Raffaello Sanzio
1483 - 1520

Volta della Prima Loggia del Palazzo Apostolico
Roma

foto di Andrea Bertolazzi- 2009

Raffaello Sanzio: pittore e architetto italiano (Urbino 1483 - Roma 1520). Più che i primi insegnamenti fornitigli dal padre pittore, Giovanni Santi, dovettero influire sulla primissima formazione di Raffaello gli stimoli di un centro di altissima cultura come Urbino, che gli offriva come testi di studio le opere di Piero della Francesca e di Luciano Laurana. Nel 1504 si trasferì a Firenze. Chiamato a Roma da papa Giulio II nel 1508, Raffaello iniziò il più intenso e fecondo periodo della sua breve vita con la grande impresa della decorazione ad affresco delle Stanze Vaticane. Il suo linguaggio dapprima essenziale (chiesa di Sant'Eligio degli Orefici, 1509) divenne più complesso nelle opere successive (progetto per la basilica di San Pietro, 1514; cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, 1515) giungendo a raffinate soluzioni plastico-pittoriche degli interni, dove riprese motivi a stucco dipinto (grottesche), desunti da edifici imperiali romani (Villa Madama, 1517-20; Logge Vaticane, 1517-19); in tale attività ebbe grande importanza lo studio dell’antichità classica, che lo spinse a eseguire la pianta di Roma antica, dopo che nel 1515 fu nominato soprintendente alle antichità romane. Alla sua bottega si formarono numerosi talenti (Giulio Romano, Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio) e la sua opera esercitò grande influenza sugli artisti che vennero dopo di lui.

Le Logge di Raffaello

Ingresso al Palazzo Apostolico: per questo ingresso, attraversati il Cortile della Sentinella, il Cortile Borgia e il Cortile dei Pappagalli, si giunge al Cortile di San Damaso racchiuso per tre lati dalle Logge, protette da grandi vetrate. Una delle Logge, al secondo piano è stata affrescata dagli allievi di Raffaello, su disegni dell'Urbinate.

Ma che cosa sono le Logge di Raffaello? Sono una galleria coperta, scandita in tredici campate al centro del triplice porticato ideato dal Bramante per mascherare il vecchio Palazzo Apostolico e raccordarlo al Belvedere. Un tempo la Loggia era aperta sul cielo e sul paesaggio di Roma. Le vetrate sono state messe in opera soltanto nel XIX secolo per preservare pitture e stucchi da un degrado altrimenti inarrestabile. Nella volta scorrono in successione cinquantadue scene religiose. È la cosiddetta Bibbia di Raffaello, la restituzione per immagini più conosciuta e più popolare del mondo, riprodotta innumerevoli volte, dalle incisioni cinquecentesche ai moderni santini della prima comunione.

Tutto intorno, negli affreschi e negli stucchi, la gloria dell'Antico - un repertorio sterminato di grottesche e di immagini in rilievo tratte dalla statuaria classica, dalla glittica, dalla numismatica - si mescola alla gloria della Natura significata da un tripudio di fiori, di frutta, di uccelli. È la Domus Aurea di Nerone, è lo splendore della bellezza visibile, il tutto santificato dalla rivelazione cristiana.

Ciò che ha del prodigioso è la velocità della progettazione e della esecuzione. Il 16 giugno 1519 Baldassarre Castiglione annuncia a Isabella d'Este la conclusione del cantiere con queste parole: "Hor si è fornito una loggia dipinta: e lavorata de stucchi alla antica opra di Raphaello bella al possibile: e forsi più che cose che si vegga hoggi dì de moderni."

A Raffaello restava meno di un anno di vita. Nell'estate del 1519 consegnava al suo coltissimo sovrano, Papa Leone X Medici, il capolavoro supremo. Come ha potuto Raffaello produrre in un tempo così breve un'opera di queste dimensioni e di questo impegno? Questa è la domanda cruciale. Lo ha fatto utilizzando una squadra di geniali collaboratori, i cosiddetti "giovani di Raffaello". Il merito più grande del libro di Nicole Dacos (Le Logge di Raffaello. L'antico, la Bibbia, la bottega, la fortuna. - 2008) è di aver distinto, in maniera che io credo definitiva, lo stile di ognuno: Giulio Romano, Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio, Gian Francesco Penni, Giovanni da Udine, Vincenzo Tamagni, il francese Guglielmo de Marcillat, gli spagnoli Pedro Machuca e Alonso Berruguete. Era un impegno improbo distinguere i molti maestri che, sotto la direzione di Raffaello, condussero il grande cantiere. Era un impegno che aveva affaticato molte generazioni di storici dell'arte da Giorgio Vasari a Roberto Longhi a Konrad Oberhuber. Grazie a questo libro Nicole Dacos è riuscita nella bella e degna impresa con risultati ammirevoli e del tutto convincenti.

