Lessico
Ponto
Regione storica dell'Asia Minore, affacciata a nord al Mar Nero e limitata dall'Armenia a est, dalla Cappadocia a sud, dalla Galazia a sudovest e dalla Paflagonia a ovest.
Satrapia dell'impero persiano già nel sec. VI aC, nel corso del sec. IV divenne di fatto indipendente con Mitridate I (337-302 aC) ergendosi a regno (281 aC) sotto il successore Mitridate II. Una costante politica di espansione e di rafforzamento portò in breve il Ponto a inserirsi da protagonista nelle intricate vicende dei regni dell'Asia Minore, per altro come fedele alleato di Roma con Mitridate IV, e ancor più con Mitridate V (150-120 aC).
Ma l'espansionismo romano nella regione finì per scontrarsi drammaticamente con le mire e le ambizioni di Mitridate VI (132-63 aC) culminate nel massacro di 80.000 Italici d'Asia, nella conquista delle isole Egee, di quasi tutta la Grecia (compresa Atene) e nelle conseguenti tre guerre mitridatiche (88-85; 83-81; 74-63) che videro impegnati, per parte romana, generali famosi, come Silla, Fimbria, Murena, Aurelio Cotta, Lucullo, Acilio Gabrione e Pompeo Magno, e conclusesi con il suicidio del re.
Il Ponto fu allora diviso tra Bitinia e Galazia. Poi (36 aC) venne in parte assegnato a Polemone I (Ponto Polemoniaco) sotto i cui discendenti rimase sino al 64 dC. Annesso alla Cappadocia, fu infine diviso da Diocleziano in Ponto Polemoniaco e Diosponto.
Trabzon - Trebisonda
Trebisonda, Trapezus in latino, oggi Trabzon in turco. Fondata, secondo la tradizione, nel 756 aC, l'antica Trapezunte rimase a lungo strettamente legata alla madrepatria Sinope. Si sviluppò soltanto in età imperiale ma fu distrutta dai Goti nel sec. III. Per la sua posizione strategica venne ricostruita e fortificata dai Bizantini nel sec. VI. Elevata a capitale di tema resistette agli assalti degli Arabi. Nel sec. XIII, con l'avvento dell'Impero latino d'Oriente, divenne il cuore del cosiddetto impero di Trebisonda, caduto il quale la città decadde. Conserva numerosi edifici sia bizantini che ottomani. Nell'esercito bizantino il tema era una guarnigione permanente sistemata in una provincia al comando di uno stratego con pieni poteri militari e civili, direttamente responsabile verso l'imperatore.
Perdere la Trebisonda
Perdere la Trebisonda significa rimanere disorientati o frastornati, non riuscire a mantenere la calma. Per due secoli Trebisonda fu capitale dell'omonimo impero, vassallo di quello bizantino, nonché importante meta di commercio per i mercanti genovesi e veneziani. Quindi per le navi il perdere la rotta per Trebisonda poteva avere pesanti ripercussioni economiche, oltre a costituire un rischio mortale in un mare infestato dai Turchi.
Nel
XXI secolo
a Trebisonda
si perde ancora la Trebisonda
Domenica
5
Febbraio 2006
viene ucciso Don Andrea Santoro
Un sacerdote cattolico italiano è stato ucciso nella città turca settentrionale di Trebisonda. Don Andrea Santoro, 60 anni, era della diocesi di Roma ma nella missione in Turchia si interessava del dialogo interreligioso tra cattolici e islamici. È stato ucciso con un colpo di pistola mentre pregava nella chiesa parrocchiale di Santa Maria dove aveva appena celebrato Messa. Secondo i testimoni, l'assassino è un giovanissimo, un sedicenne che è fuggito dalla chiesa gridando "Allah Akbar", Allah è grande. Ignoto il movente: "Potrebbe essere il gesto di uno squilibrato", ha detto l'ambasciatore d'Italia in Turchia, Carlo Marsili. Lo sdegno di Ciampi: "Sono addolorato e scosso".
