Vol. 1° -  VIII.2.4.b.

L’introduzione del pollo in Palestina

Il Popolo Eletto doveva osservare alcune regole fondamentali sulle quali Dio non transigeva, per cui in Palestina l’arte iconografica non si è evoluta in quanto non è neppure nata. Credo non valga la pena di riassumere le parole di Phyllis Glazer, in quanto si tratta di un testo conciso e pieno di spunti per ulteriori ricerche: Mense e Cibi ai tempi della Bibbia è un libro prezioso non solo per chi s’interessa di antiche ricette, ma anche per quelli che, come noi, sono a caccia di notizie storiche precise:

«Lo sviluppo dell'arte presso gli antichi israeliti è stato fortemente condizionato dalla proibizione religiosa di raffigurare la divinità, più volte ribadita nei libri della Bibbia, per impedire il diffondersi dell’idolatria. Scultura e pittura sono messe al bando da questa proibizione; restano solo, oltre l’architettura, dipendente di solito da artisti stranieri, alcune modeste manifestazioni delle arti minori.

«Si affermò per lo più solo il rilievo su sigilli e quello su placche d'avorio. I sigilli, appartenenti al tipo da imprimere, non da rotolare, risentono dell’influenza egiziana sia nella forma scaraboide sia nella maggior parte dei motivi figurativi: grifi, sfingi, dischi solari alati, ma anche per esempio un gallo e un leone. Analoghi sono i motivi delle piccole placche d'avorio che ornavano mobili e pareti dei palazzi: se ne sono rinvenute a Samaria, a Megiddo [1] e a Hazor. Fra gli altri oggetti ornamentali si annovera una scatola d'avorio con quattro leoni sbalzati all'intorno.

«In tutta quest'arte minore si riscontra non solo l’influsso egiziano ma anche quello fenicio e in genere siro-palestinese, per cui non si può parlare di un'arte ebraica con caratteri propri. Ecco quindi che volendo in qualche modo illustrare mense e cibi della Bibbia dobbiamo rivolgerci all’arte egiziana e medio-orientale di cui, grazie alle scoperte archeologiche, abbiamo moltissimi e splendidi reperti.

«Le vicende degli egiziani, dei fenici, degli assiro-babilonesi sono strettamente intrecciate a quelle degli israeliti e le relative civiltà presentano molti aspetti comuni o analoghi pur nella rispettiva specificità. Attraverso le sculture, le pitture murali, gli ornamenti degli oggetti d'uso, i modellini, le statuette votive, possiamo farci un'idea della vita quotidiana di quegli antichi tempi. Le strisce, che come un film ci raccontano gli avvenimenti, vanno lette in genere da destra verso sinistra, come del resto anche le loro scritture. Ma i geroglifici si possono leggere anche da sinistra a destra e verticalmente.

«Un discorso a parte rappresentano suppellettili e utensili di pietra, di ceramica e di legno, che ritrovati interi o in frammenti pazientemente ricomposti dagli archeologi, portano un notevole contributo alla ricostruzione della vita domestica e dei costumi della Palestina nel periodo biblico.»

A pagina 215 eccoci finalmente di fronte a esaurienti notizie sul pollo:

«La più antica raffigurazione di una gallina nell’arte egiziana è probabilmente quella dell’affresco ritrovato nella tomba di Tutankhamen. Anche in resoconti egiziani dell'epoca si parla di un uccello che si alleva in casa e che fa uova ogni giorno.

«Nell'Antico Testamento non c'è invece alcun riferimento diretto alle galline, neppure nella lista di volatili del Deuteronomio e del Levitico. D'altra parte, noi sappiamo che i marinai di Salomone portavano a casa ogni tre anni carichi di oro, argento, avorio, scimmie e pavoni (1 Re 10, 22). Forse portavano anche galline?

«Un sigillo di onice, risalente al VI sec. aC e ritrovato a Mizpa in Israele, raffigura un gallo che lotta e l’iscrizione del nome Iaazania [o Jezonia]. Lo stesso nome compare anche nel secondo libro dei Re (25,23). Se si trattasse della stessa persona potremmo datare la presenza dei polli in Palestina quanto meno a partire dal VI sec. aC.

«Inizialmente le galline furono addomesticate per le loro uova. Si trovano conferme a questo in documenti romani e greci del V sec. aC. I galli invece erano addestrati per la lotta, uno sport popolare a quell’epoca. Solo nel II sec. aC i polli divennero un cibo diffuso a Roma e, forse, anche in Palestina. All'epoca di Gesù gli animali da cortile erano ormai diventati una visione familiare.

«Le uova erano relativamente rare nel periodo biblico e quelle che arrivavano nelle pentole dei nostri antenati provenivano in genere da nidi selvatici, ad esempio di quaglie: le prolifiche quaglie fanno da 6 a 20 uova per volta e tali uova, anche se piccole, erano considerate, né più né meno di oggi, una raffinatezza.»

Fig. VIII. 11 - Sigillo in onice di Iaazania
Trovato a Mizpa, in Israele, risale al VI secolo aC.

Anche secondo Finsterbusch il pollo fu noto in Palestina a partire dal VI secolo aC, quando ormai l’Egitto lo allevava in modo intensivo. Le notizie storiche, confortate da reperti ossei, depongono per un impiego esclusivamente sportivo. Pare certo che l’introduzione del Bankiva tra i figli d’Israele fu merito dei Fenici, i lascivi conterranei adoratori del dio Baal.

Mikhael Taran (1973) afferma che il pollo era noto agli abitanti dell’Antica Giudea almeno 600-700 anni prima di Cristo. Gli scavi effettuati a Gibeon, presso Gerusalemme, hanno portato alla luce incisioni di tale epoca raffiguranti gallinacei il cui tipo non può essere determinato; altri reperti sono costituiti da sigilli con galli risalenti al periodo della prima distruzione del Tempio avvenuta nel 587 aC. Si può ritenere che in prevalenza fossero combattenti, talora raffigurati con doppio sperone per enfatizzarne l’abilità.

Mikhael Taran la pensa così, ma potrebbe solo trattarsi di un'interpretazione artistica, in quanto sono possibili almeno due ipotesi molto meno pindariche:

§ mutazione speroni multipli - M - allo stato eterozigote, poiché l'omozigosi comporta da 3 a 5 speroni, tratto distintivo del Sumatra puro

§ mutazione sperone supplementare - As - dotata di dominanza completa e che determina, anche negli eterozigoti, un secondo sperone bilaterale appena al di sopra di quello normale.  

 sommario 

 avanti 



[1] Megiddo: antica città della Palestina, nella piana di Esdraelon, nei pressi dell'attuale villaggio omonimo, 10 km a WSW di Afula nel sito di Tell el-Mutesellim. Conquistata da Thutmose III (ca. 1480), rimase vassalla dell'Egitto nell'età di el-Amarna e sotto la XIX dinastia. Nel sec. XII le tribù d'Israele occuparono questa zona, che forse fu abbandonata al tempo della battaglia di Debora e Barac contro Sisera, per essere rioccupata nel sec. XI come città israelitica. Salomone ne fece un centro del suo regno, e a lui si devono le mura a casematte con la porta monumentale, la fortezza a nord e il palazzo principesco a sud; le cosiddette stalle di Salomone, capaci di 500 cavalli, sono però del sec. IX, quando la città fu nuovamente fortificata e la lunga galleria completata per l'approvvigionamento idrico. Megiddo deve la sua fama anche agli intagli in avorio diffusi in tutto il Vicino Oriente.