Lessico
Bruzzio & Bruzzi
In latino Bruttium: antica denominazione della Calabria, dal nome dei suoi abitanti, i Bruzzi o Bruzi. Nella divisione augustea dell'Italia il Bruzzio formava con la Lucania la Regione Terza.
La popolazione dei Bruzi (o Brettii, Bréttioi nelle fonti greche), che era insediata nella parte meridionale della Regio III, aveva la medesima origine osca dei Lucani: anzi, secondo Strabone, i Bruzi originariamente sarebbero stati al servizio dei Lucani come pastori:
Un po' oltre rispetto ai Lucani ci sono i Brettî, che abitano una penisola nella quale è inclusa un'altra penisola, quella cioè, il cui istmo va da Scillezio fino al golfo di Ipponio. Il popolo suddetto ha ricevuto il nome dai Lucani: infatti questi ultimi chiamano «Brettî» i ribelli. Questi Brettî dunque, che prima erano dediti alla pastorizia al servizio dei Lucani, essendo poi divenuti liberi per l'indulgenza dei loro padroni, si ribellarono, a quanto dicono, quando Dione fece guerra a Dionisio e sollevò tutti questi popoli gli uni contro gli altri. (Strabone, Geografia, VI, 1, 4 - A.M. Biraschi, Strabone. Geografia. L'Italia. Libri V - VI, Milano 1988)
Il popolo dei Bruzi dunque nasce da una secessione nei confronti dei Lucani negli anni delle lotte tra Dionisio II di Siracusa e il suo oppositore Dione, intorno al 356 aC. In senso stretto, il passo straboniano pare implicare che sia stato lo stesso Dione a sollecitare la ribellione di Bruzi, forse per farne uno strumento di pressione contro le città greche della Calabria meridionale alleate con il tiranno di Siracusa, in particolare Locri; ma è pure possibile interpretare il passo del geografo in senso più sfumato, ipotizzando che i Bruzi abbiano approfittato della confusa situazione politica e militare per affrancarsi dall'egemonia lucana. Come che sia, dopo la loro ribellione ai Lucani, i Bruzi formarono una nuova lega, che aveva il suo centro nella località di Consentia, l'attuale Cosenza. Nei decenni seguenti essi attaccarono e conquistarono alcune città greche della costa, tra le quali Hipponion, la futura Vibo Valentia.
I rapporti con Roma sono segnati da una costante conflittualità: i Bruzi si schierano dalla parte di Pirro e poi accolgono Annibale nella sua ultima ridotta difensiva in Italia. La punizione inflitta da Roma porta allo scioglimento della lega dei Bruzi, a confische del territorio e alla creazione di numerose colonie, tra le quali ricordo quelle di Crotone, Copia (nel territorio delle antiche città di Sibari e di Turi) e di Vibo Valentia, nonché dall'umiliazione di non poter militare negli eserciti romani come soldati, ma esclusivamente come attendenti, al servizio dei magistrati della Repubblica. Su questa singolare forma di punizione ci informa in particolare Appiano, uno storico attivo nel II sec. dC, che ci ha lasciato una serie di monografie sulle guerre sostenute da Roma in età repubblicana (oltre a un'importante Storia delle guerre civili, in 5 libri, che abbraccia il periodo compreso tra le agitazioni dei Gracchi e il II triumvirato):
Allontanatosi Annibale, il Senato concesse il perdono per le cose accadute e decretò un'amnistia a favore di quei popoli dell'Italia che erano passati dalla parte di quello, mentre i soli Bruzi, che fino all'ultimo erano stati i più leali nei confronti di Annibale, furono privati di una gran parte del territorio e delle armi, se ancora rimaneva qualcosa al di fuori di quello che Annibale aveva portato via. Per il futuro fu proibito loro di prestare servizio militare ma [fu imposto loro] di accompagnare come servi per il servizio pubblico i consoli e i pretori che partivano per governare i popoli. (Appiano, La guerra annibalica, 252-253 - M. Intrieri - A. Zumbo, I Brettii, II, Fonti letterarie ed epigrafiche, Soveria Mannelli 1995)
Alessandro
Cristofori 2002
http://www.telemaco.unibo.it
Bruzi
I Bruzi (o Bretti o Bruttii) erano un antico popolo di stirpe italica che abitò quella zona settentrionale dell'odierna Calabria che, in epoche successive, fu la parte meridionale della Regio III Augustea Lucania et Bruttii.
