Lessico


San Tommaso d'Aquino
Doctor Angelicus

  

Filosofo e Dottore della Chiesa nato ad Aquino (Frosinone) nel 1225 e morto a Fossanova (frazione di Priverno, provincia di Latina) nel 1274. Massimo rappresentante della scolastica medievale, discendente dalla famiglia dei conti d'Aquino, compì i suoi studi dapprima a Montecassino, quindi a Napoli, dove Federico II aveva fondato l'Università.

All'età di 18 anni entrò nell'ordine domenicano e, dopo un soggiorno nel suo castello di Roccasecca, dove si dedicò allo studio delle Sentenze di Pietro Lombardo e dei testi aristotelici tradotti da Michele Scoto, lasciò l'Italia (1246). Continuò a Colonia gli studi filosofici e teologici e fu discepolo di Alberto Magno.

Nel 1252 giunse a Parigi per iniziare l'insegnamento di teologia e insieme a Bonaventura fu aggregato come Maestro all'Università. In questo periodo iniziò la stesura del De ente et essentia e della Summa contra gentiles. Dopo il triennio d'insegnamento fu chiamato presso la Curia e proseguì i suoi spostamenti (Anagni, Viterbo, Orvieto). Fu il periodo dei Commenti ad Aristotele.

Intanto aveva terminato la Summa contra gentiles e composto varie Quaestiones, il trattato politico De regimine principum nonché il Commento a Dionigi. Al 1266 ca. risale l'inizio della Summa theologica, il capolavoro.

Di nuovo a Parigi per un altro triennio, dovette sostenere gli attacchi mossi alla dottrina aristotelica dagli agostiniani e prendere le distanze dall'averroismo di Sigieri (De unitate intellectus contra averroistas, 1269). Nel 1270, l'arcivescovo di Parigi, Stefano Tempier, condannò 13 proposizioni degli aristotelici, sospette di averroismo.

Nel frattempo Tommaso aveva composto alcuni opuscoli filosofici sull'eternità del mondo, sul principio d'individuazione, ecc. Nel 1272 fu richiamato in Italia per organizzare gli studi generali di Napoli e di Orvieto e far rifiorire l'Università napoletana.

Invitato da Gregorio X al Concilio di Lione, si mise in viaggio, ma a Fossanova le condizioni della sua salute, già malferma, si aggravarono e morì. Nel 1323 fu beatificato da Giovanni XXII e gli fu attribuito il titolo di Doctor Angelicus. Festa il 28 gennaio.

Adoro te devote

L'Adoro te devote è uno di cinque inni eucaristici che si pensa siano stati scritti da San Tommaso d'Aquino in occasione dell'introduzione della solennità del Corpus Domini nel 1264, su commissione di papa Urbano IV. L'attribuzione non è certa poiché le prime testimonianze di tale paternità letteraria risalgono a non meno di cinquant'anni dalla morte del Dottore Angelico. L'inno fu inserito nel Messale Romano del 1570 voluto da papa Pio V ed è ora citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica (voce 1381). È tuttora cantato durante le adorazioni eucaristiche.

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Adoro te devote, latens Deitas,
quae sub his figuris vere latitas:
tibi se cor meum totum subjicit,
quia te contemplans totum deficit.

Ti adoro con devozione, o Dio nascosto,
che realmente ti celi sotto queste spoglie:
il mio cuore ti è tutto sottomesso,
perché contemplandoti tutto il resto viene meno.

Visus, tactus, gustus in te fallitur,
sed audìtu solo tuto creditur:
credo quidquid dixit Dei Filius:
nihil hoc verbo veritatis verius.

La vista, il tatto, il gusto non ti scorgono,
ma solo l’udito fa credere con certezza:
credo in tutto ciò che ha detto il Figlio di Dio:
nulla è più vero di questo Verbo.

In cruce latebat sola Deitas,
at hic latet simul et humanitas:
ambo tamen credens atque confitens
peto quod petivit latro paenitens.

Sulla croce solo la divinità restava nascosta,
ma qui si nasconde insieme l’umanità:
credendo a entrambe con fede
chiedo quello che chiese il ladrone pentito.

Plagas, sicut Thomas, non intueor:
Deum tamen meum te confiteor:
fac me tibi semper magis credere,
in te spem habere, te diligere.

Non vedo le piaghe come Tommaso:
tuttavia ti riconosco come mio Dio:
fa che sempre più io creda in te,
avere speranza in te, amarti.

O memoriale mortis Domini,
panis vivus vitam prestans homini,
praesta meae menti de te vivere,
et te illi semper dulce sapere.

O memoriale della morte del Signore,
pane vivo che dai vita all'uomo,
concedi alla mia mente di vivere di te,
e di avere sempre per lei un sapore dolce.

Pie pellicane Jesu Domine,
me immundum munda tuo sanguine,
cujus una stilla salvum facere
totum mundum quit ab omni scelere.

Gesù Signore, pellicano amoroso,
col tuo sangue purifica me che sono impuro:
una cui sola goccia può salvare
il mondo intero da ogni empietà.

Jesu, quem velatum nunc aspicio,
oro fiat illud quod tam sitio:
ut te revelata cernens facie,
visu sim beatus tuae gloriae. Amen.

Gesù, che ora ti vedo velato,
prego che avvenga ciò di cui ho tanta sete:
che, vedendo il tuo volto svelato,
io sia beato alla vista della tua gloria. Amen.

