Lessico
Giulio
Pomponio Leto
Pomponio Sabino
Julius Sabinus o Pomponius Sabinus
Umanista italiano (Diano, Lucania, circa 1428 - Roma 1497). Si ignora il suo nome di battesimo. Figlio illegittimo di Giovanni Sanseverino e fratello di Roberto, principe di Salerno, fu discepolo a Roma di Lorenzo Valla e Pietro Oddo. Ebbe vastissima ma caotica erudizione. Fondò nel 1465 l’Accademia romana, o pomponiana, luogo di studi letterari e umanistico-eruditi. Coinvolto in una congiura contro il papa Paolo II, nel 1468 fu incarcerato a Castel Sant’Angelo e liberato solo un anno più tardi. Ripreso nel 1473 l’insegnamento di retorica alla Sapienza, a suo tempo ereditato dal Valla, lo mantenne fino alla morte. La sua fama è legata all’attività di erudito, cultore e promotore della classicità. Suo maggiore merito è quello di essere stato il fondatore dell'Accademia Romana. Scrisse un Compendio dei Cesari romani e bizantini (postumo, 1499), grammatiche latine, testi di archeologia e alcuni commenti a Virgilio e Quintiliano. Giovanni Dall'Orto ci narra in modo succinto ma esauriente le vicende omosessuali intrise di pedofilia del nostro Pomponio.
Ipotesi
sul luogo di nascita
di Giulio Pomponio Leto
Le biografie del nostro letterato riportano: nato a Diano, Lucania. Nessun toponimo Diano in Basilicata/Lucania emerge dall'Annuario Generale dei Comuni e delle Frazioni d'Italia (TCI 1980). Pertanto si può fondatamente presumere che Giulio Pomponio Leto sia nato in qualche località del Vallo di Diano o del Cilento (da Cis-Alentum, al di qua del fiume Alento), oggi in provincia di Salerno, dove regnavano i Sanseverino, una delle famiglie più potenti del Meridione e delle più illustri d'Italia.
L'attuale Basilicata si chiamò nuovamente Lucania dal 1932 al 1947. Infatti erano i Romani a chiamare Lucania questa regione. Il motivo è semplice: i Lucani vi abitavano a partire dal V secolo aC. Il nome Basilicata è dovuto ai Bizantini che conquistarono questa regione in epoca medievale ponendovi un funzionario dell'imperatore, detto appunto basilikós. Il toponimo Basilicata è indicato in un documento della metà del sec. XII e rimase quasi costantemente in vigore a eccezione di tre brevi parentesi: nel 1799, nel 1820 e tra il 1932 e il 1947 allorché – appunto - fu riesumato l'antico nome di Lucania. Non possiamo tuttavia escludere che i Sanseverino si servissero di Lucania anziché di Basilicata per indicare questo territorio.
Vallo di Diano - Regione valliva in provincia di Salerno che si allunga per 37 km in direzione NW-SE con una larghezza di 2-6 km e una superficie complessiva di poco più di 130 km2. Corrisponde a una valle longitudinale all'Appennino ed è percorsa dal fiume Tanagro o Negro (Tanager o Niger o Nigrum dei Romani). Ai margini del vallo sorgono i centri di Polla, Sant'Arsenio, Atena Lucana, Sala Consilina e Teggiano.
Vallo della Lucania – Comune con 8.818 abitanti (2006) in provincia di Salerno, 91 km a SE del capoluogo, sede vescovile dal 1851. In passato era chiamato Cornetum, o per la presenza di un bosco di cornioli (Cornus mas) o per la presenza di una legione di soldati romani chiamati corniculari, aiutanti militari che portavano come distintivo il corniculum, un cornetto onorifico. Nell'Ottocento (con l'unificazione di diversi comuni) fu scelto il nome di Vallo e la specifica della Lucania perché la zona era conosciuta come Lucania meridionale. Con Sala Consilina (SA), è una delle due città capofila del Vallo di Diano e del Cilento: infatti a Vallo della Lucania, presso palazzo Mainenti, hanno sede gli uffici dell'Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e la città viene da tutti considerata come l'indiscussa capitale del Cilento e del Vallo di Diano.
Sabinus
Pomponius
(late 15th century),
also called Pomponius Laetus
wrote antiquarian treatises
and commented on Virgil’s works.
www.orteliusmaps.com
Humanist, born at Diano, Lucania (Italy) in 1425; died at Rome in 1497. He was a bastard of the House of the Sanseverino of Naples, Princes of Salerno, but owing to his great admiration for antiquity and the Roman Republic he would not recognize them as connections. When very young he went to Rome and became a pupil of Lorenzo Valla. His brilliant capacities won him admiration and success. He wished to live the life of the ancients. His vineyard on the Quirinal was cultivated in accordance with the precepts of Varro and of Columella, and he was himself regarded as a second Cato.