L'assassino ha sedici anni. Era il primo pomeriggio a Trabzon, don Andrea aveva appena finito di celebrare la Messa e stava pregando nella chiesa di Santa Maria. Era presente nella chiesa un fedele cattolico turco. Un giovane, avvolto in un cappotto di montone nero, è entrato nella chiesa, si è avvicinato al sacerdote e gli ha sparato a bruciapelo freddandolo sul colpo. Subito dopo ha gridato "Allah Akbar", Allah è grande, ed è uscito da una finestra.
Una giovane donna italiana che stava entrando in chiesa proprio in quel momento, Loredana Palmieri, lo ha visto uscire dalla finestra gridando di nuovo la stessa invocazione religiosa islamica.
Loredana Palmieri è in stato di shock, ma sembra che la sua testimonianza e quella del giovane turco che si trovava in chiesa con don Andrea, abbiano già consentito alla polizia di identificare un sospetto che è attivamente ricercato.
La coincidenza dell'omicidio del prete cattolico con le polemiche e le dimostrazioni anche in Turchia contro la pubblicazione in vari paesi europei delle vignette satiriche raffiguranti Maometto, ha colorato l'omicidio di tinte politico-religiose. Le televisioni turche hanno citato quest'ultima controversia come una delle ipotesi, insieme ad altre, come quella che vorrebbe il prete cattolico oggetto di un ricatto da parte di uno sconosciuto che avrebbe profferito ripetutamente minacce di morte negli ultimi due mesi contro don Andrea. Una tv turca ha avanzato anche l'ipotesi che l'omicidio possa essere collegato con l'attività di recupero di prostitute.
Il Cardinale Camillo Ruini: "Una testimonianza fulgida". Il Cardinale Vicario di Roma Camillo Ruini ha rilasciato una lunga dichiarazione sull'omicidio, sottolineando che "la Diocesi di Roma, pur nel grande dolore, è orgogliosa di lui e ringrazia il Signore per questa fulgida testimonianza nell'umile certezza che da essa nascerà nuova vita cristiana".
Nato a Latina, da 36 anni sacerdote. Don Andrea Santoro era nato a Priverno, in provincia di Latina, il 7 settembre 1945 ed era stato ordinato sacerdote il 18 ottobre 1970 a Roma per la Diocesi della capitale. Aveva prestato servizio nelle parrocchie Santi Fabiano e Venanzio di via Terni 92, in zona Tuscolana, e nella parrocchia Gesù di Nazareth di via Igino Giordani al quartiere Collatino.
Era curatore del progetto interculturale "Finestra per il Medio Oriente" che si propone tra l'altro di favorire "un dialogo rispettoso tra il patrimonio cristiano e il patrimonio musulmano". "Ho trovato ovunque interesse e partecipazione e un sincero desiderio di capire e di allacciare legami di comunione", aveva scritto recentemente della sua esperienza in Turchia in una lettera pubblicata nel sito del centro pastorale missionario della diocesi di Roma.
