Da più di un decennio si
  possono produrre su larga scala proteine codificate da geni umani. Attraverso
  tale miracolo tecnologico è oggi
  possibile utilizzare batteri comuni, come l’Escherichia
  coli, per produrre insulina umana, l’ormone umano della crescita, gli
  interferoni a, b e g, altri tipi di linfochine,
  fattori di crescita per i cheratinociti della cute, anticorpi mono-specifici
  ingegnerizzati in vario modo e persino molecole ibride non presenti in natura ma, apparentemente, più
  efficaci delle molecole naturali. Questa tecnologia per la quale è stato
  ideato il nome di ingegneria genetica,
  si è fortemente consolidata nell’arco di un periodo assai breve, così da
  fornire prodotti affidabili per omogeneità, e pertanto proponibili come farmaci per uso
  umano.
Il procedimento del DNA ricombinante ha aperto la strada a
  nuove ed eccitanti possibilità di ricerca, e afferma la plausibilità dell’ingegneria
  genetica, cioè dell’alterazione della costituzione genetica di cellule o di
  individui per modificazione diretta e selettiva, inserzione o delezione di uno
  o più geni. In alcuni casi, nuove combinazioni di geni sono create
  congiungendo frammenti di DNA di organismi diversi. La tecnologia del DNA
  ricombinante sta facendo progredire le nostre conoscenze della struttura e
  funzione dei genomi eucariotici e procariotici.
Le tecniche che hanno consentito tutto ciò vengono
  indicate col termine onnicomprensivo di biotecnologie. Alla base di esse sta la possibilità d’ibridizzare
  sequenze di DNA corrispondenti a geni provenienti dalle specie vegetali o
  animali più disparate, inclusa quella umana, con vettori di espressione
  plasmidici o virali, e quindi inserire tali geni ibridi in batteri, lieviti o
  cellule di mammifero. In tal modo è possibile sfruttare la macchina
  biochimica della cellula ospite per fabbricare RNA messaggero (mRNA)
  corrispondente al gene ingegnerizzato. Se tale gene era umano, diviene così
  possibile esprimere mRNA umano in cellule di specie lontane dalla nostra. Tale
  mRNA viene poi tradotto in una proteina del tutto simile o addirittura
  identica a quella umana. Proteine
  così prodotte sono dette ricombinanti. Esse vengono accumulate
  nel sovranatante, cioè nel brodo di coltura, o nel liquido intracellulare
  delle cellule ospiti coltivate in appositi reattori biologici. La produzione
  di tali sostanze è rapidamente divenuta tale in qualità e quantità da
  soddisfare la domanda del mercato farmaceutico.
Più recentemente la produzione commerciale di proteine umane utilizzate come farmaci
  si è avvalsa di tecniche d’ingegneria genetica su animali produttori di
  latte (ovini, bovini). Almeno tre gruppi di ricercatori hanno dimostrato che
  pecore e vacche transgeniche possono produrre col proprio latte proteine
  umane, quali il fattore IX della coagulazione del sangue e l’a-1-antitripsina,
  in quantità di grammi per litro e cioè tale da soddisfare la richiesta
  farmaceutica.
La tecnologia degli animali transgenici da latte è in fase preindustriale e
  nessun prodotto così ottenuto è giunto all’impiego clinico. Essa tuttavia
  deve essere tenuta presente come passo successivo e, forse, vincente,
  soprattutto per le probabili maggiori economie nel sistema produttivo. L’animale,
  infatti, sostituirebbe in tal caso i complicati sistemi termostatati dei
  reattori biologici, garantendo una naturale sterilità in fase di produzione.
L’interesse per i peptidi di sintesi e per le proteine
  ricombinanti o estrattive come potenziali farmaci è drammaticamente cresciuto sin dagli inizi degli
  anni ‘60 quando cominciò ad essere possibile la sintesi di grandi quantità
  di peptidi in fase solida e quando agli inizi degli anni ‘70 fu possibile
  ingegnerizzare batteri con la tecnologia del DNA ricombinante, obbligandoli a
  produrre proteine simili o addirittura identiche a quelle umane. Trasformare
  tali sostanze in farmaci è stato un cammino lungo ed estremamente complesso.
  Nonostante ciò, il numero dei nuovi farmaci è andato rapidamente crescendo
  tanto da renderne oggi difficile una seppur provvisoria classificazione.
