Bisogna ancora capire cosa s’intende per animali di prima classe. Dal punto di vista dell’allevamento si può dire che si tratta di animali di cui è possibile, per selezione, migliorare le qualità e ridurre i difetti. È evidente che un difetto fissato, determinato da una o più coppie di geni allo stato omozigote, non può essere eliminato che a prezzo di una selezione accanita.
In altri termini un buon animale d’allevamento deve presentare una
certa eterogeneità genetica e tutto il lavoro di selezione consisterà nello
scartare in giusta misura, bilanciandosi equamente tra qualità e difetti. Il
talento dell’allevatore si traduce essenzialmente in questo bilanciamento.
Sfortunatamente la maggior parte degli standard lascia poco spazio a questo
principio fondamentale.
Émile Carpiaux disse:
“Gli standard non debbono essere concepiti in termini di una rigidità tale che le modificazioni e le trasformazioni inerenti a ogni essere vivente vengano vituperati. Al contrario, devono prevedere l’ideale di bellezza e d’utilità verso il quale ogni razza deve convergere, e devono essere abbastanza elastici da permetterne la realizzazione. Insomma, hanno per missione quella di indicare agli allevatori i punti importanti che bisogna migliorare e perfezionare senza sosta, conservando, ben inteso, la rusticità indispensabile, senza la quale qualunque miglioramento è vano.”
Era il 1923, e oggi non disponiamo di parole migliori.