Lessico
Apuleio
Apuleio Barbaro
Pseudo Apuleio
Non è possibile conoscere la biografia di questo autore, famoso anche sotto il nome di Apuleio Barbaro o Pseudo Apuleio. Si sa soltanto che, probabilmente di origine italiana, nel 400 dC aveva profuso tutto il suo impegno nel mettere assieme ricette di uso medico con altro materiale curativo di origine greca.
A Leida si conserva il più vetusto manoscritto del suo Herbarium, probabilmente del 600, con provenienza dal Sud della Francia o dall’Italia meridionale. L’iconografia delle piante è molto approssimativa e le scritture quasi incomprensibili. Comunque può essere considerato un valido punto di partenza per il riconoscimento di piante ed erbe medicinali. Di particolare interesse la rappresentazione della mandragora con membra umane, leggenda e superstizione che è durata fino ai nostri tempi. L’opera principale tramandata è l’Herbarium stampato a Roma nella prima edizione del 1481.
Apuleius
scriptor pseudonymus
Plantago ex editione Herbarii anni 1484
Apuleius - interdum Apuleius Platonicus aut Apuleius Barbarus - est nomen ficticium auctoris vel auctorum de rebus rusticis et medicis, Latine scribens. Opus breve de herbis servatum est in multis libris manu scriptis sub nomine Apulei. Opus alium exstat de religione aut philosophia Hermetica, nomine Asclepius, Apuleio attributum. Exstant etiam in Geoponicis Constantino Porphyrogenito dicatis, et in Fragmentis Anatolii de bubus in corpore Hippiatricorum servatis nonnulla excerpta operi Apulei adscripta.
Opera integre servata
Herbarius sive Herbarium sive De herbis
Asclepius
Index fragmentorum
Fragmenta Anatolii de bubus in corpore Hippiatricorum servata [E. Oder, K.
Hoppe, Corpus hippiatricorum Graecorum vol. 2 (Lipsiae, 1927) vol. 2
pp. 330-336]
Geoponica 1.5.3: Prognosticatio temporum.
Geoponica 1.14.10: de grandine.
Geoponica 2.8: de necessitate monticularum.
Geoponica 2.18: de seminibus post sationem.
Geoponica 2.39.3: de lupinis.
Geoponica 5.33.
Geoponica 6.11.
Geoponica 7.26.
Geoponica 8.38.
Geoponica 9.19.
Geoponica 10.21.
Geoponica 12.8.
Geoponica 13.5; Palladius, Opus agriculturae 1.35.9.
Geoponica 13.8.6.
Geoponica 13.9.5.
Bibliographia
Antonii Musae De herba vettonica liber; Pseudoapulei herbarius; Anonymi de taxone liber; Sexti Placiti liber medicinae ex animalibus etc. ed. Ernestus Howald, Henricus E. Sigerist. Leipzig: Teubner, 1927. (Corpus medicorum latinorum, 4).
The Old English Herbarium and Medicina de quadrupedibus ed. Hubertus Ioannes de Vriend. Londinii: Oxford University Press, 1984. (Early English Text Society, original series, 286.)
R. H. Rodgers, "The Apuleius of the Geoponica" in California Studies in Classical Antiquity vol. 11 (1978) pp. 197-207.
Herbarius
Pseudo-Apuleius
Herbarius sive Herbarium sive De herbis est opus de medicamentis Latine scriptum saeculo IV vel V, falso Apuleio attributum. In manuscripto veterrimo (Vossianus Latinus Q 9 e Bibliotheca Universitatis Lugduni Batavorum) titulum sic legimus: Herbarium Apuleii Platonici traditum a Chirone centauro, magistro Achillis; in aliis manuscriptis additur et ab Aesculapio.
In hoc libro, per medium aevum usitatissimo et permultis manuscriptis illustratis servato, circa 130 herbae describuntur, cum facultatibus earum medicinalibus et cum nominibus (sed interdum erroneis) in variis linguis antiquis. Sequitur exemplum breve de portulaca:
Herba portulaca - Ad semen nimium profluentem: herba portulaca sumpta bene facit per se et cum oxigaro. Ad stomachi arsuram: herbam portulacam cum aceto comede; mire facit. A Graecis dicitur cappara, alii andrachne; profetae ema Areos; Daci lax; Itali portulaca, alii porcastrum, alii amarantos. - Pseudo-Apuleius, Herbarius 104
In nonnullis manuscriptis cum hoc opere alia quattuor servantur: Antonius Musa, De herba vettonica liber; De taxone libellus anonymus; Sextus Placitus, Liber medicinae ex animalibus; Liber medicinae ex herbis femininis Dioscoridi falso attributus.
