Lessico


La differenza tra agricoltura naturale, convenzionale e biologica.

di Giorgio Scelsi

2014

Sono ormai molti anni che gli organi d’informazione tentano di delineare un quadro dei metodi di coltivazione praticati nel mondo con la finalità di informare i consumatori sullo spinoso problema di ciò che viene loro fornito dall’agricoltura per la loro alimentazione quotidiana.

Devo francamente dire che, dopo centinaia di pubblicazioni scritte e altrettante informazioni divulgate dalle radio e televisioni, i consumatori sono del tutto disorientati, anzi, fanno una grande confusione sulle parole convenzionale, naturale e biologico. Ritengo opportuno dare una particolareggiata spiegazione sui tre metodi di agricoltura praticati.

Storicamente la prima agricoltura apparsa sulla Terra da quando l’homo sapiens è diventato da nomade, stanziale, è quella naturale che nei millenni è passata da una civiltà all’altra fino all’uomo moderno e precisamente fino agli anni 50 del secolo scorso. Questo tipo di agricoltura non è stato inventato dall’uomo. L’uomo si è limitato a seguire e assecondare le leggi immutabili della natura.

Lo scrivente,nato alla fine della seconda guerra mondiale e da bambino vissuto sempre a contatto della natura,ricorda perfettamente come allora le pratiche agricole per la produzione degli alimenti fossero solamente naturali. Un esempio significativo di quel periodo che mi è rimasto impresso nella mente è la produzione del grano, per l’epoca cereale fondamentale per la produzione del pane e della pasta. Gli agricoltori di allora,dopo avere preparato il terreno durante l’estate con l’aiuto degli animali da lavoro,aspettavano l’autunno e nel mese di ottobre seminavano il frumento. Dopo 8 mesi il grano era pronto per la mietitura e i contadini tornavano nei campi per il taglio e la raccolta dei covoni che venivano trasportati in azienda e fatti asciugare per circa un mese, dopo di che venivano trebbiati. Il grano era accumulato nei magazzini e la paglia imballata per uso zootecnico.

L’uomo a quei tempi si era limitato a seminare e a raccogliere. La natura aveva pensato al resto. Lo stesso discorso valeva per l’ortofrutta, per il latte, per i formaggi, per le uova, per le carni. Ricordo che nelle città quasi quotidianamente gli abitanti potevano approvvigionarsi direttamente dagli agricoltori nelle grandi aree messe a disposizione dai comuni per il rapporto diretto tra i cittadini e i contadini. Frequentando quei mercati si poteva comprendere quanto fosse grande la fiducia che gli abitanti delle città avevano verso gli agricoltori. Si era ben lontani dal pensare che 20 anni dopo cessasse l’era dell’agricoltura naturale e iniziasse l’era dell’agricoltura convenzionale che continuerà fino alla fine dell’umanità se gli operatori agricoli non capiranno che la chimica applicata all’agricoltura porta all’estinzione del creato.

Per essere chiari l’agricoltura convenzionale si basa sul presupposto che l’uomo è il signore del mondo e se ne infischia delle leggi della natura. Dopo la seconda guerra mondiale occulte potenze economiche stabilirono che era venuto il momento di accrescere i loro patrimoni già smisurati con un metodo molto semplice: sviluppare a livello mondiale il settore chimico, sia in campo industriale che agricolo. E così, con l’emissione in atmosfera di sostanze altamente nocive che procuravano agli esseri viventi gravissime e complicate malattie,svilupparono il settore farmaceutico che li avrebbe portati a dominare a livello planetario gli esseri umani.

Per quanto riguarda l’agricoltura intuirono che se fossero riusciti a persuadere la categoria di livello culturale più elevato di questo settore nell’usare la chimica nelle campagne,anche la grande maggioranza degli agricoltori meno eruditi si sarebbe accodata, proprio come il gregge fa riferimento al pastore. E così è stato. Nel decennio tra il 1960 e il 1970 tutti gli agricoltori delle nazioni più evolute fecero entrare la chimica nelle loro aziende.