26
maggio 2006
Aggiornato il processo al killer di Don Santoro
Si è aperto e immediatamente aggiornato presso il Tribunale penale di Trabzon il processo contro Ouzhan Akdil, 16 anni, il ragazzo che lo scorso 5 febbraio aveva ucciso il missionario italiano Don Andrea Santoro e che adesso deve rispondere dell'accusa di omicidio volontario. La prima udienza è durata oltre tre ore e si è svolta a porte chiuse. Il killer, in carcere dallo scorso 16 febbraio, era arrivato su un blindato della polizia ed è entrato dall'ingresso secondario del tribunale. Nell'aula insieme all'assassino anche il padre, Hikmet Akdil, e il giovane avvocato Maya Usta, di soli 22 anni e che esercita la professione da 5 mesi. Fuori la madre di Ouzhan Akdil, che milita nell'Akp, lo stesso partito del premier Erdogan. La donna ha atteso in corridoio insieme con i suoi altri due figli, che sono stati chiamati come testimoni insieme con Emirhan Demir e Sanet Uslu, amici del killer. Il processo è stato poi rinviato al prossimo 14 giugno. Ouzhan Akdil rischia da 18 a 28 anni di carcere. Esclusa la pena dell'ergastolo, data la minore età dell'imputato. Rimane ancora parzialmente incerto il movente dell'omicidio, anche se sembra sempre di più il gesto isolato di un fanatico. Ouzhan Akdil ha infatti confessato di aver compiuto l'omicidio, dichiarando di essere stato sconvolto dall'ondata di violenza seguita alla pubblicazione delle vignette contro il profeta Maometto. Ma le ombre sull'accaduto sono molte, anche a distanza di tre mesi. Gli inquirenti continuano a tenere aperta anche l'ipotesi della vendetta mafiosa, secondo la quale il vero mandante dell'assassinio di Don Santoro sarebbe la malavita legata al traffico della prostituzione, attività particolarmente fiorente a Trebisonda e che Don Santoro cercava di contrastare da oltre due anni. Rimane anche incerto se Ouzhan Akdil abbia agito da solo e di sua spontanea volontà oppure se sia stato spinto a compiere l'omicidio da qualche estremista nazionalista, come affermato nei giorni immediatamente successivi all'omicidio. Di certo, per il momento si sa solo che il delitto è stato compiuto con una pistola calibro 9 di proprietà del fratello. Gli avvocati di Ouzhan Akdil non hanno rilasciato dichiarazioni. Secondo fonti di stampa potrebbero decidere di richiedere la temporanea infermità mentale e cercare di far ottenere al killer il minimo della pena.
I
genitori del giovane assassino portano il loro dolore
La famiglia della vittima rinnova le parole di perdono
Avvenire - Martedi 6 febbraio 2007
dal nostro inviato
a Trabzon Danilo Paolini
Dal dipinto alla destra dell'altare don Andrea sorride solare, tra la Vergine e il Bambino. Quando entra e lo vede, la signora Maria - la madre del sacerdote romano ucciso un anno fa - non trattiene più le lacrime. S'inginocchia, prega, accarezza con una mano il marmo della chiesa di Santa Maria, nel punto esatto dove cadde Andrea. Poi si dirige verso l'icona. «Bello di mamma», gli ripete. Il fratello Antonio e le figlie, Maddalena e Imelda, la sostengono, l'accompagnano verso quella che fino a un anno fa era la casa di suo figlio.
Ora vi abita il nuovo parroco, Waldemar Niewinski, un giovane polacco cortese, tutto fede e volontà.
L'accoglienza è familiare, amorevole, piena di quella semplicità quotidiana che può tradursi in una tisana calda e in una poltrona su cui riposare: a 88 anni e dopo aver fatto 2.500 chilometri in due giorni non è poco. Ovunque ti giri vedi testimonianze di quanto don Santoro ha fatto per questa gente.
Due signore con il capo coperto vanno da mamma Maria e, prima di abbracciarla, le baciano le mani. Non serve l'interprete, stavolta: il gesto dice quanto le siano riconoscenti di aver dato Andrea al mondo e a loro. E davvero mette i brividi il Rosario recitato alle 15.30, più o meno l'ora di quei due spari. Appena dodici mesi fa lui era qui, vivo. Poi entrò un ragazzino armato del suo fanatismo e di una pistola.
Ieri i suoi genitori sono venuti nella chiesa di Santa Maria, a testimoniare il loro dolore per quanto fatto dal figlio, processato e condannato dalla giustizia turca. Hanno parlato con il cardinale Ruini, ripetendo le parole «dolore» e «partecipazione», aggiungendo però la «gioia» per questa visita dall'Italia. Hanno anche salutato i familiari di don Andrea. La loro richiesta di perdono? È già stata accolta prima ancora di essere formulata, con le parole limpide della signora Maria nel giorno del funerale. Una scelta confermata ieri da Maddalena, la sorella del sacerdote: «Il nostro perdono è stato immediato e riguarda chiunque dovesse aver partecipato, a qualsiasi titolo, all'uccisione di Andrea».