Vol. 2° -  XIV.6.

Geni pleiotropici

Un gene è detto pleiotropico [1] quando possiede effetti molteplici.

Tale gene determina due o più caratteri che risultano strettamente tra loro correlati. Attualmente si pensa che la maggioranza dei geni abbia comportamento pleiotropico, almeno in senso lato. La prima osservazione venne fatta da Mendel che notò come il medesimo fattore ereditario influenzasse il colore dei fiori e il colore del tegumento dei semi. Nilsson (1905) osservò che nell’avena vi era una stretta correlazione fra pelosità dei culmi e forma delle ariste. Però la dimostrazione della pleiotropia è difficile, perché richiede che i caratteri correlati non manifestino dissociazione nella discendenza ed abbiano sempre una stessa percentuale di scambio con geni noti.

Un esempio nel pollo è fornito dal gene recessivo autosomico psp, acronimo di polidattilia-sindattilia-ptilopodia, cioè dita soprannumerarie, dita fuse tra loro e tarsi impiumati. Molti omozigoti muoiono appena nati o poco tempo dopo, alcuni sopravvivono più a lungo. La calzatura è del tutto particolare: piccole piume persino alla pianta dei piedi. Gli eterozigoti sono assolutamente normali. Anche se raramente, alcuni soggetti riescono a sopravvivere; tuttavia psp può essere classificato tra i geni letali. Hollander possedeva un maschio sopravvissuto fino a riprodursi. Ma questa è l’eccezione e non la regola. Altri esempi di pleiotropia del pollo saranno analizzati nella genetica speciale.

Spesso un’elevata frequenza di associazione fra caratteristiche tra loro differenti è dovuta semplicemente agli effetti multipli di un unico gene. Si tratta chiaramente di questo fenomeno quando l’associazione è assoluta, cioè quando due caratteristiche si trovano sempre unite, come l’escrezione di acido fenilpiruvico e l’assenza di fenilalanina ossidasi. In questo caso, se le due caratteristiche fossero causate da due geni separati, ma strettamente associati, il verificarsi di scambi cromosomici nelle generazioni precedenti avrebbe dovuto portare alla loro separazione, riscontrando sia l’escrezione dell’acido fenilpiruvico senza la deficienza enzimatica, sia alla deficienza enzimatica senza l’escrezione urinaria anormale.

Può verificarsi che noti effetti multipli di un gene non si manifestino nella stessa persona.
Nella sindrome di Marfan, per esempio, l’eccessiva lunghezza delle dita delle mani, lo spostamento del cristallino e i difetti cardiaci, si trovano di frequente unite, ma non invariabilmente, nello stesso individuo. Ognuna di queste caratteristiche, presa separatamente, è così rara che l’associazione casuale di due o tre di esse dovrebbe essere estremamente infrequente. Uno studio degli alberi genealogici rivela che, se una persona con le dita delle mani di lunghezza anormale non presenta anomalie nella disposizione del cristallino, può darsi che quest’ultimo difetto compaia tra i figli di questa persona con le dita lunghe, mentre può darsi che una persona con le dita lunghe e con un’errata disposizione del cristallino abbia una progenie con la sola anomalia delle dita.

Questo studio dimostra che lo stesso gene dominante è responsabile di entrambe le caratteristiche di questa sindrome, e che, d’altro lato, nel corso dello sviluppo, talvolta solamente una caratteristica viene espressa. Perciò l’associazione incompleta fra le differenti caratteristiche non è dovuta alla associazione di geni diversi, i quali possono o meno presentare insieme sullo stesso cromosoma le varietà alleliche anormali, ma piuttosto ad un singolo gene che presenta effetti multipli, i quali vengono espressi in maniera irregolare. Una sindrome che si esprime parzialmente viene chiamata forma frusta.

Fig. XIV. 2 – Sindrome di Marfan.
I piedi a confronto appartengono rispettivamente
a un paziente affetto da aracnodattilia e a un soggetto normale.

In alcuni alberi genealogici esistono individui che presentano un’errata disposizione del cristallino, ma nessuno dei quali presenta l’aracnodattilia. In queste famiglie l’errata disposizione del cristallino si eredita in forma rigorosamente dominante, al contrario di quanto accade per la comparsa irregolare di questa caratteristica quando è associata all’aracnodattilia. Il differente tipo di ereditarietà costituisce una forte indicazione che la malposizione del cristallino non accompagnata da aracnodattilia non dipende dallo stesso locus, o almeno dallo stesso allele che controlla l’aracnodattilia. Questo elimina la possibilità che la cattiva disposizione del cristallino, non accompagnata dall’eccessiva lunghezza delle dita, sia il prodotto di uno scambio fra due geni associati.

Comunque, esiste una possibile obiezione a questo argomento: potrebbe essere vero che due geni separati, uno per la malposizione del cristallino e l’altro per l’aracnodattilia, interagiscano durante lo sviluppo in maniera tale che l’effetto dell’allele che riguarda il cristallino sia irregolare quando entrambi i geni sono presenti nello stesso individuo, mentre è dominante in maniera regolare se manca l’altro gene anomalo. Soluzione decisiva per interpretare se si tratti di geni associati o di effetti multipli di un gene è l’adozione del metodo statistico.

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[1] Pleiotropia: parola composta derivata dal greco pleíøn che significa più e trépø che vuol dire rivolgere, dirigere.