San Tommaso d'Aquino

San Tommaso d'Aquino (Roccasecca, 28 gennaio 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274) è stato un filosofo e teologo italiano della scuola scolastica, definito Doctor Angelicus o Doctor Universalis dai suoi contemporanei. Rappresenta uno dei principali pilastri teologici della Chiesa cattolica, che lo venera come santo, lo considera Dottore della Chiesa e lo festeggia il 28 gennaio. La Chiesa luterana lo ricorda invece l'8 marzo. Egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Aristotele, Platone e Socrate, poi passati attraverso il periodo ellenistico della tarda grecità.

Tommaso d'Aquino nacque a Roccasecca, nel feudo dei conti d'Aquino (Frosinone), nel 1225, e morì nel convento di Fossanova il 7 marzo 1274. La sua tomba si trova presso il convento "des Jacobins" a Tolosa, in Francia. Fu allievo di Sant'Alberto Magno, che lo difese quando i compagni lo chiamavano "il bue muto" dicendo: “Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico , quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da una all’altra estremità della terra!”

Figlio di Landolfo, nobile di origine longobarda, e Teodora, il piccolo Tommaso, a soli cinque anni, fu inviato nella vicina Abbazia di Monte Cassino per ricevere l'educazione religiosa. A quattordici anni si trasferì a Napoli, dove si dedicò allo studio delle arti all'Università, presso il convento di San Domenico Maggiore. È così che, pur fortemente ostacolato dalla famiglia, fece richiesta nel 1244 di essere ammesso all'Ordine domenicano.

I suoi superiori, avendone intuito il precoce talento, e per consentirgli il completamento degli studi, lo inviarono a Parigi, ma il giovane, prima che potesse giungervi, fu catturato dai suoi familiari e ricondotto al castello paterno di Monte San Giovanni. Il periodo di prigionia, che durò un anno, fu caratterizzato dalle pressioni della famiglia che voleva fargli rinunciare all'abito domenicano, e si concluse, per intercessione di papa Innocenzo IV, con la liberazione (o, secondo alcuni biografi, con la fuga) di Tommaso.

Dopo brevi soggiorni, prima a Napoli e poi a Roma, nel 1248 giunse a Colonia per seguire le lezioni di Alberto Magno, filosofo e teologo tedesco che cercò di conciliare il Cristianesimo con l'Aristotelismo. In seguito, Tommaso volle essere l'esecutore del progetto del suo maestro.

Dal 1252 insegnò all'Università di Parigi, iniziando come baccalarius biblis, e dopo 4 anni poté tenere la sua prima lezione in cattedra. Nel frattempo, Tommaso combatté contro gli averroisti (seguaci del filosofo arabo Averroè, secondo cui l'anima umana singolarmente presa è mortale), che ritenevano la fede inconciliabile con la ragione: "La fede è per le anime semplici, la filosofia per le persone colte". Tommaso si batté anche contro gli agostiniani, filosoficamente platonici o neoplatonici, che ritenevano inconciliabile l'Aristotelismo con la fede.

Per Tommaso l'anima è creata "a immagine e somiglianza di Dio" (come dice la Genesi), unica, immateriale (priva di volume, peso ed estensione), non localizzata in un punto particolare del corpo, trascendente come Dio e come Lui in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo in cui sono il corpo e gli altri enti. L'anima è "tota in toto corpore", contenuta interamente in ogni parte del corpo, e in questo senso legata a esso indissolubilmente.

Secondo il pensiero di Tommaso: «Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa.»

Il fatto che Dio esista ci è dato dalla fede, ma, mentre Anselmo d'Aosta procedeva a priori nella sua prova ontologica dell'esistenza di Dio, Tommaso procede sia a priori che a posteriori. Le sue prove dell'esistenza di Dio sono cinque:

Ex Motu - (cioè "dal moto": tutto ciò che si muove esige una causa prima perché, come insegna Aristotele, "Non si può andare all'infinito nella ricerca delle cause")

Ex Causa - (cioè "dalla causa": ogni effetto ha bisogno di una causa; necessità di una causa prima incausata)

Ex Contingentia - (cioè "dalla contingenza": poiché tutte le cose esistono, ma potrebbero non esistere, non hanno in sé la ragione della loro esistenza e, quindi, rimandano a un essere necessario)

Ex Gradu - (cioè "dal grado": le cose hanno diversi gradi di perfezione, ma solo un grado massimo di perfezione rende possibile gli stadi intermedi)

Ex Fine - (cioè "dal fine": tutte le cose nell'universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi, ci deve essere un'intelligenza che le ordina così)

Tommaso, che riteneva la conoscenza acquisibile solo attraverso la sensibilità, rifiuta la visione della conoscenza di Agostino, che pensava che questa avvenisse tramite l'illuminazione divina. La conoscenza degli universali, però, appartiene solo alle intelligenze angeliche; noi, invece, conosciamo gli universali post rem, ossia li ricaviamo dalla realtà sensibile. Soltanto Dio conosce ante rem. La conoscenza è, quindi, un processo di adeguamento dell'anima o dell'intelletto e della cosa, secondo una formula che dà ragione del sofisticato platonismo di Tommaso: « Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei. » « Verità: Adeguamento dell'intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all'intelletto. Adeguamento dell'intelletto e della cosa. »

Nel 1259 tornò in Italia: strinse amicizia con Guglielmo di Moerbeke (grande traduttore di Aristotele) e collaborò ad alcuni scritti con papa Urbano IV presso il convento di Orvieto, dove il pontefice si era temporaneamente stabilito. Su incarico di Urbano IV compose l'ufficio e gli inni per la festa del Corpus Domini appena istituita (8 settembre 1264), tra cui spicca l'inno Pange Lingua, con le celeberrime ultime due strofe del "Tantum Ergo" che la liturgia cattolica ancor oggi eleva durante la benedizione col Santissimo Sacramento. Successivamente si recò a Roma per organizzare i corsi dello Studio di santa Sabina e, nel 1267, il papa Clemente IV lo chiamò con sé a Viterbo, dove predicò spesso dal pulpito della chiesa di Santa Maria Nuova.

