Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

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Nec illi adversatur Aristoteles[1], eiusmodi conceptum [208] nulla facta venti mentione materiae excrementitiae acceptum referens, ubi causam reddit, quod uncae subventanea non pariant: subventanei, inquiens, conceptus in iis fiunt avibus, quae non volaces sunt, ut uncae, sed multiparae (tales autem Gallinae sunt) quod excremento ipsae abundant: uncis in alas, et pennas id vertitur, corpusque exiguum calidum, et siccum habetur. Decessus autem menstruorum, et genitura excrementum sunt. Et paulo post[2], Fiunt subventanea ova, quoniam materia seminalis in faemina est, nec menstruorum discessio fit avibus, ut viviparis sanguine praeditis. Volacibus autem non gignuntur, scilicet eadem causa, qua neque multa ab iis ipsis generantur. Uncunguibus enim parum excrementi inest, et marem desiderant ad excrementi commotionem. Etenim cum ex materiae abundantia hypenemia ova generari etiam ex propria sententia hic dicat, non est quod prius allata eius verba nobis {negocium} <negotium> facessant. Ea enim nominis etymum tantum testantur. Itaque illic causam efficientem, hic materialem assignat.

Né a lui - ad Alberto - si contrappone Aristotele nell’attribuire questo tipo di concepimento come dovuto al materiale secretorio senza fare alcuna menzione del vento, in quanto adduce come motivo il fatto che gli uccelli con unghie a uncino non partoriscono uova piene di vento, dicendo: i concepimenti pieni di vento si verificano in quegli uccelli che non sono dei volatori, come lo sono invece quelli con le unghie a uncino, ma multipari (tali sono infatti le galline) in quanto hanno abbondanza di secrezione: in quelli con le unghie adunche è volta alle ali e alle penne, ed è presente un corpo piccolo, caldo e asciutto. Infatti il flusso mestruale e il liquido seminale sono una secrezione. E poco più avanti, Le uova piene di vento si formano in quanto nella femmina è presente la materia seminale, e il flusso mestruale non si verifica negli uccelli, come invece accade nei vivipari forniti di sangue. <...> Non vengono prodotte dagli uccelli volatori evidentemente per lo stesso motivo per cui da parte loro non ne vengono prodotte parecchie. Infatti in quelli dalle unghie ricurve si trova poca secrezione e hanno bisogno del maschio per eccitare la secrezione. E infatti mentre in questo punto dice che anche secondo il suo punto di vista le uova piene di vento vengono generate a causa di un’abbondanza di materia, non esiste motivo per cui le sue parole riferite in precedenza siano per noi causa di preoccupazione. Esse infatti stanno a testimoniare solamente l’etimologia della parola. Pertanto nel primo passaggio attribuisce la causa efficiente, nel secondo quella materiale.

Haud improbo etiam Plinii[3] sententiam, qui mutua inter se libidinis imaginatione ova talia concipere dixit. Omnino etenim verisimile est, seminalis materiae redundantiam ingentem pruritum, ac titillationem in partibus genitalibus excitare, unde postmodum sese concepisse imaginentur, maxime si altera faemella, ut quandoque fit, alteram ineat. Quod vero Plinius addit et pulvere concipere: id, ut videtur, ex Graeco aliquo authore mutuatus est. Graeci quidem ἁφήν tum pulverem vocant, tum tactum, tum contrectationem. Cum vero et Gallinae eiusmodi ova manu contrectatae, teste Aristotele[4] et Oppiano[5] pariant, dubitandum videretur, numquid Plinius in translatione illius dictionis hallucinatus fuerit. Attamen cum contra afferri potest, ἁφήν non simpliciter pulverem, sed illum praecipue, quo pal<a>estritae post unctionem inspergebantur, significare, ut Budaeus annotavit: et cum pulveratrices sint Gallinae, et pulveratio quoque contrectatio quaedam, et affricatio sit: hoc quoque modo sterilia huiusmodi ova ab eis concipi posset sit verisimile.

