Lessico


Teodorico

Statua di Teodorico a Bolzano

  

Re degli Ostrogoti (? 454 - Ravenna 526), figlio dell'amalo Teodemiro, re degli Ostrogoti. Venne inviato dal padre come ostaggio a Costantinopoli (462-472) e crebbe a corte. Tornato tra i Goti, nel 474 succedette al padre, vinse i Sarmati e trasferì il suo popolo nella Mesia. Si batté poi per l'imperatore Zenone contro il ribelle Basilisco, ottenendo i titoli di patricius, magister militum e consul (484). Nel 488 fu inviato da Zenone con il suo popolo in Italia contro Odoacre che, deposto l'ultimo imperatore d'Occidente (476), reggeva la penisola. Teodorico lo vinse all'Isonzo (489), a Verona e a Pavia, assediandolo infine a Ravenna dove lo costrinse alla resa e proditoriamente lo assassinò (493).

Teodorico prese quindi a regnare fissando la capitale a Ravenna, ma risiedendo spesso a Verona, consolidò il suo potere anche sul Norico, la Rezia, la Pannonia e la Dalmazia. Forte del favore imperiale (nel 498 Anastasio I lo riconobbe patricius per l'Italia), Teodorico adottò una politica di avvicinamento tra gli Ostrogoti e i Romani, ai quali affidò l'amministrazione, riservando ai Goti l'attività militare. Ammiratore della civiltà romana, si circondò di consiglieri latini quali Liberio, Cassiodoro, Severino Boezio, Epifanio vescovo di Pavia e si fece promotore di costruzioni e restauri a Roma e a Ravenna.

Come legislatore, operò sotto l'influsso del diritto romano come risulta dal celebre editto (Edictum regis Theodorici). Ariano di religione, fu tuttavia molto conciliante coi cattolici, proteggendo il papa Simmaco contro le pretese di illegittimità sollevate da Lorenzo (498) e intervenendo a favore della Chiesa romana durante lo scisma di Acacio (485-519). In politica estera mirò, con una serie di matrimoni (in seconde nozze sposò Audifreda, sorella di Clodoveo re dei Franchi), a stringere alleanze coi Visigoti, i Burgundi, i Vandali e i Franchi, riuscendo a creare quasi una federazione di regni barbarici, su cui esercitò un'azione moderatrice. La sua supremazia venne però compromessa dalla politica espansionistica di Clodoveo, re dei Franchi, a danno dei Visigoti, che dovettero all'alleato Teodorico la conservazione dei loro domini in Spagna e nella Gallia meridionale. Poi anche la politica di conciliazione con l'elemento romano, che aveva portato in Italia sensibile progresso economico, favorito dalla sicurezza garantita dalle armi gote, naufragò.

Avendo l'imperatore Giustino I promosso la persecuzione degli ariani (523), Teodorico sospettò segrete intese tra l'aristocrazia senatoria romana e Bisanzio, ne condannò a morte i membri più insigni, Albino, Simmaco e Boezio, e costrinse papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per sostenere la causa degli ariani presso l'imperatore. Ma poiché la persecuzione non cessò, Teodorico imprigionò anche il papa, che morì in carcere (526). Poco dopo il re morì esecrato dai Romani e fu sepolto a Ravenna in un monumentale mausoleo.

Mausoleo di Teodorico a Ravenna

Piano superiore del mausoleo di Teodorico
il sarcofago in porfido rosso

Amali

Famiglia ostrogota cui appartennero Teodemiro e suo figlio Teodorico. I primi esponenti della dinastia sono incerti; si ricordano i re ostrogoti Ostrogotha e Ermanarico (che regnò dal 350 al 376). La saga popolare indica gli Amali con il nome di Amelungen.

Teodorico

Statua di bronzo di Teodorico
dal monumento dell'imperatore Massimiliano
nella chiesa francescana di Innsbruck

Teodorico, detto il Grande, più correttamente Teoderico (454 – Ravenna, 526), fu re degli Ostrogoti dal 474 e re d'Italia dal 493 al 526, secondo dei re barbari di Roma.

La cattività

Teoderico (il cui nome in norreno e islandese è Þiðrik af Bern, mentre in tedesco è Dietrich von Bern, dove Bern è il nome di Verona nel tedesco altomedievale) nacque in Pannonia, nell'attuale Ungheria, figlio di Teodemiro, che era re degli Ostrogoti assieme ai fratelli Valamiro e Vidimato.

Ancora giovane (aveva solo otto anni), fu inviato come ostaggio a garanzia della pace tra Bizantini e Ostrogoti alla corte di Costantinopoli, dove visse per dieci anni. Nella capitale dell'Impero Romano d'Oriente venne educato e apprese il latino e il greco. Riscattato dal padre, si fece subito valere come comandante degli Ostrogoti in diverse battaglie, conquistandone ben presto la fiducia.

La successione

Teodorico succede nel trono degli Ostrogoti alla morte del padre (474) e prosegue la politica di alleanza con il vicino Impero, dal quale otteneva compensi per i servigi di protezione dei confini. L'imperatore bizantino, alleandosi con Teodorico, sperava che questi riuscisse a porre sotto il controllo ostrogoto le nuove popolazioni barbariche che spingevano ai confini dell'Impero, assicurando così a Bisanzio una zona di influenza che fungesse da cuscinetto tra l'Impero e le popolazioni barbariche.

I successi di Teoderico portarono l'imperatore Zenone a riconoscere al re ostrogoto lo stato di federato romano e di eleggerlo a console nell'anno 484 (alcuni anni dopo gli fu anche eretta una statua equestre a Costantinopoli), ufficializzando in questo modo il predominio ostrogoto sull'area balcanica. La presenza di Teoderico stava diventando però sempre più ingombrante per Zenone e nel contempo Odoacre in Italia stava allargando la sua zona di influenza minacciando gli interessi di Bisanzio. Zenone pensò di risolvere i suoi problemi mettendo l'uno contro l'altro i due re barbari, per cui, con l'aiuto di Bisanzio, nel 488 Teoderico preparò la spedizione verso l'Italia, intrapresa nell'autunno dello stesso anno.

La spedizione in Italia

Teoderico varcò le Alpi orientali nel 489 con al seguito un esercito di circa 100.000 Ostrogoti e condusse le sue genti in una serie di cruenti scontri contro gli Eruli, scontri che terminarono dopo cinque anni (493), quando Teoderico fece uccidere a tradimento il suo rivale Odoacre durante un banchetto che avrebbe dovuto sancire la pace tra i due re. L'eliminazione di Odoacre, che pare volesse a sua volta insidiare la vita di Teodorico, segnò l'inizio del dominio degli Ostrogoti in Italia, dominio che rappresentò un lungo periodo di pace e stabilità.