È proprio durante gli anni trascorsi in Italia che compose numerose opere come la "Summa contra gentiles", il "De regimine principium", il "De unitate intellectus contra Averroistas" e buona parte del suo capolavoro, la Summa Theologiae, fonte d'ispirazione della teologia cattolica fino ai nostri giorni.

Nel 1269 fu richiamato a Parigi dai suoi superiori e iniziò, attraverso una strenua difesa teologica degli Ordini mendicanti, la sua opera di confutazione del Neoplatonismo agostiniano (in contrapposizione al suo Aristotelismo) e agli errori dottrinari avveroisti. Nel 1272, chiamato da Carlo I d'Angiò, fu nuovamente a Napoli e si occupò della riorganizzazione degli studi teologici presso il convento di San Domenico, presso cui era annessa la locale Università. Fu in questo periodo che Tommaso fece sì che la sua "Summa Theologiae" restasse incompiuta (l'ultimo trattato è il "De Poenitentia"), confidando, secondo la leggenda, all'amico Reginaldo: Non posso più; tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia.

Nel gennaio del 1274 papa Gregorio X gli ordinò di presenziare al Concilio di Lione II, per verificare in cosa consistessero le divergenze tra la Chiesa latina e quella greca, e se fosse possibile appianarle; Tommaso, anche se non in buone condizioni di salute, si mise in viaggio. Durante il tragitto si fermò presso il castello di Maenza, da sua nipote Francesca maritata con il conte Annibaldo de Ceccano, signore di Maenza, ma il suo male si aggravò. Dal momento che desiderava finire i suoi giorni in un monastero, e non essendo in condizione di raggiungere una casa dei Domenicani, fu portato all'abbazia cistercense di Fossa Nuova (oggi Fossanova), a poca distanza da Priverno (in provincia di Latina), dove, al termine di una malattia durata qualche settimana, morì il 7 marzo 1274.

Le spoglie di Tommaso d'Aquino sono conservate nel convento dei Giacobini a Tolosa. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno nella chiesa di San Domenico assieme alle spoglie di due sorelle del santo.

Dante Alighieri nella Commedia (Purgatorio, canto XX, v. 69) sostiene che il teologo sia stato avvelenato per ordine di Carlo d'Angiò; il Villani (Cronache IX, 218) riprende questa credenza, mentre l'Anonimo Fiorentino descrive il crimine e le sue motivazioni. Il Muratori, al contrario, riproducendo il resoconto di uno degli amici del teologo, non fa accenni ad eventuali congiure.

San Tommaso fu uno dei pensatori più eminenti della filosofia Scolastica, che verso la metà del XIII secolo aveva raggiunto il suo apogeo. Egli indirizzò diversi aspetti della filosofia del tempo: la questione del rapporto tra fede e ragione, le tesi sull'anima (in contrapposizione ad Averroè), le questioni sull'autorità della religione e della teologia, che subordina ogni campo della conoscenza. Tali punti fermi del suo pensiero furono difesi da diversi suoi seguaci successivi, tra cui Reginaldo di Piperno, Tolomeo da Lucca, Giovanni di Napoli, il domenicano francese Giovanni Capreolus e Antonino di Firenze. Infine, però, con la lenta dissoluzione della Scolastica, si ebbe, parallelamente, anche la dissoluzione del Tomismo.

Oggigiorno, tuttavia, il pensiero di Tommaso d'Aquino trova ampio consenso anche in ambienti non cattolici (studiosi protestanti statunitensi, ad esempio) e perfino non cristiani, a causa del suo metodo di lavoro, fortemente razionale e aperto a fonti e contributi di ogni genere: la sua indagine intellettuale procedeva dalla Bibbia agli autori pagani, dagli ebrei ai musulmani, senza alcun pregiudizio, ma tenendo sempre il suo centro nella Rivelazione cristiana, alla quale ogni cultura, dottrina o autore antico faceva capo. Il suo operato culmina nella Summa Theologiae (cioè "Il complesso di teologia"), in cui tratta in maniera sistematica il rapporto fede-ragione e altre grandi questioni teologiche.

Agostino vedeva il rapporto fede-ragione come un circolo ermeneutico (dal greco ermeneuo, cioè "interpreto") in cui credo ut intelligam et intelligo ut credam (ossia "credo per comprendere e comprendo per credere"). Tommaso porta la fede su un piano superiore alla ragione, affermando che dove la ragione e la filosofia non possono proseguire inizia il campo della fede e il lavoro della teologia. Dunque, fede e ragione sono certamente in circolo ermeneutico e crescono insieme sia in filosofia che in teologia. Mentre però la filosofia parte da dati dell'esperienza sensibile o razionale, la teologia inizia il circolo con i dati della fede, su cui ragiona per credere con maggiore consapevolezza ai misteri rivelati. La ragione, ammettendo di non poterli dimostrare, riconosce che essi, pur essendo al di sopra di sé, non sono mai assurdi o contro la ragione stessa: fede e ragione, sono entrambe dono di Dio, e non possono contraddirsi. Questa posizione, ovviamente, esalta la ricerca umana: ogni verità che io posso scoprire non minaccerà mai la Rivelazione; anzi, rafforzerà la mia conoscenza complessiva dell'opera di Dio e della Parola di Cristo. Si vede qui un esempio tipico della fiducia che nel Medioevo si riponeva nella ragione umana. Nel XIV secolo queste certezze andranno in crisi, coinvolgendo l'intero impianto culturale del periodo precedente.

