Lessico


Sinderesi

Termine del sec. XIV, dal greco syntërësis, propriamente, osservazione, esame, vaglio, rispetto scrupoloso. Ragione naturale in quanto capace di intendere i principi primi in ordine all'operare. San Tommaso dice che è la legge del nostro intelletto, in quanto contiene i principi morali, la facoltà dell'anima, la “scintilla della coscienza”, in virtù della quale essa è in grado di conoscere immediatamente e con piena evidenza il bene morale da perseguire. Nel filone agostiniano, la sinderesi è riportata alla volontà anziché alla ragione pratica (San Bonaventura). In ogni caso è propriamente il giudizio della coscienza, la capacità naturale di conoscere il bene.

Sinderesi

San Girolamo nel suo studio – 1480
Chiesa di Ognissanti – Firenze
Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio (Firenze 1449-1494)

Sinderesi, anche nella variante sinteresi, deriva dal greco sinterèsis , termine composto da syn e teréo, verbo che significa vedere, osservare quindi esame di sé. Secondo San Girolamo nella sua opera Commento ad Ezechiele (I,c.I) , sarebbe quella parte dell'anima diversamente chiamata coscienza. La sinderesi, cioè, permette all'uomo di avere autocoscienza, esame di sé, conoscenza innata del bene e del male, e quindi capacità di distinguere spontaneamente il bene dal male, capacità di dirigersi verso ciò che lo conserva, al bene che lo favorisce, conseguendo l'autoconservazione.

Secondo San Tommaso, la sinderesi esprime la tendenza innata dell'anima umana verso il bene e il suo rifiuto del male (Summa theologica 1,1 q.94, art.1). Dalla sinderesi dipende quindi la capacità dell'uomo di desiderare il bene e di provare rimorso per il male compiuto.

Tutta la Scolastica deriva il significato di sinderesi, scintilla conscientiae, proprio dal pensiero tomista chiarendo che questa disposizione di parte dell'anima al bene avviene poiché quella parte non è stata macchiata dal peccato originale che di per sé infatti renderebbe impossibile a ogni uomo di aspirare al bene. In questo significato di tendenza attiva della coscienza al bene , ritroviamo l'uso del termine in Jacques Bénigne Bossuet (Digione 1627 - Parigi 1704) Trattato sulla conoscenza di Dio e di se stesso cap.1 par.7). Il termine è oggi non più usato nell'espressione filosofica.

Sinderesi

Il termine fu molto usato nel pensiero morale della Scolastica, per indicare l’abito razionale dei primi principi pratici della morale, ossia la capacità dello spirito umano di conoscere immediatamente e con piena evidenza i primi principi dell’ordine morale (cf. Principi morali tradizionali; Principio di coerenza, senso comune, via elenctica). Essa è, nel campo pratico, l’equivalente dei principi d’identità e di non contraddizione del campo teoretico (cf. Principio di non contraddizione). Si tratta di principi affermati necessariamente, anche da chi pretende negarli. Nessuno, infatti, può cancellare dallo spirito umano il principio fondamentale che bisogna fare il bene ed evitare il male (S. Th., I-II, q. 94, a. 6).

La sinderesi si distingue dalla legge naturale, perché la legge è un complesso di precetti in atto, mentre la sinderesi è l’inclinazione e la capacità di conoscere tali precetti (cf. Legge morale naturale). Per Filippo il Cancelliere e Bonaventura da Bagnoregio essa non riguardava l’intelletto ma la volontà, che inclinerebbe al bene morale. Alberto Magno la svincolò dalla volontà e la portò nel campo della ragion pratica. Come abito dei principi pratici, però, essa è troppo universale per valere nelle azioni concrete che riguardano oggetti particolari e la casistica particolare. È qui, nel campo pratico del conformarsi o meno alla coscienza, che hanno luogo i giudizi della coscienza, le scelte e le libere decisioni (cf. Coscienza morale). Se la volontà sbaglia, la coscienza non sbaglia ma, qualora anche la coscienza sbagliasse, la sinderesi non potrebbe mai sbagliare.

Gualberto Gismondi
Dizionario di etica dell’attività scientifica

Etica in Tommaso

La sinderesi (= lume della volontà) è conoscenza innata di ciò che è bene e di ciò che è male. Due rappresentati della scolastica sono Anselmo e Tommaso (quest'ultimo considera la sinderesi tendenza verso il bene e fuga dal male).  Esposta nella seconda parte della Summa (II-II), è intesa come etica cristiana (motus rationalis creaturae ad Deum), ma parte dai concetti di Aristotele. Ultima meta è la beatitudine, fine della creatura razionale. In189 questioni Tommaso. costruisce l’architettura della morale cattolica, che termina nel sacrario della carità, dell’amicizia con Dio, dell’amore soprannaturale verso Dio e il prossimo.