Palazzo di Teodorico a Ravenna
mosaico nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo

I rapporti tra Ostrogoti e Romani

Teoderico seguì le linee guida già tracciate da Odoacre, lasciando ai Romani, che gli si dimostrarono fedeli, gli impieghi amministrativi e politici che già possedevano, riservando nel contempo esclusivamente ai Goti i compiti di sicurezza e difesa. Inoltre, per pacificare l'Italia, riscattò i cittadini romani fatti prigionieri da altri popoli barbari e procedette alla distribuzione delle terre, destinando comunque ai cittadini romani i due terzi delle terre incolte o strappate agli Eruli e il restante terzo alla popolazione ostrogota. Tale liberalità e avvedutezza nella ripartizione dei terreni è da attribuire all'esiguo numero di Ostrogoti rimasti dopo aver varcato le Alpi. Teoderico affidò il compito al funzionario Liberio, affiancato nel suo compito da un tale Venanzio: sembra che i due abbiano mostrato grandissimo equilibrio nel delicato problema della spartizione. Si può affermare che, sostanzialmente, gli Ostrogoti non stravolsero il sistema del latifondo romano, per quanto sia ovvio che, in quel periodo, il fundus (arativo) avesse lasciato il passo al saltus (terreno boschivo) e che, dei fondi rimasti, Teoderico lasciasse la gestione ai villici e agli altri tecnici romani. Anche nel periodo teodericiano, prosegue dunque l'importante dialettica tra latifondo e piccola proprietà agricola che larga parte ha avuto nei destini successivi dell'Italia.

Opere pubbliche

Teoderico si segnalò anche per l'esecuzione di opere pubbliche, come la ristrutturazione dell'acquedotto di Traiano che dall'Appennino, attraverso la località di Galeata (dove ancora oggi esistono le rovine del cosiddetto Palazzo di Teodorico), scende verso Forlì e Ravenna. L'importanza di tale opera pubblica è testimoniata anche dalla attuale presenza di toponimi come quello della Pieve di Santa Maria in Acquedotto, presso il casello autostradale di Forlì. Queste e altre misure permisero all'economia italiana di riprendersi dal lungo ristagno cui era soggetta oramai da lungo tempo.

Dispute religiose

Anche in ambito religioso Teoderico, benché seguace dell'eresia ariana, si fece tutore della fede cattolica, seguendo anche in questo l'esempio di Odoacre. Il nuovo imperatore Giustino I, che ambiva a un nuovo ruolo dell'Impero anche in relazione alle questioni religiose che agitavano il cristianesimo, dette inizio alla sua personale crociata contro l'arianesimo, visto come fede inconciliabile e soprattutto pericolosa per il crescente potere della Chiesa Cattolica.
Inizialmente Teoderico cercò di raggiungere un accordo pacifico con l'Imperatore, accordo che prevedeva il riconoscimento della libertà religiosa per gli Ariani all'interno dell'Impero; le richieste di Teoderico furono respinte da Giustino I che non le volle nemmeno ascoltare. Come risposta Teoderico operò una sistematica persecuzione contro la Chiesa e contro i cristiani, arrivando a imprigionare e uccidere persino uno dei suoi più valenti consiglieri, Severino Boezio, e lo stesso papa Giovanni I. Quando ormai il conflitto tra Teoderico e l'imperatore sembrava inevitabile, improvvisamente il re, ormai settantaduenne, morì lasciando l'Italia, ormai pacificata, al nipote Atalarico, sotto la reggenza della figlia Amalasunta.

Il Mausoleo di Teodorico a Ravenna

Curiosità e leggende

Una leggenda romantica sulla morte, vuole che a Teodorico giunse un giorno la notizia che era stata avvistata nei boschi una cerva dalle corna d'oro. Armatosi di arco e frecce, il sovrano s'incamminò alla sua ricerca, ma improvvisamente il cavallo che lo trasportava, imbizzarritosi, cominciò a correre senza fermarsi, fino ad arrivare (scavalcando lo Stretto di Messina con un salto spettacolare) al cratere dell'Etna, dentro al quale si gettò con il re in groppa.

Una leggenda simile invece narra che Teodorico avesse paura dei fulmini e un giorno durante un temporale decise di farsi un bagno nella vasca del suo mausoleo per restare protetto. Cadde comunque un grosso fulmine che spaccò la volta del mausoleo creando una crepa a forma di croce uccidendo Teodorico. Poi scese dal cielo un cavallo nero che lo caricò in groppa e lo gettò nel cratere dell'Etna.
Un altro episodio narra che, dopo essere stato sconfitto in battaglia, Odoacre venne invitato amichevolmente a cena da Teodorico che, approfittando del fatto che fossero soli, lo fece uccidere a tradimento da un servo che lo pugnalò alle spalle. Alcuni sostengono che da qui sia nato il proverbio "A tavola non s'invecchia".

Theodoric the Great

Theodoric the Great (454 – August 30, 526), known to the Romans as Flavius Theodoricus, was king of the Ostrogoths (471-526), ruler of Italy (493–526), and regent of the Visigoths (511–526). He became a hero of Germanic legend as Þeodric in English legends, Dietrich von Bern in German legends and as Þjóðrekr and Þiðrekr in Norse mythology.

Youth

The man who ruled under the name of Theodoric was born in 454 on the banks of the Neusiedler See near Carnuntum, a year after the Ostrogoths had thrown off nearly a century of domination by the Huns. The son of the King Theodemir and Erelieva, Theodoric went to Constantinople as a young boy, as a hostage to secure the Ostrogoths' compliance with a treaty Theodemir had concluded with the Byzantine Emperor Leo.

He lived at the court of Constantinople for many years and learned a great deal about Roman government and military tactics, which served him well when he became the Gothic ruler of a mixed but largely Romanized people. Treated with favor by the Emperors Leo I and Zeno, he became magister militum (Master of Soldiers) in 483, and one year later he became consul. He afterwards returned to live among the Ostrogoths when he was 31 years old, and became their king in 488.

Reign

Maximum extent of territories ruled by Theodoric in 523

At the time, the Ostrogoths were settled in Byzantine territory as foederati (allies) of the Romans, but were becoming restless and increasingly difficult for Zeno to manage. Not long after Theodoric became king, the two men worked out an arrangement beneficial to both sides. The Ostrogoths needed a place to live, and Zeno was having serious problems with Odoacer, the King of Italy who had overthrown the Western Roman Empire in 476. Ostensibly a viceroy for Zeno, Odoacer was menacing Byzantine territory and not respecting the rights of Roman citizens in Italy. At Zeno's encouragement, Theodoric invaded Odoacer's kingdom.