La teologia, in ambito puramente speculativo rispetto alla tradizione classica, è considerata una forma inferiore di sapere, poiché usa le armi della filosofia senza partire da qualcosa che abbia la forza della necessità filosofica, ma Tommaso fa notare, citando Aristotele, che non si può mai dimostrare tutto (sarebbe necessario un processo all'infinito), e anche che si possono distinguere due tipi di scienze: quelle che esaminano i propri principi e quelle che ricevono i principi da altre scienze, costruendo sopra di essi come su dati validi. La teologia, rivalutata, si costruisce le basi della sua substantia. L'ideale, per uno spirito concreto come Tommaso, sarebbe superare la fede e raggiungere la conoscenza, ma, sui misteri fondamentali della Rivelazione, questo non è possibile nella vita terrena del corpo. Avverrà nella vita eterna dello spirito.

Il sapere teologico è più elevato per l'importanza assoluta e fondamentale delle sue "ipotesi", da cui parte poi a ragionare e sulle quali cresce il suo essere; esso è un moto a spirale della conoscenza che muove da un'ipotesi, cioè un atto di fede, guardando Dio e l'eternità. Per l'uomo è più importante dei ragionamenti necessari che un filosofo è riuscito a dimostrare. La filosofia è dunque "ancilla theologiae" e "regina scientiarum", primo fra i saperi delle scienze. Il primato del sapere teologico non è nel metodo, ma nei contenuti divini che affronta, per i quali è sacrificabile anche la necessità filosofica.

Il punto di discrimine fra filosofia e teologia è la dimostrazione dell'esistenza di Dio; dei due misteri fondamentali della Fede (Trinitario e Cristologico), la ragione può dimostrare solamente l'esistenza di Dio e che questo Dio non può che essere Trinitario, il paradosso razionale, che la ragione non può spiegare: un Dio Uno e Trino. Il maggior servizio che la ragione può fare alla fede è che dimostrare l'esistenza di un Dio non Trinitario è altrettanto irrazionale quanto la sua affermazione, perché i motivi per non credere al Dio che emergono dal Nuovo Testamento non sono maggiori di quelli che si hanno per credere a un'altra divinità o per essere atei. La ragione fornisce un secondo aiuto alla fede: mostrare che da questo mistero scaturiscono conseguenze non contraddittorie fra loro (il mistero stesso è l'ipotesi-premessa razionale). La ragione non può entrare nella parte storica dei misteri religiosi, può mostrare solo prove storiche che tal "profeta" è esistito, ma non che era Dio, e il senso della Sua missione, che è appunto un dato, un fatto a cui si può credere o meno.

Il primato della teologia verrà fortemente discusso nei secoli successivi, ma sarà anche lo studio praticato da tutti i filosofi cristiani nel Medioevo e oltre, tant'è che Pascal fece la sua famosa "scommessa" ancora nel XVII secolo. La teologia era questione sentita dal popolo nelle sacre rappresentazioni, era il mondo dei medioevali e degli zelanti studenti che attraversavano a piedi le paludi di Francia per ascoltare le lectiones dell'Aquinate nella prestigiosa Università "Sorbonne" di Parigi, incontrandosi da tutta Europa.

Saint Thomas Aquinas

Saint Thomas Aquinas, O.P. (also Thomas of Aquin or Aquino; c. 1225 – 7 March 1274) was an Italian Catholic priest in the Dominican Order, a philosopher and theologian in the scholastic tradition, known as Doctor Angelicus, Doctor Universalis and Doctor Communis. He was the foremost classical proponent of natural theology, and the father of the Thomistic school of philosophy and theology.

Aquinas is held in the Catholic Church to be the model teacher for those studying for the priesthood (Code of Canon Law, Can. 252, §3). The works for which he is best-known are the Summa Theologica and the Summa Contra Gentiles. One of the 33 Doctors of the Church, he is considered by many Catholics to be the Catholic Church's greatest theologian and philosopher. Consequently, many institutions of learning have been named after him.

Aquinas was born c. 1225 at his father Count Landulph's castle of Roccasecca in the Kingdom of Sicily, in the present-day Regione Lazio. Through his mother, Theodora Countess of Theate, Aquinas was related to the Hohenstaufen dynasty of Holy Roman emperors. Landulf's brother Sinibald was abbot of the original Benedictine monastery at Monte Cassino. The family intended for Aquinas to follow his uncle into that position. This would have been a normal career path for a younger son of southern Italian nobility.

At the age of five, Aquinas began his early education at a monastery. When he was 16, he went to the University of Naples, where he studied for six years. Aquinas had come under the influence of the Dominicans, who wished to enlist the ablest young scholars of the age. The Dominicans and the Franciscans represented a revolutionary challenge to the well-established clerical systems of Medieval Europe.