L’impiego dei batteri come cellule ospitanti nel corso
  degli esperimenti sul DNA ricombinante ha fornito importanti informazioni
  sulla regolazione genica. Con frammenti di DNA del donatore, dotati di diverse
  dimensioni, è stato possibile identificare la localizzazione e l’azione
  delle unità di controllo (sequenze promoter)
  che governano l’espressione di particolari geni. Le procedure di DNA
  ricombinante, basate sui batteri e su frammenti di DNA tradotti in molecole
  proteiche, hanno portato alla crescente disponibilità di sostanze utili in
  campo medico come l’insulina
  per il diabete, l’interferone
  per le infezioni virali e alcune forme tumorali, l’ormone della crescita o GH, acronimo di growth
  hormone, per il nanismo ipofisario. Queste sostanze in passato erano
  estratte dalle sorgenti naturali per cui erano disponibili in quantità
  limitata, salvo l’insulina che è sempre stata preferibilmente di origine
  suina, purtroppo dotata di rischi allergici connessi a questa fonte.
| Farmaci
          derivati da DNA umano | 
| attualmente
          utilizzabili in clinica | 
| analgesici | 
| antianemici | 
| antineoplastici | 
| antinfiammatori | 
| antitrombotici
          e trombolitici | 
| antibiotici
          e antivirali | 
| antidiabetici | 
| agenti
          attivi sul sistema muscoloscheletrico | 
| agenti
          attivi sul sistema respiratorio  | 
| agenti
          attivi sull’apparato cardiovascolare | 
| agenti
          fibrinolitici | 
| fattori
          plasmatici e della coagulazione | 
| fattori
          di riparazione di ulcere e ferite | 
| ormone
          della crescita | 
| regolatori
          del metabolismo del calcio | 
| regolatori
          dell’immuno-ematopoiesi | 
Altra conquista della medicina dovuta al DNA ricombinante
  è stata la produzione di vaccini.
  Un vaccino può essere composto dalla sostanza tossica prodotta da un germe,
  come nel caso del vaccino antitetanico, sostanza che però viene
  opportunamente neutralizzata, oppure può consistere in agenti vivi e
  attenuati, oppure in agenti uccisi senza che per questo abbiano perso la
  capacità di stimolare l’organismo a produrre le armi adeguate,
  rappresentate dagli anticorpi.
Il virus del vaiolo umano pare scomparso dalla faccia
  della terra. Se ne è conservato un ceppo in un laboratorio statunitense e
  diremo tra poco il perché. Ma anche questo ceppo è stato recentemente
  distrutto. Quel malefico virus, che tanti lutti ha procurato, è stato
  asservito alla salute umana impiegando il suddetto ceppo per produrre un
  vaccino contro il virus  di tipo 1
  dell’herpes  simplex,
  responsabile delle lesioni orali e labiali (il tipo 2 è responsabile delle
  manifestazioni genitali); sempre l’ingegneria genetica ha sfruttato il
  vecchio killer per produrre un vaccino contro virus influenzali e, terzo ed
  ultimo, il vaccino contro l’epatite B che attualmente viene prodotto con il
  lievito. Le speranze del futuro sono rivolte verso uno stupro totale dell’ospite: oberarlo di
  molteplici genomi, ognuno di origine diversa, con lo scopo di produrre un
  vaccino polivalente.
Esistono molti oggetti vaganti, tra i quali il primato
  spetta alle notizie. L’informazione è spesso un insieme di bazzecole
  raccolte con finalità ben precise: intimorire, guidare il voto politico,
  determinare una scelta commerciale. È il gioco di questa giungla che è la
  vita umana imbellettata di sociale. Una giungla molto più infida di tutte
  quelle abitualmente citate. Arriveremo al dunque, ma le chiose sono il mio
  forte, per cui vorrei far notare che, da buon agnostico politico, avevo già
  da tempo inteso ciò che anche l’uomo più sprovveduto sa leggere negli
  avvenimenti. Televisione & Company ci hanno subissati di notizie sui
  macabri avvenimenti della ex Iugoslavia, cercando di colpevolizzarci per
  questo disastro morale e umano spuntato quasi come un fungo alle soglie del
  2000. Nauseanti, semplicemente nauseanti i telegiornali.
Nessuno che citasse la vera causa di tutto. È certo che
  nella vendita di armi ai belligeranti tutte le nazioni fornitrici ne
  guadagnano, quindi anche il singolo, anche l’obiettore di coscienza. Bisogna
  aggiungere che i proventi decuplicano quando la devastazione deve nuovamente
  trasformarsi in apparato vivibile. Sarà un accaparrarsi di privilegi
  commerciali per fornire ai derelitti cemento, ferro, mattoni, preservativi,
  sì, anche preservativi, perché, se i panifici non esistono più, figuriamoci
  le industrie della gomma!
