Lessico


Ungheria
Ungari o Magiari

Il territorio compreso tra la Drava, il lago Balaton, il Danubio, i Carpazi e le Alpi Transilvane che, a grandi linee, corrisponde all'Ungheria storica, fu inizialmente popolato da genti di stirpe celtica (sec. VI aC), che vi portarono la civiltà detta di La Tène.

La parte a sud del corso del Danubio fu occupata dai Romani nel sec. I dC e divisa in due province imperiali, la Pannonia superiore e la Pannonia inferiore, aventi rispettivamente come centri Carnuntum (oggi scomparso) e Aquincum (Buda). Col decadere dell'Impero la Pannonia divenne strada di passaggio per invasioni dirette verso l'Italia di Marcomanni e Quadi (sec. II e III dC); più tardi di Alani, Vandali, Unni e Ostrogoti, i quali ultimi vi risiedettero alcun tempo fino alla loro invasione dell'Italia (fine sec. V), mentre Gepidi ed Eruli vi si stanziavano stabilmente.

Sopravvennero i Longobardi (inizio sec. VI) che, distrutti i primi e forse fusisi con i secondi, emigrarono poi in Italia, lasciando il posto (568) agli Avari il cui regno venne abbattuto da Carlo Magno nel 796: gran parte della regione passò allora sotto il controllo dei Carolingi.

Alla fine del sec. IX si formò un effimero regno slavo della Grande Moravia, comprendente l'antica Pannonia, ben presto travolto da un popolo ugro-finnico misto con elementi turchi, chiamato Magiari o Ungari. Provenienti dalla zona del Volga, installati nell'Ucraina orientale, sotto la pressione dei Peceneghi si portarono, guidati da Árpád, nella Pannonia (prima dell'897).

Gli elementi ugro-finnici, più portati all'attività pastorale, ebbero il sopravvento su quelli turchi e il popolo magiaro, anche per influenza del cristianesimo, divenne un popolo sedentario. Il regno raggiunse l'apogeo del suo prestigio con Vajk, convertitosi al cattolicesimo con il nome di Stefano, che ottenne nel 1000 da papa Silvestro II la conferma del potere con la corona reale, detta da allora di S. Stefano e che diverrà il segno mistico dello Stato magiaro.

Seguì la conversione di gran parte del popolo, talora imposta con la violenza. La Chiesa acquistò ben presto una grande influenza: nel 1001 fu stabilito un arcivescovato e alla fine del sec. XI i vescovati erano già una decina. Il Paese fu diviso in contee sul modello carolingio; sorsero delle città, la capitale fu fissata a Székesfehérvár e il regno godette di una relativa sicurezza.

Tale situazione non venne mutata dalla rivolta dei pagani (1049), dall'invasione dei Peceneghi e dei Cumani, né dalle lotte di successione tra i discendenti di Stefano. Il guelfismo di Ladislao I (1077-95) durante la lotta delle investiture e di Géza II (1141-62) nel periodo di Federico Barbarossa fu premiato con la concessione ai re ungheresi da parte del papato di esercitare il diritto di investitura dei vescovi.

I sovrani árpádi difesero le frontiere con una solida cintura fortificata, ma non seppero assorbire né le popolazioni slave sottomesse (Slovacchi a N, Croati a S) né quelle provenienti dalla steppa (Peceneghi, Székely) infiltratesi nel territorio e viventi secondo statuti loro propri.

Con l'acquisto della Croazia (1102) l' Ungheria sboccò sull'Adriatico venendo in contrasto col regno di Bosnia e con Venezia, ma non riuscì ad affermarsi stabilmente in Dalmazia. All'interno coloro che avevano ottenuto delle terre in cambio dell'obbligo di seguire il sovrano in guerra dentro e fuori i confini del regno le trasformarono gradatamente in beni patrimoniali propri creando Stati nello Stato e divenendo più forti del re.

Dopo Béla III (1172-96), con cui l' Ungheria raggiunse l'apice della sua potenza, le lotte intestine tra i suoi eredi provocarono un ulteriore indebolimento del potere dello Stato poiché i contendenti alienarono gran parte dei beni della corona per procurarsi seguaci. Questa nuova feudalità (Secondo Ordine), affermatasi soprattutto sotto Andrea II (1205-35), riuscì nel 1222 a strappare al re la Bolla d'Oro assicurandosi numerosi privilegi quali l'esenzione dalle imposte e la libera disposizione dei possedimenti.

Pari potenza ottenne pure la Chiesa (i cui esponenti costituirono il Primo Ordine), la quale nel 1217 aveva spinto Andrea II a un'infruttuosa crociata. L'opera restauratrice di Béla IV (1235-70) fu resa vana dall'invasione mongola di cui approfittarono i feudatari proprietari di fortezze per resistere all'autorità regia ed estendere i loro domini sui territori non fortificati.

Durante il regno di Ladislao IV il Cumano (1272-90) anche i proprietari minori, liberi o semiliberi (Terzo Ordine) si radunarono costituendo dei comitati che fecero da contrappeso all'oligarchia, ma indebolirono ulteriormente il potere del re.