Aquinas's change of heart did not please his family. On the way to Rome, his brothers seized him and took him back to his parents at the castle of San Giovanni. He was held captive for a year so he would renounce his new aspiration. According to Aquinas's earliest biographers, two of his brothers even brought a prostitute to tempt him, but he drove her away. After this, it is said that two angels came down from the heavens and girded his loins, providing Aquinas with a life of chastity. Finally, Pope Innocent IV intervened and Aquinas assumed the habit of St. Dominic in his 17th year.

His superiors saw his great aptitude for theological study. In late 1244, they sent him to the Dominican school in Cologne, where Albertus Magnus was lecturing on philosophy and theology. In 1245, Aquinas accompanied Albertus to the University of Paris, where they remained for three years. During this time, Aquinas threw himself into the controversy between the university and the Friar-Preachers about the liberty of teaching. Aquinas actively resisted the university's speeches and pamphlets. When the Pope was alerted of this dispute, the Dominicans selected Aquinas to defend his order. He did so with great success. He even overcame the arguments of Guillaume de St Amour, the champion of the university, and one of the most celebrated men of the day.

Aquinas then graduated as a bachelor of theology. In 1248, he returned to Cologne, where he was appointed second lecturer and magister studentium. This year marks the beginning of his literary activity and public life. For several years, Aquinas remained with Albertus Magnus. Aquinas's long association with this great philosopher-theologian was the most important influence in his development. In the end, he became a comprehensive scholar who permanently utilized Aristotle's method.

In 1252, Aquinas went to Paris for his master's degree. In 1256, Aquinas, along with his friend Bonaventura, began to lecture on theology in Paris and Rome and other Italian towns. From this time on, his life was one of incessant toil. Aquinas continually served in his order, frequently made long and tedious journeys, and constantly advised the reigning pontiff on affairs of state. In 1259, Aquinas was present at an important meeting of his order at Valenciennes. At the solicitation of Pope Urban IV, he moved to Rome no earlier than late 1261. In 1263, he attended the London meeting of the Dominican order. In 1268, he lectured in Rome and Bologna. Throughout these years, he remained engaged in the public business of the Catholic Church.

From 1269 to 1271, Aquinas was again active in Paris. He lectured to the students, managed the affairs of the Catholic Church, and advised the king, Louis VIII, his kinsman, on affairs of state. In 1272, the provincial chapter at Florence empowered him to begin a new studium generale at a location of his choice. Later, the chief of his order and King Charles II brought him back to the professor's chair at Naples.

All this time, Aquinas preached every day, and he wrote homilies, disputations, and lectures. He also worked diligently on his great literary work, the Summa Theologica. The Catholic Church offered to make him archbishop of Naples and abbot of Monte Cassino, but he refused both.

It should be noted that, as a Dominican Friar, Aquinas was supposed to participate in the mortification process. He did not; a remarkable thing considering how devoted to his faith he was known to be. At his canonization trial, it became evident he did not practice such rites. "The forty-two witnesses at the canonization trial had little to report concerning extraordinary acts of penance, sensational deeds, and mortifications... they could only repeat unanimously, again and again: Thomas had been a pure person, humble, simple, peace-loving, given to contemplation, moderate, a lover of poetry". These endearing qualities helped him in his beatification. The witnesses praised Thomas for his rational thought.

It is reported in Chesterton's book that Aquinas placed his essay concerning the Eucharist at the bottom of the cross. The friars there claimed to see the image of Jesus descending upon it, and a voice was heard to say, "Thomas, thou hast written well concerning the sacrament of My Body.” On one occasion, monks claimed to have found him levitating. The twentieth century Catholic writer/convert G.K. Chesterton describes these and other stories in his work on Aquinas, The Dumb Ox, a title based on early impressions that Aquinas was not proficient in speech. Chesterton quotes Albertus Magnus' refutation of these impressions: "You call him 'a dumb ox,' but I declare before you that he will yet bellow so loud in doctrine that his voice will resound through the whole world."

Aquinas had a dark complexion, large head and receding hairline, and he was of large stature. His manners showed his breeding, for people described him as refined, affable and lovable. In arguments, he maintained self-control and won over his opponents by his personality and great learning. His tastes were simple. He impressed his associates with his power of memory. When absorbed in thought, he often forgot his surroundings, but he was able to express his thoughts systematically, clearly and simply. Because of his keen grasp of his materials, Aquinas does not make the reader his companion in the search for truth; rather, he teaches authoritatively. On the other hand, he felt dissatisfied by the insufficiency of his works as compared to the divine revelations he had received. He is said to have spoken on the morning of December 6, 1273, his last words: "Such secrets have been revealed to me that all I have written now appears of little value."

In 1270, the bishop of Paris issued an edict condemning a number of teachings then current at the university, which derived from Aristotle or from Arabic philosophers such as Averroes. The teachings of Thomas were among those targeted. This condemnation gave rise to an investigation in Paris, in response to which the Dominican order prudently moved Thomas to Italy. Eventually, in 1277 (three years after Thomas's death), the bishop of Paris issued another, more detailed edict in which he condemned a series of Thomas's theses as heretical, and excommunicated Thomas posthumously. The bishop of Oxford issued a similar condemnation a few months later. These condemnations echoed the orthodox Augustinian theology of the day, which considered human reason inadequate to understand the will of God.

The 1277 condemnation "has often been depicted as the most dramatic and significant doctrinal censure in the history of the University of Paris, and a landmark in the history of medieval philosophy and theology."  In fact, it took many years for Thomas's reputation to recover from this censure.

