Vengono detti modificatori
particolari gruppi di geni che modificano l’espressione di un carattere
semplice, che di solito dipende da una coppia di alleli.
La concezione mendeliana del carattere-unità, cioè del carattere determinato esclusivamente da un solo gene, deve essere abbandonata. Nella grande maggioranza dei casi i caratteri sono determinati da più geni, le cui azioni si completano o interferiscono in vario modo. Molto spesso l’espressione di un gene è preminente nei riguardi di un certo carattere, e si parla di gene principale o maggiore secondo la terminologia proposta da Mather.
Ma spesso l’espressione
genica viene variamente alterata da un numero più o meno grande di geni
modificatori i quali possono agire esaltando o riducendo l’intensità del
carattere. Il bilancio finale di queste molteplici azioni fra geni sarà poi a
sua volta modificato dai fattori ambientali.
I geni modificatori, dotati di scarsa espressione singola,
esercitano tipicamente un tipo di interazione che per lo più è di tipo additivo, cioè vengono sommati i singoli effetti di ognuno
di essi. Se il risultato finale è l’accentuazione di un fenotipo, si tratta
di geni intensificatori. Talvolta il
risultato consiste in un’attenuazione dell’effetto del gene principale.
Anche se abitualmente i geni modificatori determinano tutta una gamma di
fenotipi, riescono talora a cancellarli completamente. Hanno inoltre la
caratteristica di influire sui caratteri quantitativi.
Fig. XVI. 8 – Polish arricciata argento orlo nero
Un gene singolo dotato di un’espressione
molto variabile è quello che determina le penne arricciate, penne che sono
senz’altro migliori negli eterozigoti Ff+.
Esse possono quasi appiattirsi sotto l’influenza del modificatore mf
se è presente allo stato omozigote, condizione caratterizzata da una lieve
increspatura della penna. In alcuni genotipi F/f+_mf/mf la presenza del gene F potrebbe passare inosservata, in quanto se mf è omozigote riesce a ridurre in modo quasi totale l’arricciatura
di un genotipo F/f+,
mentre si limita a ridurla del 40% in un genotipo F/F
Teoria dell’evoluzione della dominanza di Fisher
In condizioni naturali
ogni mutazione dominante dannosa riesce a mantenersi nei soggetti selvatici
e si trasmette alla generazione successiva più facilmente negli individui
dotati di geni modificatori
che ne riducono o ne eliminano gli effetti nocivi.
In seguito alla continua
selezione naturale e all’accumulo di geni modificatori nel corso di
centinaia di generazioni, i caratteri nocivi possono venir soppressi nella
maggior parte degli individui, tanto da essere riconoscibili solo in pochi
soggetti che siano privi di geni modificatori. Così nel tipo
selvatico una mutazione dominante potrebbe diventare funzionalmente recessiva.
Quest’ipotesi è confermata dal caso del gene modificatore dell’arricciatura.
Siccome l’arricciatura ha degli effetti collaterali negativi, è chiaro che
il gene F contribuisce a ridurre
fortemente le probabilità di sopravvivenza di un animale che presenti tale
caratteristica e che viva in un ambiente naturale. Il gene mf in pratica elimina gli effetti negativi di F, che non sono trascurabili, in quanto gli arricciati non sono in
grado di volare sui posatoi, di notte rimangono accovacciati uno accanto all’altro
diventando facili vittime dei predatori. È probabile che il gene F,
presente in 11 razze, fosse frequente in un’elevata percentuale d’antenati.
L’accumulo
di geni modificatori è una prassi cui fanno ricorso gli allevatori per
ottenere i migliori risultati sul colore del piumaggio e sulla sua
distribuzione. Tutti i Plymouth Rock barrati hanno il gene B,
ma solo alcuni presentano una barratura netta ed evidente, mentre in altri è
così indistinta da farli apparire fumés.
A partire dal 1920, quando lo standard di questa razza limitò a due le
varietà ammesse, una con ampie barrature bianche, l’altra con bande
strette, gli allevatori hanno cominciato a produrre le 2 varietà quasi su
ordinazione. Tutti gli individui possedevano lo stesso gene
della barratura, ma presentavano una diversa quantità di geni modificatori.
Fig. XVI. 9 – Pollo scodato omozigote per il gene Rp, cioè rumpless, cioè senza culetto.
Anche Dunn e Landauer, coi loro studi sull’ereditarietà
della mancanza di coda, dimostrarono la possibilità di accumulare geni
modificatori mediante selezione. Gli eterozigoti per il dominante Rp
presentano talora un aspetto intermedio, in cui le penne della coda sono
ridotte di numero ma non mancano totalmente. Attraverso questo studio si è
visto che geni modificatori sono in grado di mascherare il carattere non solo
negli eterozigoti, ma anche in alcuni omozigoti per Rp.
I soggetti dotati di geni modificatori che provocano la
comparsa di un tipo intermedio debbono quindi possedere quello che gli
evoluzionisti definiscono capacità di sopravvivenza,
in grado di assicurare la perpetuazione della specie. In molti casi, tutti gli
individui portatori della stessa mutazione possono differire ampiamente nell’espressività, cioè circa il grado di
manifestazione fenotipica della variazione. La polidattilia presenta una
grande variabilità, e siccome spesso gli eterozigoti non presentano alcun
segno della mutazione, essa è stata qualche volta ritenuta a dominanza
incompleta. Landauer identificò tuttavia individui omozigoti che non
manifestavano alcun segno di polidattilia.
Gallus et Gallina ex Persia – Aldrovandi, 1600