Exstat versio extensa Herbarii in lingua Anglosaxonica, in quo includuntur textus libelli De herba vettonica ad initium operis et Liber medicinae ex herbis femininis in fine.
Asclepius
Pseudo-Apuleius
Asclepius titulus est dialogi de religione aut philosophia Hermetica, Apuleio adscripti in manuscriptis sed (ut credunt multi eruditi) falso.
Bibliographia
Vincent Hunink, "Apuleius and the Asclepius" in Vigiliae Christianae
vol. 50 (1996) pp. 288-308. Textus interretialis
M. Horsfall-Scotti, "The Asclepius: thoughts on a re-opened debate"
in Vigiliae Christianae vol. 54 (2000) 396-416.
Herbarium
Apuleii
1481
Questo testo, stampato nel 1481 per i tipi di De Ligamine, è una delle tante copie di erbari manoscritti che popolarono le biblioteche dell’Alto Medioevo, come diretta elaborazione di opere precedenti, risalenti sicuramente a Dioscoride se non a medici greci ancora più antichi.
Icones veterum aliquot ac recentium Medicorum
Philosophorumque
Ioannes Sambucus / János Zsámboky
Antverpiae 1574
È noto, ad esempio, che già Crateva, medico di Mitridate VI (Eupatore, re del Ponto detto il Grande, ca. 132- 63 aC, colui che diede il nome al mitridatismo, cioè all’assuefazione ai veleni), aveva realizzato un erbario figurato per conto del suo re. Tale erbario nel tempo si è disperso, ma una copia pare sia servita a preparare, alla corte di Bisanzio agli inizi del VI secolo dC, un erbario di fattura molto raffinata più noto come Codex Aniciae Iulianae.
Nel Medioevo sono noti diversi autori che hanno per nome Apuleio, ma nessuno è identificabile con il vero autore del manoscritto, nemmeno quel Lucio Apuleio che si intendeva pur di medicina, ma che è rimasto più famoso per aver scritto L’asino d’oro.
Donde l’uso ormai consolidato di indicare l’autore dell’erbario come Pseudo Apuleio, al quale fu aggiunto il termine Platonico per non confonderlo proprio con l’autore latino testé citato.
Di questo erbario esistono diverse copie manoscritte, non tutte conformi tra loro a causa degli inevitabili travisamenti da una mano all’altra. Le alterazioni riguardavano in modo particolare le figure, che non venivano copiate dal vero, ma dalle immagini riprodotte nelle copie già in circolazione, figure peraltro non sempre eseguite da disegnatori provetti.
Tutte le copie in circolazione costituiscono un insieme di erbari che va sotto il nome di Corpus dello Pseudo Apuleio: tutti gli erbari hanno una radice dioscoridea per quanto riguarda i testi, mentre per quanto riguarda le figure si rifanno ad opere più antiche.
Nel XIII secolo confluirono tutti nel gruppo degli erbari federiciani, antesignani di tipi più verosimili, come il Circa istans. Il manoscritto si riferisce a una copia, come dice l’editore nella lettera dedicatoria al cardinale Gonzaga, conservata a Cassino (Montecassino), probabilmente del IX secolo. Appartiene chiaramente a quelle opere che avevano un fine più pratico e divulgativo che scientifico, anche se poi la realizzazione delle figure non sempre aiuta l’inesperto nel riconoscimento delle singole specie.
L’opera si compone di 131 capitoli (oggi diremmo monografie), ma il primo, qui dedicato all’Herba Bettonica, in altri manoscritti è considerato a sé, in quanto attribuito notoriamente ad Antonio Musa, medico di Augusto. Il criterio espositivo è libero, non segue alcuna regola alfabetica. Subito dopo il titolo vengono dati diversi sinonimi in più lingue. Seguono, poi, la rappresentazione (spesso è subito dopo il titolo) e quindi i rimedi curabili con quell’erba e alcune informazioni sul modo di applicarla.
Le curiosità di carattere magico o semplicemente astrologico sono molte e non vale la pena in questa sede di scendere in dettagli, essendo questo un carattere comune agli erbari del tempo, dai quali non manca mai qualche riscontro signaturale.
Le figure sono elementari, anche se alcuni particolari essenziali sono ripresi con fedeltà (le infiorescenze ad ombrella delle ombrellifere, le foglie opposte del basilico e della menta, l’inserzione spiralata delle foglie della rosetta del semprevivo, ecc.).
Numerose sono le piante raffigurate con il serpente al posto della radice, in quanto indicate contro il morso dei rettili (l'herba basilisca ne ha addirittura tre). In linea con altre raffigurazione coeve è quella della mandragora, un vero e proprio uomo-radice con un ciuffo di foglie al posto della testa.
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