Orbene, qualcuno doveva essere implicato nel favorire
  questa danza macabra iugoslava, e alcuni di noi si sono lasciati trascinare da
  giusti sentimenti, non lesinando fatiche e vita. Ma chi è che dirige questa
  partita a scacchi? È di ieri, 5 aprile 1996, Venerdì Santo, l’edificante e
  scontata notizia di una possibile implicazione del Presidente degli USA, Bill
  Clinton, nel traffico di armi. Notizia da verificare, è ovvio, corredata da
  un corri corri con le mani sul culo, ma scontata per quanto ne riguarda il
  contenuto. Che sia Clinton o un suo pari, poco conta.
Il disastro consiste nel fatto che oggi, come sempre,
  siamo nelle mani degli inconsapevoli e degli arrivisti. Mi ricordo che un
  carissimo amico, insignito non so più di quale onorificenza vaticana, un
  giorno mi disse: “Sono stato a Roma, e sapessi quanta gente ammalata di
  mitrite ho visto!” Mitrite o cadreghite fa lo stesso, si tratta di delirio del primo attore, della nevrosi
  del successo per dirla con termine scientifico. È ovvio che per
  raggiungerlo non bisogna guardare in faccia a nessuno.
Già Machiavelli aveva dettato le sue regole di come si fa a diventare e a mantenersi Principe:
Debbe,
  adunque, avere uno principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa
  che non sia piena delle soprascritte cinque qualità
  [1]
  ,
  e paia, a vederlo et udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto
  religione.
  E non è cosa più necessaria a parere di avere che questa ultima qualità.
  
Niccolò
  Machiavelli - De Principatibus - 1513
  XVIII - Quomodo fides a principibus sit servanda
Eccoci al dunque. Mentre
  dormiamo sonni beati o inquieti, si trama alle nostre spalle. Ho appena
  affermato che il virus del vaiolo è stato definitivamente eliminato. Arnold
  Levine di Princeton - New Jersey, USA
  - mi ha poi aperto gli occhi sulla situazione dei ceppi di virus del vaiolo,
  ma nonostante la chiarezza dei dati riferiti, qualcosa deve essere stato
  tenuto nascosto anche a lui. Vediamo in sintesi cosa ne sa questo scienziato
  americano in proposito.
La ragione per ritenere che il vaiolo sia stato davvero
  eradicato sta nel fatto che gli esseri umani sono gli unici ospiti di questo
  virus. Per quanto finora ne sappiamo, non esistono serbatoi animali. Il
  carattere endemico del vaiolo può quindi essere mantenuto solo con il
  passaggio del virus da persona a persona, ed è proprio questa catena ad
  essere stata spezzata.
Sulla base di questa logica dovremmo pensare che ulteriori
  vaccinazioni siano inutili. La vaccinazione non è scevra da complicazioni,
  sebbene poco frequenti. E siccome la vaccinazione comporta qualche rischio,
  mentre sembra che non ci sia più alcun pericolo di ammalarsi di vaiolo, molte
  autorità sanitarie hanno raccomandato di interrompere la vaccinazione
  antivaiolosa. Così le nuove generazioni cresceranno suscettibili e indifese
  nei confronti del vaiolo, proprio come lo erano le popolazioni amerinde nel XVI secolo. In queste decisioni si insinuano curiose
  differenze d’opinione. Negli Stati Uniti la popolazione non viene più
  immunizzata contro il vaiolo, tuttavia, all'atto dell’arruolamento, le
  reclute vengono regolarmente vaccinate, in quanto un virus potrebbe diventare
  un'arma biologica presumibilmente micidiale.
Ma è proprio vero che non ci sono più esempi di virus
  del vaiolo in nessun luogo del mondo? Non è esattamente così: nell'agosto
  1978, cioè un anno dopo l’eradicazione del virus, furono registrati due
  casi di vaiolo a Birmingham, in Inghilterra, in seguito a un incidente
  verificatosi in un laboratorio nel quale si conducevano esperimenti con il
  virus del vaiolo. Questo evento dimostrò chiaramente che tutti i ceppi di
  tale virus dovevano essere distrutti oppure conservati in condizioni di
  massima sicurezza.
La maggior parte degli scienziati concorda sulla
  necessità di salvare almeno un ceppo di riferimento del virus del vaiolo, e
  uno è attualmente conservato sotto stretto controllo presso gli U.S. Centers
  for Disease Control (CDC) ad Atlanta, in Georgia. È troppo presto per
  affermare con sicurezza che il virus si sia effettivamente estinto, e se ne
  esistesse un focolaio persistente e non riconosciuto l’attuale frequenza e
  rapidità dei viaggi potrebbero riportare alla ribalta un vecchio nemico, che
  si troverebbe di fronte un’umanità non più immune.