Origini
Nel corso dell'Età del Ferro, gruppi di genti di stirpe indoeuropea penetrarono, in diverse ondate, in Italia, distribuendosi lungo l'arco delle dorsali appenniniche centro-meridionali. Collettivamente sono conosciuti con il nome di Italici. Tra di essi distinguiamo le popolazioni dei Sanniti, degli Apuli, dei Campani e dei Lucani, tutti caratterizzati da una lingua comune, l'Osco.
La tradizione letteraria concorda nell'identificare i Bruzi inizialmente come pastori e servi dei Lucani, molti dei quali a carattere nomade, con alte concentrazioni prevalentemente nella parte settentrionale di quella che sarà la Regio III Augustea. Infatti tali li definisce Strabone, e altrettanto Diodoro Siculo e Pompeo Trogo. Quest'ultimo autore, inoltre, conferma la loro discendenza dai Lucani e la vittoriosa rivolta contro quest'ultimi intorno al 356 aC, negli anni della lotta che vedevano Dione di Siracusa opporsi a Dionisio II. Sono proprio i Lucani dunque a dare il nome a questo popolo, infatti i Lucani chiamavano "Bretti" i ribelli. Nel frattempo, da popolo ormai libero, le tribù dei Bruzi si coalizzarono in una lega e eressero a loro capitale un luogo che chiamarono Consentia, che sugellava proprio il "consenso" (da cui ne deriva il nome) delle varie tribù. Consentia ancora oggi è conosciuta con il nome di Cosenza.
Proprio per queste origini, il popolo bruzio viene descritto come un popolo di guerrieri, rude e bellicoso. La storia ce li tramanda come un popolo che ha fatto della sua potenza bellica e della sua voglia di indipendenza e libertà la sua grandezza, ma anche la sua rovina.
Consentia
«Consentia urbs magna Bruttiorum.» Una volta consolidatisi in una grande lega, venne il momento di cercare un posto strategico in cui erigere la propria capitale. Essa venne indicata sul colle Pancrazio, che dominava una grande vallata, ed era separata da essa da due fiumi che si univano proprio alla base del colle, e che lo rendeva un posto fortificato naturalmente. Il colle era però occupato da 600 mercenari africani al soldo di Dionisio, alleato dei Lucani. La battaglia conosciuta come "della rocca bretica" vide i Bretti, guidati da una donna, conquistare il colle dopo una sanguinosa battaglia e designò la definitiva resa dei Lucani. Venne sancita la pace, passata alla storia come la pace di "donna Brettia", in onore della condottiera dei Bruzi. Sul colle, dunque, venne eretta Consentia, che prende il nome dal "consenso" dato da tutte le tribù bruzie e gli stessi Lucani che aderirono alla Magna Bruttiorum. In essa coniarono le proprie monete e iniziò un fiorente periodo per questo popolo.
Magna Bruttiorum
Da quel momento, finita la fase nomade di questo popolo, in meno di un secolo, i Bretti si costituirono in numerosi piccoli villaggi distanti pochi chilometri l'uno dall'altro, intervallati da roccaforti chiamate oppidum, nelle quali si riunivano le classi sociali più elevate (guerrieri, magistrati e, si pensa, sacerdoti) per prendere decisioni per la gestione e la difesa dei villaggi limitrofi. Venne coniata una moneta e il tessuto sociale iniziò a prendere forma con il consolidamento delle classi sociali. La più importante era quella dei guerrieri. Iniziarono le mire espansionistiche e i Bruzi riuscirono a ottenere importanti successi sia a sud che a nord del loro territorio fino a impattare a oriente con le grandi polis della Magna Grecia che verranno anch'esse piegate dalla furia bretica. Nasce cosi la "Magna Bruttiorum", il culmine dell'espansione, della cultura e dell'economia dei Bretti. Essa si può identificare come l'attuale intera provincia di Cosenza e parte della Basilicata meridionale fra il fiume Laos, penetrando nell'attuale Puglia fino a Turi a nord, e a sud fino a toccare l'Aspromonte calabro.
Oltre a un sistema di monetazione proprio, i Bretti avevano anche adottato formalmente un scrittura basata sull'alfabeto dorico di tipo acheo. Le classi sociali, infine, ricoprivano ora la massima importanza.
Oltre Consentia (l'attuale Cosenza), le principali città erano: Pandosia (città di cui ancora oggi si cercano le tracce e che doveva sorgere fra gli attuali comuni di Castrolibero, Marano Principato e Marano Marchesato o addirittura l'attuale Acri) sul Crati, Aufugum (l'attuale Montalto Uffugo), Bergae, Besidiae l'attuale Bisignano e Otriculum. La così detta confederazione dei Bruzi.