Non disapprovo anche l’affermazione di Plinio, il quale ha detto che concepiscono tali uova a causa di una mutua e reciproca fantasia libidinosa. Infatti è del tutto verosimile che la sovrabbondanza di materia seminale ecciti un grandissimo prurito e una titillazione nelle parti genitali, per cui successivamente immaginano che esse stesse hanno concepito, soprattutto se una femmina, come talora accade, si accoppia con un’altra. Quello che Plinio aggiunge, che cioè esse concepiscono anche grazie alla polvere, come sembra l’ha preso in prestito da un qualche autore greco. Infatti i Greci chiamano haphën sia la polvere, sia il tatto, sia la palpazione. Dal momento che, testimoni Aristotele e Oppiano di Apamea, anche le galline partoriscono siffatte uova quando vengono palpate con la mano, sembra opportuno avere il dubbio se per caso Plinio non abbia preso un abbaglio nel tradurre quel vocabolo. Tuttavia, dal momento che si può obiettare che haphën non significa semplicemente polvere, ma soprattutto quella di cui si cospargevano i lottatori dopo essersi unti, come Guillaume Budé ha annotato: ed essendo le galline delle razzolatrici nella polvere ed essendo anche il riempirsi di polvere un qualche tipo di toccamento e di sfregamento, è verosimile che anche in questo modo da esse possano venir concepite siffatte uova sterili.

Erant Aristotelis[6] aevo, qui eiusmodi ova reliquias partus esse crederent, quas coitus fecerit; sed hos ille hallucinari ex eo ostendit, quod multae Gallinae iuvencae nunquam Gallum expertae ova pariant. Eiusmodi ova, etsi alioqui omnes partes videbantur habere, inanimata esse, et ad generationem inepta, et dicit Aristoteles[7], et experientia quotidiana observamus, quoniam principio carent, quod a maris semine affertur. Reddi tamen foecunda posse alibi[8] docet, si Gallina, quae ea iam concepit, coeat nondum mutato ovo ex luteo in album. At si iam candidum acceperunt humorem, fieri non posse, ut in foecunda mutentur. Verum eiuscemodi doctrina ipsi Aristoteli videtur adversari: quoniam si ex albumine, ut ipse alibi docet, et experientia comprobat, pullus generetur, cur non post superveniens Gallus id vivificum reddat, quando ipsum luteum ambit? Facilius enim albumini quam luteo commisceri posse quis non videt? Quod si iam membranam utrumque ambisse, semenque iniectum per eam excludi obijcias, id nihil obesse ex eodem Aristotele[9] rursus probo, qui ova piscium iam exclusa etiam, post a mare iniecto super ea semine foecunda reddi asserit.

Ai tempi di Aristotele alcuni credevano che siffatte uova erano residui del parto e che le aveva prodotte il coito, ma lui dimostra che essi prendono un abbaglio per il fatto che molte galline giovani che non hanno mai fatto esperienza col gallo depongono uova. Che tali uova siano prive di vita e non adatte alla procreazione, anche se d’altra parte sembrano dotate di tutti gli elementi costitutivi, lo dice anche Aristotele, e lo osserviamo con la quotidiana esperienza, in quanto mancano del principio che viene attribuito al seme del maschio. In un altro punto riferisce che tuttavia possono essere rese feconde se la gallina che le ha già concepite si accoppia quando l’uovo non si è ancora trasformato da giallo in bianco. Ma se hanno già ricevuto il liquido bianco, non può verificarsi che si trasformino in feconde. In verità siffatta teoria sembra contrapporsi allo stesso Aristotele: dal momento che, come egli stesso dice altrove e come conferma l’esperienza, se il pulcino viene generato dall’albume, perché un gallo che si accoppia successivamente non lo rende capace di dare la vita quando circonda il tuorlo stesso? Infatti chi non si rende conto che può mescolarsi più facilmente con l’albume anziché con il tuorlo? In quanto, se si obiettasse che la membrana li aveva già avvolti ambedue e che il seme iniettato attraverso essa viene escluso, ancora una volta trovo conferma dallo stesso Aristotele che ciò non è di alcun impedimento, il quale afferma che anche le uova dei pesci già deposte vengono successivamente rese feconde dal seme deposto dal maschio sopra di esse.

