Vol. 1° -  VIII.5.4.

Considerazioni onomatopeiche e antropologiche

Risulta evidente che i principi glottologici enunciati da De Gregorio un secolo fa ci aiutano a trovare l’etimologia di certe parole che non sembrerebbero minimamente imparentate con la nostra madre lingua, il Latino. Come abbiamo visto, De Gregorio dissente vivamente circa l’origine onomatopeica delle radici linguistiche. Si tratta di principi glottologici che sembrerebbero sposarsi con un’arida filosofia, mentre hanno precisi fondamenti anatomici nell’apparato deputato alla fonazione.

Anche Adrian Akmajian non concorda sul fatto - sostenuto da alcuni - che spesso le nostre parole siano di origine onomatopeica. In Linguistica (1996) Akmajian si esprime testualmente così:

«Secondo un tipo di teoria, gli uomini cominciarono ad imitare i suoni della natura e i richiami degli animali (la teoria è detta a volte teoria del bau bau). L’esistenza delle parole onomatopeiche come bau bau, miao, bum, e così via, potrebbe essere considerata una prova di questa imitazione. Ma le parole onomatopeiche formano invariabilmente una parte molto piccola delle parole di una lingua; e anche se l’imitazione della natura rende conto di alcune parole, non abbiamo ancora alcuna spiegazione di come si sia evoluto il resto del linguaggio umano.»

Va da sé che la scelta di un termine o di una radice da parte di una Nazione è un problema antropologico oltre che anatomofisiologico. Ambedue le motivazioni sono in grado di determinare la preferenza per un vocabolo trasformato anziché di quello originale, che talora è manipolato a tal punto da renderne l’etimologia irriconoscibile o dubbia. Infatti, il modo e il momento storico in cui avviene lo scambio d’informazioni sono della massima importanza per la scelta di una parola.

Vediamo un esempio pratico: non dobbiamo rimanere allibiti se per caso, nel rimbrottare i nostri figli perché dicono Freud anziché Froid, essi ci rispondono, seccati, che si dice Freud.

È palese, in questo caso, come la scelta di chi è Maestro non ricada sul Genitore, bensì su un’altra figura dotata di potere carismatico, magari su uno speaker della TV, il quale - come ho distintamente udito - ha elargito un imperdonabile errore di pronuncia, imperdonabile in quanto anche i gatti sono ormai consapevoli che in tedesco eu si pronuncia oi.

È questo il potere demagogico dei mass media, che ogni giorno di più somigliano a una massa d’ignoranti. Non prefiggendosi la verità, essi mettono in discussione l’autorità parentale, ottimo spunto per avviare la disgregazione d’un Popolo.

Il dualismo scuola-casa s’è fatto sempre più stridente negli ultimi lustri. Attualmente si pretende dai Genitori di essere all’altezza degli Insegnanti. Stando così le cose, costoro badino bene a non lasciarsi sfuggire il minimo errore in quanto, siccome lo scettro della didattica appartiene alla Scuola, in caso di contestazioni l’autorità dei Genitori verrebbe esautorata. Ecco perché anche alle soglie del 2000 le scelte linguistiche hanno un movente antropologico.

Lo scaricabarile  - che oggi è detto corresponsabilità grazie alla mania di camuffare con eufemismi i ciechi, i sordi, i muti, i paralitici e così via, senza contare gli impotenti che vengon detti tirolesi - è peculiare di questo momento storico, in cui l’Uomo ha sempre più paura del suo simile. Perché gli Insegnanti non godono più del potere d’un tempo? È molto semplice! I Genitori si fanno sempre più protettivi nei confronti di quei Figli che non hanno il minimo afflato per le sudate carte e un burino presuppone Genitori burini, essendo risaputo che un melo non fa una pera.

Allora bisogna dare addosso agli Insegnanti, secondo il principio che qualcuno deve pagare. Gli Insegnanti non hanno altra scappatoia che rendere corresponsabili i Genitori di una cosa che in altri tempi, ai miei tempi, era un puro fatto personale tra me e i miei Maestri.

 sommario 

 avanti