Da questo periodo in poi è cominciato il grave degrado dell’ambiente delle nostre campagne, che ha portato all’estinzione dell’equilibrio biologico naturale con la scomparsa di esseri viventi fondamentali per una sana agricoltura. In sostanza, chi oggi pratica l’agricoltura convenzionale è costretto,se vuole produrre, a ricorrere alla chimica. Anche lo scrivente, a quei tempi, per la conduzione della sua azienda si avvalse di diserbanti allora in commercio. Ero,come gli altri agricoltori,entusiasta dei risultati che si ottenevano con l’impiego dei nuovi ritrovati della chimica che salvavano le coltivazioni dalle erbe infestanti e dai parassiti.

Il mio entusiasmo svanì nel 1975 quando nella mia azienda capitò un fatto a dir poco incredibile. Mentre osservavo il toro da riproduzione che con una vacca pascolava tranquillamente in un prato,vidi i due animali accasciarsi fulminati. Avvertii le autorità veterinarie che immediatamente intervenute compresero che gli animali erano deceduti per avvelenamento da sostanze chimiche ingurgitate con l’erba pascolata. Indagini approfondite successive, svolte dall’Istituto Zooprofilattico di Torino, permisero di scoprire che gli animali erano stati avvelenati da esteri fosforici alla deriva che si erano depositati sull’erba. Un approfondimento del caso, svolto nei giorni successivi dalle autorità competenti,accertò che a 2 km di distanza un impianto fruttifero era stato trattato contro i parassiti con estere fosforico in giornata ventosa. Naturalmente per non allarmare la popolazione, la cosa non fu divulgata dalle autorità, ma parlando con altri agricoltori fui informato che altri animali di allevatori che conoscevo erano morti per lo stesso motivo.

Da quel giorno ho capito che l’agricoltura convenzionale può solo procurare gravi danni agli esseri viventi. Perciò sono diventato uno dei pionieri dell’agricoltura e dell’allevamento naturale dal 1975 a oggi. Voglio ricordare che il metodo di produzione convenzionale non viene solo applicato nei campi, ma si è radicato fortemente nel settore allevamento degli animali che fanno parte della catena alimentare umana. La stragrande maggioranza degli allevatori, per il desiderio di aumentare i guadagni, hanno accettato di disconoscere le leggi naturali che da milioni di anni regolavano l’alimentazione animale secondo le specie e si sono venduti alle leggi umane del Dio denaro studiate dall’uomo contro l’uomo stesso e contro il benessere degli stessi animali.

Mi sembra opportuno pertanto dare una dettagliata spiegazione perché la grande maggioranza dei consumatori è all’oscuro dei metodi di produzione degli alimenti di origine animale di cui si nutre. Prendiamo in esame ogni singola specie. Iniziamo dai bovini. È dai tempi preistorici che l’uomo sa che il bovino è un animale erbivoro. Quindi le sue carni, il suo latte e i formaggi erano il risultato finale della trasformazione dell’erba. Il bovino allevato con metodo convenzionale, improvvisamente non è più erbivoro, ma è costretto ad alimentarsi con ogni genere di mangimi secchi superproteici contenenti scarti dell’industria agroalimentare che usa abbondantemente la chimica per estrarre certe sostanze per l’alimentazione umana, quindi le carni, il latte, i formaggi sono il risultato di una alimentazione artificiale contro natura.