Theodoric came with his army to Italy in 488, where he won the battles of Isonzo and Verona in 489 and at the Adda in 490. In 493 he took Ravenna. On February 2, 493, Theodoric and Odoacer signed a treaty that assured both parties would rule over Italy. A banquet was organised in order to celebrate this treaty. It was at this banquet that Theodoric, after making a toast, killed Odoacer with his own hands.

Like Odoacer, Theodoric was ostensibly only a viceroy for the emperor in Constantinople. In reality, he was able to avoid imperial supervision, and dealings between the emperor and Theodoric were as equals. Unlike Odoacer, however, Theodoric respected the agreement he had made and allowed Roman citizens within his kingdom to be subject to Roman law and the Roman judicial system. The Goths, meanwhile, lived under their own laws and customs. In 519, when a mob had burned down the synagogues of Ravenna, Theodoric ordered the town to rebuild them at its own expense.

Theodoric the Great sought alliances with, or hegemony over, the other Germanic kingdoms in the west. He allied with the Franks by his marriage to Audofleda, sister of Clovis I, and married his own female relatives to princes or kings of the Visigoths, Vandals and Burgundians. He stopped the Vandals from raiding his territories by threatening the weak Vandal king Thrasamund with invasion, and sent a guard of 5,000 troops with his sister Amalfrida when she married Thrasamund in 500. For much of his reign, Theodoric was the de facto king of the Visigoths as well, becoming regent for the infant Visigothic king, his grandson Amalric, following the defeat of Alaric II by the Franks under Clovis in 507. The Franks able to wrest control of Aquitaine from the Visigoths, but otherwise, Theodoric was able to defeat their incursions.

Thedoric's achievements began to unravel even before his death. He had married his daughter Amalasuntha to the Visigoth Eutharic, but Eutharic died in 522 or 523, so no lasting dynastic connection of Ostrogoths and Visigoths was established. In 522, the Catholic Burgundian king Sigismund killed his own son, Theodoric's grandson, Sergeric. Theodoric retaliated by invading, probably in 523, annexing the southern part of the Burgundian kingdom. The rest was ruled Sigismund's Arian brother Godomar, under Gothic protection against the Franks who had captured Sigismund. This brought the territory ruled by Theodoric to its height, but in 523 or 524 the new Catholic Vandal king Hilderic imprisoned Amalfrida, and killed her Gothic guard. Theodoric was planning an expedition to restore his power over the Vandal kingdom when he died in 526.

Legacy

In about 520 the philosopher Boethius became his magister officiorum (head of all the government and court services). Boethius was a man of science, a dedicated Hellenist bent on translating all the works of Aristotle into Latin and harmonizing them with the works of Plato, not an easy task. Eventually Boethius fell out of favor with Theodoric, perhaps out of a suspicion that he was in sympathy with Justin, emperor of the East, for Arian Theodoric was always somewhat of an outsider among Nicaean Christians. Theodoric ordered Boethius executed in 525. In the meantime Cassiodorus had succeeded Boethius as magister in 523. The pliant historian and courtier could be counted on to provide refined touches to official correspondence. "To the monarch you [Cassiodorus] were a friendly judge and an honored intimate. For when he got free of his official cares he looked to your conversation for the precepts of the sages, that he might make himself a worthy equal to the great men of old. Ever curious, he wanted to hear about the courses of the stars, the tides of the sea, and legendary fountains, that his earnest study of natural science might make him seem to be a veritable philosopher in the purple" (Cassiodorus' letterbook, Variae 9.24.8). The gulf was widening between the ancient senatorial aristocracy whose center was Rome and the adherents of Gothic rule at Ravenna: other distinguished public figures followed Boethius to the block. Theodoric in his final years was no longer the disengaged Arian patron of religious toleration that he had seemed earlier in his reign. "Indeed, his death cut short what could well have developed into a major persecution of Catholic churches in retaliation for measures taken by Justin in Constantinople against Arians there" O'Donnell 1979, ch. 1.

The Mausoleum of Theodoric in Ravenna

Theodoric was of Arian faith. At the end of his reign quarrels arose with his Roman subjects and the Byzantine emperor Justin I over the Arianism issue. Relations between the two nations deteriorated, although Theodoric's ability dissuaded the Byzantines from waging war against him. After his death, that reluctance faded quickly. Theodoric the Great was interred in Ravenna. His mausoleum is one of the finest monuments in Ravenna.

Family and Issue

Theodoric was married once. He had a concubine in Moesia, name unknown, and had two daughters: Theodegotha (ca. 473 – ?). In 494, she was married to Alaric II as a part of her father's alliance with the Visigoths. - Ostrogotha or Arevagni (ca. 475 – ?). In 494 or 496, she was married to the king Sigismund of Burgundy as a part of her father's alliance with the Burgundians.

Married to Audofleda in 493 and had one daughter: Amalasuntha, Queen of the Goths. She was married to Eutharic and had two children: Athalaric and Matasuentha (the latter being married to Witiges first, then, after Witiges' death, married to Germanus Justinus, neither had children). Any hope for a reconciliation between the Goths and the Romans in the person of a Gotho-Roman Emperor from this family lineage was shattered.

After his death in Ravenna in 526, Theodoric was succeeded by his grandson Athalaric. Athalaric was at first represented by his mother Amalasuntha, who was a regent queen from 526 until 534. The kingdom of the Ostrogoths, however, began to wane and was conquered by Justinian I starting after the rebellion of 535 and finally ending in 553 with the Battle of Mons Lactarius.

Legend

Theodoric was included into epic poetry as Dietrich von Bern, who is depicted as the archetype of the wise and just ruler. The Encyclopaedia Britannica (1911) noted that "the legendary history of Dietrich differs so widely from the life of Theodoric that it has been suggested that the two were originally unconnected." Anachronisms abound, for example in making Ermanaric (died 376) and Attila (died 453) contemporary with Theodoric (born 454). Bern is the Middle High German form of Verona, which was one of the historical Theodoric's residences.

Dietrich figures in a number of surviving works, and it must be assumed that these draw on long-standing oral tradition. He first appears in the Hildebrandslied and the Nibelungenlied, in neither of which is Dietrich a central character, and other epics, which were composed or written down after 1250. In Scandinavia he appears on the Rök Stone, carved in Sweden in the 800s, in Guðrúnarkviða II and III of the Poetic Edda and in Þiðrekssaga. He moreover appears in the Old English Waldere, Deor and Widsith poems.

