Lessico
Labrusca
/ Lambrusca
Vite selvatica / Vitis vinifera silvestris
Oenanthe di Dioscoride
Labrusca
e Oenanthe
acquarello di Ulisse Aldrovandi
Per vite si intende normalmente la vite europea, cioè la Vitis vinifera, unica specie che vive spontanea in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Vitaceae o Ampelidaceae. Per la viticoltura europea hanno particolare importanza alcune specie americane che resistono all’attacco radicale della fillossera: Vitis riparia, rupestris e berlandieri; vi è poi la Vitis labrusca, la più antica specie americana introdotta in Europa nella prima metà del 1800, tuttora usata in alcune sue varietà per il frutto, detto uva americana, o uva fragola, o uva Isabella (da Isabella Gibbs, che diffuse questo vitigno).
La vite selvatica, Vitis vinifera silvestris, è spontanea nei boschi umidi lungo il Danubio (Austria) e il Reno, in altri punti dell’Europa centrale, nei paesi del Mediterraneo e dell’Africa nordoccidentale; ha bacche di 5-7 mm, azzurro violacee, poco succose e acide. In Italia è frequente nella Maremma toscana.
La sottospecie sativa - Vitis vinifera sativa - comprende tutte le razze coltivate (forse 5.000) derivate da mutazione gemmaria o da ibridazione spontanea o artificiale tra Vitis vinifera e varie specie americane.
La Vitis vinifera venne così chiamata da Linneo nel 1753. Per definizione essa cresce nei luoghi arenosi o sassosi e nei boschi; per lo più coltivata. Nel 1772 venne chiamata Vitis labrusca da Giovanni Antonio Scopoli, ma prevalse la denominazione di Linneo.
La Vitis vinifera silvestris, o vite selvatica, venne così chiamata da Karl Christian Gmelin nel 1805.
Oggi per Vitis labrusca si intende quella specie originaria dell’America boreale così battezzata da Linneo nel 1753, che abbiamo visto essere detta volgarmente uva americana, uva fragola, uva Isabella.
Anche gli attuali vitigni di Lambrusco, diffusi specialmente in Emilia, producono un’uva nera di sapore acidulo, che è quindi “brusca”, come lo è, e lo era, il frutto della vite selvatica o Vitis vinifera silvestris, l’antica Vitis labrusca di Plinio & company.
Non facciamoci ingannare da questa deduzione etimologica inventata di sana pianta, che tuttavia potrebbe contenere una parte di verità. L’aggettivo italiano brusco, che significa di sapore aspro non spiacevole, deriva dal latino tardo bruscus, mirto pungente, altro nome del pungitopo, Ruscus aculeatus, detto anche brusco o bruscolo. Invece il latino labrum, l’unica parola più vicina a labrusca, oltre a significare labbro, significa anche vasca, tino, quindi vasca per pigiare l’uva (Virgilio, Georgica 2,6: spumat plenis vindemia labris - spumeggia il mosto nei traboccanti tini). Ciascuno faccia la sua scelta!
Plinio, Naturalis historia XIV,98-99: Fit e labrusca, hoc est vite silvestri, quod vocatur oenanthinum, floris eius libris duabus in musti cado maceratis. Post dies XXX utuntur. Praeter hoc radix labruscae, acini coria perficiunt. [99] Hi paulo post quam defloruere singulare remedium habent ad refrigerandos in morbis corporum ardores, gelidissima, ut ferunt, natura. Pars eorum aestu moritur prius quam reliqua, quae solstitiales dicuntur. Universi numquam maturescunt, et si prius quam tota inarescat uva incocta detur cibo gallinaceo generi, fastidium gignit uvas adpetendi.
Oenanthe
di Dioscoride
infiorescenza della vite selvatica
e disquisizione di Pierandrea
Mattioli
1554
Che rende secche le foglie. Phylloxera vastator: insetto emittero della famiglia Afidi, originario dell'America Settentrionale, introdotto casualmente in Europa poco dopo la metà del 1800, diffondendosi rapidamente. Parassita della vite, sui vitigni dell'area di origine distribuiva il proprio ciclo biologico tra le foglie e le radici della pianta senza provocare seri danni; una volta a contatto con le viti europee modificò invece il proprio comportamento, svolgendo il ciclo vitale esclusivamente sulle radici. Le punture dell'insetto danno luogo alla formazione su radici e foglie delle cosiddette galle fillosseriche che causano la morte della vite. La grave crisi della viticoltura europea provocata dalla diffusione della fillossera fu poi in gran parte superata innestando le viti europee su ceppi di vite americana. Il ciclo della fillossera è assai complesso, comportando stadi diversi che vanno incontro, ognuno, a quattro mute.
Nato a Cavalese, Val di Fiemme, 1723 – morto a Pavia, 1788. Fu sicuramente uno dei più versatili naturalisti pre-linneani. A soli 20 anni si laureò in medicina all’università di Innsbruck, e dieci anni dopo a quella di Vienna. Fu nominato medico fisico a Idria (in Slovenia dal 1947), dove insegnò anche chimica metallurgica. Nel frattempo scrisse e pubblicò opere botaniche quali la Flora carniolica. Divenuto professore di mineralogia all’accademia di Schemnitz (Banská Stiavnica, Rep. Slovacca), vi restò dal 1769 al 1776, quando fu chiamato all’università di Pavia ove assunse la cattedra di chimica e botanica, potenziò l’Orto Botanico e le collezioni di storia naturale dell’università. Altri suoi scritti sono Deliciae florae et faunae insubricae, in cui descrisse la flora e la fauna della Lombardia; una Introductio ad historiam naturalem e Principia mineralogiae. A lui fu dedicato il genere Scopolia, delle Solanaceae, e in particolare la Scopolia carniolica che contiene l’alcaloide scopolamina, affine all’usatissima atropina.
Alcaloide con struttura simile a quella dell'atropina contenuto in diverse Solanacee, in particolare nella Scopolia carniolica e nel giusquiamo, Hyosciamus niger, per cui è detta anche ioscina. Esercita effetti anticolinergici e sedativi sul sistema nervoso centrale. Viene talora adoperata come preanestetico in chirurgia associato con la morfina, nel morbo di Parkinson e, localmente, in oculistica come midriatico.