Tutti sanno che le carni bovine vengono classificate come carni rosse per la loro colorazione, che vengono ritenute responsabili di certi problemi di salute nei riguardi dell’uomo rispetto alle carni bianche. Queste affermazioni erano un freno all’incremento dei consumi di carni bovine. Ma i burattinai che imposero l’agricoltura convenzionale,inventarono la carne bovina bianca. Negli anni sessanta del secolo scorso grandi multinazionali produttrici di alimenti per animali proposero agli allevatori di sottoscrivere dei contratti di reciproco beneficio per la produzione di vitelli a carne bianca da allevarsi in batteria come i polli. Le batterie erano state studiate e realizzate da personaggi a dir poco criminali. Ai vitelli non era consentito nessun movimento tranne quello di stare in piedi e di coricarsi sempre nella stessa posizione. Il loro unico nutrimento doveva essere un particolare tipo di latte spray sciolto in acqua, al quale erano state sottratte le sostanze che determinavano la colorazione rossa delle carni. Con simile alimentazione, molti dei vitelli andavano nel breve arco della loro vita diverse volte in coma, per cui era necessario inoculare particolari sostanze farmaceutiche come antidoto per salvarli da una morte certa.

Gli allevatori non avevano alcun problema a collocare simili carni, perché il contratto prevedeva il ritiro degli animali alla fine del ciclo da parte dell’industria mangimistica e il pagamento di una cifra prestabilita per ogni capo quale ricompensa per il lavoro e le strutture messe a disposizione. I cicli erano 3 all’anno, per cui l’allevatore otteneva un indennizzo non indifferente. Dove finissero quelle carni non è dato sapere, si sa solo che venivano in qualche modo fatte consumare dagli ignari cittadini,considerati da quelle multinazionali solo strumenti per accrescere i loro smisurati guadagni. La specie bovina,oltre alle carni, fornisce latte e formaggi. Il latte e i formaggi da agricoltura convenzionale sono pieni di pesticidi, antibiotici, ormoni, steroidi e altri integratori chimici assunti dalle vacche da latte tramite l’alimentazione per aumentarne la produzione. Queste nocive schifezze sono state già da tempo trovate nel latte da ricercatori di università americane ed europee, ma taciute alla popolazione per ovvi motivi. Enormi interessi economici ruotano intorno a questo comparto. Alla faccia della grande qualità dei nostri celebrati formaggi, esclusi quelli di alpeggio che devono essere fatti con latte naturale.

Parliamo ora della specie suina. Il maiale,dalle varie civiltà che si sono storicamente evolute, è sempre stato considerato un animale onnivoro. Veniva allevato allo stato brado nelle stagioni favorevoli e durante l’inverno in recinti dove veniva alimentato con scarti di ortaggi e frutta e scarti di cucina. A un anno d’età e anche oltre era pronto e si procedeva alla macellazione e alla lavorazione delle carni che venivano trasformate con particolari metodi in eccellenti salami che resistevano alla conservazione per lunghi periodi di tempo in quanto le carni erano sode,asciutte e con il giusto tenore di lardo e grasso.

Con l’avvento dell’allevamento suino convenzionale,il maiale viene obbligato ad alimentarsi esclusivamente con mangimi concentrati secchi contenenti cereali, farine di estrazione da semi oleosi, sali, vitamine artificiali, integratori, ormoni, antibiotici ecc. Si assiste proprio a una radicale trasformazione della qualità delle carni che si ripercuote nei salami e nelle carni da consumare fresche. Tali carni sono inconsistenti, piene di liquidi con lardo e grasso molle e sottile. Quelle destinate alla produzione dei salami, essendo molto difficili da conservare,vengono addizionate con prodotti chimici specifici. Anche per i suini si inventarono gabbie simili a quelle che ho menzionato per i bovini, poi si è passati a box dove gli animali erano stretti l’uno contro l’altro come le acciughe in una scatola. Vengono super alimentati per accelerare il ciclo di sviluppo. Praticamente vengono macellati quando sono in pieno accrescimento e così le carni non hanno avuto il tempo di consolidarsi e ottenere quella compattezza che invece è normale nei maiali allevati naturalmente e macellati alla giusta epoca.