The earliest evidence of the legend is provided by the heroic lay, the Hildebrandslied, recorded in around 820. In this, Hadubrand recounts the story of his father Hildebrand's flight eastwards in the company of Dietrich, to escape the enmity of Odoacer (this character would later become his uncle Ermanaric). Hildebrand reveals that he has lived in exile for 30 years. Hildebrand has an arm ring given to him by the (unnamed) King of the Huns, and is taken to be an "old Hun" by Hadubrand. The obliqueness of the references to the Dietrich legend, which is just the background to Hildebrand's story, indicates an audience thoroughly familiar with the material. In this work Dietrich's enemy is the historically correct Odoacer (though in fact Theodoric the Great was never exiled by Odoacer), indicating that the figure of Ermaneric belongs to a later development of the legend.

In the heroic epic the Nibelungenlied (c. 1200), Dietrich is living in exile at the court of Etzel (Attila), the Hunnish King. He fights on Etzel's side against the Burgundians, and his whole retinue apart from Hildebrand is slain. He ends the conflict by capturing Hagen and then Gunther in single combat.

The Norse saga deals with Dietrich's return home. The most familiar version is that by an Icelandic or Norwegian author writing in Norway in the 13th century, who compiled a consecutive account of Dietrich, with many additional episodes. This Norse prose version, known as the Þiðrekssaga (Thidrek's saga), incorporates much extraneous matter from the Nibelungen and Weyland legends.

The late Heinz Ritter-Schaumburg reinspected the Old Swedish version of the Thidreks saga for the historical information it contained, and established its topographical accuracy. Further, he concluded that these oldest of the "Dietrich" sources cannot refer to Theodoric the Great of the Goths, whose movements are moderately well known, mainly because of irreconcilable topographical anomalies. Ritter-Schaumburg asserted that their narration relates instead to a contemporary of the famous Goth, who bore the same name, rendered Didrik in Old Swedish. Moreover, he identified Berne as Bonn to which was ascribed, in the medieval age, an alternative (Latinized) name Verona of unknown origin. According to Ritter-Schaumburg, Dietrich lived as a Frankish petty king in Bonn. This theory has found much opposition by other scholars.

Another modern author, Rolf Badenhausen, starts from Ritter-Schaumburg's approach but ends up with a different result. He claims Berne, where Thidrek/Didrik started his rise, to be identical with Varne, south of Aachen, the Roman Verona cisalpina, in the district of the northern Rhine/Eiffel lands. Thidrek/Didrik could be identified with Theuderich son of Clovis I, a royal Frank mentioned with approval by Gregory of Tours and in Fredegar's royal Frankish chronicle.

In the Book of Bern (Buch von Bern) written in the late 13th century partly by Henry the Fowler, Dietrich tries to regain his empire with the help of the Huns. In the collection of the Heldenbuch ("Book of Heroes"), Dietrich's story is related in Dietrichs Flucht ("Dietrich's Flight"), the Rabenschlacht ("The Battle of Ravenna") and Alpharts Tod ("Alphart's Death") The legendary figure of Dietrich also appears in the 13th-century Rosengarten zu Worms ("Rosegarden at Worms"), the Epos of Biterolf, of Goldemar, of Ecke, Sigenot and Laurin. A fictionalized, but impressively researched, version of Theodoric's career is presented in Raptor, a novel by Gary Jennings.

Théodoric le Grand

Théodoric le Grand ou Théodoric l'Amale est né en Dacie, fin 454 ou début 455, et mort à Ravenne le 30 août 526. Envoyé dès l’âge de sept ans, comme otage à Constantinople, Théodoric y apprend beaucoup sur le gouvernement et la conduite militaire d’un empire. Il affectionne particulièrement les poèmes des vieux scaldes, et est élevé comme un aristocrate romain, bien traité par les empereurs Léon Ier et Zénon. Avant d’être roi des Ostrogoths et du Royaume ostrogoth d'Italie, il est un conquérant et un guerrier.

Théodoric a une grande influence en Italie. Tout d’abord, il réussit presque à unifier l’Italie qui a toujours été divisée. Il meurt sans y être parvenu, mais le mouvement est enclenché et d’autres après lui vont prendre la relève, le prochain étant Charlemagne trois siècles plus tard. Théodoric réussit à introduire un système social mélangeant l’ancien système romain et certains aspects ostrogothiques.

Après son décès, sa fille Amalasonte et son petit-fils Athalaric ne sont plus en sécurité car les Ostrogoths les voient désormais, avec raison, comme des êtres lourdement romanisés qui veulent changer leur culture. Tous deux sont assassinés quelques années plus tard.

Sa famille

Son grand-père, Valamir est le fils de Vandalarius et cousin du roi Thorismod. Vassal sous la suzeraineté des Huns, Valamir participe aux raids d'Attila dans les provinces du Danube (447), et commanda le contingent Ostrogoth de l'armée d'Attila à la bataille des champs Catalauniques. Avec la mort d'Attila en 453, Valamir devient le chef des Goths installé en Pannonie. Il s'ensuit une lutte pour l'indépendance contre les Huns, de 456 à 457, où il défait et met en déroute les fils d'Attila, à la bataille de la Nedao.

Son père, Thiumidir, roi des Ostrogoths, de la dynastie des Amales, règne conjointement avec ses deux frères, et à cette époque est un vassal du roi Attila des Huns. Il se marie à Erelieva Erchiva Crelieva (440-500), avec qui il a quatre enfants:

Théodoric (454-526)

Amalafrida, mère du roi Théodat, puis mariée au roi des Vandales Thrasamund, un des petit-fils de Genséric. Leur fille, Amalaberga se marie au roi Lombard Aldoin.

Thiudimund Amali, Theodimund, cité en 479.

Argota Amali, elle meurt en 479.

Quand Thiumidir meurt en 474, Théodoric lui succède comme roi des Ostrogoths. Erelieva  Erchiva Crelieva se convertit au catholicisme et est une reine très respectée aux côtés de son fils.

Sa jeunesse

Les premières années de Théodoric rappellent le nourrisson des forêts, l'habitant mobile des basternes plutôt que le fils des rois. Point d'autre pompe autour de lui que l'attirail du camp de son père Théodemir; point d'autre cortége que sa mère Éréliéva qui, par sa tendresse vigilante et ses mœurs simples, prépara ou même hâta le développement de son heureuse constitution.