On holidays he went fishing or caught birds in his lime-twigs; sometimes he would simply spend the day in the open air, refreshing himself at a spring or by the banks of the Tiber. One of the most important and first known complete MSS. of Plautus, that of Cardinal Orsini (now Vaticanus 3870), had been brought to Rome in the year 1428 or 1429.
It was suggested that the plays it contained should be performed in the palaces of the prelates. Laetus became stage director of the performances. Finally, he and a few kindred souls, Platina, the future librarian of the Vatican, Sabellicus, afterwards prefect of the Library of San Marco of Venice, founded a semi-pagan academy. Its members assumed Latin names and celebrated every year the festival of the Palilia — anniversary of the foundation of Rome. They also met to commemorate a deceased member. A prelate celebrated Mass.
Laetus delivered the eulogy. Latin recitations followed and a banquet closed every meeting. At other times, the members gave Latin farces much like the Atellanae. But Paul II, a pope who did not favour the Humanists, occupied the Chair of Peter. Laetus was looked upon as a scorner of Christianity and conspirator. Venice delivered him into the hands of the pope. Confined in the Castle of Sant'Angelo in 1468, he with Platina and others was tortured.
However, he defended himself and reminded them that he had maintained the immortality of the soul, a belief often discussed by the Humanists. On the accession of Sixtus IV (1471) Laetus was released and the academy allowed to continue its meetings. He lectured in the Roman University. He was often seen at daybreak, descending, with lantern in hand, from his home on the Esquiline, on his way to his lectures where many eager hearers awaited him.
He was a very conscientious professor, especially learned in Roman antiquities but exclusively a Latinist. He had declined to study Greek for fear of spoiling his Latin style. He went so far as to read the most classical authors only and disdained the Bible and the Fathers. Until the last year of his life he had desired to be buried in an ancient sarcophagus on the Appian Way, but he died a Christian death. Alexander VI wished his obsequies at the church of Aracoeli to be magnificent. More than forty bishops attended. He was buried at San Salvatore in Lauro.
In the last period of his life, Pomponius Laetus wrote short antiquarian treatises (De magistratibus, sacerdotiis et legibus Romanorum; De romanae urbis antiquitate; Compendium historiae romanae ab interitu Gordiani usque ad Justinum III). He produced an edition and commentary on the whole of Virgil, under the name of Julius Sabinus or Pomponius Sabinus (Rome, 1487-1490). He owned one of the most precious manuscripts of the poet, the Mediceus. Besides this, he edited the first edition of Quintus Curtius (about 1470), of Varro's De lingua latina (Rome, 1471), of Nonius Marcellus (Rome, about 1470).
A little later he published the letters of the younger Pliny (Rome, 1490). We also owe to him the preservation of a part of the work of Festus. His MSS., which were first in the library of Fulvio Orsino, and later at the Vatican, show the extent of his learning, his conscientious collation of authors, his art in reviving classical antiquity in the very land of the pagan past. He had collected in his home on the Esquiline sculptures, and inscriptions. He stands as one of the best representatives of Italian Humanism, uniting great nobility of character and a sincere and artless enthusiasm to a purity of morals rare in such surroundings.
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Biografie
di personaggi Gay
di
Giovanni Dall'Orto
www.giovannidallorto.com
GIULIO
POMPONIO LETO
Julius Pomponius Laetus 1428-1498
Umanista. Nacque a Diano di Lucania, figlio illegittimo di un Giovanni Sanseverìno, principe di Salerno (il cognome "Pomponio Leto" è uno pseudonimo umanistico). Trasferitosi a Roma per seguire le lezioni dell'umanista Lorenzo Valla, vi rimase poi ad insegnare e a vagheggiare una ricostruzione dell'antichità classica romana. Verso il 1464 fondò addirittura nella propria casa sul Quirinale l'Accademia Romana, cui fecero capo vari umanisti dell'epoca (fra i quali Filippo Buonaccorsi e Niccolò Lelio Còsmico), caratterizzata da un culto fanatico e quasi religioso dell'antichità pagana.
Falsa
lapide funeraria romana confezionata dagli amici per Pomponio Leto
che, dice il testo, "visse finché la sorte glielo concesse".
Lo piangono i "devoti" Marcantonio Alterio e Antonio Settimuleio
<Campano>.
Roma, Museo nazionale delle Terme - Foto Giovanni Dall'Orto
Ammirato dai suoi contemporanei per l'enorme erudizione, nel 1466 Pomponio Leto ottenne un incarico nello Studio (cioè l'Università) di Roma, ma nel 1467 partì per Venezia, con l'intenzione di andare successivamente in Oriente per impararvi il greco e l'arabo.
A Venezia Pomponio aveva iniziato a insegnare a due figli dei nobili Andrea Contarini e Luca Michiél, quando nel 1468 avvenne una doppia catastrofe. Dapprima fu messo sotto inchiesta dal Consiglio dei Dieci per il sospetto che avesse sedotto gli allievi che, si disse, aveva cantato con eccessivo ardore in poesie latine (che non ci sono giunte).