Prendiamo ora in considerazione il comparto avicolo composto da galline, polli, tacchini, faraone. Fino a 60 anni fa questi volatili erano in gran numero liberi nei cortili e nelle zone intorno alle aziende agricole sia di piccole che di grandi dimensioni. Venivano allevati assecondando il loro istinto di animali onnivori e solamente quando era necessario la loro alimentazione veniva integrata con cereali in granella quando gli animali facevano ritorno ai pollai per trascorrere la notte al sicuro dai nocivi. Venivano allevate esclusivamente razze autoctone selezionate e incrociate dall’uomo da migliaia di anni. Le galline deponevano uova del tutto naturali,molto apprezzate dai consumatori, i polli destinati alla produzione di carne venivano divisi in 2 categorie: il pollo novello che veniva macellato non prima dei 4 mesi di vita quando raggiungeva il peso di circa 1 kg e mezzo, il pollo maturo invece era pronto quando raggiungeva il massimo sviluppo a 7 o 8 mesi dalla nascita con un peso in base alle varie razze fra i 3 e i 5kg. I tacchini di allora erano i discendenti di quelli importati dagli Spagnoli quando Colombo scoprì l’America, le faraone erano le discendenti di quelle trasferite dai Romani dall’Africa, dalla regione chiamata Numidia e conosciute anche col nome di galline di Numidia.

Con l’avvento dell’avicoltura convenzionale questi pennuti iniziarono a scomparire dalle aree a loro dedicate nelle aziende agricole. Molti agricoltori furono convinti dalle solite multinazionali a sposare la causa dell’avicoltura intensiva che costringe questi gallinacei alla prigionia e all’abbandono dell’alimentazione naturale e invece a nutrirsi di mangimi contenenti scarti dell’industria agroalimentare e integratori e farmaci. Vennero costruiti enormi capannoni dove venivano allevati in gabbie a castello centinaia di migliaia di galline ovaiole e polli da carne. Non c’erano controlli da parte delle autorità preposte e così gli allevatori disonesti ne approfittavano per incrementare i loro guadagni a scapito non solo del benessere ma della vita degli animali.

Ho visitato all’epoca vari allevamenti di galline ovaiole e sono rimasto inorridito. Nelle gabbie che erano costruite per ospitare 2 galline ne venivano invece rinchiuse 6. Per fare un semplice esempio che tutti possono comprendere, in un metro quadrato di superficie di regola dovevano essere allevate, in gabbie a 4 livelli a castello, 32 galline, invece ne venivano allevate 96. Stesso discorso valeva per i polli da carne. Venivano impiegati ibridi di rapido accrescimento selezionati dagli americani e dagli olandesi. I pulcini venivano alimentati dalla nascita con un mangime spinto che in 30 giorni li portava a raggiungere un peso di 1kg e oltre,pronti per la macellazione e la vendita ai consumatori, ignari di mangiare un pulcino alquanto cresciuto. Dopo l’esperienza in gabbia, i polli da carne sono stati allevati a terra con pazzesche densità per metro quadrato. Dato il basso prezzo di tali carni, i consumi sono sempre stati alti. Gli allevatori avevano buoni introiti, ma a un certo punto i prezzi dei mangimi ebbero un’accelerazione impressionante, per cui allevare sarebbe stato impossibile per il lievitare dei costi. Ma le multinazionali avicole hanno inventato il super pollo che ormai si è diffuso in tutti gli allevamenti del mondo, ma non è stato volutamente propagandato perché avrebbe messo in allerta i consumatori. In sostanza un pulcino di quell’ibrido raggiunge i 2kg a 30 giorni di vita e i 4 kg a 60 giorni producendo doppia quantità di carne rispetto agli ibridi che prima venivano allevati quasi con la stessa quantità di alimento.

Desidero precisare che la novità del superpollo non è una mia invenzione, è stata pubblicata su internet nel 2013, quando in Italia si sono sviluppati in diversi allevamenti focolai di influenza aviaria. Stesso discorso vale per i tacchini. Sono spariti i tacchini tradizionali e al loro posto gli americani hanno creato un ibrido gigante che può arrivare a 30 kg di peso a differenza del vero tacchino che raggiungeva i 7 o 8 kg da adulto. L’allevamento intensivo di questi ibridi segue le stesse regole adottate per i polli, per cui i consumatori acquistano carni di tacchino prodotte artificialmente.

