Infatti, secondo i principi dell’antropologo e sociologo ucraino Alexander Goldenweiser (1880-1940), dovrebbe essere valido il principio delle possibilità limitate, in base al quale le produzioni fantastiche degli esseri umani sono infinite, ma la loro traduzione in pratica ha dei limiti; oltre a ciò, le abitudini e le manifestazioni concrete di un gruppo possono somigliare a quelle di un’altra etnia, anche assai remota, perché esiste solo un numero limitato di modi in cui fare una certa cosa.
Ne consegue che talora certi scambi culturali transoceanici sono solo delle fate morgane in quanto la cultura ritenuta derivata fu invece autenticamente autoctona, anche se simile a quella che sembrerebbe fungere da capostipite.
Come abbiamo già visto, è probabile che l’uomo sia giunto nelle Americhe attraversando l’istmo di Bering circa 40.000 anni fa, scavalcando poi il futuro canale di Panama circa 10.000 anni orsono. Non esistono però dati certi in merito; ciò sarebbe accaduto quando lo stretto di Bering si trasformava periodicamente in istmo. Anche Ceylon divenne un’isola grazie allo stesso meccanismo, e una sorte identica toccò alla Tasmania 13.000 anni orsono.
Gli Amerindi occupano una posizione intermedia fra la varietà mongolica e quella caucasica. Non vi è alcun dubbio che nelle Americhe si verificò una metastasi di cultura nordasiatica. Esistono inoltre affinità altrettanto evidenti, ma più complesse, con l’Indonesia e la Melanesia.
Se è valida l’ipotesi secondo cui i primi emigranti giunsero in America traducendo polli, questi furono addomesticati almeno 40.000 anni fa, cioè molto prima di qualsiasi altro animale. È per questo motivo che tutti evitano di prestare molta attenzione a resti di polli ritenuti precolombiani. Se fossero precolombiani, quel Ricercatore che propugnasse una siffatta ipotesi verrebbe coinvolto in una controversia alquanto aspra: equivarrebbe ad affermare che i polli non sono giunti con i Conquistadores spagnoli.
Se i polli fossero stati addomesticati in Asia molto prima di quanto si creda attualmente, e se un piccolo drappello avesse seguito gli emigranti dell’ultimo periodo interglaciale, sarebbe un’ottima e ideale circostanza per una mutazione, come la comparsa di uova blu. Solo una piccola popolazione di gallinacei dovrebbe essersi messa in viaggio, e ciò permetterebbe una rapida deriva genetica, in quanto inabituali fenomeni genetici scaturiscono rapidamente in seno a una piccola popolazione, trasmettendosi poi ai discendenti. Sono parole di Nick Romanowski in una lettera indirizzata a Bill Plant il 1° luglio 1986.
Non dimentichiamo un’evenienza: è molto verosimile che i polli fossero tenuti in gruppo senza permesso di vagabondare, in quanto viatico essenziale per le migrazioni: erano così costretti all’inincrocio.
Cos’accadde alle mandrie al seguito di Annibale [1] quando si lanciò alla conquista dell’Italia? Alcuni soggetti si staccarono dal gruppo: si selezionarono i tori da corrida spagnoli nonché la combattiva Pezzata Nera Valdostana. Allo stesso modo, durante il lungo cammino verso l’America del Sud, alcuni polli fuggitivi potrebbero essersi incrociati coi Tetraonini - presenti in Nordamerica e assenti in America meridionale - oppure con il genere Ortalis, i chachalaca centroamericani.
Una teoria può riallacciarsi all’altra e, come spesso accade, la verità potrebbe non essere univoca, sfrondata ovviamente dalle congetture che non hanno riscontro nella realtà: infatti, l’incrocio fra generi differenti rappresenta un punto particolarmente delicato della biologia e, di fronte alla sterilità degli ibridi, non esiste prova d’appello.
[1] Annibale Barca (247-183 aC), annoverato fra i grandi strateghi d'ogni tempo, fu implacabile avversario di Roma. Nel 218 mosse verso l'Italia alla testa di un esercito forte di circa 25.000 uomini e di 27 elefanti; superati i Pirenei e le Alpi, si presentò nella Pianura Padana dove sconfisse le forze romane prima sul Ticino poi sul Trebbia. L'anno successivo, dopo aver superato l'Appennino non senza difficoltà e perdendovi un occhio, sconfisse un altro esercito romano al Trasimeno; ma fu a Canne, nel 216, che la sua tattica di avvolgimento ottenne un clamoroso risultato con la tremenda sconfitta di un nuovo poderoso esercito avversario, forte di circa 50.000 uomini, il doppio dei suoi.