La guerra con i Greci
Tra la metà del IV e la metà del III secolo aC i Bruzi attaccarono e conquistarono diverse città magno-greche, tra cui Terina, Hipponion (l'attuale Vibo Valentia), Sibarys sul Traeis e altre. Riuscirono a essere contenuti dalle città greche solo dopo l'alleanza con Dionisio per un breve periodo. I Greci d'Italia quindi tentarono di resistere per l'ultima volta invocando l'aiuto di Alessandro il Molosso, re d'Epiro, ma anch'esso venne sconfitto dai Bruzi e mori a Pandosia (331 aC).
Conquista romana
I Bruzi erano ormai riconosciuti come una piccola potenza in rapida ascesa. La loro prerogativa era quella di continuare a svilupparsi come civiltà autonoma e conquistatrice. Ciò li spinse all'ostilità verso Roma. Iniziarono così una serie di sconfitte, fra cui quella del 275 aC, quando la confederazione Bruzia si alleò con Pirro re d'Epiro e, tacitamente, con molte delle città della Magna Grecia che non controllava nella guerra contro Roma, in cui cadde per la prima volta Consentia che venne annessa alla repubblica, che portarono alla caduta definitiva sotto i Romani nel 270 aC. Non si sottomisero mai del tutto e, riorganizzatisi, approfittarono dell'invasione di Annibale nel 218 aC con cui si allearono durante le guerre puniche. Riconquistarono Consentia e, forti del nuovo alleato, mossero guerra contro Roma per riottenere l'indipendenza. Quando Annibale venne sconfitto e costretto a tornare in patria ordinò ai Bruzi di seguirlo, ma essi vollero rimanere nelle loro terre, così da attirarsi le sue vendette. Una volta ricacciato via Annibale, che lasciò terra bruciata, iniziò una nuova massacrante lotta contro Roma che ben presto sedò ogni focolaio bruzio. Venne di nuovo sottomessa da Servilio, e questa volta i Brettii vennero puniti. Roma tolse la carica di città stato a Consentia, sciolse la confederazione bruzia e confiscò quasi tutto il loro territorio trasformandolo in colonia romana (II e I secolo aC). Nel 73 aC Consentia e i Bretti tentarono un'ultima volta di riconquistare la libertà e l'autonomia unendosi alla rivolta che Spartaco mosse contro Roma scatenando una guerra civile, trovando proprio nei Bruzi feroci alleati. Nel 71 aC, dopo due anni di rivolte, Spartaco venne accerchiato e sconfitto dal console Licio Crasso nei pressi del fiume Sele. Tantissimi erano i Bruzi tra i 5.000 morti in battaglia e i 6.000 crocefissi. Roma nuovamente punisce i Bretti, come riferisce Appiano: essi subiscono l'umiliazione di non poter militare negli eserciti romani come soldati, ma esclusivamente come attendenti al servizio dei magistrati della Repubblica. Nel 29 aC Consentia diventa colonia sotto Augusto, il quale le concesse la cittadinanza romana dopo essersi assicurato delle totale resa dei Bretti.
The Bruttii (Greek: Bréttioi, Italian: Bruzi), were an ancient people who inhabited the southern extremity of Italy, from the frontiers of Lucania to the Sicilian Straits and the promontory of Leucopetra, roughly corresponding to modern Calabria.
They spoke Oscan, as attested by several finds of Oscan script, though this may have been a later influence from their Sabine neighbors. Both Greek and Latin writers expressly tell us that Bruttii was the name of the people: no separate designation for the country or province appears to have been adopted by the Romans, who almost universally use the plural form, or name of the nation, to designate the region which they inhabited. Thus Livy uses Consentia in Bruttiis, extremus Italiae angulus Bruttii, Bruttii provincia, etc.: and the same usage prevailed down to a very late period. The name of Bruttium to designate the province or region, though adopted by almost all modern writers on ancient geography appears to be unsupported by any classical authority: Mela, indeed, uses in one passage the phrase in Bruttio, but it is probable that this is merely an elliptic expression for in Bruttio agro, the term used by him in another passage, as well as by many other writers. The land of the Bruttians, or Bruttium, was bounded on the north by Lucania, from which it was separated by a line drawn from the river Laus near the Tyrrhenian Sea to the Crathis near the Gulf of Tarentum. On the west it was washed by the Tyrrhenian Sea, and on the south and east by that known in ancient times as the Sicilian Sea, including under that appellation the Gulf of Tarentum.