Gli accusatori del Consiglio dei Dieci parlano "di un 'libro disonesto' vergato di sua mano, e di certe indiscrezioni, lasciate sfuggire dalla sua bocca; affermano peraltro, nel modo più energico, l'esistenza, a suo carico, d'un manifesto sospetto di sodomia".
Vladimiro Zabughìn, Giulio Pomponio Leto, La vita letteraria, Roma 1909-1912, 2 voll., vol. 1, p. 32.
Contemporaneamente, a Roma il papa anti-umanista Paolo II mise sotto accusa l'Accademia, accusata di organizzare un improbabile colpo di Stato pagano (!) e repubblicano. Pomponio era, assieme al Buonaccorti, fra i principali imputati e, arrestato a Venezia, fu estradato a Roma per esservi processato. Paradossalmente l'estradizione fu per lui provvidenziale: "Dal verbale della seduta del Consiglio dei Dieci (...) risulta che Pomponio doveva essere riconsegnato alla Repubblica, se non fosse stato condannato alla pena capitale (...), per essere punito del reato di sodomia (...) che a Venezia comportava la pena capitale. (...) Questa clausula rimase lettera morta e l'estradizione fu per Pomponio la salvezza".
Gioacchino Paparelli, Callimaco Esperiente, Beta, Salerno 1971, p. 71. Vedi in generale le pp. 59-71.
Egli infatti fu sì incarcerato in Castel sant'Angelo fino alla primavera del 1469, ma infine venne assolto e liberato. Ovviamente si guardò dal rimettere piede a Venezia, e per maggior sicurezza si affrettò pure a prendere moglie. Dalle carceri Pomponio si difese con una celebre perorazione in latino affermando d'aver sì cantato i due ragazzi con amore, ma con un amore paterno e "socratico", come insegnante.
Isidoro Carini, 'La "difesa" di Pomponio Leto'. In: Nozze Cian-Sappa-Flandinet, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1894, pp. 153-193.
Zabughìn così commenta efficacemente: "Dopo quello che trovammo scritto nel regesto dei Dieci, questa non è una difesa efficace, è una divagazione".
Vladimiro Zabughìn, Op. cit., p. 36.
Una volta scarcerato, Pomponio Leto riformò l'Accademia (che sarebbe sopravvissuta alla sua morte) e tornò a insegnare alla Sapienza. Fra i suoi studenti fu anche Girolamo Balbi.
L'importanza di Pomponio per la storia della cultura sta soprattutto in questa attività d'insegnamento, dato che i testi da lui pubblicati sono solo, per lo più, dispense di corsi universitari, oppure commenti a opere classiche, nei quali gli mancò il rigore filologico di altri grandi umanisti del Rinascimento. Alla sua morte fu sepolto nella chiesa di san Salvatore in Lauro a Roma (dove la tomba oggi non esiste più).
La presenza di due suoi epigrammi latini a tematica sodomitica in un manoscritto della Biblioteca Marciana di Venezia spinge a non escludere che possano esistere altre composizioni di questo tipo in attesa di riscoperta.
Venezia, Biblioteca nazionale marciana, Manoscritto latino classe XII n. 210 = 4689, fol. 98v.
Due
epigrammi inediti
di Giulio Pomponio Leto
I due epigrammi (per quanto ne so, inediti) li trascrivo dal manoscritto latino classe XII n. 210 = 4689, del sec. XVI, conservato alla Biblioteca Nazionale marciana di Venezia. Questa è una trascrizione di lavoro, senza pretese di filologia, e la metto quindi a disposizione come appunto, in attesa di un'edizione curata da qualcuno più dotto di me. Sarò grato a chi mi segnalasse eventuali pubblicazioni dei testi qui proposti. La traduzione in italiano, inedita, è di Andrea R., che ringrazio; la revisione della traduzione e le note sono mie.
[Sine
titulo] |
[Senza
titolo] |
/
carte 34r / Ille
erit ille felix tenerum cui sydera culum |
/
carte 34r / Felice
colui al quale la sorte ha concesso un |
divitiae culo, culo tribuentur honores<,> |
al culo si tributano ricchezze, al culo si tributano onori, |
De
mulieribus & cinedo. |
Le
donne e il sodomita passivo. |
/
carte 34r / Si gelidos queris habeat cur femina clunes |
/
carte 34r / Ti domandi perché la donna abbia natiche gelide, |
distinxit
natura parens sua comoda rebus |
Madre
natura distinse nelle cose i vantaggi, |
Il titolo è incongruo: sarà stato aggiunto da un copista distratto. L'epigramma infatti non confronta le attrattive sessuali rispettive di donne e sodomiti (un luogo comune della poesia "grassoccia" dell'epoca) ma è un indovinello paradossale con risposta altrettanto paradossale.