Vol. 2° -  XXVIII.6.

ESTRAZIONE E ISOLAMENTO
dei vari tipi di melanine

Le eumelanine vengono frequentemente estratte attraverso un trattamento idrolitico con acidi minerali - come HCl concentrato - protratto per parecchi giorni o per ebollizione con HCl 6 M.

L’estraibilità tanto delle feomelanine come delle ossimelanine dipende dalla compattezza delle strutture cornee. Durante l’estrazione con alcali diluiti le piume dei polli liberano una quantità relativamente elevata di pigmento in breve tempo, e durante il trattamento perdono il loro colore rosso. Peli e capelli richiedono tempi di estrazione lunghi, durante i quali una parte di pigmento può decomporsi all’interno della struttura anatomica, cui si può ovviare attraverso agenti cheratinolitici.

Per i tricocromi contenuti nelle piume si fa ricorso alla procedura originale messa a punto da Prota e Nicolaus (1967): acidificazione dell’estratto alcalino portandolo a pH 1 per rimuovere la quota di feomelanine acido insolubili, seguita da cromatografia del supernatante su una resina a elevato scambio cationico. In queste condizioni i pigmenti vengono fortemente adsorbiti dalla resina e vengono separati nei singoli componenti attraverso cromatografia.

I metodi istochimici per studiare la pigmentazione eumelanica si basano sulla proprietà posseduta dai granuli di eumelanina di ridurre il nitrato d’argento ammoniacale ad argento metallico. Invece, per mettere in evidenza le feomelanine in seno ai tessuti, non sono disponibili metodiche di colorazione e bisogna ricorrere al colore dei pigmenti nonché all’ultrastruttura dei melanosomi per differenziare la feomelanina dall’eumelanina. La presenza di feomelanina è indicata dalla solubilità dei granuli in alcali diluiti, ma questo criterio può indurre in errore in quanto non permette di distinguere le feomelanine autentiche dalle ossimelanine.

Facendo ricorso alla risonanza elettronica paramagnetica (EPR) delle proprietà dei radicali liberi, è possibile svelare e identificare le eumelanine nei tessuti e nei liquidi organici. Questo metodo si è dimostrato utile nell’identificare tracce di eumelanina nei melanosomi amelanotici, nel dimostrare che il pigmento isolato dall’occhio umano azzurro o da quello marrone è prevalentemente di tipo eumelanico. Particolarmente interessante è la possibilità di distinguere eumelanine da feomelanine ricorrendo alla spettroscopia con EPR.

Senza dover ricorrere all’isolamento dei pigmenti melanici dai tessuti, è possibile eseguire una loro analisi diretta attraverso l’ossidazione dell’eumelanina con permanganato di potassio, che produce acido pirroltricarbossilico (PTCA) come principale prodotto di degradazione, mentre l’idrolisi delle feomelanine con acido idroiodico produce prevalentemente aminoidrossifenilalanina (AHP) unitamente ad altri aminoacidi fenolici.

Tutti i tipi di melanine contengono elevate quantità di acqua legata chimicamente, che pare essenziale nel conservare in stato di turgore le molecole di pigmento. Risulta che 1 ml di granuli di pigmento allo stato nativo non contiene più di 10 mg di sostanza secca, la quale, se risospesa in acqua oppure lasciata all’aria, non si gonfia facilmente, per riguadagnare eventualmente solo in parte l’acqua originariamente legata ai granuli di pigmento.

Queste nozioni debbono essere tenute ben presenti, in quanto conviene evitare di disidratare le melanine poiché vengono intaccate le proprietà del polimero, che diventa maggiormente aggregato ed eventualmente inerte dal punto di vista di interazioni fisicochimiche. A pH fisiologico le melanine non sono assolutamente solubili e al massimo formano un sistema colloidale carico negativamente. Il raggio medio delle particelle di eumelanina in sospensione è nell’ordine di 1-2 nm.

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