Vol. 2° -  IX.2.

L’endocitosi

Endocitosi è un termine generale usato per indicare un gruppo di fenomeni legati all’ingresso di particelle solide o liquide nel citoplasma per invaginazione della membrana.

2.1. Macropinocitosi

Si tratta di un meccanismo visibile in microscopia ottica mediante il quale la cellula, con un movimento della membrana, cattura una gocciolina di un liquido. La macropinocitosi avviene in due modi diversi:

q  per un movimento di ripiegamento di una lamina ectoplasmatica sul corpo cellulare: in questo caso si forma un’espansione citoplasmatica stretta, a forma di lama, che si ripiega sulla gocciolina; segue quindi una fusione con la membrana plasmatica e la gocciolina viene a trovarsi in una vescicola con diametro pari a 1÷2 mm

q  per invaginazione della membrana plasmatica: viene a crearsi un’invaginazione tubuliforme profonda; le vescicole si formano per strozzature scaglionate lungo l’invaginazione.

2.2. Micropinocitosi

La membrana si introflette in una formazione tubuliforme lunga 100 nm con un diametro pari a 30÷50 nm. Il liquido penetra nel tubulo che, per strozzatura, dà origine a microvescicole. La membrana può anche introflettersi dando origine direttamente a una vescicola immersa nel citoplasma, senza che si formi prima il tubulo. In questo caso si tratta di una microvescicola o vescicola di micropinocitosi.

2.2.a. Le vescicole lisce

Le vescicole lisce corrispondono a un’endocitosi poco specifica che svolge un ruolo nel trasporto di sostanze attraverso la cellula. Questo fenomeno si verifica, per esempio, nelle cellule endoteliali, che sono cellule pavimentose, formanti con la lamina basale la parete dei capillari.

Le vescicole di micropinocitosi si formano sulla superficie cellulare in rapporto col lume vasale e quindi col sangue (superficie luminale) e trasportano, attraverso la cellula, le sostanze catturate (macromolecole, proteine plasmatiche, anticorpi, micelle lipoproteiche), liberandole per esocitosi nel mezzo extracellulare che circonda il capillare.

2.2.b. Gli acantosomi - coated vesicles - vésicules hérissées

La formazione di coated vesicles è un processo di internalizzazione specifico di regioni specializzate della membrana plasmatica associate a un gruppo di recettori, che si invaginano rapidamente, finendo per isolarsi.

La superficie esterna di tali vescicole è irta di spine lunghe 15 nm. Questo aspetto è dovuto alla presenza di un reticolo formato dall’associazione di numerose molecole fibrillari di clatrina (180.000 Da) che si dispongono alla superficie della vescicola formando esagoni o pentagoni.

Fig. IX. 2 - Ricostruzione tridimensionale di un acantosoma
Il reticolo esagonale e pentagonale alla superficie della coated vesicle
è dovuto alla disposizione delle molecole fibrillari di clatrina. 

La membrana plasmatica, prima dell’endocitosi, laddove si formerà la coated vesicle, si ricopre sul versante citoplasmatico di una rete a maglie esagonali e pentagonali di clatrina. Le zone di depressione appaiono irte di punte e in queste regioni prendono posto recettori specifici della sostanza destinata ad entrare nella cellula, che costituisce il ligando. Il passaggio del ligando nel citoplasma - che costituisce la fase di internalizzazione, o meglio, di interiorizzazione - è obbligatoriamente subordinato al legame col suo recettore. Il recettore specifico si localizzerebbe spontaneamente nella depressione irta di punte, coated pits, oppure l’accoppiamento recettore-ligando potrebbe realizzarsi in una zona diversa e l’insieme migrerebbe successivamente verso tale depressione.

Prendiamo ad esempio il colesterolo. La cellula sintetizza un recettore specifico per le LDL, low density lipoproteins, sintetizzate nel fegato e circolanti nel sangue, formate da un core apolare contenente esteri del colesterolo, circondato da uno strato di fosfolipidi e proteine. Le LDL si fissano ai recettori di membrana e, dopo 10 minuti di binding, vengono interiorizzate nelle coated vesicles che, in seguito alla fusione con lisosomi primari, sono dotate di attività enzimatiche. La porzione proteica viene idrolizzata in aminoacidi e dagli esteri del colesterolo viene recuperato il colesterolo, che potrà servire per la sintesi di strutture membranarie. La sintesi di recettori per le LDL dipende dal contenuto in colesterolo intracellulare: se questo è basso, la sintesi di recettori da parte della cellula che necessita di colesterolo si eleva; si tratta del cosiddetto feedback o retrocontrollo cellulare.

2.3. La fagocitosi

La fagocitosi è l’insieme dei fenomeni che portano alla cattura e alla demolizione di particelle solide ed è stata a lungo considerata come un meccanismo di difesa riservato, nei vertebrati, a cellule assai specializzate, delle quali rappresenta la funzione essenziale: i granulociti e i macrofagi, cioè le cellule del sistema reticoloistiocitario.