All ancient authors agree in stating that neither the name nor the origin of the Bruttians could claim a very remote antiquity. The country occupied by them was inhabited, in the earliest times of which we have any knowledge, by the Oenotrians – a tribe of Pelasgian origin, of which the Chones and Morgetes appear to have been merely subordinate divisions. It was while the Oenotrians were still masters of the land that the first Greek settlers arrived; and the beauty of the climate and country, as well as the rapid prosperity attained by these first settlements, proved so attractive that within a few years the shores of Bruttium were completely encircled by a belt of Greek colonies, part of Magna Graecia. We have scarcely any knowledge of the exact relations between these Greek cities and the native Oenotrian tribes; but there appears little doubt that the latter were reduced to a state of dependence, and at one time at least of complete subjection. We know that the territories of the Greek cities comprised the whole line of coast, so that those of Crotona and Thurii met at the river Hylias, and those of Locri and Rhegium were separated only by the Halex (Thucid. iii. 99, vii. 35); and when we find both Crotona and Locri founding colonies on the opposite side of the peninsula, there can be little doubt that the intermediate districts also were at least nominally subject to them.
Such appears to have been the state of things at the time of the Peloponnesian War; but in the course of the following century a great change took place. The Sabellian tribe of the Lucanians, who had been gradually extending their conquests towards the south, and had already made themselves masters of the northern parts of Oenotria, now pressed forwards into the Bruttian peninsula, and established their dominion over the interior of that country, reducing its previous inhabitants to a state of vassalage or serfdom. This probably took place after their great victory over the Thurians, near Laus, in 390 BCE; and little more than 30 years elapsed between this event and the rise of the people, properly called Bruttians. These are represented by ancient authors as merely a congregation of revolted slaves and other fugitives, who had taken refuge in the wild mountain regions of the peninsula: it seems probable that a considerable portion of them were the native Oenotrian or Pelasgic inhabitants, who gladly embraced the opportunity to throw off the foreign yoke. But Justin distinctly describes them as headed by youths of Lucanian race; and there appears sufficient evidence of their close connection with the Lucanians to warrant the assumption that these formed an important ingredient in their national composition.
The name of Bruttii was given them, it seems, not by the Greeks, but by the Lucanians, and signified in their language fugitive slaves or rebels. But though used at first as a term of reproach, it was subsequently adopted by the Bruttians themselves, who, when they had risen to the rank of a powerful nation, pretended to derive it from a hero named Bruttus, the son of Hercules and Valentia. Justin, on the other hand, represents them as deriving their name from a woman of the name of Bruttia, who figured in their first revolt, and who, in later versions of the legend, assumes the dignity of a queen.
The rise of the Bruttian people from this fortuitous aggregation of rebels and fugitives is assigned by Diodorus to the year 356 BCE; and this accords with the statement of Strabo that they arose at the period of the expedition of Dion against the younger Dionysius. The wars of the latter, as well as of his father, with the Greek cities in southern Italy, and the state of confusion and weakness to which these were reduced in consequence, probably contributed in a great degree to pave the way for the rise of the Bruttian power. The name must indeed have been much more ancient if we could trust to the accuracy of Diodorus, who, in another passage, speaks of the Bruttians as having expelled the remainder of the Sybarites, who had settled on the river Traeis after the destruction of their own city. But it is probable that this is a mere inaccuracy of expression, and that he only means to designate the inhabitants of the country, who were afterwards called Bruttians. Stephanus of Byzantium, indeed, cites Antiochus of Syracuse, as using the name of Brettia for this part of Italy, but this seems to be clearly a mistake. It is more remarkable that, according to the same authority, the name of Brettian as an adjective was used by Aristophanes, at least 30 years before the date assigned for the rise of the nation. The progress of the latter, after their first appearance in history, was rapid. Composed originally, as we are told, of mere troops of outlaws and bandits, they soon became numerous and powerful enough to defy the arms of the Lucanians, and not only maintained their independence in the mountain districts of the interior, but attacked and made themselves masters of the Greek cities of Hipponium, Terina, and Thurii. Their independence seems to have been readily acknowledged by the Lucanians; and less than 30 years after their first revolt, we find the two nations uniting their arms as allies against their Greek neighbors. The latter applied for assistance to Alexander, king of Epirus, who crossed over into Italy with an army, and carried on the war for several successive campaigns, during which he reduced Heraclea, Consentia (modern Cosenza), and Terina; but finally perished in a battle against the combined forces of the Lucanians and Bruttians, near Pandosia, 326 BCE.