Presupposto dell’atto morale è la libertà della volontà, che ha la sua radice nella ragione, che aspira a tutte le cose contemplate come buone. Mentre il bonum universale – oggetto della felicità – muove la volontà necessariamente, l’uomo rimane libero nei riguardi dei beni parziali, potendo scegliere le diverse modalità dell’azione o l’astensione dall’azione.

Nell’azione morale influisce anche la vita affettiva dell’uomo, il sentimento, in cui s’incontrano lo spirito e il senso. Gli atti morali presuppongono principi interni (abiti di virtù morali e soprannaturali – tendenze opposte al peccato – che è invece deviazione dal fine) e un principio esterno (Dio, l’essere che dà norma, materia e sanzione all’atto morale e con la grazia movente ed elevante conferisce a queste azioni l’intrinseca proporzione all’ultimo fine della vita eterna). Quest’ultimo principio ha effetto mondano solo come lex aeterna, che ha la sua impronta nella legge di moralità naturale che consegue dall’uso maturo della ragione (synteresi): fa ciò che è buono ed evita ciò che è cattivo.

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Synderesis

Synderesis, in scholastic moral philosophy, is the natural capacity or disposition (habitus) of the practical reason to apprehend intuitively the universal first principles of human action.

Reason is a single faculty, but is called differently according to the end that it assigns to its search for truth; when its goal is the mere consideration (contemplation) of truth, it is called speculative reason; when it considers truth in view of action (praxis), it is called practical reason. In both cases reason uses demonstration (syllogism) as its tool; it proceeds from the understanding of previously known truths (premises) to the statement of a proposition (conclusion) whose truth follows necessarily from the premises.

How do we know that those premises (and consequently their conclusion) are true? Because they are themselves conclusions of previous demonstrations. Although we could take back this process of demonstration of the truth of premises as far as we want, a regression ad infinitum would deprive the demonstrative chain of certitude. Consequently it is necessary that the point of departure of human reasoning be some immediately knowable, i.e. self-evident, propositions called the first principles, whose truth is not, indeed cannot be grasped through demonstration, but only by intuition (noûs).

The habit or disposition that allows the speculative reason to apprehend intuitively the principles that preside over its discursive reasoning is called "understanding of principles" (intellectus principiorum). The principle of "non contradiction", of "identity" and of "excluded middle", all of which are ultimately based on the notion of "being", which is the first that our reason apprehends absolutely, are all examples of those principles.

Similarly, the capacity or disposition that allows the practical reason to apprehend intuitively the principles or laws that preside over its discursive reasoning regarding human action is called synderesis. Just as "being" is the first notion apprehended absolutely, so also "good" is the first thing that is apprehended by the practical reason, since everything that acts does so for an end which possesses the quality of goodness. That is why the first principle or law of the practical reason is "good is to be done and pursued, and evil is to be avoided". Also the precepts of natural law can be considered object of synderesis insofar as all the things towards which the human being has a natural inclination are naturally apprehended by the intellect as good and therefore as objects to be pursued, and their opposites as evils to be avoided.

Synderesis is the capacity not only to apprehend the first principles, but also to judge every step of the practical discourse in the light of those principles. But, as an intellectual disposition concerned with knowledge of the first principles of action, synderesis provides only the universal premise of the practical syllogism. Every human action, however, is singular, contingent and takes place in particular circumstances. To complete the practical discourse and reach a conclusion regarding what has to be done hic et nunc and what means are to be used other capacities are necessary besides synderesis, and to actually effect the action other faculties are required besides reason. That is why the whole picture concerning human action includes powers, dispositions and acts such as conscience, desire, will, etc., each one of which requires an independent article in this encyclopedia.

The origin of the notion of synderesis as presented here can be traced, on the one hand, to the Commentary on Ezechiel by Saint Jerome (AD 347-419), where syntéresis is mentioned among the powers of the soul and is described as the spark of conscience (scintilla conscientiae) and, on the other, to the interpretation of Jerome's text given, in the 13th Century, by Albert the Great and Thomas Aquinas in the light of Aristotelian psychology and ethics. An alternative interpretation was proposed by Bonaventure, who considered synderesis as the natural inclination of the will towards moral good.