In January 1274, Pope Gregory X directed Thomas to attend the Second Council of Lyons. Aquinas's task was to investigate and, if possible, settle the differences between the Greek and Latin churches. Far from healthy, he undertook the journey. On the way, he stopped at the castle of a niece and there became seriously ill. Aquinas desired to end his days in a monastery. However, he was unable to reach a house of the Dominicans, so he was taken to the Cistercian monastery of Fossa Nuova. After a lingering illness of seven weeks, Aquinas died on March 7, 1274.

In The Divine Comedy, Dante sees the glorified spirit of Aquinas in the Heaven of the Sun with the other great exemplars of religious wisdom. Dante also asserts that Aquinas died by poisoning, on the order of Charles of Anjou (Purg. xx. 69). Villani (ix. 218) cites this belief, and the Anonimo Fiorentino describes the crime and its motive. But the historian Muratori reproduces the account made by one of Aquinas's friends, and this version of the story gives no hint of foul play.

Fifty years after Thomas's death, Pope John XXII, seated in Avignon, pronounced Thomas a saint of the Catholic church. Thomas's theology had begun its rise to prestige. Two centuries later, in 1567, Pope Pius V ranked the festival of St. Thomas Aquinas with those of the four great Latin fathers: Ambrose, Augustine, Jerome, and Gregory. However, in the same period the Council of Trent would still turn to Duns Scotus before Thomas, as a source of arguments in defence of the Catholic Church. It was not until the First Vatican Council that Thomas was elevated to the preeminent status of "teacher of the church" which he enjoys today.

In his Encyclical of August 4, 1879, Pope Leo XIII stated that Aquinas's theology was a definitive exposition of Catholic doctrine. Thus, he directed the clergy to take the teachings of Aquinas as the basis of their theological positions. Leo XIII also decreed that all Catholic seminaries and universities must teach Aquinas's doctrines, and where Aquinas did not speak on a topic, the teachers were "urged to teach conclusions that were reconcilable with his thinking." In 1880, Aquinas was declared patron of all Catholic educational establishments.

In a monastery at Naples, near the cathedral of St. Januarius, a cell in which he supposedly lived is still shown to visitors. His remains were placed in the Church of the Jacobins in Toulouse in 1369. Between 1789 and 1974, they were held in Saint Sernin basilica of Toulouse. In 1974, they were returned to the Church of the Jacobins, where they have remained ever since.

The Roman Catholic Church today celebrates his feast on January 28, the date of publication of the Summa. Before the revision of the Roman calendar in 1969 the feast was observed on March 7, the day of his death. The March 7 date is still used today for the traditional Latin Mass, a first class feast day in schools.

Thomas d'Aquin

Saint Thomas d’Aquin le Docteur Angélique - 1494
retable de Carlo Crivelli (Venezia ca. 1435 - Ascoli ca. 1494-95)

Thomas d'Aquin (né vers 1225 à Aquin, près de Naples, en Italie du Sud, mort le 7 mars 1274 à l'abbaye de Fossanova près de Priverno) était un théologien et philosophe italien, membre de l'ordre dominicain. Considéré comme l'un des principaux maîtres de la scolastique et de la théologie catholique, il a été proclamé docteur de l'Église en 1567 et Docteur commun en 1880. Il est aussi appelé Docteur Angélique par l'Église. Il est également considéré par l'Église catholique comme le patron des Universités, des écoles et des académies catholiques.

Après Augustin d'Hippone (354-430) — et en filiale continuité avec la pensée de l'évêque d'Hippone — Thomas d'Aquin a réalisé au XIIIe siècle la grande synthèse de la raison et de la foi, notamment en tentant de concilier la philosophie réaliste d'Aristote et la pensée chrétienne. Il distingue les vérités accessibles par la seule raison de celles de la foi, définie comme une adhésion inconditionnelle à la Parole de Dieu. La philosophie représente à ce titre une servante de la théologie (philosophia ancilla theologiae), et les deux disciplines collaborent en vue d'une même fin.

De son nom dérivent « thomisme », « néo-thomisme », « thomiste », « thomasien », qualifiant, entre autres, sa philosophie et les penseurs qui s'en revendiquent. Le thomisme est déclarée doctrine officielle de l'Église en 1879 par le pape Léon XIII, au cours de l'encyclique Æterni Patris.

Fils du comte Landulphe d'Aquino et de la comtesse Théadora d'Inverno, il naît aux alentours de 1224 au château de Roccasecca, dans le Royaume des Deux-Siciles. La famille d'Aquin est une des plus grandes famille d'Italie, très proche du Pape. Les premiers biographes de Thomas d'Aquin présentent sa naissance comme une grande réjouissance pour sa mère qui en fait son fils favori. De 1230 à 1235, il est oblat à l’abbaye bénédictine du Mont-Cassin, dont son oncle Sunnibald est l'abbé. Il y demeure neuf ans, pendant lesquels il subit l'influence bénédictine et fréquente la bibliothèque du monastère qui devait contenir les classiques du Trivium Quadrivium et d'Augustin d'Hippone.

À partir de 1239, Frédéric II, en lutte contre Grégoire IX, expulse les moines de l'abbaye: il étudie alors à l'université de Naples où il découvre sans doute Aristote avec des traductions à partir de l'arabe fournies par Frédéric II. C'est là-bas qu'il rencontre des frères prêcheurs dont le type de vie l'attire grandement, notamment de par leur érudition et leur vitalité apostolique. Son père meurt le 24 décembre 1243, rendant le jeune Thomas un peu plus libre de son destin. Il décide de rentrer dans l’ordre des dominicains en 1244, à l'âge de vingt ans, contre l’avis de sa famille qui veut en faire l'abbé du Mont-Cassin. Sa mère le fait alors enlever et l’assigne à résidence à Roccasecca ou il demeure un an. Thomas ne changeant cependant pas d’avis, sa famille finit par accepter son choix.

