La famiglia di Attila
alias
la famiglia di Massimo Lenti

25 maggio 2010

Attila appartiene alla valida stirpe dei Lenti Cucalì
non a quella della ditta di oreficeria Lenti & Stanchi

Ci presentiamo: siamo la famiglia vicina di casa in campagna di Elio Corti. Mi chiamo Massimo, 50 anni, e sono un agente di commercio nel settore degli elettrodomestici; mia moglie si chiama Francesca Marchisio e anche lei svolge lo stesso lavoro. I nostri figli sono Elisa (14 anni) e Alberto (9 anni).

Con Elio ci conosciamo ormai da diversi decenni e nel corso di questi ultimi anni la sua fertile mente mi ha anche dato un simpatico e azzeccato soprannome: Attila. La motivazione di ciò è data dal fatto che il mio hobby, durante il periodo estivo, è quello di tagliare l’erba il più possibile per ottenere un prato in stile “inglese”.

Questa mia “mania” ha fatto sì che i prati del Dr Corti e miei siano praticamente sempre, durante il periodo estivo, perfettamente rasati, oltre ad avere anche, come secondo scopo ma non secondario, una presenza ridotta di zanzare considerando l’ubicazione delle nostre abitazioni: siamo nelle vicinanze delle coltivazioni del riso.

Ma a parte questo simpatico appellativo che si richiama al re degli Unni (406-453, il quale affermava "dove passo io non cresce più l'erba"), la spinta fondamentale che ci lega a Elio è il suo smisurato desiderio di conoscere, analizzare, approfondire tutto ciò che riguarda l’esistenza. È  per noi una fonte inesauribile di insegnamento e conduzione di vita.

A riprova di ciò posso citare la mia corresponsabilità nella ricerca relativa al Pie Pellicane in cui si trovò invischiata anche Elisa, un argomento affascinante che mette in luce l'aleatorietà di tante informazioni, in questo caso di carattere religioso. Buona lettura.

Pie Pellicane Jesu Domine

Attila nel pieno delle sue mansioni
flagello dell'erba e delle zanzare

Attila, propriamente piccolo padre, dal gotico otta = padre: re degli Unni (407-453) soprannominato il flagello di Dio. Ucciso il fratello Bleda (ca. 445), col quale aveva diviso in un primo tempo il regno, mise in difficoltà, con pretese di tributi, devastazioni e razzie, l'Impero bizantino. Nel 451, vistosi negata la mano di Onoria, sorella di Valentiniano III, invase l'Impero romano d'Occidente seminandovi, con le sue orde, stragi e rovine efferate. Giunto in Gallia, venne però sconfitto ai Campi Catalaunici, presso Troyes, da un esercito di Romani e Visigoti, comandato dal generale Ezio. Dalla Pannonia, dove era dovuto rientrare, marciò, nell'anno successivo, sull'Italia, distruggendovi Aquileia, Milano, Pavia, ma per la stanchezza e le malattie che avevano colpito le truppe, si indusse presto a ritornare nei suoi territori; ritorno che la tradizione popolare attribuì invece al colloquio da lui avuto, sulle rive del Mincio, con il papa Leone I, che gli era andato incontro per distoglierlo dalla minacciata marcia su Roma. Morì a 46 anni, all'improvviso e misteriosamente, nella notte delle sue nozze con la bellissima figlia del re della Battriana. Con la sua scomparsa il regno unno si sfasciò. La figura di Attila, entrato nella storia con il nome di “flagello di Dio”, ha profondamente impressionato il suo tempo. Per la sua personalità rude e forte, per l'audacia delle spedizioni condotte, per la grandiosità delle masse trascinate (lo si è riguardato come un Gengis Khan avanti lettera) fino a entrare nella leggenda ed essere assunto, ora come buono e saggio regnante ora come feroce e impietoso condottiero, a protagonista di numerose opere letterarie (fra cui il trecentesco poema cavalleresco franco-italiano di Niccolò da Casola Attila flagellum Dei), drammatiche e musicali. Dei testi drammatici meritano menzione due tragedie: l'Attila di Pierre Corneille, rappresentata a Parigi nel 1667 dalla compagnia di Molière, e l'Attila König der Hunnen (Attila re degli Unni) di Zacharias Werner, notevole esempio del dramma fatalistico tedesco, rappresentata nel 1808. Dalla tragedia di Werner è tratta l'opera omonima di Giuseppe Verdi rappresentata al Teatro La Fenice di Venezia nel 1846. L'opera, che narra la fondazione di Venezia da parte dei cittadini di Aquileia fuggiaschi, l'incontro fra papa Leone e Attila, e l'uccisione di quest'ultimo da parte dell'eroina Odabella, costituisce uno dei risultati più efficaci del periodo giovanile del compositore, per il rapido taglio della narrazione e la forte contrapposizione fra i personaggi.