La letteratura non è
assolutamente carente di lavori tesi a porre una relazione tra ormoni sessuali e
melanocita, ma sfortunatamente parecchie osservazioni sono contradditorie,
probabilmente per mancanza di uno studio sistematico dell’argomento.
I risultati dell’effetto del
testosterone sulla pigmentazione melanica, sia nell’uomo che negli animali,
possono essere suddivisi in due categorie contrastanti: effetto favorente la
pigmentazione in casi di somministrazione per via generale, effetto nullo per
applicazione locale.
Gli eunuchi di pelle chiara si abbronzano pochissimo e ciò starebbe a indicare un qualche ormone sessuale maschile in grado di controllare la melanogenesi. Non esistono dati disponibili sugli eunuchi di pelle scura.
Questi ormoni sono rappresentati dal testosterone e dai suoi metaboliti, e sono attivi in tal senso sia nel maschio che nella femmina in seguito ad esposizione a raggi UV, capace di stimolare l’attività mitotica dei melanociti, ma il loro aumento numerico non si verifica se gli occhi vengono protetti contro la luce (Rosdahl, 1979).
Ciò
significa che gli occhi, attraverso i nervi ottici, trasmettono lo stimolo
luminoso al lobo intermedio dell’ipofisi che libera l’MSH. Pertanto, in
aggiunta al patrimonio genetico individuale, il controllo della melanogenesi si
svolge anche sotto controllo androgenico, melanocitostimolante e ultravioletto.
Sia l’applicazione locale che
sistemica di estrogeni è in grado di incrementare la pigmentazione cutanea,
però impiegando solo piccole dosi di ormone, in quanto dosi elevate ottengono
effetti meno marcati.
Adesso apriamo bene occhi e orecchie. A carico delle piume
del collo delle femmine giovani di Livorno dorata l’estradiolo determina la
formazione di un pigmento marrone rosato, impropriamente definito melanina,.
Questa formazione di pigmento è stata messa in relazione all’attività
tirosinasica e può essere inibita dalla cicloeximide e dalla puromicina a
dosaggi in grado di inibire la sintesi proteica.
Il Fagiano
di Lady Amherst, Chrysolophus
amherstiae,
ha le piume colorate in nero e marrone dalla melanina; le piume della coda del
maschio solo da melanina nera, quelle della femmina sono a strisce marrone scuro
e marrone rossastro chiaro. Questa differenza è controllata dagli ormoni
sessuali: gli estrogeni somministrati al maschio determinano piume
a strisce molto simili a quelle della femmina.
Per il progesterone applicato
localmente e per via sistemica si può dire quanto già detto a proposito degli
estrogeni, salvo che dosi elevate ottengono un effetto contrario. Si tratta di
un classico esempio di effetto dose-dipendente, che potrebbe spiegare la
contradditorietà apparente dei risultati descritti dai vari autori.
La donna gravida mostra un’iperpigmentazione
dei capezzoli e delle areole, accompagnata da un grado minore di scurimento
della cute del volto (cloasma gravidico), della linea mediana dell’addome
(linea fusca) e dei genitali. I responsabili di quanto accade in gravidanza sono
sia gli estrogeni che il progesterone il cui tasso ematico è aumentato.
Anche negli ultimi giorni del ciclo mestruale si ha un
incremento della pigmentazione del volto, che ricorda quella della gravidanza.
Spesso si ha solo un’iperpigmentazione che interessa la cute periorbitale, e
queste manifestazioni sono più facili da osservare nelle donne
costituzionalmente di carnagione scura. Quanto tutto ciò sia legato a semplici
modificazioni vascolari locali piuttosto che a modificazione dell’attività
dei melanociti può essere dedotto solo attraverso biopsie mirate.
Può darsi che i melanociti delle zone sessuali siano
maggiormente sensibili agli estrogeni, come può darsi che l’aumentata
attività metabolica dei cheratinociti circostanti, anch’essi stimolati dagli
ormoni sessuali, possa influenzare l’attività dei melanociti. Quest’ultima
interpretazione parrebbe la più verosimile.