Il est ensuite étudiant à Paris de 1245 à 1248, dans le Paris de Louis IX, où il est surnommé par les autres étudiants « le bœuf muet » en raison de sa stature, de son silence et de son goût pour la contemplation. Puis il suit son maître Albert le Grand (dominicain commentateur d'Aristote) à Cologne jusqu'en 1252. De retour à Paris, il suit le cursus universitaire classique pour les aspirants théologiens: il est bachelier biblique (lectures commentées des Écritures) de 1252 à 1254, puis bachelier sententiaire (i.e. commentateur du Livre des Sentences de Lombard, le commentaire de Thomas est énorme: plus de 6 000 pages in-folio) de 1254 à 1256, tout en suivant certains des cours dispensés dans les facultés parisiennes et au studium dominicain de Saint-Jacques. Il commence ensuite à enseigner la Bible, sous le contrôle de son maître, puis rédige le de Ente et Essentia, reçoit sa maîtrise en théologie, est nommé Maître-Régent, défend et rédige les Questions Disputées: de Veritate, les Quodlibet (7 à 11); commente le de Trinitate de Boèce… En 1256, Thomas est magister in sacra pagina, c'est-à-dire « maître en sciences bibliques ». Son activité consiste principalement en disputes théologiques (disputatio), en commentaires d'Aristote et de la Bible et en prêches publiques. Après d'âpres luttes avec les séculiers de l'Université, il sera enfin admis - avec saint Bonaventure - dans le Consortium Magistrorum, non sans quelque pression pontificale en leur faveur, et de 1256 à 1259, il est maître en théologie (il est choisi avant l’âge requis), presque totalement libre de ses objets d'étude.

En 1259, Thomas a trente-quatre ans lorsqu'il part pour l'Italie où il y reste dix ans. Il y enseigne la théologie jusqu'en 1268, tout en jouissant déjà d'une grande réputation. Il est d'abord assigné à Orvieto, comme lecteur conventuel, c'est-à-dire responsable de la formation permanente de la communauté. Il y trouve toutefois le loisir d'achever la rédaction de la Somme contre les gentils et de l'expositio super Job. Il rédige notamment l'explication continue des évangiles, appelée par la suite la chaîne d'or (catena aurea), un florilège de citations patristiques organisées de manière à constituer un commentaire continu des Évangiles, verset par verset. Cet ouvrage d'importance considérable du point de vue de l'histoire de la réception des auteurs chrétiens grecs, est rédigé à la demande du Pape Urbain IV auquel Thomas dédie la chaîne sur Mathieu.

Thomas est envoyé à Rome entre 1265 et 1268 comme maître régent. Durant ce séjour, affecté à la formation intellectuelle des jeunes dominicains, Thomas rédige également de potentia Dei, la première partie du compendium de théologie et commence ses commentaires d'Aristote par le commentaire « de l'âme », sous les yeux du Pape qui venait d'interdire l'enseignement d'Aristote dans les universités en 1263. C'est également en Italie qu'il compose l'Office du Saint-Sacrement au moment de l'instauration de la Fête du Corpus Christi. Il rédige aussi plusieurs opuscules, en réponses aux questions de personnes particulières ou de supérieurs, portant sur des questions diverses: économiques, canoniques ou morales.

Durant cette période, il eut l'occasion de côtoyer la cour pontificale (qui ne résidait pas à Rome). Assigné à des couvents dans lesquels il remplissait une tâche particulière, rien ne dit qu'il suivit le pape dans ses déplacements continuels. La curie n'avait pas alors de siège fixe.

Thomas revient à Paris de 1269 à Pâques 1272, dont l'Université est en pleine crise intellectuelle et morale provoquée par la diffusion de l'aristotélisme et par les querelles entre les ordres mendiants, les séculiers et les réguliers. Le théologien Rémi de Florence a suivi ses cours lors de son second enseignement parisien. Il a quarante-quatre ans lorsqu'il rédige la seconde partie (IIa Pars) de la Somme théologique et la plus grande partie des Commentaires des œuvres d'Aristote. Il doit faire face à des attaques contre les Ordres Mendiants, mais aussi à des rivalités avec les franciscains et à des disputes avec certains maîtres ès arts (en particulier Siger de Brabant, dont la mort mystérieuse est racontée par Dante, qui évoque également de manière énigmatique la rivalité entre Thomas et Siger dans le Paradis de la Divine Comédie). Il écrit de perfectionie spiritualis vitae et les quodlibets I-VI et XII contre les séculiers et les traités de aeternam mundi et de unitate intellectus contre les franciscains.

Le travail incroyable accompli à la fois pour l'enseignement et la rédaction de son œuvre, les luttes continuelles qu'il doit mener au sein même de l'Université, le départ de quelques-uns de ses amis (Robert de Sorbon, Eudes de Saint-Denys…), tout cela a contribué à miner la santé de Thomas, qui, à quarante-sept ans, en (1272), repart à Naples, où il est nommé maître Régent en théologie de l’école dominicaine, à la demande du roi Charles d'Anjou, le frère de Saint Louis, ce malgré les supplications de l'Université de Paris. Il y poursuit la rédaction de la troisième partie (IIIa Pars) de la Somme théologique, sur le Christ comme médiateur de la Création et les sacrements, qu'il n'achèvera jamais, celle du cours sur l’Épître aux Romains, et du commentaires des Psaumes. On ne sait pas quand il a prêché les sermons sur le Credo, le Pater et l'Ave Maria.

