Vol. 2° -  XXI.3.

Tassonomia delle mutazioni

Le mutazioni comportano una modificazione del DNA e quindi delle informazioni in esso codificate. Si può verificare la rimozione o l’aggiunta di una base, oppure l’inversione o la trasposizione di un segmento di DNA.

Abitualmente si dice che una mutazione è un fatto casuale; in realtà esistono porzioni di DNA più sensibili e che mutano con maggior facilità. Proprio per la loro natura casuale, per lo più le mutazioni sono dannose, in quanto solo saltuariamente determinano un miglioramento del genotipo accompagnato da un vantaggio selettivo, il che è molto importante sotto il profilo dell’evoluzione.

Molte mutazioni sono pleiotropiche, sono cioè dotate di un vasto raggio d’azione, e in molti casi diventa difficile distinguere qual è l’effetto primario della mutazione. Tuttavia è necessario disporre di una classificazione dei fenotipi al fine di trovare una base d’intesa e di orientamento. A seconda dell’effetto svolto, una mutazione può essere classificata nel modo seguente:

q   amorfica: il gene che ne deriva è inattivo

q   ipomorfica: il nuovo gene è meno attivo del gene selvatico

q   ipermorfica: quando il gene nuovo è più attivo del selvatico

q   antimorfica: l’effetto è opposto rispetto a quello svolto dal gene selvatico

q   neomorfica: quando viene espresso un carattere nuovo.

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