Da ultimo prendiamo in considerazione l’allevamento cunicolo. Il coniglio, come si sa, è un roditore erbivoro. Era da sempre alimentato con erba e fieno. Veniva allevato non solo dagli agricoltori, ma anche da gente di città che disponeva di giardini od orti. Era famoso per la magrezza delle carni che erano raccomandate dai medici a coloro che soffrivano di particolari malattie, perché le sue carni erano prive di grassi. I conigli riproduttori allora venivano allevati in ampie gabbie, mentre quelli destinati alla produzione di carne venivano allevati in grossi recinti dove l’allevatore li poteva giornalmente nutrire con grandi quantità di erba che veniva posta in apposite rastrelliere.

Con l’avvento dell’allevamento industriale, la vita del coniglio ha subito un radicale cambiamento. I conigli da carne vengono allevati in grandi capannoni in gabbie a castello, in cellette singole talmente strette che il coniglio non ha lo spazio per girarsi. Deve nutrirsi con mangimi pellettati superproteici studiati per accelerare la formazione di carne talmente grassa che oggi è praticamente rifiutata dai tradizionali amanti di tale carne.

E ora, dopo aver fatto i confronti tra l’agricoltura naturale e quella convenzionale o intensiva, parliamo dell’agricoltura biologica,apparsa circa una trentina di anni fa e ormai affermatasi in tutto il mondo. È iniziata come movimento di agricoltori e consumatori stufi di dipendere per le produzioni dei cibi dalla chimica applicata all’agricoltura e agli allevamenti. Erroneamente oggi si associa l’agricoltura biologica a quella naturale. Prima di tutto l’agricoltura naturale esiste da quando l’homo sapiens ha imparato a coltivare la terra,mentre quella biologica ha solo 3 decenni. Ma la cosa più importante che le distingue è questa: l’agricoltura naturale se ne infischia delle leggi umane, l’uomo è solamente spettatore,quella biologica si avvale di leggi e regolamenti inventati dall’uomo sempre per fini economici.

Perché quando da parte di una minoranza di agricoltori e consumatori ci fu il rifiuto di utilizzare i ritrovati della chimica in agricoltura non si passò all’agricoltura naturale? La risposta è semplice. Il Dio denaro comprese che passare al naturale sarebbe stata una batosta immane per l’economia globale e così si inventò l’agricoltura biologica che, dovendo seguire leggi imposte dalla politica, avrebbe movimentato ingenti quantità di denaro, sempre naturalmente a beneficio del suo portafoglio. In effetti chi segue le regole del biologico ha spese e lavoro rilevante, alquanto superiore a chi produce in modo convenzionale con minima fatica.

Però l’agricoltore convenzionale inquina l’ambiente distruggendo l’equilibrio biologico naturale,mentre coloro che praticano il metodo biologico,rifiutando la chimica, le coltivazioni, gli allevamenti intensivi e gli organismi geneticamente modificati, tentano di ristabilire un certo equilibrio nell’ambiente delle nostre campagne. I prodotti ottenuti con tale metodo vengono certificati da organismi riconosciuti da leggi create ad hoc e arrivano sulla tavola dei consumatori con la qualifica di provenire da coltivazioni e allevamenti che seguono il metodo biologico che però la pubblicità propone al consumatore come prodotto naturale.

Pochi sanno che i prodotti veramente naturali crescono spontaneamente e l’unico lavoro del produttore è la semina e la raccolta. Questo non avviene nell’agricoltura biologica, anzi, per quanto riguarda i prodotti di origine animale, l’allevatore bio, a parte il rifiuto di nutrire il suo bestiame con cibi influenzati dalla chimica e dagli OGM, produce generalmente carne, latte, formaggi, uova ecc, che in fatto di salubrità per l’uomo hanno lo stesso valore di quelli convenzionali e non sono minimamente paragonabili a quelli naturali.