À partir du 6 décembre 1273, après avoir eu une expérience spirituelle bouleversante pendant la messe, il cesse d’écrire, peut-être parce qu’il tient désormais ses œuvres pour vaines. Sa santé décline et, aphasique, en se rendant au concile de Lyon, convoqué par le pape Grégoire X, qui devait se tenir en mai, il meurt le 7 mars 1274, à l'age supposé de 50 ans, au monastère cistercien de Fossa Nova, où il reposera jusqu'à la translation de sa dépouille mortelle en 1369 à Toulouse, aux Jacobins, où il repose toujours aujourd'hui. On dit qu'il commentait le Cantique des Cantiques aux moines qui l'accompagnaient, sur son lit de mort. En recevant sa dernière Eucharistie, il dit: « Je vous reçois, ô salut de mon âme. C'est par amour de vous que j'ai étudié, veillé des nuits entières et que je me suis épuisé; c'est vous que j'ai prêché et enseigné. Jamais je n'ai dit un mot contre Vous. Je ne m'attache pas non plus obstinément à mon propre sens; mais si jamais je me suis mal exprimé sur ce sacrement, je me soumets au jugement de la sainte Église romaine dans l'obéissance de laquelle je meurs. »

La plupart des témoignages concordent à le présenter comme un homme grand et gras; il était brun de teint et blond de cheveux, mais le front dégarni. L'apparence devait être harmonieuse car, lorsqu'il passait dans la campagne, le bon peuple abandonnait ses travaux et se précipitait à sa rencontre « admirant sa stature imposante et la beauté de ses traits ». Chesterton, dans Le Bœuf muet, nous le dépeint ainsi: « Saint Thomas était un taureau: un homme immense, gras et taciturne; doux et magnanime, mais peu sociable; timide, même en tenant compte de l'humilité qui accompagne la sainteté; et l'esprit absent, même en ne tenant pas compte de ses transes occasionnelles ou extases, qu'il prenait soin de dissimuler. » Ses étudiants le présentèrent comme un homme soucieux de ne froisser personne par de mauvaises paroles, et très assidu au travail, se levant très tôt, bien avant les premiers offices, pour commencer à travailler. Sa personnalité intellectuelle de maître rendait les cours dynamiques. Ses cours étaient pleins de vie et plaisaient beaucoup à ses étudiants. Sa piété se tournait surtout vers l'Eucharistie et vers l'image du Christ crucifié.

Pour suivre l'enseignement d’Aristote au XIIIe siècle, il va discuter les commentaires d’Avicenne et d’Averroès, théologiens musulmans qui l'ont précédé dans la lecture d'Aristote. Averroès, par exemple, doutait de l'unicité de l'âme et de l'intellect, ce qu'entendait réfuter Thomas. Platon et Aristote avaient en leur temps exprimé un désaccord du même ordre.

La philosophie thomiste essaie de concilier l’autonomie humaine, l’immortalité de l’âme et la croyance en Dieu comme Cause Unique de tout bien. Sa certitude est que l’étude philosophique, aussi poussée soit-elle, ne contredira en aucun cas l’enseignement de la religion, puisque - écrit-il - les deux ont un même objet, qui est la vérité.

Ses œuvres sont cataloguées dans un écrit de 1319, mais leur chronologie exacte est encore discutée. L'œuvre de Thomas d'Aquin fut condamnée le 18 mars 1277 par l'archevêque anglais Robert Kilwarby, puis par un certain Guillaume de la Mare, Franciscain, qui publia vers 1279 un correctorium de frère Thomas, recensant 117 propositions trop audacieuses. Réhabilité par la suite, notamment de par l'influence grandissante de l'ordre dominicain, il est canonisé en 1323 par le pape Jean XXII.

Thomas d'Aquin (droite), Saint Dominique et la Vierge Marie à l'enfant - 1420
de Beato Angelico - Fra' Giovanni da Fiesole
au siècle Guido di Pietro (Vicchio di Mugello ca. 1400 - Roma 1455)

Le travail de contextualisation de Thomas d'Aquin et de sa pensée, longtemps considéré comme la philosophia perennis au sein de l'Église, a été entrepris au XXe siècle par Marie-Dominique Chenu dans L'introduction à l'étude de saint Thomas d'Aquin. En effet, comme tout penseur, Thomas d'Aquin est pris dans les problématiques de son époque, toutes comprises dans des questions théologico-philosophiques. Ainsi il est impossible d'étudier la pensée de Thomas sans considérer qu'il travaillait dans un contexte entièrement Chrétien, ce qui présuppose de considérer qu'il travaillait dans et avec sa foi dans le Dieu Chrétien.

Thomas d'Aquin se situait dans le cadre de l'Université parisienne du XIIIe siècle, sous le règne de Saint Louis. Ainsi son environnement intellectuel était fait de disputatio (disputes argumentées sur des questions précises) et de disputes quodlibetiques (disputes argumentées sur des sujets pris au hasard). La forme des questions et des articles de la Somme théologique signifie ce contexte. Le livre des Sentences de Pierre Lombard structurait toute les études de théologie de cette époque: Thomas d'Aquin en fit le commentaire, en deux ans, durant son baccalauréat sentenciaire.