Dès l’âge de sept ans, où il est envoyé en otage à Constantinople, où les prêtres du château enseignent à Théodoric la Bible traduite pour les Goths par le sage Wulfila. Ils lui apprennent aussi les paroles latines qu’on doit connaître quand on est appelé à gouverner les nations. Son entraînement militaire est très rude et très long, car il y a toujours la possibilité qu’un ennemi, ou l’empire romain elle-même, décide de chasser les Ostrogoths de la Pannonie ou de les envoyer combattre au loin. Leur futur roi doit donc être prêt à toute éventualité. C’est la tâche de chefs militaires que de lui enseigner comment combattre et comment diriger une armée. Avec eux il apprend à manier légèrement la lourde épée, à se servir de la lance, à planter dans le but des flèches infaillibles. On lui impose de rudes et longues chevauchées qui l’aguerrissent. Il doit supporter la fatigue et la faim, l’ardeur du soleil et la pluie glaciale. Parfois, lorsque l’enfant, épuisé, se disposait à demander grâce, un regard sévère du vieil écuyer le faisait se redresser sur sa selle, et sans même qu’on le lui eût commandé, il mettait sa monture au galop. Si cela semble cruel envers un enfant, il n’en est pas moins que cela forge le corps et l’âme de Théodoric et lui donne une volonté hors du commun, ainsi que d’étonnantes capacités et efficacité militaires.

Malgré ses origines barbares, son éducation fait qu'il copie parfois les Romains. Mais Théodoric n’était pas non plus un être sans passion autre que la guerre, il affectionne particulièrement les poèmes des vieux scaldes, où il revoit les exploits de ses ancêtres. S’il n’est à Constantinople qu’un otage détenu en garantie du traité conclu par son père avec l’Empire byzantin, il est élevé comme un aristocrate romain, bien traité par les empereurs Léon Ier et Zénon.

Théodoric apprend beaucoup sur le gouvernement et la conduite militaire d’un empire. Il est très déçu lorsqu’il pénètre à Byzance et même lorsqu’il voit l’empereur. Il se rend compte que ce sont les barbares qui défendent l’empire, car les romains ne sont plus des guerriers. Ils sont mous et décadents. Par contre, il sait rapidement reconnaître le véritable maître de l’empire lorsqu’il le voit: Aspar, le général barbare de l’empire de Byzance. Un certain sentiment de supériorité envers les romains nait en lui à ce moment, voyant que les figures les plus nobles sont les barbares à Byzance. Théodoric ne mord pas non plus au piège des Byzantins qui tentent d’implanter dans les jeunes barbares une mentalité romaine et d’admiration pour l’empire. Sur les instances de son père, il le rejoint en 477, et prouve aussitôt que les plaisirs de la licencieuse de Byzance n'ont pas amolli son âme.

Un chef de guerre

Ses premiers exploits sont de battre les Sarmates et de tuer leur roi de sa main. Lorsque les Goths, mécontents de leurs territoires, franchissent le Danube, il commande l'avant-garde, s'empare de la Macédoine, et pénètre en Thessalie, où il prend Larisse et Héraclée. Il assiége Thessalonique lorsque la paix assigne aux Goths un établissement dans la Macédoine septentrionale, puis dans la basse Mésie. C'est là que naissent ses premiers enfants et que meurt son père Théodemir. Théodoric lui succède. Son rêve est de conquérir l'Empire.

Roi des Ostrogoths (474)

Le moment désiré vient en 475, alors que l’empereur Zénon étant aux courses de chars, il y a un grand soulèvement et Zénon n’a d’autre choix que de fuir. Le chaos s’installe dans la ville, le temps que tout se calme pour acclamer le nouvel empereur, Basiliscus, qui avait reçu l’aide de Théoderic Strabo. Cet Ostrogoth est le rival de Théodoric Amale, cela va donc provoque une nouvelle lutte pour savoir qui est le véritable roi des Goths.

Trop faible pour le combattre, Théodoric le Grand préfère s'accommoder avec lui; puis, tournant sa colère contre le perfide Zenon, il s'avance jusqu'à la muraille construite cinq lieues en avant de la capitale en 478. Repoussé avec pertes, il se retire vers la province de Rhodope, qu'il dévaste de fond en comble ainsi que le littoral de la mer Égée, et prépare le déménagement général de son peuple dans la riche province d'Épire. Zenon, effrayé, lui députe Artémidore, homme de cour et d'étude, que Théodoric a connu et pour lequel il s'était pris d'affection. Artémidore parvient à se faire écouter de Théodoric, qui, éprouvent un de ces retours vers le bien qui amène une réconciliation.

Cela prend deux ans suite à la déchéance de Zénon avant que le parfait moment arrive, et que Théodoric le Grand pénètre dans Byzance. L’empereur témoigne sa reconnaissance au Goth en le comblant d'argent, en le nommant sénateur, généralissime et patrice, et en lui donnant les commandements qui appartenaient à Théoderic Strabo. Celui-ci, pour se venger, cherche à fomenter de nouveaux troubles. La seule raison pourquoi Théodoric, dans son stratagème, a ramené Zénon au titre d’empereur en prenant Byzance, c’est pour la question religieuse, car les dirigeants religieux de Byzance ne l’ont jamais laissé monter sur le trône, lui étant un arien, donc un hérétique.

Les Goths sont installés dans les contrées du Bas-Danube. Théodoric voit donc réalisé le voeu qu'il avait souvent exprimé, de vivre en Romain et de prendre part au gouvernement de la grande république des Césars. Après avoir aidé à réprimer la révolte d'Ilus, il reçoit en 484 l'honneur insigne, réservé aux Césars, de voir sa statue équestre élevée devant la porte du palais. Envoyé en 485 contre les Bulgares, il remporte sur eux une sanglante victoire. De retour à Constantinople, il se replonge dans les délices de la vie civilisée, et semble avoir oublié son peuple.

Odoacre (487)

En 487, les Goths, menacés par les entreprises victorieuses d'Odoacre, patrice d'Italie, sur le Danube, rappellent Théodoric au milieu d'eux. Il a honte de rompre avec Zenon, qui l'avait accablé de bienfaits. Toutefois, Le nom d'Odoacre, prononcé sans cesse avec colère par les siens, le décide, et il conçut le projet de lui arracher l'Italie. Cachant ses desseins, il s'avança d'abord avec une forte armée vers Constantinople, et sous les murs de la ville seulement il demande à Zenon d'être autorisé à s'emparer de l'Italie. Zenon, heureux d’une fédération des auxiliaires germains, une épine dans la chair d'Odoacre, y consent, et fait rédiger et approuver par le sénat un acte public, intitulé Pragmatique, où sans explications précises l'Italie est attribuée aux Goths et à leur roi.