Pertanto è fondamentale dare una spiegazione a chi legge sulla differenza tra le produzioni animali bio e naturali, dal momento che l’argomento non è di pubblica conoscenza,anche se il mondo scientifico ne conosce le differenze per gli studi compiuti sull’alimentazione dell’uomo di 100 anni fa comparati con l’alimentazione umana post seconda guerra mondiale fino a oggi anno2014.

L’allevatore biologico segue dei regolamenti, riguardo l’alimentazione dei suoi animali di qualunque specie, che sono molto simili a quelli convenzionali. Praticamente si avvale di mangimi biologici certificati e così facendo dimentica che gli animali in natura non conoscono i mangimi e si alimentano come la natura li ha strutturati. Per essere chiaro, gli erbivori mangiano erba, i carnivori carne, gli onnivori mangiano di tutto. Bisogna sapere che alimentando gli animali con mangimi composti da semi di cereali e di leguminose vengono alterati gli acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 contenuti negli alimenti di origine zootecnica. In sostanza, con l’alimentazione naturale questi nutrimenti registrano un perfetto bilanciamento tra omega 3 e omega 6, vale a dire 1 a 1, invece con l’apporto di mangimi artificiali abbiamo uno squilibrio di questi acidi grassi fondamentali che può addirittura raggiungere il livello di 1 a 40.

L’uomo in milioni di anni è passato, per cambiamenti climatici, da un’alimentazione frugivora a un’alimentazione onnivora, cibandosi di quello che la natura metteva a sua disposizione. Ed è solo da una sessantina d’anni che i consumatori, in particolare quelli di città, sono costretti a nutrirsi con cibi manipolati dall’uomo stesso che portano tra la popolazione a un sensibile aumento di gravi malattie, prima quasi sconosciute. La famosa dieta mediterranea, tanto celebrata dai nutrizionisti di oggi, è sempre stata praticata dai nostri nonni, che però a differenza di oggi si alimentavano con cibi esclusivamente naturali. Perciò, se vogliamo che sia efficace ai giorni nostri, bisogna rifiutare gli alimenti artificiali. Purtroppo la stragrande maggioranza della gente non è mai stata informata da chi di dovere sulla differenza tra alimenti naturali e alimenti manipolati e della pericolosità di questi ultimi. Basta entrare in un supermercato e guardare i carrelli della spesa pieni. Oltre tutto i consumatori sono anche disorientati a causa di martellanti pubblicità ingannevoli. Si cerca di convincere la popolazione che l’agricoltura moderna produce cibi di alta qualità.

Probabilmente non si ha ben presente il significato della parola qualità nel settore agricolo. Come si può dire che un formaggio o un prosciutto, propagandato da marchi famosi, sia di eccellente qualità, quando è palese che oggi gli animali sono allevati artificialmente e quindi le qualità organolettiche dei loro prodotti sono del tutto alterate a confronto degli stessi cibi prodotti con metodo naturale agli inizi del secolo scorso.

Per essere molto chiaro verso chi legge, non è possibile far credere ad esempio che un formaggio prodotto dal latte di una vacca che oggi con artifici arriva a superare i 50 kg di latte prodotto al giorno, sia uguale a quello di una vacca di 100 anni fa che di latte ne produceva 20 litri con alimentazione naturale. L’unica qualità conosciuta è quella imposta dalle leggi della natura, senza lo zampino dell’uomo. Diventa di attualità la celebre frase pronunciata più di 2000 anni fa in Senato a Roma da Cicerone "quo usque tandem abutere patientia nostra" che oggi, tradotta, ha questo significato: Fino a quando si abuserà della pazienza dei consumatori, fino a quando questi saranno disposti a morire prima del tempo a causa degli alimenti spazzatura in commercio, per soddisfare il Dio denaro?