Vol. 2° -  XIX.6.

Relazioni evolutive
rivelate dalle sequenze di RNA e di DNA

Negli anni più recenti la genetica molecolare ha fornito potenti mezzi per decifrare la storia evolutiva della vita. Dal momento che l’evoluzione è definita come variazione genetica, le relazioni genetiche sono di primaria importanza nel tracciare gli alberi evolutivi.

Fino a poco tempo fa era impossibile esaminare direttamente i geni. I biologi evoluzionisti del passato erano costretti a basarsi completamente solo sul confronto tra fenotipi per sottolineare le somiglianze e le differenze dal punto di vista genetico. Si assumeva che, se i fenotipi erano simili, anche i geni codificanti per quei fenotipi erano simili, e pertanto negli studi sull’evoluzione venivano impiegati i fenotipi.

Inizialmente i fenotipi esaminati si basavano quasi esclusivamente su differenze anatomiche macroscopiche; in seguito vennero anche studiate caratteristiche comportamentali, ultrastrutturali e biochimiche. Il confronto di tali caratteri venne usato con successo per tracciare gli alberi evolutivi di molti gruppi di piante e animali che, in verità, rivestono ancora importanza basilare in molti studi odierni sull’evoluzione.

Basarsi sullo studio del fenotipo comporta delle limitazioni: alcune volte possono evolversi fenotipi simili in organismi tra loro distanti. Ad esempio, se un ingenuo biologo tentasse di costruire un albero evolutivo basato sulla presenza delle ali, potrebbe collocare nello stesso gruppo evolutivo uccelli, pipistrelli e insetti, dato che sono tutti alati. In questo caso particolare risulta abbastanza evidente che questi tre esseri non sono strettamente imparentati: sono diversi sotto molti aspetti al di fuori della presenza di ali, e le stesse ali sono molto diverse tra loro. Questo esempio estremo mostra come i fenotipi possano talvolta fuorviare circa le relazioni evolutive, e le somiglianze fenotipiche non riflettono necessariamente similarità genetiche.

Un altro problema dovuto al confronto tra fenotipi deriva dal fatto che non tutti gli organismi sono dotati di numerose caratteristiche fenotipiche che possano essere facilmente studiate: per esempio, lo studio delle relazioni evolutive fra batteri è sempre stato problematico, perché essi possiedono pochi caratteri evidenti che siano correlati con il grado di parentela genetica. Un terzo problema insorge quando si cerchi di confrontare organismi distanti: come confrontare batteri e mammiferi, ad esempio, che hanno così poche caratteristiche in comune?

I metodi per il sequenziamento del DNA e per l’analisi dei polimorfismi nella lunghezza dei frammenti generati da enzimi di restrizione, forniscono informazioni riguardo la sequenza del DNA. Le sequenze di DNA danno l’informazione più accurata e affidabile in base alla quale impostare delle inferenze circa le relazioni evolutive. Esse permettono il confronto diretto delle differenze genetiche tra organismi, sono facilmente quantificabili, e tutti gli organismi le possiedono in quanto, come minimo, tutti gli organismi hanno in comune alcuni geni, quali i geni per i tRNA, gli rRNA e alcune proteine. Per questi notevoli vantaggi molti biologi evoluzionisti si sono rivolti alle sequenze di DNA per stabilire relazioni evolutive e costruire alberi filogenetici.

Un caso nel quale i dati di sequenza hanno fornito nuove informazioni sulle relazioni evolutive consiste nella comprensione delle divisioni primarie degli organismi viventi. Molti anni fa i biologi divisero tutte le forme di vita in due grandi gruppi: piante e animali. Man mano che si scoprivano nuovi organismi e le loro caratteristiche venivano studiate con dettaglio maggiore, questa semplice divisione dicotomica divenne insostenibile. Si riconobbe successivamente che gli organismi possono essere divisi, in base alla struttura cellulare, in procarioti ed eucarioti. Più recentemente sono state riconosciute diverse divisioni a livello primario del vivente, come i 5 regni proposti da Whittaker:

I cinque regni di Whittaker
Procarioti - Protisti - Piante - Funghi - Animali

Negli ultimi 10 anni le sequenze di DNA e di RNA sono state usate per scoprire le linee primarie della storia evolutiva di tutti gli organismi. In uno di questi studi, Norman Pace e i suoi collaboratori hanno costruito un albero evolutivo della vita basato sulle sequenze trovate a carico dell’RNA 16S, di cui tutti gli organismi sono dotati. Il loro albero evolutivo rivela 3 gruppi evolutivi principali:

Eubatteri

Eucarioti

Archeobatteri

i tradizionali procarioti

 

gruppo non troppo conosciuto

Si è trovato che gli Eubatteri e gli Archeobatteri, nonostante siano entrambi procarioti, sono diversi dal punto di vista genetico quanto lo sono gli Eubatteri e gli Eucarioti. Le profonde differenze evolutive che dividono gli eubatteri dagli archeobatteri non erano evidenti sulla base del fenotipo, mentre divenne chiaro solo dopo il confronto delle loro sequenze nucleotidiche. L’ipotesi che esistano tre gruppi evolutivi principali in seno agli organismi è confortata anche dalle sequenze di altri geni, tra cui gli rRNA 5S, i grossi rRNA e i geni per alcune proteine di base.

Un altro campo, dove le sequenze di DNA vengono usate per lo studio delle relazioni evolutive, è quello dell’evoluzione umana. Nonostante le notevoli differenze osservabili nelle dimensioni e nella forma del corpo, nei tratti somatici e nel colore della pelle, le differenze genetiche tra le popolazioni umane sono relativamente ridotte. Ad esempio, l’analisi del DNA mitocondriale dimostra che la differenza media tra le sequenze di due popolazioni umane è circa 1/3 dell’1%.

Altri primati mostrano differenze molto più grandi: ad esempio, le due sottospecie di Orangutan  differiscono del 5%. Questo indica che tutti i gruppi umani sono strettamente imparentati. Nondimeno, tra gruppi umani diversi esistono alcune differenze genetiche: sorprendentemente, le differenze maggiori non si riscontrano tra popolazioni poste su continenti diversi, ma tra popolazioni africane. Tutte le altre popolazioni umane mostrano differenze inferiori rispetto a quelle trovate nel contesto delle popolazioni d’Africa.

Molti esperti hanno interpretato queste scoperte nel senso che la specie umana abbia avuto origine in Africa e lì abbia sperimentato per la prima volta divergenze dal punto di vista genetico. Si ipotizza inoltre che, dopo l’evoluzione in Africa di un certo numero di popolazioni differenziate dal punto di vista genetico, un piccolo nucleo sia emigrato da questo continente dando origine a tutte le altre popolazioni umane.

Quest’ipotesi è detta teoria out of Africa.

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