Bataille du mont Lactarius

Alexander Zick (1845-1907) 
Das Bild zeigt die de:Schlacht am Mons Lactarius

Investi solennellement par le voile de pourpre sacré, Théodoric convoqua autour de lui les hommes de sa nation. Presque tous les Goths campés entre le Danube et le lac Balaton se rallient à sa voix, et forment une armée de deux cent mille combattants. Les vieillards, les femmes, et les enfants placés sur des milliers de chariots, la nation entière quitte pour toujours les parages qu'elle habitait depuis plus d'un siècle. Elle descend dans l'automne de 488 le revers des monts Albaniens. Théodoric a le dessein d'envahir l'Italie méridionale, qui n'est pas en état de défense ; mais le défaut d'embarcations le force de changer de route et de gagner la vallée de la Save et les Alpes Juliennes. An moment de passer l'Unna, en Bosnie, il se voit arrêté par les Gépides. Il les taille en pièces, puis à travers mille fatigues, et sans cesser de combattre, il travers la Pannonie, les Alpes juliennes, et vint camper au printemps de 489 sur les bords de l'Isonzo, en Vénétie.

La descente de Théodoric provoque un immense émoi à travers tout l’Occident, chaque tribu barbare hésitant entre repousser l’envahisseur ou se joindre à lui pour partager le butin. Certains le rejoignent, d’autres tentent de le trahir.

Théodoric ne se laisse pas berner et ,soutenu par les Wisigoths de son gendre, le roi Alaric II se rend au combat en 489. Il gagne avec surprise à Aquilée en 489, à Vérone, puis sur les bords de l'Adda en 490. Obligé de se replier dans Ravenne, sa capitale, Odoacre résiste trois ans alors qu'il est assiégé. Théodoric finit par lui proposer un marché et Odoacre accepte de négocier un compromis en 493.

Roi d'Italie (493)

Théodoric éprouve suite à cette paix de nombreux embarras, tel que le refus de l'empereur de lui confirmer par une investiture plus solennelle la couronne d'Italie. Le Sénat romain, bien que plusieurs membres influents, comme Faustus Niger, se soient laissés gagner par Théodoric, continue à expédier les affaires au nom d'Odoacre. Après de laborieuses négociations, il est enfin arrêté que les deux rois habiteront ensemble Ravenne sur un pied d'égalité et se partageront en frères le gouvernement d'Italie (27 fév. 493). Le bon accord ne dure pas longtemps; la guerre parait à nouveau vouloir recommencer, lorsque Théodoric se mit à afficher le retour le plus sincère à la conciliation. Pour célébrer la concorde rétablie, il invite Odoacre, son fils et ses principaux officiers, à un brillant festin, dans les jardins du palais, et sur un signal de leur roi, les Goths se précipitent sur les convives et les massacrent. Lui-même égorge de sa main Odoacre et son jeune fils.

 Au même instant, dans Ravenne et autres grandes villes s'accomplissent les mêmes horreurs. Les Goths, qui avaient conspiré la mort des Ruges et des Hérules, sans que le secret de ce guet-apens de peuple à peuple soit un instant dévoilé, les tuent par milliers, hommes, femmes et enfants. Théodoric, sans attendre plus longtemps la réponse de l'empereur, se fait proclamer roi des Goths et des Romains. Il lance aussitôt contre les partisans de son rival un édit des plus rigoureux, les privant du droit de posséder et de tester. Mais, sur les remontrances d' Épiphane de Pavie, évêque de Pavie, il consent à une amnistie.

A l'intérieur il se laisse guider par des vues qui sont également loin d'être ordinaires; mais ce qu'il y crée avait trop besoin d'être maintenu par sa main puissante. Quand elle vient à manquer, son royaume, dont la prospérité fait illusion à lui comme à tous ses contemporains, s'écroule rapidement.

Son royaume autonome, accorde néanmoins aux Romains la possibilité d’être soumis aux lois romaines et aux juridictions romaines, tandis que les Goths conservent leurs propres coutumes. Mais, il commence par faire distribuer aux Goths le tiers des terres et des esclaves. Ces terres sont, contrairement à ce qui se passait dans les pays barbares, soumises à l'impôt foncier, conservé comme les autres impôts de l'administration romaine, qui elle-même est maintenue tout entière, le fond et la forme, en, matière civile comme en matière politique. Cependant, en laissant aux Romains leur législation et des administrateurs romains, Théodoric fait prédominer dans les affaires publiques un esprit de justice, une vive sollicitude pour le bien général et particulier, auxquels on n'est plus habitué depuis Théodose II. En même temps il n'admet que des Goths dans son armée. Aux Romains les occupations de la paix, aux Goths celles de la guerre, dit-il. Ce système isole les deux peuples, et est en effet calculé pour empêcher la fusion des deux populations, qui n'entre pas dans les idées de Théodoric, au point que, tout favorable qu'il est à la culture des lettres et aux arts, il défend aux siens de fréquenter les écoles, où ils pourraient s'amollir.

L'armée ou plutôt l’élément militaire est pourvu d'une grande influence sur l'ensemble des affaires: ainsi les comites, ou commandants de province, exercent sur les s gouverneurs civils et romains un contrôle suffisant pour assurer la domination des Ostrogoths ; non seulement ils jugent les différends entre les individus de la nation conquérante, mais ils sont seuls compétents pour décider les procès entre Goths et Romain. La seule condition est d'adjoindre en qualité de conseil un jurisconsulte romain.

Cependant pour les cas les plus fréquents de conflit entre les deux peuples Théodoric émet, en 500, un édit. emprunté tout entier aux prescriptions du droit romain, et qui doit néanmoins régir les deux peuples. Cette politique, à laquelle Théodoric, maintenu dans cette voie par Cassiodore, son premier ministre, est fidèle jusqu'à sa mort, est acceptée avec joie par les Romains. Quoique arien, il laisse à l'Église orthodoxe pleine liberté et qu'il ne lui ménage pas ses bienfaits. Quant aux Goths, ils ne réclament jamais plus de privilèges qu'il ne leur en avait octroyés.

En 498, il se voit enfin conférer les insignes royaux par l'empereur Anastase qui jusqu'alors avait exigé comme condition que Théodoric reconnaisse la validité de la constitution qui rend la puissance civile juge des dogmes religieux. Il se montre bon politique en maintenant l'élection du pape Symmaque (498) et en le laissant abolir la loi d'Odoacre qui réservait au pouvoir civil la confirmation du choix des pontifes.

