Lessico
Panfilo
Non mi è stato possibile identificare Panfilo, l'interlocutore di Longolius nel dialogo De avibus. Non credo si tratti del pittore greco Panfilo della scuola sicionia, operante probabilmente tra il 390 e il 340 aC, né di San Panfilo presbitero a Cesarea (Berito, Fenicia, ? - Cesarea 369), né tantomeno di Panfilo Sasso, pseudonimo del poeta italiano Sasso de' Sassi (Modena 1454-Lonzano, Ravenna, 1527) il quale forse non uscì mai dall'Italia.
Verosimilmente il Panfilo di Longolius era un tedesco, quindi conterraneo di Alberto Magno, come possiamo desumere dall'aggettivo vester riferito al monaco logorroico per il quale Longolius non nutriva molta simpatia: Non dubitat tamen monachus Polyphemus vester illud asserere.
Polifemo in greco significa colui che parla molto e si tratta verosimilmente di Alberto Magno per il quale Longolius non nutriva molta stima sotto il profilo naturalistico. Infatti all'inizio del dialogo De avibus esprime un elogio per il Volaterranus, cioè per Raffaelo Maffei (Volterra 1451-1522) autore del Commentariorum rerum urbanarum libri xxxviii (Roma, 1506; Parigi, 1516), un'enciclopedia di tutte le voci note a quel tempo, preparata con grande cura ma non sempre col giudizio migliore.
Invece Alberto Magno - assurto nel 1941 a patrono dei cultori delle scienze naturali e al quale questa Summa Gallicana è dedicata – Longolius vuole addirittura ricacciarlo tra i barbari, cioè nell'inferno degli scienziati. Longolius dice infatti che Alberto scrisse molto, ma tutte cose che né lui né chiunque altro avevano mai visto: un perfetto contaballe.
Ecco il testo originale di Longolius di pagina 10 del De avibus: Et quanquam ex professo nullus peculiariter avium singulas species attigerit: non possum tamen non laudare Volaterranum Raphaelem, qui id, quod potuit, praestitisse videtur. Albertus vero monachus, plane inter Barbaros reiiciendus est: nam et multa scripsit, quae neque ipse neque alius quispiam vidit: itaque mendaciis non potuit facile omnibus os non sublinere.
Per motivi onomastici si riporta la succinta biografia di uno dei tanti Panfili della storia, il lessicografo greco del I secolo dC nonché di un medico Panfilo dei tempi dell'imperatore Claudio.
Panfilo di Alessandria
Lessicografo greco di Alessandria, del I secolo dC, aristarcheo, autore di un lessico - Glosse e nomi - vasta opera in 95 libri, ridotta poi da Giulio Vestino e infine da Diogeniano.
Fu autore anche di un Prato, forse un tutt’uno con il lessico, di un onomastico botanico ricordato da Galeno, di un commento a Nicandro. La sua opera fu fondamentale per i successivi grammatici, dai quali si sono potuti trarre i suoi frammenti.
Aristarco di Samotracia
Grammatico alessandrino (ca. 217 - ca. 145 aC). Discepolo di Aristofane di Bisanzio, fu precettore di Tolomeo VII e direttore della Biblioteca di Alessandria; con l'avvento al trono di Tolomeo VIII, lasciò l'Egitto per recarsi a Cipro. Può essere considerato l'iniziatore della filologia e dello studio scientifico delle opere letterarie; la sua attività si rivolse a studi grammaticali, etimologici, ortografici, letterari. Sulla scia del suo maestro, diede edizioni critiche e commenti dei testi della più antica letteratura greca: di Esiodo, Archiloco, Alceo, Anacreonte, Pindaro, ma soprattutto di Omero, indicando i versi dell'Iliade e dell'Odissea da lui ritenuti spuri e riordinandone la successione. Nello studio dei problemi di critica omerica fu più cauto dei suoi predecessori: rivalutò la tradizione manoscritta e studiò attentamente la lingua e la metrica dei poemi. Per antonomasia, il nome del grammatico è diventato sinonimo di critico arcigno e pedante: fare l'Aristarco.
Dictionnaire
historique
de la médecine ancienne et moderne
par Nicolas François Joseph Eloy
Mons – 1778