Altri tipi di cellule, tuttavia, in certi momenti della loro vita, per situazioni di necessità - rappresentate per esempio da uno stato patologico - possono adattarsi a questo sistema di assorbimento di particelle solide. Questa fagocitosi si esplica non solo verso i batteri, ma anche per frammenti cellulari.

Quando, per esempio, i batteri riescono a penetrare nell’organismo, dopo aver superato le molteplici barriere di protezione (epidermide, mucosa digestiva o respiratoria), vengono immediatamente modificati dagli anticorpi umorali, le opsonine [1] .

L’opsonizzazione, o fissazione di anticorpi specifici sulla superficie dei batteri, precede obbligatoriamente la loro cattura. I granulociti migrano nelle zone occupate dai batteri, attirati da una sostanza chimica di natura ignota; migrano alla velocità di 0,7-1 mm per minuto, fenomeno che è detto chemiotassi.

I granulociti sono animati da movimenti incessanti: formazione di pseudopodi, formazione di bolle alla superficie cellulare. Il contatto precede una fase essenziale, rappresentata dall’adesione, durante la quale la particella estranea viene immobilizzata contro la membrana citoplasmatica.

L’ectoplasma invia su tutta la superficie del batterio dei prolungamenti, che si fondono a limitare una vescicola, il fagosoma, occupata dal batterio. La membrana del fagosoma prende origine, dunque, dalla membrana plasmatica. Si tratta della fase reologica. Il fagosoma si trasforma in fagolisosoma per fusione con lisosomi primari.

La fagocitosi, processo attivo, consuma una quantità notevole di energia. La spesa energetica necessaria ad incorporare una particella di polistirolo corrisponde all’energia contenuta in 109 molecole di ATP.

2.4. Inibizione dell’endocitosi

La fagocitosi e la macropinocitosi sono nettamente rallentate o bloccate da minime concentrazioni di citocalasina [2] , che annulla le proprietà dei microfilamenti e che non è in grado di inibire la micropinocitosi. Durante l’inibizione i batteri opsonizzati aderiscono ai macrofagi o ai granulociti, ma non vengono mai interamente circondati dalla membrana citoplasmatica e restano all’interno di invaginazioni più o meno profonde della membrana stessa.

2.5. Ruolo dei microfilamenti nell’endocitosi

La rete di microfilamenti gioca un ruolo importante nell’internalizzazione svolta dalla membrana. Le proteine di membrana che aderiscono a una particella o a una cellula batterica vengono immobilizzate dai filamenti di actina sottomembranari. Il blocco della pompa del Na+ aumenta la concentrazione intracellulare di Na+ provocando così un’onda di depolarizzazione che libera il Ca++ accumulato nei canalicoli del reticolo endoplasmatico.

La presenza di calcio è indispensabile per la combinazione dell’actina con la miosina: tale combinazione, con formazione di actomiosina, si accompagna a una contrazione. Poiché questi filamenti sono fissati sulla faccia interna della membrana, provocano la comparsa di una sua invaginazione, che si richiude sulle particelle adese alla membrana.

2.6. Il controllo dell’endocitosi

Dal punto di vista quantitativo il controllo dell’endocitosi è poco conosciuto. Si sa, tuttavia, che certe sostanze sono capaci di inibire la pinocitosi, mentre altre la stimolano. Così, gli ormoni controllano la pinocitosi delle cellule tiroidee.

2.6.a. Inibizione dell’endocitosi

Inibitori sintetici bloccano l’endocitosi. Il macrofago risulta incapace di effettuare l’endocitosi quando è mantenuto in un mezzo con p-fluoro-fenilalanina. L’integrità della via glicolitica e della fosforilazione ossidativa sono indispensabili per l’endocitosi: l’aggiunta di DNP (dinitrofenolo) la inibisce, ma si tratta di una situazione reversibile per aggiunta di ATP malgrado sia presente DNP.

2.6.b. Induzione dell’endocitosi

Alcuni coloranti basici e alcune proteine inducono l’endocitosi. L’induttore è caricato positivamente e si associa, grazie a forze elettrostatiche, ai mucopolisaccaridi del cell coat.

L’endocitosi, salvo che per le cellule istiocitarie (granulociti e macrofagi), avviene in tutte le cellule indipendentemente dall’induzione. L’endocitosi indotta è infatti un fenomeno tossico o patologico, esagerazione di un fenomeno fisiologico.

 sommario 

 avanti 



[1] Opsonina: termine dall’etimologia discussa, in quanto può derivare tanto da hépsein, bollire, quanto da opsónion, provvista, oppure da ópson, carne bollita, polpa. Un’opsonina è una delle diverse sostanze capaci di legarsi sulla superficie dei batteri o di altre cellule per renderli più sensibili alla fagocitosi. Un’opsonina può essere costituita da anticorpi, frammenti di componenti del complemento o da enzimi come il lisozima.

[2] Chàlasis in greco significa rilassamento, allentamento. Le citocalasine, annullando le proprietà dei microfilamenti deputati a mantenere la forma della cellula e a partecipare attivamente ai processi di movimento - quali il movimento ameboide -, determinano un rilassamento cellulare.