Et, ut de Gallina dicamus, Albertus author est, semen Galli, quando in matrice ovum venti reperit, aliqua ex parte, aut etiam omnino praeter testam, et pellem completum, huic non coniungi tantum, sed totum ovum etiam foecundum reddere. Quod forte post videns longe aliter docet Aristoteles, dum avem, quae ovum coitu conceptum gerit, si cum alio mare coierit, simile eius, quocum postea coivit, omne pullorum genus excludere statuit, ideoque nonnullos, qui, ut Gallinae generosae procreentur, operam dant, ita mutatis admissariis facere, tanquam maris semen, inquit[10], sua facultate materiam contentam in faemina qualitate tantum afficiat, non etiam misceatur, constitutionemque subeat. Quibus verbis aperte concludit, ex ovis conceptis posterioris coitus specimen prae se ferre, sed de luteo non meminit. Nam si semen vitae primordia albumini subministrare debebat, necessario etiam ei commisceri necesse erat, quod Albertus faeminae sperma vi matricis, ac testium ad ovi substantiam attractum vocare non est veritus. Caeterum, quae coivit Gallina, vel alia quaevis volucris ovum concipit superius ad septum transversum: ubi primo minutum, et candidum cernitur, ut Aristoteles alibi tradit, mox rubrum cruentumque, deinde increscens luteum, et flavum efficitur totum: iam amplius auctum discernitur, ita ut intus pars lutea sit, foris candida ambiat: ubi perfectum est, absolvitur, atque exit putamine, dum paritur, molli, sed protinus durescente, quibuscunque emergit portionibus, nisi vitio vulvae defecerit.

E, per parlare della gallina, Alberto afferma che il seme del gallo, quando trova nell’utero un uovo dovuto al vento, completo in qualche sua parte oppure del tutto completo eccetto il guscio e le membrane testacee, non solo si unisce a esso, ma rende fecondo anche tutto quanto l’uovo. Forse, analizzando ciò a posteriori, Aristotele lo spiega in modo completamente diverso, dal momento che ha affermato che un uccello che porta un uovo concepito col coito, se si accoppierà con un altro maschio darà luogo a tutta una progenie di pulcini simile a quello con cui si è successivamente accoppiato, e che pertanto alcuni, affinché vengano generate galline prolifiche, con il cambio dei maschi da monta si adoperano per ottenere come risultato, egli dice, che il seme del maschio attraverso le sue facoltà svolga un’azione sulla materia contenuta nella femmina solo circa la qualità, e non che vi si mescoli anche e che prenda il posto della sua composizione. Con tali parole dimostra chiaramente che adduce una prova partendo dalle uova concepite con un coito successivo, ma non fa menzione del tuorlo. Infatti se il seme doveva trasmettere all’albume i primi elementi della vita, era anche necessario che vi si mescolasse, in quanto Alberto non ha esitato a definire il seme della femmina attratto verso la sostanza dell’uovo dalla forza dell’utero e dei testicoli. D’altronde, la gallina che si è accoppiata, o qualunque altro uccello, prima concepisce l’uovo nelle vicinanze del setto trasverso: dove all’inizio appare piccolo e candido, come altrove dice Aristotele, poi rosso e macchiato di sangue, quindi man mano che aumenta diventa tutto quanto giallo e dorato: quando è di dimensioni maggiori lo si vede con la parte centrale che è gialla, la parte candida sta alla periferia: quando è ultimato, viene liberato, e mentre viene partorito se ne esce con il guscio molle, ma che subito si indurisce, e se ne esce con tutte le sue parti a meno che sia imperfetto a causa di una malformazione dell’utero.

Atque istaec est doctrina Aristotelica, sed mirum quod uteri non meminerit, in quo tamen ovum perficitur, etsi extra eum primo propriae substantiae habeat rudimenta, sed formam absolutissimam in eo recipit. Locus itaque inchoationis, quae ab Aristotelis interprete conceptio dicitur, est ventris inferioris superior, ac media pars ad septum transversum. Dixit enim[11], faeminae concipiunt ova ad septum transversum. Hoc autem addimus nos ex anatomica inspectione esse supra ipsam spinam ad divaricationem vasorum, quae in crura descendunt.

E questa è la teoria di Aristotele, ma è sorprendente che egli non abbia menzionato l’utero, nel quale tuttavia l’uovo viene portato a compimento, anche se al di fuori di esso possiede in primo luogo i principi primi della sua essenza, ma riceve in esso la sua forma perfetta. Pertanto la sede dell’abbozzo, che dal traduttore di Aristotele viene detto concepimento, è la parte superiore dell’addome inferiore e la parte mediana nei pressi del setto trasverso. Infatti disse, le femmine concepiscono le uova nelle vicinanze del setto trasverso. Ma noi in base all’ispezione anatomica aggiungiamo che questo punto si trova davanti alla colonna vertebrale nelle vicinanze della biforcazione dei vasi sanguigni che scendono alle zampe.


