Vol. 2° -  XXIII.4.3.

Selezione e variabilità genetica nelle popolazioni

La scelta, in seno a una popolazione, di una parte di tutta la massa di individui capaci di riprodursi, modifica la variabilità genetica degli F1 e delle altre generazioni selettive rispetto a quella che si avrebbe con una riproduzione casuale. Ma questa variazione è generalmente modesta o assai piccola quando l’ereditabilità è minore del 50%.

A parità di altre condizioni, è poi chiaro che le variazioni nella frequenza dei geni e dei genotipi saranno tanto maggiori quanto più ristretto è il numero dei componenti la popolazione. In conclusione si può dunque affermare che la selezione massale - cioè la selezione che opera su gruppi di animali senza un sistema di accoppiamento ben definito e senza la costituzione di linee più o meno isolate - non produce variazioni genetiche di grande rilievo nel complesso della popolazione. Questa conclusione teorica sembrerebbe contraddetta dai risultati della pratica zootecnica, ma a questo proposito è utile chiudere la nostra esposizione con alcune considerazioni.

In primo luogo, si deve tener presente che i miglioramenti notevoli raggiunti in determinati allevamenti dipendono sia dalla forte percentuale di animali scartati, sia dall’applicazione della riproduzione consanguinea, che è l’unico metodo capace di aumentare (specie in gruppi ristretti) la frequenza dei geni desiderati e la proporzione di individui omozigoti. D'altra parte, quando si vuol paragonare la variabilità dei caratteri di una razza con quella presente in un singolo allevamento, non si deve dimenticare che ogni azienda ha delle caratteristiche ambientali proprie che tendono ad influire nello stesso modo su tutti gli animali dell'allevamento. Tali effetti ambientali comuni possono essere sufficienti a conferire un’uniformità fenotipica - entro i singoli allevamenti - assai maggiore di quella presentata da un campione statistico formato da individui prelevati da tutti gli allevamenti dediti a quella determinata razza.

In conclusione, la generalità degli allevatori e parecchi tecnici tendono a confondere il miglioramento somatico di caratteristiche morfologiche e funzionali, ottenuto mediante alimentazione e cure d’allevamento più appropriate, con il miglioramento genetico derivante dall'applicazione della selezione e dalle variazioni ottenute nella frequenza dei genotipi, ai quali corrispondono i caratteri più apprezzati e utili.

La determinazione, con appropriati metodi statistici, o meglio ancora con indagini sperimentali, dell’ereditabilità dei caratteri zootecnicamente più importanti, può contribuire notevolmente a chiarire questo equivoco, indicando le possibilità di incremento delle produzioni o dei caratteri che sono da aspettarsi come risultato del lavoro di selezione.

Se il lavoro di selezione cessa, o se la scelta degli animali viene effettuata con criteri empirici su caratteri di scarsa ereditabilità, la riduzione della variabilità genetica e i progressi realizzati scompaiono rapidamente, poiché la distribuzione dei gameti e dei genotipi tende a ritornare, nel giro di poche generazioni, a quella che si verifica nella riproduzione libera e casuale.

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