They next had to contend against the arms of Agathocles, who ravaged their coasts with his fleets, took the city of Hipponium, which he converted into a strong fortress and naval station, and compelled the Bruttians to conclude a disadvantageous peace. But they soon broke this treaty; and recovered possession of Hipponium. This appears to have been the period when the Bruttian nation had reached its highest pitch of power and prosperity; it was not long before they had to contend with a more formidable adversary, and as early as 282 BCE we find them uniting their arms with those of the Lucanians and Samnites against the growing power of Rome. A few years later they are mentioned as sending auxiliaries to the army of Pyrrhus; but after the defeat of that monarch, and his expulsion from Italy, they had to bear the full brunt of the war, and after repeated campaigns and successive triumphs of the Roman generals, Gaius Fabricius Luscinus and Lucius Papirius, they were finally reduced to submission, and compelled to purchase peace by the surrender of one-half of the great forest of Sila, so valuable for its pitch and timber.
Their submission however was still but imperfect; and though they regained tranquil throughout the First Punic War, the successes of Hannibal in the Second, proved too much for their fidelity, and the Bruttians were among the first to declare in favor of the Carthaginian general after the Battle of Cannae. The defection of the people did not indeed in the first instance draw with it that of the towns: but Petelia and Consentia, which had at first held aloof, were speedily reduced by the Bruttians, assisted by a small Carthaginian force, and the more important cities of Locri and Crotona followed not long after. Rhegium alone remained firm, and was able to defy the Carthaginian arms throughout the war. In 215 BCE, Hanno, the lieutenant of Hannibal, after his defeat at Grumentum by Tiberius Gracchus, threw himself into Bruttium, where he was soon after joined by a body of fresh troops from Carthage under Bomilcar: and from this time he made that region his stronghold, from whence he repeatedly issued to oppose the Roman generals in Lucania and Samnium, while he constantly fell back upon it as a place of safety when defeated or hard pressed by the enemy. The physical character of the country rendered it necessarily a military position of the greatest strength: and after the defeat and death of Hasdrubal Hannibal himself withdrew all his forces into the Bruttian peninsula, where he continued to maintain his ground against the Roman generals, long after they were undisputed masters of the rest of Italy. We have very little information concerning the operations of the four years during which Hannibal retained his position in this province: he appears to have made his headquarters for the most part in the neighbourhood of Crotona, but the name of Castra Hannibalis retained by a small town on the Gulf of Squillace, points to his having occupied this also as a permanent station. Meanwhile the Romans, though avoiding any decisive engagement, were continually gaining ground on him by the successive reduction of towns and fortresses, so that very few of these remained in the hands of the Carthaginian general, when he was finally recalled from Italy.
The ravages of so many successive campaigns must have already inflicted a severe blow upon the prosperity of Bruttium: the measures adopted by the Romans to punish them for their rebellion completed their humiliation. They were deprived of a great part of their territory, and the whole nation reduced to a state bordering on servitude: they were not admitted like the other nations of Italy to rank as allies, but were pronounced incapable of military service, and only employed to attend upon the Roman magistrates as couriers or letter-carriers, and attendants for other purposes of a menial character.[18] It was however some time before they were altogether crushed: for several years after the close of the Second Punic War, one of the praetors was annually sent with an army to watch over the Bruttians: and it was evidently with the view of more fully securing their subjection that three colonies were established in their territory, two of Roman citizens at Tempsa and Crotona, and a third with Latin rights at Hipponium, to which the name of Vibo Valentia was now given. A fourth was at the same time settled at Thurii on their immediate frontier.
From this time the Bruttians as a people disappear from history: but their country again became the theatre of war during the revolt of Spartacus, who after his first defeats by Crassus, took refuge in the southernmost portion of Bruttium (called by Plutarch the Rhegian peninsula), in which the Roman general sought to confine him by drawing lines of entrenchment across the isthmus from sea to sea. The insurgent leader however forced his way through, and again carried the war into the heart of Lucania. During the Civil Wars the coasts of Bruttium were repeatedly laid waste by the fleets of Sextus Pompeius, and witnessed several conflicts between the latter and those of Octavian, who had established the headquarters both of his army and navy at Vibo. Strabo speaks of the whole province as reduced in his time to a state of complete decay. It was included by Augustus in the Third Region, together with Lucania; and the two provinces appear to have continued united for most administrative purposes until the fall of the Roman Empire, and were governed conjointly by a magistrate termed a Corrector. The Liber Coloniarum however treats of the Provincia Bruttiorum as distinct from that of Lucania.