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[1] De generatione animalium III,1 749a 34-749b 7: Negli uccelli si formano anche prodotti spontanei, che sono chiamati da alcuni «ventosi» e «di zefiro». Essi si hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. (traduzione di Diego Lanza)

[2] De generatione animalium III,1 750a 3-7; b 3-21 (passim): Le uova sterili si formano, si è anche già detto, perché nella femmina è presente la materia seminale, ma negli uccelli non si produce la secrezione mestruale come nei sanguigni vivipari.[...] Gli uccelli che volano non hanno uova sterili per la stessa causa per la quale non sono neppure multipari: il residuo degli uccelli dalle unghie ricurve è scarso ed essi necessitano del maschio che ecciti l’escrezione del residuo. (traduzione di Diego Lanza)

[3] Naturalis historia X,166: Inrita ova, quae hypenemia diximus, aut mutua feminae inter se libidinis imaginatione concipiunt aut pulvere, nec columbae tantum, sed et gallinae, perdices, pavones, anseres, chenalopeces. Sunt autem sterilia et minora ac minus iucundi saporis et magis umida. Quidam et vento putant ea generari, qua de causa etiam zephyria appellant. Urina autem vere tantum fiunt incubatione derelicta, quae alii cynosura dixere.

[4] Historia animalium VI,2 560a 5-9: Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili» compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo. (traduzione di Mario Vegetti)

[5] Ixeutica (Aldrovandi).

[6] Historia animalium VI,2 559b 21-24: Coloro che affermano che le uova sterili sono residui delle uova precedentemente prodotte in seguito a copulazione, non dicono il vero: vi sono ormai sufficienti osservazioni relative a giovani galline e oche che hanno deposto uova sterili senza essersi mai accoppiate. (traduzione di Mario Vegetti) - De generatione animalium III,1, 751a 9-13: Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. (traduzione di Diego Lanza)

[7] De generatione animalium II,3 737a 1-7: Perciò il fuoco non è in grado di generare alcun animale e non risulta che se ne componga alcuno neppure nelle sostanze infuocate, in quelle umide o in quelle secche. Il calore del sole invece e quello degli animali, non solo quello agente attraverso lo sperma, ma anche qualsiasi altro residuo della loro natura, possiede un principio vitale. È dunque chiaro da questi argomenti che il calore insito negli animali né è fuoco né dal fuoco trae il suo principio. (traduzione di Diego Lanza)

[8] De generatione animalium I,21 730a 4-9: Qualora una gallina stia per produrre uova sterili, se essa si accoppia quando l’uovo non è ancora passato dall’essere completamente giallo all’essere bianco, le uova da sterili diventano feconde; se poi essa si accoppia a un altro gallo, quando l’uovo è ancora giallo, allora tutta la covata è conforme all’ultimo che si è accoppiato. (traduzione di Diego Lanza)

[9] De generatione animalium I,21 730a 18-23: Lo stesso accade nella riproduzione dei pesci ovipari. Quando la femmina depone le uova, il maschio ci versa sopra il suo seme: diventano feconde le uova di cui esso giunge a contatto, restano sterili le altre; presupposto di questo è che il contributo del maschio non è nella quantità, ma nella qualità. (traduzione di Diego Lanza)

[10] De generatione animalium I,20 729a: Col che è anche chiaro che il liquido seminale non proviene da tutto il corpo: né potrebbero secernersi dalla stessa parte già separati, né, affluiti insieme nell’utero, lì separarsi; ma accade ciò che peraltro è logico: poiché il maschio apporta la forma e il principio del mutamento, e la femmina il corpo e la materia, come nella cagliatura del latte il corpo è dato dal latte, mentre il succo di fico o il siero sono l’elemento che possiede il principio costitutivo, così è anche di ciò che, provenendo dal maschio, si suddivide nella femmina. (traduzione di Diego Lanza)

[11] Historia animalium VI,2 559b 7-8: Lo sperma di tutti gli uccelli è bianco, al pari di quello degli altri animali. Dopo il coito, la femmina lo fa salire verso il diaframma. (traduzione di Mario Vegetti) - ὅταν δὀχευθῇ, ἄνω πρὸς τὸ ὑπόζωμα λαμβάνει θήλεια.