere due classi d’allevatori: l’allevatore rusticano, il contadino, e l’allevatore allevatore, l’avicultore. A sua volta potremo dividere la classe degli avicultori in due sottoclassi: lo speculatore e l’amatore. Il cultore della polleria rusticana, il contadino, dispone non solamente dell’ambiente propizio alla polleria, ma bensì  anche del pollo rustico per eccellenza. I risultati che egli ottiene sono perciò splendidi, ad onta della noncuranza in cui egli suole tenere le sue bestie; l’avicultore, invece, non dispone del fondo rustico, quindi i suoi allievi saranno piuttosto figli dell’arte e perciò, malgrado le cure loro prodigate, saranno sempre più delicati dei primi. Pel contadino è il caso di dire che madre natura ha il sopravvento, mentre per l’avicultore è l’arte, che, seguendo le orme della natura con mezzi artificiali, giunge a meravigliosi risultati. Se si riuscisse ad inoculare il fuoco sacro dell’avicultore nelle vene del contadino, questi otterrebbe ben presto prodotti perfetti: le scuole pratiche d’agricoltura, nonché quelle speciali d’avicoltura, sono chiamate a questo compito d’inoculazione. L’istinto della selezione è innato nel contadino, ma a causa della sua ignoranza egli non ne sa trarre per nulla un conveniente partito. Domandate a costui di scegliere in un branco di galline le migliori produttrici d’uova e non dubitate che egli saprà su chi mettere le mani: domandategli pure quali di queste galline daranno le migliori chioccie, e vedrete che anche qui il rustico allevatore saprà cavarsi d’imbarazzo; ma, malgrado tutte queste profonde cognizioni di zootecnica, egli abbandona la sua polleria rusticana in balia di se stessa: punto selezione, cioè che dico, selezione sì, ma, sole di tutti i lumi, che selezione!!! Immaginatevi, e ciò per meglio farvi intendere questa sua smania selezionista, che l’annata in corso gli abbia dato 100 allievi; ebbene sapete che fa questo figlio della terra? Tutto ciò che havvi di più bello se lo porta al mercato in vista di ricavarne un lauto guadagno alla vendita e tutta la roba scadente resta a casa: questo scarto, orribile a dirsi, dovrà poi servire l’anno venturo alla riproduzione. L’avicultore invece non si disfà mai dei suoi migliori soggetti per la vendita e con tale pratica egli migliora tutti gli anni il suo pollaio. Non disdegniamo adunque di rivolgere il nostro sguardo alla polleria rusticana, che è poi quella che da noi fornisce i mercati di uova e polli e che costituisce una rilevante risorsa economica nelle famiglie degli agricoltori.

[10] Le filande possono nutrire i volatili colle crisalidi del baco da seta, alternando questo tipo di cibo con scarse dosi di cereali e verdura; gli allievi crescono a vista d’occhio e costano pochissimo. Le crisalidi danno cattivo sapore alla carne e la rendono puzzolente più che mai, ma ciò non reca pregiudizio se tre settimane prima della macellazione o della vendita si sopprime quel cibo poco gradevole al nostro odorato. I soggetti così cresciuti costano molto poco e si vendono a buone condizioni poiché sono sani, robusti e molto bene sviluppati. In molti è invalsa l’idea fissa che i polli cresciuti con siffatto regime, abbenché purgati per molto tempo dal fetore insopportabile, siano sempre di pessimo sapore: siffatte esagerazioni sono da rigettarsi dalle persone serie.

[11] A. Gonin l’Allevatore. – Si può dire che ogni razza ha i suoi apostoli; ma tutti i gusti son gusti; e poi ciò che va bene in un posto non conviene in un altro. Per cui prima di adottare questa o quella razza, bisogna pensarci bene; giacché la razza che può essere adattissima per voi che disponete di una vasta estensione, non andrà assolutamente per me che ho appena un ristretto spazio da concedere al mio branco di polli; questa può convenire benissimo alla villa e valer nulla per una fattoria, può formare la felicità di chi si limita a pretendere delle uova e non farà punto l’affare del dilettante d’arrosti. In un certo ordine d’idee, ho visto dei bravi allevatori come i modenesi, pei quali la Dorking è il prototipo delle razze (e io sono, in tesi generale, con loro); ho sentito in Toscana fare grande assegnamento sui Laflèche e perfino sulla razza Maggi, per la quale c’è chi va in sollucchero. Il comm. Sella ha proclamata la Langshan la migliore razza, il signor Gregori ha un debole per la combattente inglese, il Chigi ed il Canzi non hanno incenso che per la padovana. Passando poi alla Francia vediamo Roullier e Arnoult proclamare la Houdan, pel Voitellier c’è la Mantes prima di ogni altra razza. Pel signor Lagrange di Autun la gallina pratica è la Langshan e così via. Ma per noi la questione non consiste nel trovare la razza pratica per il signor Iccase piuttosto che per il signor Ippsilonne o Zeta, ma sibbene la razza pratica per tutti, quella che con una spesa minima sarà in grado di darci maggior numero di uova e di maggior mole, nello stesso tempo che dei pollastrelli di facile allevamento, dalla carne fine e delicata. Vi pare? La gallina il cui mantenimento non costi, si trova soltanto nella fattoria o molino, dove vive di quanto spigola allo stato libero ed errante: ma per tanti allevatori che hanno uno spazio limitato è giuocoforza tener il pollame rinchiuso in un cortile o locale rinserrato. Le principali razze da rinchiuso sono: Langshan – Crèvecoeur – Padovana di Polverara – Houdan-Amburgo. Quelle per fattoria sono: Razza comune: Dorking – Combattente inglese – Mantes – Maggi – Flèche – Spagnuola – Campine.

[12] La Perre de Roo cita due fatti che concorrono efficacemente a convincerci della remota antichità a cui risale la domesticazione del pollo. La sacra scrittura dei Persi, chiamata Zend Avesta, narra che Olmuzd, il Dio dei Persi, diede di propria mano una coppia di polli all’uomo; Esculapio veniva rappresentato dagli antichi col bastone a cui si avvolgeva il serpente e col gallo al fianco.