Vol. 2° -  XXIII.5.2.

Outbreeding o Esincrocio

Questa tecnica consiste nel far riprodurre tra loro animali che non siano parenti. Nell’ambito dell’esincrocio si distinguono diversi sistemi dovuti al grado di differenziazione genetica dei riproduttori:

·   incrocio fra specie diverse - species crossing o ibridazione specifica: come nel caso dell’accoppiamento fra asino e cavalla per produrre il mulo

·   incrocio fra due razze

·   incrocio continuato - grading: come nell’incrocio tra un toro Shorthorn e una meticcia Shorthorn

·   incrocio non consanguineo - outcrossing: riproduzione fra soggetti della stessa razza ma che non siano parenti

5.2.a. Eterosi o Vigore degli ibridi

Gli allevatori, senza ricevere alcuna imbeccata dagli scienziati, avevano da tempo notato che nell’incrocio tra animali non parenti si verifica spesso un aumento del vigore e dello sviluppo dei discendenti. Il vigore ibrido può essere definito come un’espressione di caratteri superiore e ben maggiore di quella posseduta dai ceppi di entrambi i genitori. Questa proprietà si manifesta con una crescita più rapida, una taglia maggiore, una miglior produttività, una vitalità superiore e in altri modi ancora.

Gli ibridi Austra white, derivati dall’incrocio di Australorp con Livorno bianca, sono più resistenti alle malattie respiratorie rispetto alle rispettive razze parentali, e si può osservare lo stesso risultato anche negli incroci fra differenti ceppi dell’ibrido.

Il vigore ibrido assicura un beneficio fugace. È evidente in F1, ma abitualmente va estinguendosi nelle generazioni successive. Perciò i ceppi parentali vanno conservati, e a ogni generazione si rendono necessari nuovi incroci.

Fig. XXIII. 1 – Australorp nera del 1930
Il suo nome significa Orpington australiana.
La sua creazione è dovuta a William Cook del Kent, UK.
La prima di parecchie importazioni in Australia risale al 1887.

La base teorica del vigore ibrido costituisce uno dei grossi enigmi della genetica, anche se si suppone che il vigore sia basato sull’eterozigosi. Esistono almeno 2 teorie sulle forze coinvolte in tale risultato positivo:

Teoria dei geni dominanti

Le mutazioni sono per lo più recessive e in genere i geni recessivi esercitano effetti negativi sia sulla vitalità che sulla crescita. I geni dominanti hanno generalmente effetti positivi, dimostrati anche dal fatto che si sono mantenuti in una popolazione. Si può quindi generalizzare il concetto secondo cui i geni dominanti influiscono positivamente sul vigore. Inoltre, lo stato eterozigote per un gene dominante costituisce un fattore di protezione contro le possibili influenze negative esercitate dall’allele recessivo.

Teoria della sovradominanza

Fu ipotizzata molti anni fa da Shull e si basa sulla seguente constatazione: spesso lo stato eterozigote si esprime in modo del tutto diverso rispetto a quando l’uno o l’altro allele è omozigote, e spesso l’eterozigote è più vigoroso di entrambi i genitori. Nella maggior parte dei casi sarà l’allele dominante a prevalere, ma i numerosi casi di dominanza incompleta fanno pensare che la prevalenza non sia sempre a senso unico.

Il fatto che l’incrocio tra certe linee dia risultati migliori rispetto all’incrocio fra altre, fa ritenere che il successo e l’insuccesso di questi incroci dipenda dalla natura genetica del materiale implicato, e quindi dei geni che entrano in combinazione.

L’incrocio non consanguineo fra razze pure e l’incrocio continuato hanno un particolare valore per gli allevatori di razze pure. Per lo più chi alleva una certa razza di bovini preferisce impiegare un buon toro ma che non sia parente con le vacche. Ora, se un allevatore che possiede un buon numero di vacche continua ad impiegare nelle successive generazioni una serie di tori che, pur non essendo parenti, posseggono dei geni desiderabili per il tipo e per la produttività, otterrà certamente un miglioramento delle sue vacche figlie. È improbabile che con questo procedimento egli possa ottenere risultati spettacolari, ma è ugualmente poco probabile che possa andare incontro all’insuccesso purché, è ovvio, impieghi tori provvisti di buoni geni e conservi, per la rimonta, il maggior numero possibile di giovenche provenienti da buone vacche e il minor numero di giovenche provenienti da vacche scadenti.

Questo sistema, indicato come selezione massale, ha costituito la base principale dei successi durante il miglioramento di parecchie razze. È la forma più antica e tradizionale di miglioramento delle razze domestiche e si attua scegliendo ad ogni generazione, in seno alla popolazione, quegli individui che per caratteristiche morfologiche o funzionali sono ritenuti più idonei agli scopi dell’allevamento. I riproduttori prescelti non vengono però separati dalla restante popolazione, né gli accoppiamenti vengono controllati in modo tale da conoscere le genealogie dei prodotti F1. In altri termini, in una selezione veramente massale il gruppo selezionato si riproduce con la parte restante della popolazione in maniera del tutto casuale.

Dal punto di vista della riproduzione in purezza, il grande inconveniente di questo sistema è rappresentato dal fatto che gli animali tendono a rimanere allo stato eterozigote circa parecchi geni, per cui la trasmissione dei caratteri non avviene in modo uniforme. In compenso però questi eterozigoti sono caratterizzati da maggior vigore e da maggior produttività, secondari proprio all’eterozigosi poligenica.

Un altro inconveniente della selezione massale è costituito dalla difficoltà ad assicurare dei buoni maschi per il miglioramento di altri allevamenti. Nel contesto di una razza, circa il 60% dei maschi è di qualità media, una piccola percentuale sta al di sopra della media e un’altra piccola percentuale sotto la media. Forse il 15% dei tori è costituito da soggetti discretamente buoni, appena il 5% è costituito da soggetti ottimi. La natura sembra opporsi a un rapido miglioramento delle razze, come pure al loro rapido deterioramento. Non bisogna scoraggiarsi, e talora è necessario accontentarsi di un piccolo miglioramento annuale.

Poiché nella riproduzione non consanguinea o outcrossing i riproduttori sono per lo più eterozigoti, si tende verso una discendenza anch’essa eterozigote. Non è esclusa la possibilità di un’omozigosi, ma è evidente come, per il meccanismo della disgiunzione e ricombinazione dei geni, nelle successive generazioni si faccia facilmente ritorno all’eterozigosi. Pertanto con la riproduzione non consanguinea si va incontro a una considerevole variabilità genetica, per cui questo metodo è il più conservativo.

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