Ma, ne Il Medico d’Italia
  
  (anno XXXIII, 11 marzo 1996, pagina 2, articolo L’OMS ridimensionata dalla crisi finanziaria?)
  si legge una notizia lievemente differente, se può essere di poco conto il
  fatto che due blocchi amici - amici in quanto non belligeranti - posseggano
  ambedue il virus. “[...] Da ricordare la raccomandazione alla ex-URSS e agli
  USA di distruggere entro il 30 giugno 1999 gli ultimi esemplari del virus del
  vaiolo.”
Dovrei finire qui, senza aggiungere altro. L’unica
  speranza è che non si tratti di ceppi virulenti, ma dall’articolo non è
  dato sapere. Basterebbe una passata di spray in cielo e saremmo fottuti! Chi
  vuole saperne di più si metta in contatto con l’OMS. Io preferisco
  abbandonarmi al destino manovrato dai potenti.
Batteri caratterizzati da genomi alterati o da genomi in
  cui siano state inscritte particolari informazioni, possono venir impiegati
  per la degradazione di vari rifiuti,
  compresa la scissione delle molecole lipidiche. Il Saccharomyces cerevisiae, usato per la preparazione della birra (in
  portoghese cerveja, in spagnolo cerveza)
  nonché nella panificazione, è da tempo preda dell’ingegneria genetica che
  l’ha indotto a sintetizzare alcol a partire dal lattosio, con la prospettiva
  di utilizzare l’enorme quantità dei prodotti di scarto dell’industria
  casearia. Inoltre, lo zucchero può venir sintetizzato a partire da scarti del
  grano grazie alla collaborazione dell’Escherichia
  coli, che in laboratorio ha ricevuto l’enzima cellulasi,
  capace di scindere le molecole di cellulosa.
Anche le cellule delle piante possono trasformarsi in
  ospiti con importanti ripercussioni nella produzione degli alimenti. Se il
  gene di certi batteri che codifica per il sistema di fissazione dell’azoto
  sarà trasferito nelle cellule del grano, osserveremo un drammatico incremento
  delle disponibilità alimentari mondiali e un altrettanto drammatico
  abbattimento delle industrie produttrici di concimi. Chi vincerà questo
  braccio di ferro? La necessità di sfamare o la conservazione dei posti di
  lavoro?
Le cellule delle piante non servono solo da ricettacolo
  per geni d’origine batterica, in quanto possono accogliere anche geni di
  origine animale. Un interessante esempio è fornito da un esperimento sulla
  scissione del DNA della lucciola:
  il gene che codifica per l’enzima necessario alla bioluminescenza è stato
  trasferito alla pianta del tabacco e, immergendone le radici in un liquido
  contenente gli ingredienti necessari, la pianta cominciò ad emettere luce.
L’uso della PCR ha reso possibile lo studio di organismi deceduti da parecchio tempo, i cui corpi siano stati almeno parzialmente conservati sia dal ghiaccio che sul fondo di acque stagnanti. Il confronto tra la sequenza del DNA in una foglia di magnolia di 20 milioni d’anni con lo stesso gene di una magnolia attuale, ha messo in luce che solo 17 su 840 paia di basi sono diverse. Questo dato sta ad indicare che durante il lungo arco di tempo si sono verificate scarsissime mutazioni evoluzionistiche a carico del gene. La PCR trova impiego anche nello studio del DNA del sangue e dei capelli di Abraham Lincoln, in quanto gli scienziati vorrebbero risolvere il dilemma se il grande Presidente degli USA fosse o no affetto da sindrome di Marfan [2] .
Prima
  di procedere è mio desiderio rendere omaggio al Dottor Edward Jenner.

Fig.
  XVIII. 3 - Abraham Lincoln (1809-1865)
  in una foto di M. Brady, 1860.
[1] Le cinque qualità prescritte: pietoso, fedele, umano, leale, religioso.
[2] La sindrome di Marfan è caratterizzata da arti estremamente lunghi, ossa delle mani e dei piedi anch’esse allungate, con dita tanto sottili da essere paragonabili alle zampe d’un ragno (aracnodattilia), spostamento del cristallino, anomalie cardiache almeno nel 60% dei casi con frequenza maggiore per la dilatazione dell'anello aortico e dell'aorta ascendente che determina spesso un aneurisma aortico e la dissecazione aortica; un'incidenza minore si ha per la degenerazione mixomatosa dei lembi valvolari mitralici con allungamento delle corde tendinee che ne determinano il prolasso. Le anomalie cardiache predispongono alle infezioni generalizzate da impianto di germi sulle strutture anatomiche alterate. A seconda dei casi, nella sindrome di Marfan può venir espressa una sola delle caratteristiche che la compongono. Si tratta quindi di una sindrome malformativa su base genetica dovuta a un solo gene autosomico dominante che è in grado di determinare effetti fenotipici multipli con espressione irregolare. Il difetto biochimico che sta alla base di tutto è una patologia ereditaria del tessuto connettivo.