Des troubles religieux ayant éclaté à Rome, il vient pour la première fois dans cette ville en octobre 500, et abandonne toute l'affaire au jugement de l'Église. Sa présence est célébrée par des jeux et par l'établissement qui assure au peuple par an vingt mille muids de blé et du vin en proportion. Il veille aussi à la réparation des fortifications et des monuments.

La paix que Théodoric après 511, entretient pendant plus de dix ans avec tous ses voisins permet à ce roi de voir s'épanouir les germes de son sage gouvernement. Il s'est entouré de ministres habiles et intègres, dont il a discerné le mérite avec une rare sagacité. Il relève et agrandit l'autorité du sénat, et il le consulte pour toutes les affaires importantes. Conduite par les Cassiodore, les Boèce, les Symmaque, son administration, aussi ferme que prévoyante, maintient partout la tranquillité et la justice. Le travail refleurit promptement, les campagnes désertes sont rendues à la culture, et de nombreux défrichements entrepris, et une foule d'édifices de luxe et d'utilité publique s'élèvent dans les principales villes, à Vérone notamment, une des résidences favorites du roi. Le commerce prit le plus grand essor, surtout depuis la construction dans l'espace de deux ans (510-512) d'une flotte de mille dromons, ou bâtiments légers, répartis dans les différents ports. Si par une excellente police Théodoric prend ainsi soin des intérêts matériels, il ne néglige pas de seconder les évêques dans leurs efforts pour l'amélioration morale de ses sujets. Un de ses principaux soins est d'assurer la sainteté du mariage. Il protége également avec zèle les lettres. Mais son intervention ne peut arrêter la décadence irrémédiable qui étouffe de plus en plus le génie littéraire. En revanche, il rend une nouvelle et féconde impulsion aux arts et à l'industrie. Théodoric le grand aime à en envoyer les produits en présent aux rois barbares. Cela contribue à augmenter l'admiration que le spectacle de son règne lui vaut de leur part, et dont ils lui font rendre un témoignage naïf par de solennelles ambassades.

L'éclat de ce règne s'est encore augmenté par la réconciliation des Églises romaine et grecque, en faveur de laquelle il a en vain insisté auprès d'Anastase , mais qui s'est opérée dès l'avènement de l'empereur Justin. Ce dernier s'empresse de nouer les meilleures relations avec le roi d'Italie. Il adopte Eutharic comme fils d'armes, et partage en 519 le consulat avec lui.

Arrive l'année 522 qui marque le point culminant du règne de Théodoric. Dans l'intervalle une vive ferveur religieuse est venue animer tout l'Occident. La conversion des Burgondes, le rétablissement de l'orthodoxie en Afrique après la mort de Thrasamund, la victoire sur l'hérésie en Orient, tout cela fai naître dans l'esprit des Italiens le vif espoir de voir l'unité de la foi triompher bientôt du dernier obstacle qui s'y opposait, l'arianisme, la croyance professée par Théodoric.

Politique extérieure

Désormais, il ne soucie plus des difficultés que l'empereur Anastase fait de le reconnaître. Indépendant vis-à-vis de la cour de Byzance, il se montre Romain vis-à-vis des Barbares et revendique sur eux la suprématie des empereurs. Sans renier la fraternité résultant de leur commune origine, il veut qu'ils le considèrent comme un successeur des Césars. Il se met à parler aux rois ses égaux avec un ton de supériorité paternelle, leur adressant des remontrances, des encouragements, des conseils en faveur de la justice et de la concorde mutuelle, et se servant sans cesse du grand nom de Rome pour leur inspirer le respect ou la crainte.

Les rois germains reconnaissent volontiers cette suprématie, qui consolide leur usurpation en créant l'unité et la solidarité parmi les spoliateurs de l'empire. Telle est la ligne de sa politique extérieure, qu'il suivit avec une habileté et un succès constants.

Après avoir consolidé son autorité, Théodoric députe l’évêque Épiphane de Pavie à Gondebaud, roi des Burgondes, pour réclamer les Liguriens que ce roi avait emmenés en esclavage. Touché des exhortations du pieux évêque, Gondebaud rend sans rançon plus de six mille captifs.

En 495, Théodoric épouse Audofleda, sœur de Clovis Ier, dont il essaie de contenir l'ambition croissante. L'année suivante, il obtient de ce prince qu'il ne poursuivit pas an delà du Danube les Alamans, dont Théodoric place les débris dans la première Rhétie. Il a ainsi l'avantage de repeupler une contrée et d'acquérir de braves et fidèles vassaux. Après avoir soumis les Suèves de la seconde Rhétie, il réduit pour toujours a l'obéissance les Ruges qu'il a cantonnés en Norique et qui s'étaient révoltés.

En 504, Théodoric le Grand envoie un de ses lieutenants au secours de son vassal Mundo, chef des Huns établis entre la Save et le Margus, en Mésie. Traséric, roi des Gépides, et le général impérial Sabinianus, qui avaient uni leurs forces contre Mundo, sont battus, et Sirmium avec une grande partie de la Pannonie tombent au pouvoir du vainqueur.

Théodoric donne ensuite toute son attention à arrêter la mésintelligence croissante entre Alaric II, roi des Wisigoths, son gendre, et Clovis, son beau- frère. Les lettres qu'il leur écrit ainsi qu'à Gondebaud, ses vives représentations amènent une première, réconciliation. Mais en 507, les Francs, voyant Théodoric sur le point d'être impliqué dans une guerre avec l'empereur, qui voulait venger la défaite de Sabinianus, entrent brusquement en Aquitaine, et remporte la bataille de Vouillé, lors de laquelle Alaric II, roi des Wisigoths, est tué par Clovis et qui leur livre la majeure partie des possessions wisigothes en Gaule.

Théodoric n'a pas de peine à repousser l'armée impériale, qui se borne à piller quelques villes du golfe de Tarente, en 508. Cette guerre terminée, il envoie en Gaule une armée considérable, composée de Goths et de Gépides et commandée par le duc Ibba. Ce général s'illustre en Provence contre les troupes franques qui cherchent à étendre leur domination jusqu'en Méditerranée. Ibba s'oppose donc énergiquement aux Francs et à leurs alliés burgondes, pénétrant en Provence à l'automne 508, et délogeant, après de rudes combats, Francs et Burgondes qui assiègent Arles, avant de s'emparer de Nîmes et de Narbonne en 508, tandis que des renforts ostrogoths dirigés par le duc Mammo ravagent Orange et Valence. Enfin, en 510, Ibba libère Carcassonne. Selon Jordanès, probablement peu objectif de par ses origines gothiques, plus de 30.000 Francs sont tués par Ibba.