Con l'avvento dell'ultimo degli Árpád, Andrea III il Veneziano (1290-1301), il Paese fu dilaniato dalle pretese di principi stranieri alla corona. Vinse Caroberto d'Angiò (1308-42), il candidato della Santa Sede, il quale sconfisse gli oligarchi ma fece una nuova distribuzione delle terre favorendo stranieri o famiglie ungheresi a lui fedeli. L'esercito diventò totalmente feudale; furono create nuove imposte, sviluppate nuove industrie, risanata la moneta.

Quest'opera risanatrice fu continuata dal figlio Luigi I il Grande (1342-82) sotto il cui regno l' Ungheria tornò a essere una grande potenza. Manovrando abilmente fra Boemia, Asburgo, Baviera, Venezia e Polonia, poté conservare il possesso della Dalmazia, cingere la corona polacca (1370) e costringere la Bosnia, la Valacchia, la Moldavia e la Repubblica di Ragusa a riconoscersi vassalli della corona magiara; diede anche l'avvio a una politica marittima.

All'interno però la situazione rimase immutata: la Bolla d'Oro venne riconfermata nel 1351 e alla morte di Luigi I il Paese fu nuovamente dilaniato dalla guerra civile: la figlia Maria spodestata da Carlo II di Angiò-Durazzo (Carlo III a Napoli), assassinato poche settimane dopo l'incoronazione (1386), dovette rassegnare il potere nelle mani del marito Sigismondo di Lussemburgo (1387), il quale per avere aiuti contro le pretese di Ladislao di Angiò-Durazzo, figlio di Carlo II, fu costretto ad accordare privilegi anche alla piccola nobiltà così che il peso delle imposte finì col gravare prevalentemente sul Quarto Ordine, quello dei servi. In questo periodo di guerre intestine andò perduta la Dalmazia occupata dai Veneziani (1402) e il pericolo turco si fece sempre più vicino dopo la distruzione delle forze serbe avvenuta a Cossovo (1389) e la rotta subita da Sigismondo a Nicopoli (1396).

La situazione peggiorò ulteriormente quando dopo il breve regno di Alberto d'Asburgo (1437-39) la corona passò a Ladislao di Polonia (1440-44) che venne sconfitto e ucciso dai Turchi a Varna: la difesa del Paese rimase affidata al condottiero János Hunyadi che con le forze dell' Ungheria meridionale resistette agli Ottomani difendendo eroicamente Belgrado (1456).

Alla morte del re-fantasma Ladislao V Postumo (1445-57) fu eletto il figlio di János Hunyadi, Mattia Corvino (1458-90) il quale riorganizzò il Paese,  ma sbagliò abbandonando la lotta contro i Turchi e volgendo le sue forze a occidente; conquistò la Stiria, Vienna (1478), la Moravia e la Slesia (1479), ma alla sua morte tutto andò perduto.

I deboli successori, Ladislao II Iagellone (1492-1515) e Luigi II (1516-26), dovettero rinunciare all'esercito stanziale e, attribuendo tutti i poteri alla classe nobiliare e aristocratica, indebolirono lo Stato a tal punto che, caduta Belgrado (1521), l'esercito non riuscì più a contenere l'avanzata ottomana e si sfasciò dopo la battaglia di Mohács (1526), cesura fatale della storia ungherese. L' Ungheria rimase divisa in tre parti: una striscia a occidente del lago Balaton, dai Carpazi al mare, con capitale Pozsony, in mano a Ferdinando I d'Asburgo; tutta la pianura centrale ivi compresa Buda (1541) ai Turchi; la Transilvania, sotto il protettorato turco, in mano a Giovanni Szapolyai, eletto re d' Ungheria dalla nobiltà e incoronato a Székesfehérvár.

Tale ripartizione, durata un secolo e mezzo, impoverì il Paese per le distruzioni dei raccolti causate dalle continue guerre e per le imposte eccessive. Solo la Transilvania salvò parzialmente le istituzioni e la cultura magiara e, abbracciata la Riforma calvinista, proclamò per prima in Europa la libertà di coscienza (1560).

Nella parte austriaca l'imperatore Rodolfo II, a iniziare dal 1604, lottò contro il calvinismo provocando una rivolta che, capeggiata da Stefano Bocskai, portò a una cruenta lotta tra l' Ungheria seguace del credo cattolico e la Transilvania di cui Bocskai era diventato principe: lotta che, continuata dai suoi successori Gábor Bethlen (1613-29) e György I Rákóczy (1630-48), si intrecciò con le vicende della guerra dei Trent'anni.

Sotto György II Rákóczy (1648-60) la Transilvania fu devastata dai Turchi e i suoi successori divennero fantocci nelle mani del sultano. Nella parte soggetta agli Asburgo gli imperatori tentarono di instaurare l'assolutismo regio provocando una congiura dei magnati che, scoperta (1671), portò alla morte e alla confisca dei beni dei cospiratori e all'annientamento dei protestanti.