Il Palazzo Apostolico

Il Palazzo Apostolico - o i Palazzi Apostolici, detti anche Palazzi Papali o Palazzi Vaticani -  è la residenza ufficiale del Papa nella Città del Vaticano. Il Palazzo è un complesso di costruzioni, che comprende l'Appartamento Papale, gli uffici del governo della Chiesa Cattolica Romana, i Musei Vaticani, la Biblioteca Apostolica Vaticana oltre a più di 1.000 stanze tra le quali la Cappella Sistina, la Sala Regia e le stanze affrescate da Raffaello Sanzio. Le altre residenze papali sono il Palazzo del Laterano e Castel Gandolfo fuori Roma. Prima del 1871, la residenza ufficiale del Papa era il Palazzo del Quirinale.

Solo con l’acquisizione sabauda della città di Roma nel 1870 i Papi abitarono nel Palazzo Apostolico Vaticano e prima di allora essi optarono per decine e decine di diverse residenze. Innocenzo III (1198-1216) fece costruire una residenza in Vaticano ponendo così un'alternativa al Laterano. I Pontefici dell’età moderna che presero in maggiore considerazione l’idea di sfruttare l'area del Vaticano furono Niccolò V e Alessandro VI (1492-1503).

Entrambi ampliarono il Palazzo e si impegnarono a realizzare nel Borgo una vera e propria cittadella curiale, per giunta fortificata e ben separata dalla zona più popolata di Roma da un Tevere che restò fino a metà Ottocento attraversato da tre soli ponti (con l’esclusione di Ponte Milvio). Lo stretto valico che più direttamente conduceva a San Pietro portava sotto le mura di Castel Sant’Angelo e questo garantiva la sicurezza del passaggio. C’era però un’altra realtà: i Papi faticavano a trovare una sistemazione entro il Palazzo Vaticano. Alessandro VI si provvide di un appartamento (noto come Borgia) che i suoi immediati successori però non adoperarono. Fu Giulio II (1503-13) a trasferirsi al piano superiore dello stesso edificio, in quelle che oggi sono note come 'Stanze di Raffaello', che continuarono a essere abitate da chi lo seguì fino a Paolo III (morto nel 1549). Papa Farnese si spostava però di continuo, entro e fuori Roma e soprattutto passò lunghi periodi a Palazzo Venezia. A Giulio III (1550-55) quelle stanze non piacquero e si costruì così un appartamento sopra uno dei corridoi del Belvedere (quello verso Sant’Anna). Qui rimase anche Paolo IV (1555-59), poi Pio IV (1560-65) iniziò - e Pio V (1566-72) concluse - la costruzione di una nuova residenza Papale tra la Torre Borgia e il corridoio del Belvedere che dà verso i giardini.

Non era finita. Gregorio XIII (1572-85), insoddisfatto anche di questa soluzione, realizzando un nuovo ordine di logge sul cortile di San Damaso, ne allestì il retro come propria nuova abitazione. Nel suo fervore costruttivo non si tirò poi indietro Sisto V (1585-90) che infine costruì il palazzo attuale sede del pontefice e dove né lui, né i suoi successori, per tre secoli, avrebbero però posto almeno stabile dimora. Si cercherà di dire perché, ma intanto, a giustificare quello che fin qui s’è detto, si ricorda che l’architetto del Palazzo Sistino, Domenico Fontana, celebrò le virtù dell’edificio che andava realizzando sottolineando come questo fosse ampio, aperto su tre lati, esposto alla luce e ai venti. La precedente irrequietezza abitativa dei Pontefici in Vaticano si spiega soprattutto così: attorno al nucleo antico del Palazzo si potevano solo realizzare residenze esposte a nord e sostanzialmente povere o del tutto prive di luce.

Il Palazzo Sistino risolse così il problema, ma, una volta realizzata quella che sembrava la dimora ideale, i Papi non mostrarono di gradirla particolarmente e continuarono a frequentare Palazzo San Marco e presero a utilizzare il Quirinale, ch’era intanto sorto, quale ennesima realizzazione di Sisto V.