Entre 508 et 511, Geisalic, bâtard du roi Alaric, se lie d'amitié avec les Ostrogoths d'Italie, mais en 511 « il s'allie avec les ennemis des Ostrogoths » (selon Isidore de Séville), probablement avec un parti wisigoth opposé à l'influence ostrogoth. En 511, Geisalic est chassé du trône par le dux ostrogoth Ibba et s'enfuit en Afrique chez les Vandales. Il tente alors vainement d'obtenir leur aide ainsi que celle des Ostrogoths. À partir de ses bases en Aquitaine, il lance une invasion de l'Espagne, entrant par la région tarraconaise, mais est défait par l'armée d'Ibba à 20 km de Barcino ; il s'enfuit au nord, traverse la Narbonnaise, essayant d'entrer en Burgondie, mais il est capturé et tué en franchissant la Durance, probablement par des soldats ostrogoths, en l'an 512. Ibba installe le jeune prince Amalaricsur le trône wisigothique, sous tutelle ostrogotique (511), à Barcino, alors que le garçon n'a que neuf ans. Théodoric devient régent jusqu'à la majorité d'Amalaric. Wisigoths et Ostrogoths sont de nouveau réunis sous un seul véritable maître jusqu'en 526: Thédoric l'Amale.

La fin du règne (523-526)

Les Romains irrités d’avoir un roi arien se tournent alors vers Justin et son neveu Justinien. Chez beaucoup d'entre eux le cœur devient infidèle à leur roi, surtout depuis que la mort subite d'Eutharic (523) laisse comme perspective l'avènement prochain au trône d'us enfant en bas-âge sous la tutelle d'une femme. Des persécutions contre les juifs, que Théodoric réprime aussitôt, et d'autres symptômes marque l'animation religieuse des esprits. Le Romains ne tiennent aucun compte du brillant succès de l’intervention de Théodoric dans la guerre du roi de Burgondie, Gondémar II contre les fils de Clovis et de la concession de nombreuses conquêtes.

Les Italiens d’alors admirent la conduite de l’empereur qui va jusqu'à tyranniser les Ostrogoths ariens de l'Orient. Cette attitude fait renaître chez Théodoric l'emportement de ses premières années. Il menace d'user de la force si l'édit n'est pas abrogé. Le chef goth demande en 525 au pape de négocier l'annulation de l'édit mais ce dernier ne réussit pas. Le sénat tremblant croit lui complaire en punissant Boèce, mais Théodoric commue la peine de mort en détention perpétuelle. Toutefois ses conseillers calomnient ses ministres romains. Boèce et Symmaque sont exécutés et le bruit coure qu’un édit va interdire aux Romains de porter des armes.

Informé de l'insuccès de l’ambassade du pape, de plus en plus aigri, Théodoric fait jeter le pape Jean en prison, dès qu'il débarque en Italie à son retour d'Orient. Le pontife est exténué des fatigues du fait du voyage. Le roi le soumet aux plus dures privations, le pape ne tarde pas à succomber.

Cette mort n’apaise pas sa colère contre les Romains. Cassiodore, son premier ministre, tenu à l'écart pendant la tempête, reprend le timon des affaires, et fait rentrer le gouvernement dans l'ancienne ligne de modération.

Sa mort (526)

Mausolée de Théodoric le Grand, Ravenne, Italie.

Mais il est trop tard. Frappé de remords, ou au moins accablé de doutes sur la durée de son œuvre, Théodoric meurt, trois mois après le pape. Selon Procope de Césarée, il croit reconnaître à table dans une énorme tête de poisson celle de Symmaque, s’est levé pris de fièvre et de terreur, et s’est couché pour mourir deux jours après. Quoi qu'il en soit de ce fait, qui sera contesté, il convoque quelques moments avant d'expirer les fidèles et grands des deux races, leur fait reconnaître pour son successeur son petit-fils Athalaric, avec Amalasonte pour régente, et leur recommanda d'aimer le sénat et le peuple romain et de conserver l'amitié de l'empereur d’Orient. Il est enterré à Ravenne, dans un mausolée élevé de son vivant, et qui deviendra l'église Maria della Rotonda.

Son règne est plutôt un glorieux appendice à l'histoire des temps anciens que l'inauguration des temps modernes, dont il ne sait pas deviner les besoins, qui demandent la fusion des races, l'abolition des formes surannées et pesantes de la centralisation romaine. Il ne mérite pas moins le surnom de Grand, et nous dirons avec Procope, l'ennemi des Goths cependant: On peut l'appeler tant qu'on voudra usurpateur et tyran: en réalité ce fut un roi. Il ne fut inférieur à aucun de ceux qui se sont jamais distingués sur un trône.

Sa haute renommée continuera à faire vivre sa mémoire dans l'imagination des peuples. La poésie s'en emparera, et nous verrons figurer dans Les Nibelungen, Les Rosengarten, La bataille de Ravenne et autres poèmes nationaux du Nord, le terrible Dietrich de Berne (Vérone) comme vainqueur de dragons, de géants et des fameux héros seulement. Il se trouve dépouillé de son royaume, parce que personnifiant en lui toute la nation des Ostrogoths, l'imagination populaire rapportant à lui la catastrophe qui leur fait perdre l’Italie. Officiellement, Théodoric meurt en 526 de dysenterie.

Mariages et descendance

Théodoric a tout d’abord comme concubine N. de Mésie, née en 463, qui est peut-être l'une des petites-filles d’Attila, d’où:

Ostrogotho Areagni (475-520).

Thiudigotho (476-524), mariée à Alaric II, roi wisigoth d'Hispanie de 484 à 507, se remarie à Sigismond, fils de Gondebaud, sanctifié par l'Église catholique, roi des Burgondes.

Veuf, Théodoric se remarie avec Audofleda (469-535), fille de Childéric Ier, sœur de Clovis Ier vers 493. Ils sont les parents de:

Amalasonte (469-535) qui épouse le prince amale Eutharic. Ce prince meurt bientôt laissant un jeune fils nommé Athalaric, dont Théodoric en fait son héritier. Amalasonte, jeune veuve depuis 522/523, gouverne pendant la minorité d'Athalaric (à partir de 526), et se remarie avec Théodat, qui l'année suivante la fait étrangler sur une île du lac de Bolsena.

Théodoric a une fille avec Theodora: Theodora, née en 505.