Liberata dai Turchi a opera dell'esercito imperiale, l'Ungheria vide ridefinite le sue frontiere dai Trattati di Carlowitz (1699), di Passarowitz (1718) e di Belgrado (1739). Fu allora introdotta la monarchia ereditaria, furono colonizzate con popolazioni serbe e romene le zone spopolate dalle lunghe guerre, fu accettata la Prammatica Sanzione del 1713.

In tal modo le sorti dell' Ungheria rimasero vincolate a quelle della casa d'Austria. Nel periodo di governo di Carlo VI (1711-40) e di Maria Teresa (1740-80) la centralizzazione del potere a Vienna aumentò sempre più a scapito di quello degli Ordini locali. L'alto clero e la grande aristocrazia, stabilitisi a Vienna, finirono con lo snazionalizzarsi, mentre la borghesia, sviluppata nei Paesi occidentali, sotto l'influenza del sorgente capitalismo continuò a languire: peggiorò anzi dopo l'acquisto, da parte degli Asburgo, della Galizia e l'inclusione della Transilvania nella sfera austriaca: solo il Banato nel 1778 fu riunito all'Ungheria.

Tuttavia, nello stesso periodo, Buda fu ricostruita e vi fu fondata un'università; migliorò la sorte dei servi per la protezione della monarchia contro la nobiltà, tenacemente attaccata al privilegio dell'esenzione dalle imposte. Ne prese spunto la corte di Vienna per lottare contro l'elemento magiaro favorendo ancora elementi allogeni e, sotto Giuseppe II (1780-90), addirittura per tentare la germanizzazione dell' Ungheria provocando un'opposizione nazionalistica che portò alla revoca delle disposizioni giuseppine da parte di Leopoldo II (1791).

Lo scoppio della Rivoluzione francese e le congiure giacobine scoperte in Ungheria e a Vienna indussero Francesco II (1792-1835) a soffocare ogni progetto di riforma. L'Ungheria rimase tuttavia fedele agli Asburgo. Probabilmente sotto l'influenza del romanticismo, alcuni Ungheresi, primo fra tutti il conte István Széchenyi, in economia liberoscambista, progettarono riforme sociali, politiche e giuridiche per risollevare le sorti del Paese.

Tali proposte, che rivitalizzarono la lingua e la letteratura magiara, divennero il patrimonio della nobiltà piccola proprietaria. La repressione austriaca, lungi dal soffocare il movimento, lo spinse su posizioni radicali di cui divenne massimo esponente Lajos Kossuth.

La rivoluzione del 1848 fu dapprima legalitaria e tentò di realizzare il programma di Széchenyi, ma quando il governo di Vienna tentò di annullare le concessioni fatte (4 marzo 1849) il programma di Kossuth trionfò: il 14 aprile a Debrecen fu proclamata la caduta degli Asburgo.

Gli errori strategici del pur valoroso generale ungherese Görgey e, soprattutto, l'intervento russo, distrussero l'indipendenza dell' Ungheria (13 agosto); la reazione fu violentissima, le condanne a morte colpirono anche patrioti moderati, quali Lajos Batthyány; altri, tra cui Kossuth e Andrássy, ripararono in esilio.

L'Ungheria fu smembrata: la Transilvania e la Croazia (divenuta Croazia-Slavonia) coi distretti di Muraköz e di Fiume divennero luogotenenze speciali, e il banato di Temesvár fu diviso in cinque distretti. Lo scopo era di fondere completamente l'Austria e l'Ungheria: fu creata l'unione doganale tra i due Paesi, furono imposti i tributi su tutte le proprietà fondiarie, nell'amministrazione fu introdotta la lingua tedesca.

Contro questo programma reagì tutta la nazione. La sconfitta austriaca a Sadowa (1866) indusse Francesco Giuseppe (1848-1916) a venire a un compromesso: l'Ungheria veniva riconosciuta regno a sé (e le furono aggiunte la Transilvania, Fiume e la Croazia-Slavonia questa con una propria autonomia) avente un suo Parlamento e un suo governo; organi comuni con l'Austria furono il sovrano e i dicasteri degli Esteri, della Guerra e delle Finanze; delegazioni paritetiche discutevano gli affari comuni.

La capitale fu definitivamente trasportata a Buda. Ben presto però il compromesso venne minato da un crescente nazionalismo che proibì di trasformare la Duplice Monarchia in Triplice, cioè in uno Stato in cui gli Slavi avrebbero avuto la loro parte, e pertanto accrebbe la volontà di ribellione di questi ultimi, soprattutto dei Serbi dopo l'annessione della Bosnia-Erzegovina (1908).

Ci fermiamo qui, in quanto, come ci informa Teodoro Pascal, il pollo collo nudo fece la sua prima pubblica comparsa a Vienna nel 1875: "La prima volta che comparve al pubblico questa razza fu alla mostra internazionale di Vienna del 1875, espostavi dalla signora Szeremley di Elisabethstadt in Transilvania: i campioni esposti erano di provenienza turca e vennero chiamati türkische Huhner (polli turchi), Szeremleyhüner (polli Szeremley), Siebenburger Sperber (cuculi di Transilvania)."