Vol. 2° -  I.9.1.

Catalisi enzimatica

Le reazioni chimiche anaboliche e cataboliche del metabolismo cellulare non hanno luogo spontaneamente nell’ambiente extracellulare, perché in condizioni di temperatura, pH e pressione considerate normali per gli organismi, sono trascurabili le probabilità che due specie molecolari vengano in collisione con un’energia sufficiente per provocare la reazione.

In effetti, da un punto di vista schematico, si può dire che ogni reazione chimica avviene in due fasi. La prima fase porta alla formazione di un composto intermedio, detto complesso attivato, e richiede energia di attivazione, cioè l’energia necessaria per ottenere o rompere legami presenti nelle molecole dei reagenti, mentre la seconda fase comporta la formazione di nuovi legami con liberazione di energia.

La presenza di catalizzatori permette alla reazione di decorrere attraverso complessi attivati che richiedono un’energia d’attivazione molto minore. In questo modo, la percentuale di molecole in grado di collidere con energia sufficiente per reagire aumenta enormemente. Quindi, i catalizzatori sono sostanze che aumentano di molto la velocità di reazione.

Il catalizzatore si ritrova inalterato alla fine della reazione, per cui può essere riutilizzato ripetutamente. Inoltre, l’equilibrio della reazione e i prodotti finali della stessa, non sono modificati dal catalizzatore; è soltanto modificata la velocità con cui l’equilibrio è raggiunto [1] .

Mentre i catalizzatori chimici sono poco specifici, gli enzimi presentano un elevato grado di specificità, sia nei riguardi del substrato (cioè del complesso molecolare su cui sono attivi) sia del tipo di reazione catalizzata. Inoltre, l’efficienza degli enzimi è di gran lunga superiore a quella di catalizzatori chimici, sia per quanto riguarda la concentrazione richiesta, sia per l’aumento della velocità di reazione che in presenza dell’enzima può essere fino a 1011 volte superiore a quella con cui si svolgerebbe in sua assenza.

Gli enzimi, che nella cellula ammontano a migliaia di tipi differenti, sono proteine e quindi vengono sintetizzati sotto controllo genetico. Essi regolano l’intera gamma delle reazioni metaboliche cellulari. Molti enzimi, oltre alla componente proteica detta apoenzima, presentano una componente non proteica, il coenzima, che è strettamente necessaria assieme all’apoenzima per lo svolgimento del processo catalitico.

Infatti, vari enzimi sono proteine coniugate, ossia proteine unite a gruppi prostetici che in diversi casi contengono atomi metallici (ad esempio, i citocromi hanno un gruppo prostetico ferro-porfirinico). I metalli svolgono un’azione catalitica anche in forma di ioni e infatti rappresentano i tipici catalizzatori inorganici. Per esempio lo ione Fe+ + + da solo è in grado di catalizzare la scissione del perossido di idrogeno peraltro con efficienza assai ridotta. Al contrario, il ferro presente nell’enzima catalasi catalizza la stessa reazione con un’efficienza 109 volte maggiore. Ciò è dovuto alla particolare collocazione spaziale dello ione metallico nella proteina, che rende molto più efficace l’azione sul substrato.

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[1] Negli anni ‘60, quando i campi da football non erano le arene del massacro, si potevano paragonare gli spettatori agli enzimi: gli spettatori, i tifosi, imprimono un ritmo alla competizione, riuscendo talora a determinare la vittoria dei favoriti. Gli spettatori accelerano il gioco, però palla e atleti sono, e rimangono, i soli ingredienti in campo. Interessante l’etimologia dei termini usati in italiano e in portoghese. Fare il tifo significa ridursi con la mente obnubilata dalla passione, in quanto mandare in fumo, in vapore, in greco si dice tyfo, e uno dei sintomi dell’ileotifo è appunto l’obnubilamento del sensorio. Chi non conosce la torcida brasileira!? Non è altro che il contorcersi, lo sbracciarsi, il torcer dei tifosi, termine oggi obsoleto, visto che spesso si tratta solo più di matadores.